NEL MONDO ISLAMICO E IN QUELLO OCCIDENTALE
IDEOLOGIE OGGI EMERGENTI
Il fenomeno del radicalismo islamico attuale ha come punti di riferimento
vari personaggi, ma ha dietro di sé una lunga storia. Come si è generato questo
stato di cose? Ma non c’è solo il fondamentalismo islamico e la sua ideologia:
ci sono altre ideologie ben vive e radicate anche qui in Occidente.
Si legge nel comunicato rilasciato da Hamas il 22 marzo
20041 in occasione dell’assassinio del suo leader spirituale, lo sceicco Ahmed
Yassin:
«1. Chi ha deciso di uccidere lo sceicco Ahmed Yassin ha
deciso di uccidere centinaia di sionisti. 2. I sionisti non hanno intrapreso
questo passo senza l’approvazione dell’amministrazione terrorista degli Stati
Uniti. Essa perciò dovrebbe assumersi la responsabilità di tale atto. 3. I
sionisti non udranno, ma vedranno presto, la nostra risposta, la volontà di
Dio. 4. La risposta all’assassinio dello sceicco Ahmed Yassin non verrà solo a
livello di tutte le fazioni di combattenti (mujahidin) del popolo palestinese,
ma tutti i musulmani nell’intero mondo islamico avranno l’onore di rispondere a
questo crimine. Ti chiederanno quando ciò avverrà: potrebbe essere assai presto
(verso coranico)».
In questa rivendicazione dell’organizzazione terroristica
Hamas, ritroviamo alcune costanti del pensiero che ha segnato una parte del
radicalismo islamico degli ultimi secoli, ma in particolare di questo ultimo
trentennio.
I LEADER ISLAMISTI
DEGLI ULTIMI 40 ANNI
Sono soprattutto quattro le grandi figure che
rappresentano o sono punti di riferimento per il mondo islamico radicale negli
ultimi anni: Sayyd Qutb, al-Mawdudi, Khomeini e negli ultimi anni Osama Bin
Laden.2
Sayyid Qutb
Sayyd Qutb (1906-1966) è stato colui che in Egitto,
partito dall’esperienza del movimento dei Fratelli musulmani (al-ikhwân
al-muslimûn) fondati a Ismayliyyah da Hasan al-Banna nel 1929, è diventato il
teorico non solo del movimento dei fratelli musulmani, succedendo così al suo
fondatore ucciso nel 1949, ma di una nuova interpretazione a sfondo religioso
della situazione politica egiziana dopo che il movimento subì una grande
battuta di arresto nonché di arresti con l’avvento di Nasser al potere.
Nella sua interpretazione, influenzata anche da un suo
soggiorno in terra americana verso la fine degli anni quaranta, torna
prepotente il concetto chiave di jahiliyyah («ignoranza») che nella tradizione
islamica è stato applicato alla storia precedente l’avvento dell’islam. Come il
mondo precedentemente alla discesa del Corano era nella jahiliyyah dell’islâm,
non conoscendo il Corano, e si può parlare del peccato di kufr, cioè di
«empietà», così il mondo attuale è sommerso nel kufr e nella jahiliyyah. La
particolarità della sua concezione è che non solo il mondo e i popoli che
vivono fuori dai paesi islamici sono nell’ignoranza della verità, cioè hanno
trasferito ad altre persone o ad altre cose l’attributo della sovranità che
deve essere riconosciuto solo a Dio, ma anche gli stessi paesi islamici non
possono più essere considerati come tali. Qutb compì così quello che
giuridicamente viene chiamato takfîr (appellativo attualmente usato da una
organizzazione terroristica islamica tra le più pericolose) cioè una
«dichiarazione di empietà» rivolta nei confronti degli stessi paesi musulmani.
Che questo atteggiamento politico-religioso abbia avuto fortuna nel mondo
islamico contemporaneo, lo dimostrano le dichiarazioni di Bin Laden dopo
l’attentato dell’11 settembre 2001.
Abû al-Alâ al-Mawdûdî
Al-Mawdûdî invece (1903-1979) che operò nell’estremo
oriente, in Pakistan per la precisione, e scrisse i suoi libri in lingua Urdu,
influenzò con la propria visione del mondo sia Sayyid Qutb, sia il mondo
musulmano moderno. Nella sua opera culturale a tutto campo egli arrivò a
formulare l’idea che solo uno stato islamico nel quale si applichi la legge
islamica, la sharîah, è uno stato che detiene una vera e propria sovranità.
Infatti nella sua visione del mondo la politica è parte integrante ed
essenziale della fede islamica. Egli perciò critica sia il capitalismo che il
socialismo – che tanta parte ebbe negli insorgenti stati islamici del XX
secolo – ma trancia i ponti anche con i nazionalismi che si configuravano
su basi non propriamente islamiche. Egli tuttavia, fondatore nel 1941 della
jamaat e-islami, proporrà sempre al proprio movimento soluzioni di militanza
politica, ma non in modo radicale e di dissidenza armata.
Sia Qutb che Mawdudi però, entrambi sunniti, non
riuscirono a trovare credito su base popolare e a intaccare seriamente il
governo dei rispettivi paesi perché non riuscirono ad avere l’appoggio della
classe religiosa degli ulamâ’ ai quali non avevano risparmiato le loro critiche.
Khomeini
Khomeini (1902-1989) invece, da uomo religioso qual era,
è perciò riuscito nell’intento nel quale sia Qutb che Mawdudi avevano fallito.
Egli pertanto elaborò durante la sua permanenza a Najaf (Iraq) e infine in
Francia prima della rivoluzione islamica del 1979 le sue idee politiche che
hanno potuto far breccia sia nel mondo del clero sciita che nel mondo del ceto
medio e istruito. Grazie all’appoggio e ad elaborazioni dottrinali di figure
intellettuali come Ali Shari’ati (1933-1977) che reinterpreta la dottrina
sciita tradizionale – tradizionalmente critica verso la gestione del
potere e volta più ad una visione religiosa del mondo in attesa del ritorno del
Mahdi – in chiave di militanza politica e di continuazione della lotta che
condusse Husayn al martirio, Khomeini è riuscito a trovare un sempre maggior
numero di sostenitori della propria azione politica di opposizione al regime
dello Scià del quale criticava proprio gli aspetti che agli occhi occidentali
appaiono di democratizzazione e civilizzazione: il voto alle donne, giuramenti
su testi diversi dal Corano.
Bin Laden
Bin Laden invece fa parte ancora della nostra storia, ma
del suo pensiero che trapela dalle dichiarazioni e dalle rivendicazioni fatte
in seguito alla guerra in Afghanistan, si devono mettere in luce alcuni
aspetti. Innanzitutto il fatto che egli consideri, a motivo del principio
democratico, i popoli occidentali responsabili della politica dei propri
governi nei confronti degli stati islamici: nessuna meraviglia dunque che ci
sia il tentativo di fare invertire la politica ai governi occidentali facendo
pressione sulle masse popolari o facendo incrinare l’economia a suon di
attentati. In secondo luogo egli ribadisce la divisione del mondo su base
religiosa, tra «paesi islamici» dâr al-islâm (letteralmente “casa dell’islam”)
e «paesi non islamici», dâr al-harb (letteralmente “casa della guerra”): fu,
questa, una delle operazioni intellettuali che ha contraddistinto l’ascesa dei
movimenti del risveglio islamico nel XVIII secolo ma che nel mondo islamico
militante viene riproposta attualmente con grande vigore. In sostanza si
ribadisce che l’islam è attaccato dall’America e dall’Occidente. Inoltre si
condannano le autorità religiose dei paesi come l’Arabia Saudita e l’Egitto per
il fatto di essere acquiescenti verso questo stato di cose, cioè la presenza in
queste nazioni di governi non islamici (a suo dire).
LA STORIA
PIÙ REMOTA
Questo ideologie emergenti non sono certo le uniche voci
del variegato mondo islamico anche se, da parte occidentale, sono quelle che
vengono udite di più perché oggi si accompagnano con la strategia del terrore.
Ma come si è generato questo stato di cose? E queste idee
che vengono sbandierate da queste frange del mondo islamico, quando sono nate?
In un suo recente volume Youssef M. Choueiri sintetizza l’evoluzione e le
matrici del fondamentalismo in tre fasi diverse: quella del risveglio iniziato
nel XVIII secolo, quella del riformismo nel XIX e quella del radicalismo nel
XX.
Il risveglio
Sotto questa denominazione possiamo comprendere l’ascesa
del Wahhabismo in Arabia Saudita, con l’insegnamento di Abd al-Wahhâb
(1703-1752) e la sua saldatura con Ibn Saûd (†1765); la guerra scatenata da
Ahmad Shahid (†1831) e Ismail Shahid (†1831) nell’impero Mogol in India sulla
base degli insegnamenti dello Shah Wali Allah (†1762), che propugnava la
restaurazione dell’islam delle origini di fronte a un islam che si era lasciato
influenzare da costumi e usanze indu e sick; la costituzione del califfato di
Sokoto nel centrafrica da parte di Dan Fodio (†1817) e altre correnti apparse a
Sumatra con il movimento puritano dei Padri, nell’Africa del nord con i sanussi
e il movimento del mahdismo sudanese.
Caratteristica del risveglio fu ribadire la necessità
della hijrah (migrazione) dai territori sotto il potere straniero verso i
territori islamici per limitare i contatti con gli infedeli e, naturalmente, la
necessità del jihâd nei confronti dei nemici dell’islam: è a questi movimenti
che si deve la distinzione tra dâr al-islâm (la «casa dell’islam», cioè i
territori islamici) e la dâr al-harb (la «casa della guerra», cioè i territori
non-islamici). Ma essi proponevano anche una rivisitazione dell’islam invocando
una ormai persa libertà interpretativa (ijtihâd) del Corano e della sunnah
(«tradizione»).
Il riformismo
Un tema caratterizzante all’interno dell’impero ottomano
furono appunto le riforme che si erano rese necessarie ancora di più dopo che
Napoleone aveva compiuto e concluso la sua campagna militare in Egitto, che, anche
se di breve durata, aveva portato agli occhi del mondo musulmano il divario di
sviluppo culturale, scientifico e tecnico tra i due mondi.
Cominciarono perciò le riforme amministrative guidate da
analisi «islamiche» del successo e del progresso occidentale. Ci si concentrò
più sui presupposti intellettuali che sui presupposti sociali od economici
dello sviluppo industriale. Jamal al-Dîn al-Afghânî, Muhammad Abduh, Sayyid
Ahmad Kan, sono solo tra i principali pensatori che si fermarono a considerare
la storia del pensiero occidentale con occhi islamici: Lutero divenne paradigma
di un musulmano ansioso di portare la religione alla sua purezza originaria, la
rivalutazione data dall’illuminismo alla ragione veniva visto come il segreto
dello sviluppo occidentale che non aveva oscurato, come nella civiltà islamica,
il ruolo dell’aql («razionalità») nella progettazione della società e
nell’interpretazione della legge; la consultazione popolare e la democrazia
venivano lette nell’esperienza stessa di Maometto alle origini della comunità
islamica medinese... e potremmo continuare.
Questo pensiero riformista condusse a una
riappropriazione e a una rivalutazione dell’islam, ma non quello dei
contemporanei (vista la situazione nella quale si era pervenuti storicamente),
ma all’islam delle origini. Si arrivò dunque a mitizzare il periodo dell’Islam
delle origini come a un periodo ideale. Proprio per questo la tendenza di certo
mondo islamico, e ancor più dei portavoce di questo islam ideale, è quella di
vivere nel perenne ricordo di una società perfetta già esistita, che è solo da
restaurare nuovamente. Si potrebbe dire che per essi l’unico progresso è il
ritorno alle origini.
SCONTRO
DI RELIGIONI?
Ci troviamo dunque di fronte a uno scontro di religioni?
Oppure a uno scontro di civiltà? Il problema è proprio questo.
Una visione semplicistica e dualistica della realtà
Cedere a questa visione semplicistica delle cose è
saltare a piè pari la storia senza vedere una vicenda più complessa di quanto
la si immagini e la si pensi. Per non parlare poi di un pensiero (questa volta
occidentale) che vorrebbe fregiare la propria potenza militare della
qualificazione di «bene» radicalmente opposto ai nemici schierati sull’«asse
del male». Questo modo di intendere la politica è uno sconfinamento in campo
religioso improprio, è violazione del principio di laicità: non è certo un
governo o uno stato che può indicare che cosa è bene e che cosa è male.
Soprattutto, ed è ancora più grave, non è suo compito dirci chi è nel bene e
chi è nel male: nessuno può pensare di sostituirsi alla coscienza individuale
come se niente fosse: non è suo compito.
L’impressione che potrebbe essere anche più di una
impressione, è che dietro ai discorsi di principio in realtà si nascondano
problemi e interessi economici e politici, non altro.
L’ideologia del laicismo, appannamento del principio
della laicità
Ma in occidente, grazie all’apporto di diverse matrici
culturali e religiose, compresa quella cristiana, e grazie a 1600 anni di
storia con rapporti tra potere politico e potere religioso che si sono andati
evolvendo, acuendo, dissociando, si è maturata l’idea della laicità. In base a
particolari teologie cristiane e ad apporti filosofici particolari si è
proceduto nella ricerca e nello sviluppo scientifico ed economico. Ma il fatto
che il mondo occidentale non si sia ancora riconciliato con la religione e con
il sistema di valori religioso dal quale ha preso le mosse e si è storicamente
sviluppato sta facendo sì, come avviene in Francia,3 che il valore della
laicità non abbia più un quadro di valori di riferimento all’interno del quale
essere difeso.
Inoltre i valori o sono vissuti o non sono tali, e la
laicità non fa eccezione. La laicità ha senso se esiste un mondo religioso come
tale con una sua forte identità radicata nella vita e nel cuore delle persone.
La laicità in un mondo che ha perso esistenzialmente i suoi riferimenti
cristiani e la dimensione religiosa in genere, finisce così per diventare non
la doverosa separazione tra ambito religioso (profondamente personale e
contemporaneamente coinvolgente le comunità nelle quali si vive e si professa
la fede) e ambito politico-civile (nella dimensione sociale della vita), ma
l’affermazione dell’ambito politico-civile come unico spazio incontestato e incontestabile.
La questione dei diritti
Inoltre si deve tenere presente che il mondo occidentale
si ammanta e si vanta della promozione dei diritti dell’uomo, ma talvolta lo fa
solo nominalmente. I diritti fondamentali e inalienabili dell’uomo non sempre
sono difesi anzi, in certi casi, vengono apertamente violati, e proprio qui in
occidente. La legalizzazione dell’aborto, l’introduzione dell’eutanasia, la
sperimentazione sugli embrioni, le torture, sono solo alcuni degli ambiti dove
i diritti dell’uomo in questo nostro «mondo occidentale» sono apertamente
violati e dove qualcuno decide della vita e della morte di qualcun altro, con
fiumi di denaro di potenze economiche sopranazionali e con il sostegno della
legge, per di più. Come può il mondo occidentale ritenersi più progredito di
altre culture e difensore dei diritti dell’uomo se è un mondo dove ci si
scandalizza della guerra, e, contemporaneamente, dove tacitamente sono state
soppresse milioni di vite?
Insomma, non c’è solo il fondamentalismo e la sua ideologia,
ma ci sono anche altre ideologie ben vive e radicate anche qui in occidente,
ideologie che sono sopravvissute al crollo del muro di Berlino e che stanno
seminando, dopo ingiustizie e morti, altre premesse di ingiustizia e di morte.
Davide Righi
1 Rivendicazione tradotta dall’inglese e reperita sito
http://www.jihadunspun.com.
2 Per chi volesse approfondire l’argomento, le
pubblicazioni attualmente non mancano. Cito quelle che mi sembrano le più degne
di nota. Sulle premesse storiche anche remote del fondamentalismo e il formarsi
del suo vocabolario e della sua ideologia negli ultimi 3 secoli Youssef M.
Choueiri, Il fondamentalismo islamico, Bologna 1993, ed. il Mulino. Circa
invece la situazione attuale determinatasi dopo l’ascesa al potere di Komeini
in Iran cf. Jilles Kepel, Jihad ascesa e declino, Roma 2000, ed. Carocci.
3 Mi riferisco al rapporto consegnato il 9 dicembre 2003
al presidente della Repubblica francese da parte della Commissione di
riflessione sull’applicazione del principio di laicità nella repubblica. Recita
il testo: «La laicità, pietra angolare del patto repubblicano, riposa su tre
valori indissociabili: libertà di coscienza, eguaglianza nel diritto delle
opzioni spirituali e religiose, neutralità del potere politico (...) Essa si
riferisce alla Grecia antica, al Rinascimento, alla Riforma...». (pp 7-8). È
così che, nella riflessione di questa commissione, 1500 anni di cristianesimo
non hanno dato nessun apporto in ordine alla costruzione della laicità alla
francese, e non potranno dunque dare nessun apporto al suo mantenimento.