VC E SPIRITUALITÀ DELLA LIBERAZIONE

NON AI MARGINI MA DENTRO LA STORIA

 

La vita consacrata è invitata a rendere visibile la speranza in un mondo caratterizzato dallo scambio generazionale e dalla mobilità etnica. Deve uscire dalle misure protettive tipiche del passato e scegliere di abitare all’interno della storia che è quella di un’umanità migrante come luogo di salvezza.

 

Quando si parla della spiritualità della vita consacrata è importante partire dal concetto di spiritualità come stile o forma di vita cristiana che è vita “in Cristo” e “secondo lo Spirito”, che si accoglie nella fede , si esprime nell’amore e si vive nella speranza all’interno della comunità ecclesiale.

Parlare di spiritualità non significa, pertanto, parlare di un aspetto della vita, ma di tutta la vita. Vuol dire riferirsi a una qualità che lo Spirito imprime in noi. Significa ancora parlare dell’azione sotto l’impulso dello Spirito Santo. Il riferimento primordiale della spiritualità cristiana è Gesù; la conversione a lui e la sua sequela.

Questo modo di mettere a fuoco la spiritualità corrisponde meglio alla rivelazione biblica. In essa troviamo una visione unitaria dell’essere umano, che vive sotto l’azione costante di un Dio presente e vicino che lo interroga e l’interpella in tutte le circostanze. Possiamo anche affermare che, in questo modo, si comprende meglio l’unità della vita cristiana in tutte le epoche, culture e situazioni esistenziali. Nello stesso tempo la necessità di una apertura alla diversità, frutto di circostanze diverse che richiedono accenti e incarnazioni particolari. La spiritualità non si vive al margine della storia, ma al suo interno.

La spiritualità della vita consacrata è una spiritualità inserita nella Chiesa e nel mondo; pertanto partecipa alle sue trasformazioni. È condizionata dalle diverse culture che si fanno strada nella storia. È soggetta ai cambiamenti che si attuano all’interno del popolo di Dio che cammina nel tempo come sacramento del Regno.

 

ELEMENTI

FONDAMENTALI

 

Uno stile o modo di vivere la vita cristiana è quello della vita consacrata. Questa ha come punto di partenza un carisma comunicato dallo Spirito per seguire Gesù in una consacrazione mediante i voti, vissuta in comunione per la missione. La fede, la speranza e l’amore si esprimono e sono vissuti in connessione con questa particolare dedizione al servizio di Dio e ai fratelli. I rispettivi rapporti con la società, con la donna o con l’uomo, e con i beni di questo mondo assumono una qualifica diversa in forza della totale dedizione a Dio per mezzo dell’impegno di obbedienza, castità e povertà consacrate.

I voti e la vita fraterna in comunità

La consacrazione mediante i voti, radicata nella consacrazione battesimale, è frutto di un dono particolare dello Spirito il quale prende possesso della persona, la configura a Cristo e l’abilita a vivere secondo i consigli evangelici nel proprio carisma ed è anche una risposta di donazione, accolta e riconosciuta dal ministero della Chiesa. Questa risposta di donazione al servizio del regno di Dio conferisce delle sfumature particolari nel modo di vivere i tre atteggiamenti fondamentali della vita cristiana: la fede, la speranza e l’amore. I tre voti sono l’espressione di questi atteggiamenti, benché ciascuno ne sottolinei ed eserciti uno in modo particolare.

L’obbedienza è, in modo speciale, un vita vissuta nella fede nell’apertura alle vie di Dio cercate e scoperte con la mediazione del superiore e della comunità. La persona consacrata, limitando la propria volontà e rinunciando ai progetti personali cerca di compiere con responsabilità e iniziativa la sua missione al servizio del Regno. È un modo di essere liberi di aderire, per amore, alla volontà del Padre come ha fatto Gesù. L’obbedienza manifesta e instaura un nuovo tipo di rapporti nella società: un’autorità come servizio e una libertà che tiene conto del bene degli altri. Essa mette in questione, in questo modo, l’esercizio totalitario e oppressore dell’autorità e l’egoismo individualista nell’uso della libertà.

La povertà è in rapporto speciale con la speranza, che guida il cristiano nell’uso dei beni di questo mondo. Questi sono stati creati da Dio per il bene di tutti e devono essere condivisi nella giustizia e nella fraternità. Il punto di partenza di questo impegno di povertà evangelica, fatta di apertura a Dio e di solidarietà verso il prossimo nel bisogno, è l’esperienza di Dio come unico assoluto. Essa rende relativo tutto il resto e gli conferisce la sua vera dimensione. È fonte di disinteresse e, nello stesso tempo, di donazione e impegno generoso affinché il regno di libertà, giustizia, amore e pace stabilito da Cristo si renda presente nella storia.

La castità consacrata, assieme alla vita fraterna in comunità è un’espressione particolare dell’amore cristiano. Esse danno origine a una fraternità universale. Aiutano a comprendere meglio le ricchezze e le esigenze dell’amore, frutto dello Spirito. Conferiscono al loro esercizio delle connotazioni speciali: universalità, gratuità, disponibilità. La castità consacrata permette, d’altra parte, di poter formare comunità come famiglie riunite non da vincoli di carne e di sangue, ma da una comune vocazione ricevuta in Dio. In esse si esprime e manifesta la forza della risurrezione di Gesù che convoca alla comunione fraterna. Nella dimensione della comunità, la vocazione si traduce in una coscienza di convocazione da parte di Dio, la consacrazione in un’esperienza di comunione e di convergenza nell’amore di Cristo, la missione in una chiamata a condividere l’ideale apostolico.

La dimensione escatologica

Lo stile alternativo di vita dei consacrati nella Chiesa è chiamato ad accentuare il carattere peregrinante della Chiesa. Si tratta di vivere nel “non ancora” la dimensione definitiva della pienezza del “già”. La storia del mondo è orientata alla seconda venuta di Cristo. Il suo regno è già presente, in modo misterioso, ma reale, nel tempo. Tuttavia, si apre il cammino nella tensione della speranza attiva verso la pienezza delle realtà definitive. In questa prospettiva, la povertà vive il disinteresse del condividere e di mettere i beni a servizio degli altri come mezzo necessario ma transitorio. La castità consacrata parla della provvisorietà della condizione terrena del mondo che passa. Infine, l’obbedienza che pone la vita consacrata nella proiezione dinamica del pieno compimento della volontà del Signore. In una parola, l’adozione di una forma di vita nata da un carisma dello Spirito, che rompe i modelli di ciò che è ordinario, è in sé un invito a fare attenzione a ciò che non passa e a vivere consapevolmente il fatto di non avere qui stabile dimora.

 

UNA NUOVA

PROSPETTIVA

 

All’interno di queste tendenze comuni della spiritualità della vita consacrata, nei contesti socio-culturali di oppressione-liberazione la vita consacrata vive gli elementi della spiritualità cristiana in una prospettiva di liberazione integrale. L’aspetto trinitario della spiritualità, quello ecclesiale, teologico, orante – ascetico e mariano hanno delle caratteristiche particolari che, senza negare la necessità e la ricchezza di altre prospettive, mettono in risalto una spiritualità liberatrice che unisce il naturale con il soprannaturale, l’aspetto individuale con quello sociale, quello materiale con quello spirituale, il provvisorio con il definitivo.

La spiritualità della liberazione, come ogni spiritualità, è in stretto rapporto con la vita. Al suo interno si vivono in maniera particolare tutti gli elementi della spiritualità cristiana.

L’esperienza di Dio nella spiritualità della liberazione nella vita consacrata si caratterizza dal fatto di essere vissuta in una situazione di oppressione e di ingiustizia. In essa, Dio appare per contrasto e interpellando profondamente la prassi cristiana. Anche l’esperienza di Dio nel fratello ha la peculiarità di privilegiare la sua presenza nei più poveri, seguendo in questo gli insegnamenti evangelici (cf. Mt 25,31-46). A partire da ciò che avviene nella vita dei credenti impegnati nella evangelizzazione di liberazione, si parla a ragione del Dio della vita che si scopre nelle situazioni di morte in cui si trovano le maggioranze miserabili del continente. Questo Dio della vita interroga, interpella, e spinge a cambiare la storia.

La costatazione della necessità della preghiera nell’impegno della liberazione non è solo teorica. È stata, soprattutto, l’esperienza concreta dell’opera di evangelizzazione che ha fatto sì che persone consacrate siano giunte a scoprire un nuovo genere di preghiera intimamente collegato con questo impegno e con le sue esigenze. In mezzo alle prove e alle difficoltà, la preghiera appare come un dialogo con il Dio gratuito che spinge alla generosità e sostiene la speranza; come qualcosa di inseparabile dalla sequela di Gesù. Nella preghiera si segue Gesù nel suo atteggiamento di apertura al Padre e di disponibilità per accettare le sue vie. Con questo nuovo genere di preghiera si prende parte all’esperienza di Gesù e questa si traduce in un invito all’incontro con il Padre e la dedizione ai fratelli. Da parte sua, la liturgia viene celebrata in rapporto con la vita e conduce a una rinnovato e generoso servizio ai fratelli più poveri. Essa assume la voce dei senza voce. Comporta una conversione costante ai valori evangelici e un impegno nell’opera di evangelizzazione liberatrice.

La spiritualità della liberazione ha portato a riscoprire il Gesù dei Vangeli. Ma lo ha fatto nell’ottica di una situazione di miseria e di oppressione. Ciò ha avuto come conseguenza che Cristo appaia anzitutto come liberatore, come colui che annuncia la buona novella del Regno e proclama la liberazione anticipandone la realizzazione nelle liberazioni parziali; come colui che nel suo messaggio religioso interpella anche le realtà sociali.

La spiritualità, come vita nello Spirito, richiede discernimento e apertura alle vie dello Spirito. Nell’esperienza spirituale delle persone consacrate impegnate nei processi di liberazione l’accento è posto sulla necessità di saper percepire la presenza e le interpellanze dello Spirito nei “segni dei tempi”.

La dimensione comunitaria o ecclesiale della spiritualità cristiana è vissuta con intensità nella spiritualità della liberazione. Il modo di viverla è condizionato dal modello storico della Chiesa che si manifesta poco alla volta nelle situazioni di oppressione. In una Chiesa che aiuta a vivere gli aspetti della comunione e di partecipazione a partire da un’opzione preferenziale per i poveri.

L’opera di evangelizzazione comporta momenti difficili di crisi e di scoramento; di oscurità e di insuccesso. Attraverso di essi si purifica la fede che cessa di appoggiarsi su dei segni o sulla dottrina per confrontarsi esclusivamente con la volontà di Dio. La fede dello stesso popolo povero e semplice evangelizza e insegna un modo evangelico di confidare in Dio, di aprirsi a lui, di porre in lui tutta la propria sicurezza.

La speranza si vive mettendo l’accento sul suo aspetto attivo e impegnato; sul lavoro per la giustizia, la libertà, la pace, la fraternità. Questa speranza attiva di carattere biblico si radica nell’esperienza di povertà e nel limite dell’opera di liberazione. Un realismo spirituale che parte dalla convinzione che le anticipazioni del Regno saranno sempre imperfette non impedisce, tuttavia, che si prosegua nello sforzo di renderlo presente nella nostra storia.

La spiritualità di liberazione vive in modo nuovo le esigenze dell’amore cristiano concreto ed efficace e della santità intesa come comunione con Dio. L’amore cristiano, nelle situazioni di povertà disumana, rivela le sue esigenze socio-politiche.

L’ascesi, intesa come abnegazione evangelica, è un elemento necessario nella spiritualità cristiana. È un modo di partecipare al mistero della morte e risurrezione di Cristo.

Nella spiritualità di liberazione l’ascesi cristiana è considerata più in rapporto con la vita che non in relazione con le pratiche ascetiche, che passano in secondo piano. La spiritualità di inserimento contempla Maria nella sua storia in base alla nostra storia. Questo punto di partenza ha esercitato un notevole influsso nel cambiamento di prospettiva della spiritualità mariana.

Vista in questa realtà di oppressione-liberazione e, più concretamente, a partire dal mondo dei poveri, Maria appare come il volto materno e misericordioso di Dio; come il segno della presenza e della prossimità del Padre e di Cristo come una realtà profondamente umana che suscita nei credenti «preghiere di tenerezza, dolore e speranza». In Maria della storia due sono gli aspetti che influiscono maggiormente sui cristiani inseriti: la sua apertura a Dio e la sua vicinanza al popolo.

Questi tratti della spiritualità della liberazione mostrano come attraverso di essa si vivono i valori fondamentali della spiritualità cristiana, incarnati nelle realtà di oppressione-liberazione e rivestiti delle sfumature che le circostanze impongono. In alcuni contesti socio-culturali ed ecclesiali queste sono le strade in cui si incarna la spiritualità della vita consacrata.

 

Camilo Maccise