P. DEHON PRESTO SUGLI ALTARI
GRANDE APOSTOLO DEL CUORE DI CRISTO
Padre Leone Dehon, fondatore dei Sacerdoti del S. Cuore (dehoniani), si
avvia verso la gloria degli altari. Dopo che lo scorso 19 aprile è stato letto
il decreto che conclude il processo di beatificazione, si attende solo che
venga fissata la data della proclamazione, prevista per il primo trimestre del
2005.
Se la beatificazione di p. Dehon rappresenta il riconoscimento
ecclesiale della validità evangelica del suo cammino, per l’istituto da lui
fondato diventa una sorgente di nuova vita e un invito a ritornare alla sua
esperienza per accoglierla nella docilità allo Spirito, soprattutto in questo
momento in cui, secondo anche le indicazioni dell’ultimo capitolo generale, la
linea da seguire è quella della rifondazione.
Il superiore generale, p. José Ornelas Carvalho, assieme al suo
consiglio, prendendo l’ispirazione da questo grande avvenimento, il 31 maggio
scorso, in vista anche della solennità del Cuore di Gesù, ha inviato una
lettera a tutta la congregazione in cui vengono ripercorse le linee
fondamentali dell’esperienza di fede di p. Dehon proponendola come un
“memoriale che genera vita”.
UN PROGETTO
INTEGRATO DI VITA
Dall’esempio e dalla formazione ricevuti in famiglia e a scuola, come
frutto di un albero piantato in terra buona, scrive p. Ornelas, nasce presto
nel giovane Leone Dehon il desiderio di consacrarsi totalmente a Gesù, per
essere al suo servizio nella Chiesa e nella società.
Questa coscienza di una totale consacrazione a Dio, che si fa
disponibilità per servire gli uomini, rimarrà come una dimensione
caratteristica e unificatrice di tutta la sua vita. Più tardi, ricordando
l’intimo desiderio di seguire questo cammino, sorto quando aveva 13 anni, dirà:
«Ciò che mi attirava nella vocazione, era nello stesso tempo il fascino
dell’unione con nostro Signore, lo zelo per la salvezza delle anime, e il
bisogno di grazie abbondanti per salvarmi».
Dopo un cammino di ricerca perseverante, in cui non sono mancati
imprevisti e difficoltà – fra le quali spicca l’opposizione del padre – viene
ordinato sacerdote a Roma, alla presenza dei suoi genitori ormai felici per la
sua scelta di vita. In quell’occasione dice: «Mi rialzai sacerdote, posseduto
da Gesù, tutto riempito da lui stesso, dal suo amore per il Padre, dal suo zelo
per le anime, dal suo spirito di preghiera e di sacrificio». Egli è ormai
centrato in Gesù e crescerà ogni giorno, nella vita interiore e nel dono totale
di se stesso attraverso generose e innovatrici iniziative di carattere
pastorale e sociale e nella gioia di lasciar «vivere Gesù in lui», di vivere
nel suo Spirito e di amare il Padre e l’umanità.
L’appello alla contemplazione e la risposta operante alle difficoltà e
sfide della Chiesa e della società, costituiscono le due facce dell’unica
realtà di consacrazione di p. Dehon, nonché il segreto della sua forza
interiore e della sua prodigiosa attività.
L’APPELLO
DEL CUORE DI CRISTO
Cristo divenne progressivamente il centro del suo progetto di vita. È
innanzitutto nella parola di Dio che p. Dehon attinge la sua ispirazione. Nella
Bibbia coglie, secondo la grazia a lui concessa, i temi che parlano più
direttamente al suo cuore e che diventeranno le linee direttrici della sua
esistenza: «Sono stato crocifisso con Cristo. Non sono più io che vivo, ma
Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne, io la vivo nella fede del
Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20); «Per me
il vivere è Cristo» (Fil 1,21); «Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano
in abbondanza» (Gv 10,10); «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio
unigenito… affinché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3,17).
Egli ricerca insistentemente una comunione personale con Cristo che
segna la sua vita: «Posso vivere soltanto nell’unione con nostro Signore.
Altrimenti sono smarrito e la mia anima è come una nave alla deriva». Questa è
la certezza fondamentale che motiva tutto: Dio è amore, un amore pienamente
rivelato e offerto nel suo Figlio Gesù, il Verbo incarnato. Così p. Dehon parla
del Vangelo: «Il Vangelo è la vita di Gesù, il racconto di quella grande
manifestazione di amore che è durata 33 anni». E aggiunge: «Il Cuore di Gesù,
l’amore di Gesù, ecco tutto il Vangelo».
Per lui infatti, nutrito dalla grande tradizione mistica della Chiesa e
sensibile al clima spirituale del suo tempo, Dio nel Vangelo si rivela come
amore nel Cuore umano del suo Figlio. Il Cuore con il quale Gesù vive in mezzo
a noi: pieno di compassione e di misericordia, accogliente, capace di guarire e
perdonare, per restituire vita e speranza e di aprire alla gioia della
comunione. Il Cuore che alla fine della passione, «capolavoro dell’amore» viene
aperto sulla croce: segno che «tutto è compiuto» (Gv 19,30). Con instancabile
pietà, padre Dehon raccoglie la preziosissima testimonianza di Giovanni, il
discepolo amato, e accoglie l’invito profetico: «Volgeranno lo sguardo a colui
che hanno trafitto» (Gv 19,37). In quell’amore «fino alla fine» (cf. Gv 13,1),
il Padre opera la riconciliazione del genere umano. Il Cuore aperto del
Salvatore diventa la sorgente dello Spirito: là nasce la Chiesa, santa Sposa
del nuovo Adamo e sono generati l’umanità nuova e il nuovo universo, a lode e
gloria di Dio.
Venire a Gesù, imparare da lui, contemplare il suo Cuore, nutrirsi alla
sorgente della salvezza per offrirla ai fratelli e alle sorelle attraverso i
numerosi servizi del ministero e nel dono della vita: così si può riassumere il
progetto che vive e ci trasmette padre Dehon. «La ferita del Cuore di Gesù è
un’eloquente scuola d’amore. Contemplandola, siamo irresistibilmente
conquistati dall’amore, e vogliamo amare con questo bell’amore di compassione
che, sciogliendo prima il cuore in infinita pietà, lo rialza dopo, fortificato
per tutti gli impegni».
Per corrispondere all’amore ricevuto, con san Paolo prega ardentemente:
«Signore, che devo fare?». Come l’apostolo, con realismo e umiltà cerca e
accoglie la risposta nella comunità della Chiesa, nella Parola predicata e
vissuta, nei sacramenti, nelle persone che accompagnano il suo discernimento e
che lo aiutano a precisare il suo contributo nella missione del popolo di Dio.
Ogni giorno rinnova la sua disponibilità facendo suoi gli atteggiamenti di Gesù
e di Maria: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà. “Eccomi, sono la
serva del Signore”: «in queste parole si trovano tutta la nostra vocazione, il
nostro fine, il nostro dovere, le nostre promesse».
L’IMPEGNO
PER IL REGNO DI DIO
Dalla “pietà” all’impegno. I mali della Chiesa e della società del suo
tempo trovano in lui un’eco che porta all’azione, mettendo al servizio di
Cristo tutto ciò che è e che ha. È cosciente che questo esige di scuotere le
posizioni troppo facili e chiuse e contestare le false evidenze nella società e
nella Chiesa; insiste nel dire che bisogna uscire dalle sacrestie per “andare
al popolo”, il destinatario privilegiato della Buona Novella. Senza escludere
nessuno, in sintonia con il Vangelo, si fa più vicino alle sofferenze, alle
legittime richieste e alle speranze dei piccoli. In tutto questo, intende
servire il regno di Dio, «il regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle
società», regno “sociale”, che deve portare alla trasformazione della società
secondo i valori del Vangelo.
Questa passione della vita si rende concreta a diversi livelli.
Profondamente convinto del ruolo imprescindibile dei sacerdoti e dei religiosi
nel servizio al Regno e con profonda stima della grazia del sacerdozio e della
chiamata alla consacrazione nella vita religiosa, svilupperà un’instancabile
attenzione alla loro formazione spirituale e intellettuale.
La cura pastorale, che esercita nella parrocchia di s. Quintino, nel
nord della Francia, lo persuade a rinnovare i metodi di formazione cristiana.
Il dramma della gioventù, senza un’adeguata formazione umana e cristiana
che le permetta di inserirsi e dare il proprio contributo alla Chiesa e alla
società, provoca, in modo speciale, la sua sensibilità e creatività. Ad essa si
dedicherà in modo speciale, sia a livello personale, sia a livello delle opere
di formazione e istruzione.
La situazione d’ingiustizia e degrado in cui vive il proletariato del
suo tempo suscita in lui una doppia risposta: un’opera di assistenza immediata
per far fronte alle situazioni di maggior carenza e un impegno per contrastare
a livello politico, sociale e culturale, le cause dell’ingiustizia e della
miseria. Per questo si fa ardente promotore della dottrina sociale della
Chiesa, specialmente delle encicliche sociali di Leone XIII: partecipa
attivamente al movimento sociale cristiano, a cavallo del XIX e XX secolo, e ne
diventa uno dei principali interpreti e promotori.
Cosciente del valore crescente dei mezzi di comunicazione nella
costruzione del futuro, ne fa un largo uso e se ne fa promotore fondando un
giornale e pubblicando molti scritti, con l’unico obiettivo di diffondere il
regno del Cuore di Cristo.
Pur profondamente inserito nell’ambiente francese, p. Dehon non limita
la sua azione alla propria patria. I viaggi intrapresi sin dalla giovinezza,
l’apertura intellettuale e l’esperienza ecclesiale lo aprono alle realtà
dell’Africa, dell’America Latina e dell’Asia, dove i contatti con il mondo
occidentale dischiudono nuove opportunità, ma producono anche nuovi problemi
umani e sociali. Queste nuove realtà lo troveranno molto attento e sensibile e
diventeranno gradualmente uno dei principali centri della sua preoccupazione e
azione. Pur non avendo vissuto personalmente nelle missioni in forma stabile,
farà della missio ad gentes uno degli scopi principali della congregazione da
lui fondata.
UNA CONGREGAZIONE
IN SENO ALLA CHIESA
La Chiesa, «la grande opera di Gesù», è l’ambiente vitale nel quale è
nata e cresciuta questa esperienza di fedeltà al Vangelo. Con fervore,
entusiasmo e obbedienza, padre Dehon ama la Chiesa, nata dal Cuore di Gesù. Ama
e venera quelli che, successori degli apostoli, ricevono dal Signore l’esigente
compito di pascere il gregge nel suo nome. E con tutto il cuore si rallegra di
appartenere al popolo di Dio, condividendo la sua pietà semplice come il suo
impegno multiforme per «andare in tutto il mondo e predicare il Vangelo a ogni
creatura» (Mc 16, 15).
Nella congregazione, alla quale dedica le sue energie e risorse, p.
Dehon non seppellisce la sua sensibilità ecclesiale universale. Egli, infatti,
la vede sempre in seno alla Chiesa universale, in un processo fecondo di
comunione, che, iniziata tra i confratelli, si fa condivisione con altri
istituti religiosi e con i laici, nella partecipazione alla comune missione nel
mondo. Amare Gesù e servirlo nei fratelli, ecco la manifestazione più
pertinente della nostra appartenenza alla Chiesa: «Tutto viene riassunto
nell’amore». Per questo non cessa di convocare i suoi discepoli attorno
all’ultima preghiera del Signore: «Siano una cosa sola», Sint unum, che nelle
comunità dell’istituto si colora della varietà delle lingue e delle culture,
come espressione dell’amore universale del Cuore del Salvatore.
Questa comunione si esprime e si alimenta particolarmente
nell’eucaristia, «dono del Cuore di Gesù», e centro della vita della Chiesa.
Essa costituisce, insieme con l’adorazione quotidiana che ne è la
continuazione, il punto d’incontro della vita spirituale, comunitaria e
apostolica. Ogni giorno, i confratelli sono rinnovati da questo mistero
dell’amore vivificante: «L’eucaristia è il focolare, il fondamento, il centro
di ogni vita, di ogni apostolato».
VIVERE
E MORIRE IN CRISTO
Radicato nell’amore di Dio, sente che questo amore è il fondamento e il
punto d’unione di tutta la sua esistenza. Le sue ultime parole sono proprio
l’espressione della risposta a quest’amore ricevuto e corrisposto. Nel letto di
morte, sentendo avvicinarsi l’ora del grande incontro, dice, volgendo lo
sguardo verso il quadro del Cuore di Gesù: «Per lui ho vissuto, per lui muoio».
E così si addormenta nel Signore il 12 agosto 1925.
Ai discepoli, nel suo testamento spirituale, aveva scritto, come suo
ultimo mandato, che è insieme dono, raccomandazione e indicazione di cammino:
«Vi lascio il più meraviglioso dei tesori, il Cuore di Gesù» (Testamento
spirituale).
P. J. Ornelas conclude: «È questo tesoro che abbiamo ricevuto nella
Chiesa, che p. Dehon ci ha aiutato a riscoprire, vivere e annunciare… Alla luce
di questo avvenimento, acquista nuova forza l’appello dell’ultimo capitolo
generale della congregazione per la “rifondazione” della nostra vita religiosa
e dehoniana… Riascoltando il fondatore, il capitolo generale ha proposto tre
pilastri per questa rifondazione: approfondire e fare nostra l’esperienza
spirituale di p. Dehon tramite lo studio, la preghiera e la riflessione che
diventino vita (tornare al Cuore del Signore); accettare la sfida della
comunione vivendo in comunità fraterne, come prima testimonianza e segno della
presenza del regno di Dio (aprire il cuore ai fratelli); aprirsi, con
disponibile generosità, alla missione nel mondo di oggi, con i suoi problemi e
potenzialità, contribuendo a costruire, insieme a tutti gli uomini e donne di
buona volontà, il regno del Cuore di Cristo (dare un cuore al mondo).
In stretta comunione con gli altri istituti di vita consacrata,
specialmente con quelli con i quali condividiamo la sensibilità spirituale e
apostolica che ha caratterizzato la vita di p. Dehon, vogliamo continuare a
dare alla Chiesa e alla società, il contributo della nostra consacrazione, che
si fa apertura contemplativa al mistero dell’amore di Dio e servizio solidale e
gioioso agli uomini, a partire dai più piccoli e bisognosi».