NELLA BIBBIA I VALORI CONDIVISI
IL LIBRO DEL FUTURO DELL’EUROPA
La Bibbia è il libro delle radici europee e sarà anche il libro del suo
futuro. A partire da esso la Chiesa è chiamata a contribuire alla costruzione della
società europea nella collaborazione ecumenica, nell’amicizia col popolo
ebraico, nel dialogo con l’islam e nella crescita di vocazioni al servizio del
bene comune.
L’agenda internazionale di questi ultimi cinquant’anni è
stata scandita da nascita e crescita di un nuovo e importante soggetto
economico-politico, l’Unione Europea (cf. Testimoni 8/04).
I passaggi di questo processo (mercato comune, moneta
unica, dibattito sulla carta costituzionale, allargamento progressivo fino a 25
paesi membri con 455 milioni di abitanti) hanno generato alterne valutazioni,
oscillando tra gli ottimisti che vedono nell’Europa un impulso alla pace e alla
solidarietà mondiale e gli “euroscettici” delusi dal permanere del gioco degli
interessi economici e delle logiche nazionalistiche.
In occasione dell’adesione all’Unione dei 10 nuovi paesi
dell’est, il papa è tornato ribadire che «l’anima dell’Europa resta anche oggi
unita, perché fa riferimento a comuni valori umani e cristiani. La storia della
formazione delle nazioni europee cammina di pari passo con
l’evangelizzazione... La linfa vitale del Vangelo può assicurare all’Europa uno
sviluppo coerente con la sua identità, nella libertà e nella solidarietà, nella
giustizia e nella pace. Solo un’Europa che non rimuova, ma riscopra le proprie
radici cristiane potrà essere all’altezza delle grandi sfide del terzo
millennio: la pace, il dialogo tra le culture e le religioni, la salvaguardia
del creato».
Partendo da queste affermazioni il cardinal Carlo M.
Martini, arcivescovo emerito di Milano, in una recente conferenza pubblica
(9/5/04) ha tenuto a sottolineare come radici cristiane e valori condivisi sono
espressi in maniera privilegiata proprio nei libri delle sacre Scritture.
DRAMMATICI
INTERROGATIVI
L’Europa diviene sempre più grande e più forte, quindi
sempre più responsabile rispetto alla pace mondiale, mentre crescono sofferenza
pericolo e paure per il moltiplicarsi di atti di terrorismo a livello
internazionale: «Il terrorismo – ha ricordato il cardinale – non colpisce ormai
più soltanto alcuni luoghi precisi, come la terra d’Israele, nella quale vivo,
o l’Iraq, ma è capace di colpire in qualunque luogo e in qualunque momento,
come ha mostrato il terribile attentato di Madrid». Tutto ciò in un quadro
internazionale nel quale emergono nuove situazioni di incertezza e drammatiche
sfide, che egli ha riassunto in tre interrogativi.
Il primo riguarda la Chiesa: «Che cosa dice lo Spirito
alle nostre chiese sulla capacità del cristianesimo di essere ancora lievito e
fermento delle nostre società, anzitutto della società europea e della nuova
Europa che sta nascendo?» Il secondo riguarda la convivenza delle diversità:
«Riusciremo in questo nostro mondo ad abitare insieme come diversi, senza
distruggerci a vicenda, senza ghettizzarci a vicenda, e senza neppure solo
tollerarci a vicenda?... Dobbiamo divenire, gli uni verso gli altri, fermento
di autenticità e di ricerca della verità, in spirito di comprensione e di
cordiale amicizia. Non parlo di proselitismo: “tu devi credere ciò che credo
io”, ma: “tu devi seguire la tua coscienza fino in fondo e devi aiutare me a
seguire la mia coscienza fino in fondo”. Gli eventi che stiamo vivendo in
questi tempi a Gerusalemme, come pure in Iraq, ci dicono della enorme
difficoltà di questa sfida. Non siamo capaci di abitare insieme come diversi,
tanto meno a vivere una convivialità reale». Il terzo interrogativo riguarda la
promozione di un bene comune globale: «Riusciremo a superare gli impasse, i
blocchi e le tensioni che il moltiplicarsi dei conflitti di interesse, tra i
grandi possessori dei media, la politica e la finanza internazionale stanno
producendo nel mondo? Non è solo questione di una giustizia sociale statica, di
venire incontro cioè ai poveri della terra, che sarebbe già un grande traguardo,
ma insufficiente da solo. Si tratta di un modo di vivere e di collaborare
insieme a livello planetario che promuova gli interessi del bene comune
mondiale e che sembra sempre più difficile in un intrico di interessi privati
di nazioni e di gruppi, anche economici».
Partendo da queste precise domande, l’oratore ha quindi
cercato di individuare quale sia il significato della Bibbia per il futuro
dell’Europa. Si è espresso con quattro tesi successive. La prima ci dice che la
Bibbia è il libro che ha segnato la storia culturale europea. «Infatti, come
già affermava Goethe “la lingua materna dell’Europa è il cristianesimo” e anche
il filosofo Kant era convinto che “il Vangelo è la fonte da cui è scaturita la
nostra civiltà”… Il poeta francese Paul Claudel parla della Bibbia come del
“grande lessico” da cui hanno attinto le letterature europee, mentre il pittore
Marc Chagall era convinto che, per molti secoli, i grandi pittori si sono
ispirati a quell’ “alfabeto colorato della speranza” che sono le sacre Scritture.
Senza la conoscenza delle Scritture è infatti impossibile decifrare il senso
dell’arte europea medievale e moderna».
In secondo luogo, la Bibbia è anche il libro offerto al
nostro presente. Il cardinal Martini su questo punto si è richiamato alla sua
ventennale esperienza pastorale nella diocesi di Milano, durante la quale non
si è mai stancato di tornare all’insegnamento del concilio Vaticano II (Dei
verbum), affinché la Bibbia ridiventi familiare al popolo cristiano e sia punto
di riferimento della sua preghiera e della sua vita: «L’esperienza mi ha
insegnato che tante persone, anche poco credenti o poco praticanti, sono state
scosse da questo linguaggio e hanno trovato e trovano delle pagine della sacra
Scrittura la luce per il proprio vivere quotidiano e la forza per superare le
difficoltà».
La Bibbia, è la terza tesi, è però anzitutto il libro del
futuro dell’Europa. In vista dei problemi emergenti dal contesto socio-politico
sopradescritto, «sarà sempre più necessario che vi siano in Europa uomini e
donne che rendano testimonianza della necessità della gratuità, del dono di sé,
del servizio fatto senza interesse proprio, dell’amore al bene comune al di là
del bene dei singoli e dei gruppi, della necessità del perdono concesso prima
ancora che sia accolto. È, infatti, su questi pilastri che riposa una società
giusta, capace di aiutare i più deboli… una società che possa vincere
l’inimicizia, superare il male col bene e cercare ogni giorno di costruire la
pace… E l’Europa, che ha lasciato dietro di sé le guerre dei secoli passati e
ha imparato a conoscerne la forza distruttiva, l’inutilità e l’assurda
violenza, può e deve essere per gli altri continenti promotrice e garante di
pace».
Da tutto ciò nasce la necessità di «dire Dio all’uomo
contemporaneo, con un linguaggio chiaro e comprensibile, che esprima la sua
trascendenza, il suo amore per l’umanità e il bisogno dell’uomo di ogni tempo
di riposare in lui. La Bibbia contiene queste parole. E la Bibbia le contiene
in un tessuto di grande umanità, con un vivo senso della fragilità e della
debolezza dei figli di Adamo… La Bibbia non è un libro calato dal cielo: è un
libro in cui ciascuno può specchiarsi e ritrovarsi, in cui vi sono pagine per
tutte le situazioni di sofferenza e di gioia per cui passa ogni creatura umana.
Per questo è un libro che parlerà anche alle future generazioni».
NEL NUOVO MILLENNIO
CON LA SCRITTURA IN MANO
L’ultima tesi riguarda le condizioni perché la Bibbia
possa essere efficacemente il libro del futuro dell’Europa. Si deve partire da
«una collaborazione ecumenica, fraterna e convinta, tra tutte le confessioni
cristiane. Il futuro dell’Europa è strettamente legato alla testimonianza di
unità che sapranno dare i discepoli di Cristo. Ora, questo cammino inevitabile
di unità, tra le chiese in Europa, si farà a partire dalla Scrittura e mediante
una conoscenza sempre più profonda di essa».
Sulla base di questo rinnovato ecumenismo occorrerà poi
«prendere sempre più viva coscienza del rapporto che lega le chiese cristiane
al popolo ebraico e del ruolo singolare di Israele nella storia di salvezza,
storia che riguarda tutte le nazioni. L’Europa è stata la terra nella quale si
è consumata la più terribile persecuzione contro il popolo ebraico e il
tentativo di distruggerlo, con gli orrori della Shoà e dei campi di sterminio.
L’Europa del futuro dovrà essere contrassegnata da un’amicizia sempre più
profonda per il popolo ebraico, riconoscendo le radici comuni che esistono tra
il cristianesimo e l’ebraismo. Il dialogo col giudaismo sarà dunque di
importanza fondamentale per la coscienza cristiana e anche per il superamento
delle divisioni tra le chiese. Bisognerà ricordarsi sempre “della parte che i
figli della Chiesa hanno potuto avere nella nascita e nella diffusione di un
atteggiamento antisemita nella storia e di ciò si chieda perdono a Dio,
favorendo in ogni modo incontri di riconciliazione e di amicizia con i figli di
Israele” (Ecclesia in Europa 56 ). E questo soprattutto di un momento come il
nostro in cui sembra crescere nel mondo lo spirito antisemita e in cui il
popolo di Israele sta vivendo un momento particolarmente drammatico della sua
storia. Il conflitto che contrappone ebrei e palestinesi non potrà essere
superato se non con l’aiuto e attraverso l’assunzione di responsabilità da
parte di tutte le grandi nazioni, e in particolare dell’Unione Europea. Ma per
questo l’Unione Europea dovrà ritrovare le sue radici bibliche che la legano
indissolubilmente con il popolo ebraico».
Su questo punto, il cardinal Martini, che risiede per
gran parte del tempo nella città di Gerusalemme, non ha perso l’occasione di
sottolineare il ruolo che per il futuro dell’Europa ha e avrà questa città: «La
novità che Dio prepara per il mondo intero è quella di uscire dalla condizione
di lacrime, di lutto, di afflizione e di morte, per aprirsi alla Gerusalemme
nuova. Non è indifferente per la costruzione della città dell’uomo che la
Bibbia, e in particolare il libro dell’Apocalisse utilizzi, per definire il
futuro dell’umanità, l’icona di Gerusalemme… Questa Gerusalemme celeste è un
dono di Dio, riserbato per la fine dei tempi. Ma non è un’utopia. È una realtà
che può cominciare a essere presente fin da ora, e che non può prescindere dai
problemi e dalle speranze della Gerusalemme di oggi. In ogni luogo nel quale si
cerchi di dire parole e di fare gesti di pace e di riconciliazione, anche
provvisori, in ogni forma di convivialità umana che corrisponda ai valori
presenti nel Vangelo, c’è una novità, fin da oggi, che dà ragioni di speranza.
E nella Gerusalemme di oggi – lo posso affermare come testimone diretto – vi
sono tanti di questi piccoli e semplici gesti di pace, di amore, di
riconciliazione e tante forme di convivialità vissuta. Occorre che l’Europa
sostenga e promuova questi gesti perché assumano a un certo punto valore e peso
politico e diventino premesse per un cammino di pace».
Da queste considerazioni discende l’ulteriore condizione
rappresentata da un dialogo interreligioso coraggioso e profondo e un rapporto
fraterno e intelligente con l’islam. Mantenendo la fiducia nel disegno di
salvezza di Dio che riguarda tutti i suoi figli, «bisognerà essere coscienti
delle divergenze esistenti tra la cultura europea e la cultura araba, ma questo
non per chiudersi in una fortezza europea, ma per aprirsi a uno scambio sincero
che permetta la fiducia reciproca e sostenga le forze dialoganti all’interno
dell’islam per un cammino di pace».
Affinché questo scenario di dialogo e di interdipendenza
possa diventare casa comune, è stato infine lucidamente sottolineato che «sarà
di importanza capitale suscitare e sostenere vocazioni specifiche – politiche –
di numerosi laici al servizio del bene comune europeo e mondiale: persone che,
seguendo l’esempio di coloro che sono stati chiamati padri dell’Europa,
sappiano essere artefici della società europea dell’avvenire, facendola
riposare sulle basi solide dello spirito. E queste basi solide dello spirito
sono quelle che troviamo nella Scrittura e, in particolare, nel Vangelo».
Non sarà una formula a salvarci né un programma, ma la
persona vivente di Gesù Cristo (NMI 39). È questa persona vivente, la quale ci
parla attraverso le Scritture nella forza dello Spirito, che ci salverà. La
Chiesa entri dunque nel nuovo millennio con in mano il libro del Vangelo!
a cura di Mario Chiaro