UN’INTERESSANTE ESPERIENZA PASTORALE
PREGHIERA CHE RIUNISCE
Attraverso la riscoperta della liturgia dell’ora vespertina un
benedettino americano è riuscito a coinvolgere persone di diversa estrazione,
divise tra loro e lontane dalla chiesa. Ha iniziato con i funerali per giungere
a valorizzare altri momenti, scoprendo una ricchezza insospettata.
Una delle preoccupazioni principali di chi oggi svolge attività
pastorale, soprattutto in parrocchia, è quella di riuscire a raggiungere i
lontani, coloro che per una ragione o l’altra non frequentano più la chiesa.
Giustamente in questi ultimi tempi si è tornati a parlare della dimensione
missionaria della parrocchia. Nessun pastore d’anime infatti può sentirsi
giustificato se la sua cura delle anime si dovesse limitare solo al piccolo
gregge fedele, trascurando gli altri.
Le vie per raggiungere la porzione del popolo di Dio che gira ai margini
dalla chiesa possono essere diverse. Il recente documento pubblicato dalla
Conferenza episcopale italiana Il volto missionario delle parrocchie in un
mondo che cambia (cf. p. 1), contiene a questo riguardo tutto un insieme di
utili indicazioni a cui si deve poi ovviamente aggiungere la capacità inventiva
di chi guida la parrocchia.
L’esperienza che qui presentiamo ci porta al di là dell’oceano, negli
Stati Uniti, dove un sacerdote benedettino, p. Daniel McCarthy, responsabile di
tre parrocchie rurali nel nord est del Kansas, ha trovato un modo molto
semplice, ma originale ed efficace di coinvolgere nella preghiera persone
lontane di varia estrazione: divorziati, persone risposate in civile, membri di
famiglie a composizione ecumenica; in una parola persone che non si sentivano
convocate alla messa domenicale e che di conseguenza erano estranee alla
chiesa. Il segreto, come egli stesso narra nel settimanale cattolico inglese
The Tablet1 è stata la riscoperta della ricchezza insista nella preghiera
dell’ora liturgica della sera, o come egli la chiama, la preghiera vespertina.
Ha avuto l’impressione di avere scoperto un piccolo tesoro, tanto da rimanerne
egli stesso stupito. «Quando iniziammo a celebrarla, scrive, non avremmo mai
immaginato quanto essa ci avrebbe aiutato a rispondere ai tanti bisogni
presenti nella nostra vita parrocchiale».
NON BASTA
LA MESSA DOMENICALE
Agli inizi Daniel cominciò con l’utilizzarla nelle veglie dei funerali;
poi ben presto l’estese anche al rito dell’iniziazione cristiana degli adulti e
quindi anche quale strumento per la santificazione della domenica, in
prolungamento con la messa. Questa preghiera, osserva, ci aiutò a superare la
grande quantità di problemi che sorgono pastoralmente quando una comunità
cristiana per la sua vita di preghiera fa affidamento unicamente sulla
celebrazione dell’eucaristia.
Quando fu affidata al p. Daniel la cura delle tre parrocchie, i
funerali, come succedeva un po’ ovunque, si svolgevano nella maniera consueta:
la sera precedente ci si recava nella casa della famiglia del defunto per la
recita del rosario e il giorno seguente veniva celebrata in chiesa la messa
funebre, a cui seguiva il rito della sepoltura.
All’epoca della prima attuazione della riforma liturgica, subito dopo il
concilio Vaticano II, era stata respinta la richiesta di poter elaborare una
liturgia delle ore semplificata e adattata alla celebrazione in parrocchia,
forse per paura che coloro che avevano l’obbligo delle recita delle ore
optassero per la versione parrocchiale semplificata rinunciando a beneficiare
della ricchezza di una recita più piena.
Il risultato però fu che ben raramente si giunse a celebrare in
parrocchia anche una sola ora della liturgia delle ore.
In quanto benedettino, tuttavia, p. Daniel era consapevole del grande
tesoro insito nella liturgia della Chiesa e quale contributo essa avrebbe
potuto offrire alla vita di preghiera della comunità, aiutandola a rispondere
in maniera più adeguata ai suoi bisogni. «Sapevo, per esempio, – scrive – che
molti parenti del defunto erano esclusi dalla comunione e non si trovavano a
loro agio con la recita del rosario. Alcune famiglie segnate dal divorzio e dal
nuovo matrimonio contratto al di fuori della chiesa avevano preso l’abitudine
di non frequentare più la messa domenicale: altre erano famiglie a composizione
ecumenica così che i loro membri si recavano regolarmente in chiese diverse. Inoltre
molti cattolici praticanti non erano interessati al rosario e sappiamo che
l’ambiente evangelico, a volte fondamentalista, che circonda le nostre
parrocchie guarda con diffidenza a questa pratica».
I funerali costituiscono un’occasione per rompere questi schemi. Con un
po’ di creatività si può giungere a riunire insieme famiglie divise tra di loro
per vivere insieme, al di là delle appartenenze e della frequenza o meno alla
vita della Chiesa, il lutto per la scomparsa di un loro caro.
Padre Daniel scrive di aver trovato la via di uscita da questa
situazione leggendo il libro di Paul Bradshaw Two Ways of Prayer in cui
l’autore descrive lo sviluppo che la liturgia delle ore ha storicamente avuto
in base a due grandi tradizioni: quella monastica e quella parrocchiale. Il
genio di ciascuna tradizione è chiaramente diverso, nel senso che la
celebrazione monastica è finalizzata alla preghiera continua attraverso la
contemplazione interiore della parola di Dio nei salmi, mentre la liturgia
delle ore parrocchiale è, per sua natura, una celebrazione popolare della
chiesa locale fatta di riti e preghiere per tempi determinati del giorno.
Le due tradizioni furono fuse insieme dai monaci dando così origine a
una nuova forma di preghiera monastica-urbana ispirandosi alle consuetudini
delle grandi basiliche urbane dell’oriente cristiano. Quello che attirò la
nostra attenzione nella loro pratica,osserva p. Daniel, furono i riti popolari
dell’accensione delle candele la sera, accompagnati dal canto a Cristo luce del
mondo, dall’offerta dell’incenso vespertino e dalla processione dal battistero
verso l’altare. Sono stati questi elementi rituali, nuovi alla tradizione
parrocchiale, ad arricchire in maniera inattesa la nostra celebrazione della
preghiera della sera per i defunti.
IL VALORE
DEI SEGNI
Anzitutto, osserva p. Daniel, a stendere come un velo sul nostro dolore
è l’esile fiammella della candela ed essa rivela la nostra fede in Cristo, luce
che splende nelle tenebre. In secondo luogo, all’inizio le nostre celebrazioni
della preghiera vespertina si basavano molto su testi cantati. La liturgia
acquistò invece una pienezza maggiore quando collegammo tra loro i canti e
l’accensione delle candele, camminando processionalmente e offrendo incenso. In
terzo luogo, portando la bara al fonte battesimale e ricoprendola con la veste
bianca del battesimo potemmo ripetere ritualmente nella morte ciò che era stato
un tempo celebrato nel battesimo, proclamando la nostra fiducia in Cristo che
le promesse fatte nel battesimo si compivano ora nella morte.
In quarto luogo, cosa ancor più significativa, dopo aver unito insieme
la celebrazione della preghiera vespertina per i defunti con la risurrezione
dei corpi, comprendemmo che essa aveva una grande affinità con la veglia
pasquale. Sia la veglia pasquale sia quella dei defunti simboleggiano e
ripercorrono infatti il viaggio attraverso la notte oscura incontro all’aurora
eterna. Ambedue le veglie celebrano il cuore del mistero pasquale mediante il
quale noi moriamo con Cristo e siamo sepolti nelle acque del battesimo per
risorgere nuovamente con lui a vita nuova. La comunità pasquale proclama la sua
fede, vegliando in attesa del ritorno del Signore.
Alla nostra celebrazione della preghiera vespertina per i defunti
seguiva la visita (saluto alla famiglia e visita alla salma secondo i costumi
locali) e terminava con una semplice preghiera della notte, cantata; in questo
modo aiutavamo la famiglia a reimparare a pregare prima di andare al riposo.
Accoglievamo inoltre coloro che desideravano vegliare per tutta la notte
accanto alla salma in chiesa, così come in passato diversi gruppi recitavano il
rosario. Al mattino cantavamo una breve preghiera prima della messa, e dopo la
celebrazione seguiva la sepoltura al cimitero.
Una delle esperienze più intense di preghiera che p. Daniel dice di aver
vissuto fu il funerale di un uomo la cui vita era stata tragicamente stroncata
nella guerra del Vietnam. In occasione del funerale, scrive, recitammo insieme
la preghiera della sera, la compieta e la preghiera del mattino. La famiglia,
divisa per motivi confessionali, spesso acerbi, riuscì a pregare con noi a una
sola voce l’antica preghiera della Chiesa: la liturgia delle ore.
Da questa celebrazione dell’ora vespertina per i defunti si svilupparono
poi in parrocchia altre forme di preghiera. Essa fu, per esempio, applicata
alla celebrazione domenicale collegando tra di loro la messa del mattino con la
preghiera della sera. Questo significò cominciare la giornata con la
proclamazione del Vangelo alla messa e terminarla con la preghiera vespertina.
Mentre alla messa del mattino ero io a tenere l’omelia, alla preghiera
della sera chiedevo ai presenti di mettere in comune le loro riflessioni, con
brevi interventi di cinque/dieci minuti. Tutta la giornata domenicale era così
compresa entro questi due grandi momenti: la messa mattutina e la preghiera
vespertina, collegate tra loro dalla riflessione sulla parola di Dio.
UN VIAGGIO
PIENO DI SORPRESE
Allargando ulteriormente il raggio di azione, abbiamo cominciato a
invitare alla preghiera della sera anche coloro che si preparavano a essere
accolti nella Chiesa a Pasqua; essa era infatti molto adatta al periodo del
catecumenato per l’attenzione che veniva attribuita al Vangelo.
In questo modo non solo viene data importanza alla formazione secondo
cicli dell’anno liturgico, ma assume un importante rilievo anche la riflessione
sul Vangelo e la condivisione della fede all’interno della comunità
parrocchiale. Si tratta di un insieme di benefici che mancano nella formazione
dei catecumeni e di coloro che non sono ancora stati ammessi alla mensa del
Signore, quando la comunità fa affidamento solo sulla celebrazione
dell’eucaristia quale espressione della sua preghiera quotidiana.
Quando abbiamo iniziato il nostro viaggio di preghiera, conclude p.
Daniel, non avevamo idea di quanto la celebrazione della preghiera vespertina
risultasse utile in così tante maniere, e quanto avrebbe aiutato le famiglie,
divise al loro interno per tante ragioni, a vivere il dolore per la scomparsa
di una persona amata e pregare insieme a una sola voce. Ci siamo resi conto del
bisogno che abbiamo di trovarci insieme come comunità di fede per proclamare
Cristo luce nelle tenebre, le cui promesse, fatte un tempo nel battesimo,
preghiamo che si compiano nella morte. Abbiamo compreso i benefici che derivano
dall’accogliere la gente in Chiesa invitandola a celebrare la preghiera della
sera con noi e a riflettere insieme sul Vangelo. Questo viaggio non sarebbe
stato possibile se non avessimo capito la nostra tradizione cattolica e non
fossimo stati capaci di adattare la celebrazione della preghiera della sera ai
bisogni della nostra gente.
1 «Rediscovering Evening Prayer», in The
Tablet 5 giugno 2004, p. 16.