TORNARE ALL’ESENZIALE.

LA RIFONDAZIONE DELLA VITA RELIGIOSA

 

La vita consacrata non è morta né malata né addormentata. Per i consacrati è tempo di svegliarsi, di uscire dal letargo perchè i tempi nuovi sono già cominciati. E’ l’occasione opportuna per ritrovare la vitalità e la carica che non è andata perduta ma che, in questi nostri tempi, non si manifesta in tutta la sua forza.

 

Anche i tempi attuali possono essere tempi di rinnovamento, momento propizio per guardare al passato con gratitudine e al futuro con speranza, vivendo il presente con passione (cf. NMI 1). È la convinzione di fr. José Rodríguez Carballo, ministro generale dei frati minori nell’incontro del definitorio generale con i presidenti delle conferenze dell’ordine (Roma 24-25 maggio).

Passione per Dio e passione per l’uomo è ciò che talvolta ci manca oggi, è ciò che, certamente, i nostri fratelli e le nostre sorelle si aspettano da noi. Come recuperarla o potenziarla?

 

TEMPI DURI,

TEMPI DI RIFONDAZIONE

 

La passione è possibile quando si vivono con radicalità quei valori che catalizzano tutte le forze e le energie intorno alla vocazione e alla missione. La radicalità è importante perché accadano alcune cose e si facciano passi importanti. La vita di orazione, la vita fraterna, la missione – sostiene p. Carballo – senza radicalità non sono significative “all’esterno”, né appassionanti “all’interno”. Non esiste passione o significatività senza il radicalismo che viene dal lasciarsi catturare completamente dai valori del Regno.

A sua volta, però, la radicalità evangelica ha bisogno di concentrarsi per superare la dispersione; esige autenticità per superare la superficialità; esige il discernimento per abbandonare ciò che è secondario; necessita di fare un cammino in profondità, verso le fondamenta, per raggiungere il centro e, senza perdere di vista l’orizzonte, dare risposte nuove e valide alle nuove e difficili sfide che si presentano oggi alla vita religiosa.

Questa ricerca costante di risposte adeguate a situazioni che mutano e questo sforzo di lettura e interpretazione cristiana dei segni dei tempi, è ciò che permetterà alla vita consacrata e francescana di conservare e perfino di sviluppare il suo grande dinamismo profetico e, in questo modo, di essere visibile e significativa sempre e dappertutto.

Si dice che i nostri tempi sono “tempi duri” che hanno bisogno di solidità. Tempi «delicati e faticosi» (VC 13) che devono essere coronati da un rinnovato impulso. D’altra parte la situazione che stiamo attraversando esige che le parole profetiche del Vangelo non vengano addomesticate per adattarle a un comodo stile di vita; è urgente invece accogliere lo Spirito, sentire l’intima urgenza evangelica del “nascere di nuovo” a livello personale e istituzionale.

È per noi scoccata l’ora – precisa p. Carballo ai suoi religiosi – di tornare all’essenziale della nostra esperienza di fede e della nostra spiritualità per nutrire, mediante l’offerta liberatrice del Vangelo, il nostro mondo diviso, disuguale, affamato di senso, così come fecero nel loro tempo Francesco e Chiara d’Assisi. È arrivato il momento di centrarci sull’unica cosa necessaria, di concentrarci sugli elementi essenziali della nostra forma vitae e di uscire, di decentrarci, per andare incontro agli uomini e testimoniare loro la buona notizia del Vangelo.

Centrarsi, concentrarsi e decentrarsi sono i tre grandi movimenti di una sola intuizione: rifondare la vita consacrata; «portare il fuoco sulla terra» (Lc 12,49); avere il coraggio di vendere tutto ciò che si possiede per comprare la perla di gran valore (cf. Mt 13,45s). Coraggio e creatività: questo è ciò che chiede il mondo e la stessa Chiesa. Coraggio e creatività che partano da un discernimento sereno e, insieme, evangelicamente audace, che ci porti non solo a contemplare la nostra storia, per grandiosa che sia, ma a costruirla (cf. VC 110). Coraggio e creatività che suppongono uno sforzo costante da parte nostra non solo per concentrarsi sulla chiarificazione teologica della nostra identità (ortodossia), ma che sfoci in nuove forme, in nuove strutture (ortoprassi).

 

CHE COS’È

LA RIFONDAZIONE?

 

In questo tempo di letargo della vita consacrata, di stanchezza e di poca passione, la rifondazione dovrebbe produrre l’effetto sveglia, chiamandoci a inaugurare una nuova primavera. Allo stesso tempo, con “forza e dolcezza” insieme, è per noi urgente camminare senza scosse, ma senza pause. In questo senso possiamo dire che la rifondazione è:

– fedeltà creativa, che non guardi cioè solo al passato, ma che tenga conto del presente e anticipi il futuro;

– rilettura e “re-incarnazione” del carisma, nella sua dimensione spirituale e missionaria, nella realtà culturale di oggi;

– chiamata alla radicalità, al ritorno alle radici e alle fondamenta, per essere più significativi, e recuperare una certa visibilità della nostra vita/missione, che parta dalla qualità della vita;

revisione delle strutture, sia mentali che materiali, in modo che siano al servizio della vita e la vita animi le strutture.

Ciò a cui la rifondazione tende è, quindi, di tornare alle fondamenta, all’essenziale della nostra “forma vitae”, per incarnarla oggi in nuove forme e nuove strutture che, tenendo conto dei segni dei tempi, rendano più visibili i valori evangelici del carisma e, con esso, più significativa la nostra vita e missione. Dobbiamo avere il coraggio di tornare all’essenziale, se vogliamo veramente costruire una grande storia. Non basta più parlare di rinnovamento, rilancio, ristrutturazione: è necessaria una vera rifondazione, o fedeltà creativa, che dia alla nostra vita una nuova fisionomia.

Non bastano più i rimedi o le pezze, è necessario mettere il buon vino della nostra “forma vitae” in otri nuovi. Per saziare la nostra sete, non possiamo più continuare a usare cisterne screpolate, che non possono contenere l’acqua (cf. Ger 12,13). È necessario “essere pellegrini” alla «sorgente di acqua viva» (Ger 12,13) che sazia definitivamente quella sete (cf. Gv 4,10ss), che tante volte ci tormenta, di valori che danno senso alla nostra vita.

Con la rifondazione si pretende di costruire la casa – la nostra vita e missione – sulla roccia (cf. Mt 7,21-27) e di non limitarsi a riparare o a decorare la facciata. Rifondare significa centrarsi su ciò che è essenziale e non su ciò che è secondario e che è di moda. Perché, come dice anche un proverbio: “chi si sposa con la moda, resta subito vedovo”. Rifondare è tornare alle radici, senza dimenticare ciò che sta all’orizzonte. Rifondare non significa fondare una nuova forma vitae francescana, ma creare nuovi modi di viverla oggi perché sia più radicale, vitale e feconda. La rifondazione tende a rivitalizzare la vita e missione, dandole strutture adeguate che non sfigurino la vita e non rendano sterile la missione.

D’altra parte la rifondazione è l’antidoto alla stanchezza, all’apatia, alla routine e alla ripetitività. La rifondazione mette in moto la testa, i piedi e il cuore. È poi strettamente legata alla formazione permanente e, quindi, a opzioni che si concretizzano in strutture sempre leggere (niente può essere pensato come definitivo) e a strategie che abbiano implicazioni molto concrete a partire dalla cura pastorale delle vocazioni fino alla formazione, all’evangelizzazione, alla vita fraterna, alle forme di governo e alla spiritualità stessa.

 

LA RIFONDAZIONE

È NECESSARIA?

 

La vita consacrata è un dono dello Spirito Santo al mondo (cf. VC 62). Lo Spirito è sempre attivo e dinamico e la sua azione rivitalizza tanto la Chiesa che il mondo, poiché lo ricapitola tutto in Cristo (cf. VC 1-2). Questa rivitalizzazione coinvolge anche la vita e missione dei religiosi (cf. VC 13; 39; 68). Per questo motivo i carismi sono sempre storici: nascono e si incarnano in situazioni concrete. Anche il carisma francescano è un dono dello Spirito alla Chiesa e al mondo, nacque e si incarna in situazioni storiche ben precise. È una realtà storica e dinamica. Per questo motivo è necessario rileggerlo e reinterpretarlo alla luce dei segni dei tempi.

Senza questo sforzo di rilettura e reinterpretazione – sostiene p. Carballo – finiremo per fissarci, per ripeterci, per annullare i sogni più profondi, per perdere, poco per volta la gioia contagiosa della fede. Il Signore ci parla attraverso gli avvenimenti della storia. A noi spetta di ascoltarlo in questi avvenimenti e cogliere la sua presenza sempre all’opera, per essere segni di vita leggibili in un mondo assetato di un cielo nuovo e di una terra nuova.

Servendosi della parabola del “vino nuovo in otri nuovi” (Mc 2,22) e applicandola alla vita religiosa, p. Carballo è dell’avviso che si possa dire che abbiamo del buon vino. Il vino della fedeltà di tanti fratelli che, come lampada posta sul lucerniere, illumina tutti coloro che sono nella casa e tanti uomini e donne che si accostano a loro. Il vino della generosità di giovani, adulti e anziani che, nelle più diverse attività, si impegnano senza calcoli egoistici per la costruzione del Regno. Il vino della gioia di tanti fratelli che, con la loro vita, manifestano la bellezza della sequela di Cristo. Sì, nelle nostre “cantine” c’è vino buono. In molti fratelli c’è buona volontà e fanno sforzi generosi alla ricerca di nuove risposte ai nuovi interrogativi che ci pone il mondo di oggi.

Se il vino è buono, tuttavia qualcosa manca o non funziona. Con troppa frequenza manca l’audacia evangelica per passare all’altra riva, per prendere il largo (cf. Lc 5,4). Manca il coraggio per non limitarsi a essere memoria del passato e per convertirsi in profezia del futuro (cf. NMI 3). Manca la fede nella forza evangelica della nostra forma di vita (cf. VC 63). Mentre manca tutto questo c’è invece un eccesso di realismo, timore e apatia. Il ministro generale dei frati minori è dell’avviso che ci sia bisogno di più intensità nel vivere ciò che già stiamo vivendo, ma con una certa svogliatezza. Va accettata come sfida veramente urgente la conversione a livello individuale e a livello istituzionale; dobbiamo accettare che non basta più rinnovare lo spirito (vino), ma che è necessario creare strutture adeguate che lo contengano (otri). È l’ora della creatività, l’ora della rifondazione.

 

MOVIMENTI ESSENZIALI

DELLA RIFONDAZIONE

 

La rifondazione è un processo dinamico che comporta, come è stato anticipato, tre movimenti essenziali: centrarsi, concentrarsi, decentrarsi.

Centrarsi in ciò che per noi deve essere tutto: «Il bene, tutto il bene, il sommo bene». Per questo motivo «avere il cuore rivolto al Signore» (Rnb 22,19) deve essere la priorità delle priorità. Abbandonare «ogni impedimento» o mettere da parte «ogni preoccupazione» per poter «servire, amare, adorare il Signore Iddio, con cuore puro e con mente pura» (Rnb 22,26). Ecco la grande sfida di tutti i seguaci di Gesù sul modello di Francesco.

Concentrarsi sull’essenziale per evitare la frammentazione e la dispersione. Per noi l’essenziale è contenuto e formulato nelle Priorità, che ci collocano come “fraternità in missione” che vive questi cinque valori, non come se fossero opzioni secondarie, ma come conseguenze ed esigenze di una vita radicalmente evangelica. In questo senso non si tratta di valori opzionali, ma sono i pilastri della nostra fedeltà al Vangelo.

Decentrarsi per uscire verso il mondo, il nostro chiostro, e per testimoniare e proclamare che solo lui è l’onnipotente, coscienti di non essere chiamati a vivere per noi stessi, ma per gli altri, che le nostre fraternità non sono per se stesse, ma per far conoscere il regno di Dio.

Centrarsi, concentrarsi, decentrarsi: tre movimenti essenziali e inseparabili per una vera rifondazione della vita religiosa, e della vita francescana. Centrarsi, concentrarsi, decentrarsi: tre movimenti che interrogano la nostra vita e missione e che ci chiamano a tornare all’essenziale, senza dimenticare le chiamate che ci vengono dalla storia.

La vita religiosa e francescana più che essere una parabola del venerdì santo è chiamata a collocarsi nel tempo del sabato santo, nel tempo della speranza, del già e non ancora, tra la croce e la risurrezione. Un tempo di parto e, pertanto, difficile, ma intensamente fecondo. Un tempo decisivo dal quale usciranno rafforzati nella loro opzione fondamentale solo coloro che sono disposti a perdere per guadagnare, a morire per vivere, a iniziare questo processo di rifondazione.