VII CONSIGLIO
PLENARIO DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI
PERIFERIE LUOGO
DI ITINERANZA
La riunione del consiglio plenario è stata
preparata con il coinvolgimento dei vari livelli di fraternità e da due
convegni. Occorreva contestualizzare la minorità e l’itineranza nel mondo
contemporaneo. I lavori sono terminati con 50 propositiones.
La riscoperta
della minorità e dell’itineranza ha costituito il tema e il filo conduttore dei
lavori del VII consiglio plenario dell’ordine (CPO) dei frati minori cappuccini,
che si è tenuto ad Assisi dall’1 al 27 marzo scorso con la partecipazione di 41
delegati delle conferenze di circoscrizioni in cui si articola la presenza
dell’ordine nelle varie parti del mondo, nonché del ministro generale e dei
consiglieri generali. Le costituzioni cappuccine (n. 123) affidano al CPO gli
scopi di esprimere il rapporto vitale tra l’intera fraternità e il suo governo
centrale, di promuovere la coscienza di tutti i frati alla corresponsabilità e
alla collaborazione, di favorire l’unità e la comunione dell’ordine nella
pluriformità.
La necessità di
un recupero della dimensione minoritica e itinerante nella fraternità
cappuccina nasce dal desiderio di tornare all’ispirazione originaria di
Francesco d’Assisi, a fronte di una società nella quale sono meccanismi
endemici la corsa al potere e lo sfruttamento dell’altro. Come ha affermato il
grande esperto del movimento francescano, fra Lazaro Iriarte, la minorità è
stata «la parte umanamente meno gradita dell’eredità lasciata da Francesco d’Assisi,
la prima a essere dimenticata, sebbene fosse tanto intelligibile e così poco
esposta a complicazioni giuridiche. Tutta la complessa problematica che si
sviluppò attorno alla povertà nella fraternità dopo la morte del fondatore,
tutte le lotte interne e gli atteggiamenti esterni, ben poco evangelici,
dipesero dall’impegno impossibile da parte dei figli di san Francesco di voler
essere poveri senza avere il coraggio di continuare a essere “minori”». Per
altro verso, l’itineranza è venuta meno a fronte della conventualizzazione e
della clericalizzazione dell’ordine.
Il cammino di
preparazione al CPO si è svolto attraverso il coinvolgimento dei vari livelli
della fraternità, sollecitati mediante appositi questionari destinati ai
consigli provinciali, ai capitoli locali e ai singoli frati. L’Istituto
francescano di spiritualità presso l’ateneo Antonianum ha inoltre organizzato
due convegni: Minores et subditi omnibus nel 2002 e Pellegrini e forestieri nel
2003. Tali incontri hanno avuto per scopo di contestualizzare la minorità e
l’itineranza nel mondo contemporaneo a partire dalle radici ispirative in san
Francesco e nella prassi degli iniziatori della riforma cappuccina. Il ministro
generale, fra John Corriveau, ha dedicato alla tematiche due lettere circolari:
Quell’eccessivo amore
(n. 20) e Il
coraggio di essere minori (n. 21).
CONTRIBUTI E
LAVORI
DEL CONSIGLIO
PLENARIO
Le relazioni
presentate al consiglio plenario si sono snodate secondo un itinerario legato
alle dinamiche interne alla fraternità e alla sua presenza nella Chiesa e nel
mondo.
Fra Fidel
Aizpurua, spagnolo, biblista, ha svolto il tema Minorità e itineranza in
rapporto alle strutture. Ha lanciato delle provocazioni sugli elementi
fondamentali del VII CPO: porre in discussione l’indiscutibile; affrontare il
pensiero unico; spostarsi verso il margine, essere segno di cambiamento, in
collaborazione con i movimenti non sistemici.
Dall’oggi si è
risaliti alle origini. Fra Regis Armstrong ha illustrato la minorità nella vita
e negli scritti di Francesco e dei primi frati. Il cappuccino nordamericano,
docente presso la School of theology and religious studies nella Catholic
University a Washington, ha descritto la minorità come un’intuizione
sacramentale di Francesco, indicando un paradigma nelle Ammonizioni di san
Francesco, dalle quali emerge la minorità come povertà, come umiltà, come
accettazione della vulnerabilità.
Fra Niklaus
Kuster, svizzero, docente a Münster e a Venezia, ha presentato la minorità e
l’itineranza nella prassi dei primi cappuccini. I primi cappuccini desideravano
vivere il radicalismo di Francesco con concrete risoluzioni: rinuncia alle
strutture conventuali, alla sicurezza comunitaria e agli apostolati pastorali
privilegiati, dimora in eremitaggi rurali non fissi, in solidarietà con i
poveri, i malati e i bisognosi.
Il dott. Giuseppe
De Rita, direttore del CENSIS,1 ha presentato ai delegati lo scenario odierno
del potere, sul quale la vita religiosa è chiamata a collocarsi. Esistono oggi
tre livelli di potere. Il primo è quello del potere globalizzato: sono le
grandi affermazioni di valori, come quelli della Carta dei diritti dell’uomo
delle Nazioni Unite. Tuttavia tali precetti non sono effettivi in quanto non
sono sostenuti da una forza che possa renderli operativi. Il secondo livello è
quello dei poteri autoreferenti e autoalimentanti: la finanza, le armi, la
tecnologia. Tali poteri hanno come scopo se stessi e la propria permanenza. Il
terzo livello è quello del potere individuale, dato dalla competenza e dalla
professionalità di ognuno. La minorità e l’itineranza sono un mezzo per
esprimere l’essenziale, come Francesco d’Assisi. Un modo moderno di vivere la
minorità è quello di aderire ai valori che non hanno forze che intervengano a
farli applicare; è mancanza di copertura dinanzi ai grandi poteri di oggi; è
scegliere la via del potere della competenza, che per i cappuccini può essere
quella dell’esperienza dell’umanità e della capacità di contatto con le
persone. Inoltre, oggi il potere è orizzontale, nel senso che è impossibile
controllarlo dall’alto e in un unico punto, come mostra l’internet. Il potere
si trasferisce nelle periferie. Come diceva Heidegger, «la verità è camminare
sui confini». Tali periferie sono il luogo di una futura itineranza.
Fra Giuseppe
Scarvaglieri, cappuccino italiano, docente di sociologia della religione presso
le Università gregoriana e lateranense di Roma, ha applicato le meccaniche del
potere alla concreta situazione di un ordine religioso come quello dei
cappuccini: la strumentalizzazione del sacro; il condizionamento della
tradizione; la possibilità di creare opinione pubblica; l’accesso abbastanza
agevole alla tecnologia, all’informazione e alle altre risorse; una certa
libertà nell’organizzazione della propria vita e nell’affermazione della propria
personalità.
Fra Ed Foley,
statunitense, docente di teologia pastorale presso la Catholic theological
Union a Chicago, ha offerto un contributo cappuccino alla comprensione del
sacerdozio nella Chiesa. Partendo da una considerazione analogica sul biculturalismo
della società americana e sulla duplice appartenenza religiosa (frate e
frate-sacerdote), ha indicato al francescano sacerdote il modello della
minorità della Trinità. Ciò esige: 1. presentare fin dall’inizio la natura
mista della comune vocazione francescana; 2. una prassi di liturgia che porti a
pregare come frati minori, in modo da evitare ogni forma di superiorità di un
frate sull’altro o su qualsiasi altra persona; 3. allargare il cerchio di
collaborazione e di decisionalità nell’esercizio del ministero pastorale, in
modo che noi non decidiamo soltanto «per» gli altri ma con gli altri.
Fra Paolo
Martinelli, docente di teologia presso l’Università gregoriana e presso
l’Istituto francescano di spiritualità, ha sviluppato il rapporto fra ministeri
fraterni e minorità, a partire dall’esperienza cristiana di Francesco d’Assisi
come conversione e corrispondenza alla kenosi di Cristo, che si abbassa,
facendosi obbediente fino alla morte di croce, assumendo l’ultimo posto. Questo
mistero si prolunga nel mistero kenotico della Chiesa, in particolare
nell’eucaristia. Il ministero nella vita fraterna trae la sua struttura dalla
stessa minorità, ossia dal farsi servo come atto di libertà. Il ministro, il
custode o il guardiano (come li chiamava Francesco) o chiunque svolge un
compito che include l’esercizio di autorità e potere nella vita fraterna si
caratterizza dal compiere un servizio alla libertà dei fratelli, sostenendoli e
correggendoli nell’approfondire il carisma che ha mosso la propria vita a conversione.
Il modello di ministero fraterno può essere descritto come una reciprocità
asimmetrica in cui l’uguaglianza fraterna è raggiunta attraverso l’obbedienza
caritativa vicendevole. Questo crea la circolarità tra i ministeri e
corresponsabilità fraterna nel vicendevole sostegno a vivere il carisma di
Francesco. Infine, la condizione per poter esercitare il ministero fraterno sta
nel distacco dal proprio ruolo e nel saperlo vivere come occasione per la
propria conversione, nell’essere pronto a offrire quel perdono che rende
possibile ogni nuovo inizio, come insegna san Francesco nella Lettera a un
ministro.
NEI DIVERSI
CONTESTI
Un gruppo di
delegati, rappresentativi dei vari continenti, si è soffermato sulla itineranza
nei differenti contesti mondiali. È emerso che il recupero dell’itineranza è in
anzitutto la segnalazione di una lacuna nella spiritualità. Per recuperare
l’itineranza sono stati proposti tre passaggi: 1. da una mentalità
fondamentalista alla prassi del dialogo, che è una spiritualità della
giovinezza e della speranza; 2. dal conventualismo all’itineranza della
fraternità, che è flessibilità, capacità di riprogettare le presenze e le
attività della provincia a seconda delle mutate condizioni; 3. dal
provincialismo alla collaborazione interprovinciale e interfrancescana. Ne
verrebbe un rilancio della missionarietà, verso le zone ancora in attesa
dell’annuncio del Vangelo ma altrettanto verso le zone dell’occidente
secolarizzato, le periferie urbane degradate, l’accoglienza delle nuove forme
di schiavitù ed emarginazione, il dialogo ecumenico e l’incontro con i credenti
in Dio di altre religioni.
Fra Ambongo
Besungu, della Repubblica democratica del Congo, si è soffermato su cosa
significhi essere minore in un contesto di povertà. Egli ha descritto la
situazione socio-economico-politica del Congo e le cause della povertà
generalizzata. «La vita dei cappuccini nel Congo – ha detto – realmente,
giudicando dal nostro stile di vita, non è né povera né ricca. La nostra vita
di frati nel Congo è modesta, ma per molta gente del paese che è veramente
misera, essa appare come vita da ricchi».
Padre Alex
Zanotelli, missionario comboniano, partendo dalla sua esperienza nella
baraccopoli di Korogocho a Nairobi (Kenya), ha offerto alcune linee operative:
una lettura della parola di Dio fatta dentro il contesto dei poveri; la
scoperta che i poveri ci evangelizzano; la denuncia delle strategie a livello
di strutture, che puntano all’impoverimento della maggioranza dell’umanità per
garantire lo stile di vita della minoranza; l’impegno per la redenzione del
sistema; l’adozione di comportamenti alternativi a livello operativo.
la minorità
modello
alternativo
Il brasiliano fra
Luis Carlos Susin, professore all’Università cattolica di Porto Alegre e di Rio
Grande do Sul, nonché membro del gruppo editoriale di Concilium, ha presentato
la minorità come modello alternativo per la società. La minorità può essere
vista come relazione di servizio più che come identità. Essa è inoltre come
necessaria relazione nell’incontro con altri che vivono la minorità. Le
relazioni di servizio possono aiutare a dar forza a una nuova visione del
mondo, attraverso l’organizzazione della solidarietà.
Fra David
Couturier, statunitense, esperto di formazione iniziale e permanente, direttore
del Center for structural conversion, si è soffermato sulle condizioni
antropologiche per una formazione all’itineranza. Di fronte alla violenza e
povertà globali, la minorità va reinterpretata «come virtù sociale della
compassione internazionale e l’itineranza come un appassionato e fiducioso
andare avanti e al di là delle frontiere della lingua, classe, ideologia,
sesso, orientamento e casta, in modo da poter vivere la nostra vocazione a
essere in libera comunione con gli altri senza dominazione e senza
limitazione».
In numerosi
giorni di confronto, in cui sono emerse anche la ricchezza del pluralismo di
sensibilità che caratterizza l’ordine, i delegati hanno elaborato circa
cinquanta propositiones, che, debitamente corrette, saranno promulgate in
giugno dal governo centrale dell’ordine e presentate attraverso opportune
iniziative di formazione permanente.2
fra Francesco Neri
1 Il Censis,
Centro Studi Investimenti Sociali, è un istituto di ricerca socioeconomica
fondato nel 1964, che da più di trent’anni svolge attività di studio,
consulenza, valutazione e proposta nei settori vitali della realtà sociale
italiana ed europea: formazione, lavoro, welfare, reti territoriali, ambiente,
economia, sviluppo locale e urbano, governo pubblico, comunicazione, cultura.
2 Per una
maggiore informazione si può consultare
il sito dell’ordine www.ofm.org