ANNA: UN VOLTO
TRA L’OMBRA E LA LUCE
Quale relazione può esserci tra la madre di Maria di Nazaret e Betsabea,
la donna che il re Davide rubò all’onesto Urìa mandato in prima linea a morire
perché egli potesse prenderne la moglie? Oppure tra lei e l’eroica Giuditta, o
Ester la regina o la “madre coraggio” dei fratelli Maccabei o le tante altre,
protagoniste o anche fuggevoli comparse in fatti e storie dove hanno lasciato
per sempre tracce di un loro passaggio, mentre non figura nei libri biblici
neppure il nome della madre di Maria?
Certo, tutti i secoli cristiani l’hanno chiamata e anche oggi la
chiamiamo così: Anna, con un nome giunto alla Chiesa unicamente dalla
tradizione fondata sull’apocrifo Protovangelo di Giacomo, del II secolo, che la
dice sposa di Gioacchino e madre della madre di Gesù; ma invano cercheremmo
nella Bibbia attribuito a lei il suo nome, che pure vi ricorre a designare
donne più o meno celebri, più o meno “sante”, da Anna la madre di Samuele ad
Anna la profetessa figlia di Fanuele che loda l’Eterno per il neonato figlio di
Maria presentato al Signore nel tempio.
Che fare, dunque, se si volesse con motivi plausibili costruire, tra
l’ombra e la luce del suo anonimato, il volto della donna dalla quale Maria di
Nazaret è nata, in una famiglia ebrea, e dalla quale è pensabile abbia appreso
a conoscere e praticare la legge dell’amore a Dio e al prossimo e – diciamo con
le parole di Giovanni Paolo II – «imparato come essere madre»?1
Ha voluto farlo l’autrice del recentissimo libro che qui presentiamo,2
col mettersi alla ricerca del volto di Anna scrutandone i possibili lineamenti,
certo non fisici ma spirituali in senso ampio, fra i tratti più marcati e
quelli più sfumati delle donne che popolano le pagine dell’Antico Testamento:
ossia leggendoli dove s’innesta il rapporto – di cui al nostro interrogativo
iniziale – fra le tante donne nominate e lei anonima, quel rapporto che si può
indicare con l’espressione, che la riflessione contemporanea sulla donna ora
rifiuta ora riaccoglie, di eterno femminino.
FRA LE MOLTE
DONNE DELL’AT
Fondata, oltre che sul dato assiomatico che Maria di Nazaret ha avuto
una madre, sulla convinzione che il volto di tale madre sia da cercare tra le
donne del popolo di Israele, l’autrice rilegge con perspicacia e in modo
originale i testi biblici che le riguardano, ne scruta la figura nell’intimità
della casa, nella concretezza dei rapporti familiari, nello spessore della
partecipazione alla vita sociale... allo scopo di sapere, alla fine, «come
pregava, come amava, come lavorava, in una parola in che modo Anna incarnava il
tipo di donna ebrea timorata di Dio nel tempo che fu suo».
La sua ricerca, pertanto, si appunta sia sulle figure delle grandi
eroine di Israele che hanno fatto onore con imprese eccezionali al loro popolo,
delle donne che hanno attraversato situazioni altamente drammatiche o
determinato tragedie familiari e sociali, sia su quelle dall’esistenza più
comune, fervida di concretezza ma come raccolta nella semplicità delle storie
familiari e dei gesti quotidiani, dove pure il genio femminile – nel senso
datogli dalla Mulieris dignitatem – ha avuto modo di esplicarsi nel contesto
della cultura ebraica e secondo le vicende storiche e i momenti anche
psicologicamente vissuti dalle donne e dagli uomini. Una ricerca, inoltre, che
sulle une e sulle altre coglie e segnala ogni volta la Presenza divina che
sempre veglia e opera, che è adorata e obbedita ma pure tradita e disonorata ma
non si stanca di accompagnare in tutto il suo cammino storico il popolo
dell’alleanza che gli appartiene, di illuminarlo, correggerlo, incoraggiarlo
anche nelle ore più buie e attraverso i fatti più sconcertanti.
DONNE
COME TANTE
Avvicinate così da donna a donna, con acume intellettuale nutrito
evidentemente di letture specialistiche sulla materia trattata e con sensibilità
di fede, le donne che l’autrice ha scelto di riascoltare in ciò che hanno
vissuto – e che si è svolto, benché non ne siano state consapevoli, in funzione
della storia della salvezza – mostrano qualche tratto della donna ebrea che
anche Anna può essere stata.
La donna che nella preghiera del mattino benedice Adonai che l’ha fatta
nascere «secondo la sua volontà», che non ha alcun compito nel culto pubblico
ma che al tramonto del venerdì dà inizio alla preghiera della famiglia
accendendo la lampada del sabato e salutando l’arrivo del giorno sacro al
Signore; Sara di Abramo, «che non solo agisce da padrona autoritaria nei
confronti della schiava Agar, ma esercita un notevole ascendente anche sul
cuore e sulla volontà del marito» e che viene sorpresa nell’atto di ridere al
pensiero di dover diventare madre; Edna, la mamma timorata di Dio dell’altra
Sara la dolente «vergine vedova di sette mariti» destinata a diventare la sposa
felice e feconda di Tobia; la disinvolta Rebecca, che offre da bere a uno sconosciuto,
si ferma a parlare con lui e lo invita a casa, e sarà la consolazione di
Isacco, moglie fedele ma anche mamma parziale con i figli: tutte vengono
ritratte con incisiva rapidità lasciandone trasparire caratteri rivelatori,
come nella volitiva Debora e nella “maschia Giaele”; nelle cinque figlie di
Zolofcad perseveranti nel chiedere giustizia dopo la morte del loro padre e
nella saggia donna di Tekoa; nel pianto amaro e “obbediente” della giovane
figlia di Iefte; nella capacità di iniziativa intrisa di serena fiducia in Dio
di Noemi la nuora affettuosa della moabita Rut; nel commovente coraggio di
Rizpa e nella devota e umile audacia della sunamita. E in molte altre – oltre a
quelle citate qui alla rinfusa – delle quali l’autrice, perseguendo con coerenza
l’intento enunciato all’inizio del suo lavoro, ha indagato la personalità.
LA SUGGESTIONE
CHE RIMANE
La visione d’insieme che ne risulta dà ragione del fatto che nello
scenario culturale ebraico, tenuto conto del normale costume di vita pur segnato
da norme e ancor più da usanze maschiliste, «è facile rilevare che in pratica
alla donna erano assegnati ruoli di grande importanza e notevole autonomia
nell’ambito della famiglia e oltre, così che fin dall’epoca patriarcale
incontriamo tipi di donne sagaci e volitive, attive e concrete». Donne
rispettate, pronte all’esercizio dell’ospitalità, adempienti tutti i doveri
riguardanti il buon andamento della casa, sollecite «nel promuovere e mantenere
l’equilibrio dei rapporti, in modo che in tutto l’ambiente, mediante l’armonia
di cose e persone, sia chiaramente avvertibile la presenza del Signore»: donne
come anche la madre di Maria può essere stata, benché dal tessuto che è venuto
alla luce non sia emerso, come non poteva emergere, un suo ritratto reale.
E tuttavia non è stata vana la rilettura dei volti femminili nell’AT
compiuta da sr. Natalina Sotgia; la quale prima di morire, nell’anno giubilare
2000, ha potuto consegnare alle sue consorelle Figlie di s.Anna questo
contributo per un approfondimento del loro carisma, identificato nel dono di
Anna quale segno di speranza in quanto madre di Maria che apre col suo Fiat il
tempo di Cristo. Un volto che rimane nell’ombra di un anonimato del quale non
si sono mai preoccupati quanti l’hanno onorata e la onorano in mille forme. La
sua figura, infatti, illuminatasi di luce sempre più viva nella coscienza del
popolo cristiano, è assurta a una fama di santità che si è irradiata «in ogni
parte del mondo, indivisibile dalla figlia tanto nel culto ecclesiale e nella preghiera
dei devoti quanto nella fantasia degli artisti».
Z.P.
1 Il papa espresse il suo pensiero con tali parole nell’omelia tenuta
durante la sua prima visita alla parrocchia di s. Anna al Vaticano (1978).
2 SOTGIA N., Anna. Alla ricerca di un volto. Con presentazione di Marco
Nobile ofm, EDB, Bologna 2004, pp. 192, e 9,90.