Nei
prossimi mesi di questo 2004 i comboniani saranno chiamati, attraverso il
processo di consultazione, a scegliere i nuovi superiori provinciali e di
delegazione, con i loro consigli. È un appuntamento triennale che non manca mai
di suscitare una serie di sentimenti e di reazioni.
Ricollegandosi
alle indicazioni del XVI capitolo generale, dedicato
alla missione dei comboniani all’inizio del terzo millennio, p. Teresino Serra,
superiore generale, con una lettera all’istituto propone alcune brevi
considerazioni – che qui riprendiamo – atte ad aiutare i membri a operare il
necessario discernimento.
Discernimento
comunitario
È
ovvio che la scelta deve scaturire da un’attenta analisi e valutazione della
situazione reale della provincia e delle sue necessità. Siamo coscienti, allo
stesso tempo, che tutti subiamo l’influsso di condizionamenti
e pressioni diverse: da una legittima varietà di opinioni, alle
simpatie/antipatie personali, ad alleanze e logiche di interessi di gruppo, di
provincia, di nazionalità, ecc. Che ci sia bisogno di cercare il bene comune
stando attenti anche a criteri di età, rappresentatività geografica o
nazionale, è normale e prudente. L’importante è che non siano queste le ragioni
e le dinamiche portanti e principali della nostra
decisione. Dovremo aiutarci per far sì che lo scambio di pareri personali, come
pure le consultazioni e le preferenze espresse nei gruppi e in eventuali
assemblee durante il processo di discernimento, partano e siano
frutto dello Spirito, superando la tentazione di pre-giudizi o progetti
interessati, nella ricerca sincera della “volontà divina”.
Discernimento
nello Spirito
Un
vero discernimento si può fare solo nello Spirito. È un dono da chiedere
umilmente e con insistenza nella preghiera. Ma è anche
frutto di un faticoso processo personale e comunitario di riflessione e ricerca
in atteggiamento dì fede. L’esercizio a cui tutti nei prossimi mesi siamo chiamati a partecipare, infatti, non è una mera
formalità giuridica, una scadenza amministrativa che lascerà comunque un certo
numero di persone più o meno contente o scontente a seconda dei risultati.
L’esercizio delle elezioni è un serio atto di responsabilità personale che
segnerà nel bene o nel male il futuro delle nostre comunità e
province/delegazioni e quindi della missione a cui abbiamo dedicato la vita,
sulle orme di Comboni.
Scegliere…
servitori
Oggi,
anche per le grandi imprese commerciali, il manager ideale ed efficace, il
leader nuovo è una persona che si mette a servizio, un
animatore che ascolta, unisce e motiva gli altri a raggiungere insieme lo scopo
prefisso. Non basta, quindi, “saper comandare”. In sostanza,
nella persona del provinciale si tratta di scegliere il “servitore” della
provincia, e con lui altri confratelli in grado di consigliarlo e aiutarlo
perché possa realizzare al meglio questo ministero per il bene di tutti.
Per il capitolo, il superiore è il “servitore” chiamato a
essere l’animatore della fraternità, del discernimento e della
corresponsabilità di tutti. Promotore della missionanietà dei
singoli, delle comunità e della provincia, perché ciascuno e tutti possano
essere fedeli alla loro identità e vocazione missionaria e comboniana.
Il suo ruolo non può quindi essere appiattito sul management più o meno abile
ed indolore dello status quo e neppure fagocitato dal lancio di nuovi progetti
e iniziative o dal coraggio di nidimensionarne altre. Il suo compito primario è
quello di far crescere tutti i missionari e le comunità nella fedeltà al
carisma della nostra vocazione missionaria comboniana per incamarlo nel mondo
d’oggi.
Una
“conditio sine qua non”
Ci
sono alberi che producono frutti solo in determinate condizioni ambientali. Il
servizio dell’autorità è molto delicato e complesso, specialmente oggi.
Funziona solo in un ambiente e atmosfera appropriata, in un contesto
di fede e comunione. Da parte di chi è chiamato a
esercitarlo, ovviamente, ma non meno necessariamente da parte di chi nella
comunità, provincia/delegazione e istituto, è chiamato a seguirne
responsabilmente le indicazioni. Eleggere i superiori, chiedendo loro di
accettare un servizio difficile per il bene di tutti, e poi lasciarli da soli a
portare la croce, o peggio ancora renderne più pesante il compito per mancanza
di collaborazione o con il rifiuto di una responsabile ma dovuta obbedienza,
non è serio e responsabile. E il mezzo sicuro e collaudato
per bloccare e minare il bene della provincia/delegazione. E bene ricordarlo, per impegnarci a far sì che succeda
esattamente il contrario.