INCONTRO DI MONS. CAFFARRA CON LE RELIGIOSE
VOI SIETE UN DONO ALLA CHIESA
Il 14 marzo scorso il nuovo
arcivescovo di Bologna, mons. Carlo Caffarra, ha
incontrato le religiose della diocesi. Ad esse ha espresso
le ragioni della sua stima, ma le ha anche messe in guardia contro le insidie
che si pongono al carisma. È stato un gesto di vera comunione ecclesiale.
Ringrazio il Signore per il dono che mi fa di questo incontro.
Esso mi offre l’occasione desiderata di esprimervi tutta la gratitudine della
Chiesa bolognese in primo luogo per la vostra corrispondenza alla chiamata del
Signore, e poi per i servizi tutti assai preziosi che donate alle nostre
comunità.
Perché il nostro incontro sia di reciproca edificazione, ho pensato di
manifestarvi, di dirvi le ragioni della stima e della venerazione che nutro nei
confronti di ciascuna di voi, qualunque sia il carisma fondazionale
cui partecipa. E questo sarà il primo punto della mia
riflessione.
Ma credo essere anche mio dovere mettervi in guardia dalle insidie che
oggi possono mettere a rischio la bellezza delle vostra
donazione a Cristo. E questo sarà il secondo
punto della mia riflessione.
VERGINITA’
UNA SCELTA DI AMORE
Esse possono essere espresse sinteticamente nel modo seguente: voi nella
vostra consacrazione verginale siete il segno vivente del vincolo nuziale che
unisce Cristo e la Chiesa. Vorrei ora esporre analiticamente questa
affermazione sintetica.
Partiamo da una domanda: chi è il cristiano? Che
cosa lo definisce? È la persona che ha come referente assoluto Gesù Cristo; ciò
che definisce il cristiano è il modo radicale con cui si riferisce a Gesù
Cristo. Potremmo vedere in atto questa definizione di cristiano in innumerevoli
narrazioni evangeliche. Mi limito a una: l’incontro di
Tommaso con Gesù risorto. Quando l’apostolo diventa
“credente”? Non precisamente nel momento in cui tocca il
corpo del Risorto, ma nel momento in cui toccando quel corpo egli
riconosce in Gesù il suo Signore e il suo Dio. Notate bene: non Dio o il
Signore; ma il suo Signore e il suo Dio. Colui cioè
che domina interamente la sua persona e la sua vita; colui che lo fa essere
completamene. Cristo aveva detto: «Io sono la Verità». Il credente quindi dice:
«Tu sei la mia Verità»; cioè «tu sei colui che decide
in modo inappellabile e incontrovertibile». Per chi crede, il rapporto con
Cristo non è uno fra gli altri rapporti che configurano la nostra vita: è
quello che fonda e configura ogni altra relazione. È in base; è in ragione; è a
misura del mio rapporto con Cristo che mi pongo in
rapporto con ogni altra realtà. Anche con Dio, poiché
è con il Dio di Gesù Cristo che entro in rapporto.
Di conseguenza il rapporto con Cristo è unico, nel senso che nessuno può
prendere il suo posto o porsi al suo stesso livello esistenziale («Non avrai
altri dei di fronte a me»). È per
questo che essendo Cristo colui nel quale tutto sussiste, chi crede ha
un certo possesso di tutto: «Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo è
di Dio».
Il rapporto con Cristo che definisce il cristiano non può non essere che di contemporaneità perché è con una presenza:
con una persona presente. È questo un punto fondamentale, sul quale vi prego di
riflettere lungamente.
Gesù Cristo è contemporaneo a ciascuno di noi
in ragione del fatto che nella sua risurrezione-ascensione, Gesù di Nazareth
figlio di Maria è entrato nell’eternità. E l’eternità è presente a ogni istante del nostro tempo. «Se
si comprende questo, si comprendono l’Eucaristia e tutti i sacramenti. La pasqua
del Signore è avvenuta una volta sola e per sempre, e non si può ripetere, ma
l’eucaristia fa in modo che noi siamo presenti a quell’avvenimento.
L’eucaristia non è solo la presenza reale di Gesù, è
la presenza reale della pasqua del Signore e la possibilità per noi di esservi
presenti».1 questa presenza di Cristo che rende possibile quel rapporto con li
che definisce il cristiano.
Ho parlato di un «vincolo nuziale che unisce Cristo e la Chiesa». Fino ad
ora ho spiegato, ho cercato di spiegare questa espressione.
Ciò che ho detto infatti vale di ogni cristiano poiché
è la definizione stessa della Chiesa: la Chiesa è questo riferimento radicale,
fondante ed esclusivo a (la presenza di) Cristo suo Signore e suo Dio. È il suo
capo, dice l’Apostolo con un termine di cui non riusciremo mai a cogliere tutta
la forza ed il realismo. Fino ad ora ho parlato dunque di voi in quanto cristiani.
Ciò che vi realizza nella Chiesa è il fatto che
la vostra scelta verginale vi fa vivere in un modo propriamente vostro
l’affermazione di Tommaso: «Mio Signore e mio Dio». Cioè:
«Tu sei il fondamento e il riferimento assoluto della mia vita». Fate bene
attenzione: ho detto «vi fa vivere». Ora parlo del vostro vissuto verginale. Se
non temessi di essere gravemente equivocato, avrei
detto la vostra psicologia verginale. Sto ora parlando del modo propriamente
vostro di attualizzare nella vostra vita, di vivere appunto la definizione
obiettiva della Chiesa e del cristiano.
Se volessimo esprimere il vissuto verginale con una formulazione di
preghiera, potremmo, penso, farlo nel modo seguente: «Tu sei l’unico fondamento
e il riferimento assoluto della mia vita, non avendo per questo niente altro che te». Mi spiego.
Il vissuto verginale mette in risalto l’unicità e l’esclusività
del referente fondante in quanto visibilmente la vergine cristiana mostra di
non averne altri. La verginità infatti è la scelta per
un amore (Cristo appunto), a preferenza di un altro possibile; la vergine può
essere amica, sorella, e altro: non può essere sposa di nessuno, perché lo è di
Cristo. Il vissuto verginale è dominato da questa auto-donazione
all’unico Signore. Il matrimonio rimanda alla nuzialità della Chiesa nel segno
sacramentale; la verginità rimanda immediatamente.
Voi siete un dono della Chiesa, non in primo luogo per ciò che fate ma
per ciò che siete. Tutta la mia stima, la stima del
vescovo per il carisma della verginità consacrata trova la sua origine nella
natura stessa della vostra dedicazione a Cristo: essendo voi stesse, voi
evangelizzate la Chiesa. Annunciate cioè alla Chiesa
la presenza del Signore che deve essere amato con tutto il cuore e con tutte le
forze.
Questa identità della dedicazione verginale a Cristo voi la vivete
secondo il carisma fondazionale proprio di ciascun
istituto, al quale dovete essere molto fedeli. Non solo. Ma
voi lo vivete in un quotidiano servizio all’uomo. Che
cosa grande è questo servizio! Esso infatti è un
servizio in Cristo fatto all’uomo.
LE INSIDIE
AL CARISMA
Vorrei ora rendervi vigilanti nei confronti di alcune
insidie che possono offuscare lo splendore del vostro carisma.
La prima è in un certo senso la più subdola. Comincio col dirvi che la
consapevolezza della presenza di Cristo, e dentro a questa
consapevolezza (= fede) la costruzione del nostro rapporto con lui sono cose tutt’altro che scontate. L’apertura della nostra persona al
farsi presente di Qualcuno che ogni giorno più diventa
il referente ultimo e assoluto della propria vita, non può essere data per
scontata.
A questo rapporto può sostituirsi – ecco la prima grave insidia al
vostro carisma verginale – la memoria di un fatto passato, di una persona non
più presente ora e qui. E così gradualmente la persona di Cristo viene sostituita col suo “insegnamento” e con la vostra
“azione cristiana”. La sua persona diventa lo stimolo per un impegno che
nell’orizzonte della vita, acquista importanza fondamentale.
A ciò poi si aggiunge la preoccupazione di legittimarsi si fronte al mondo, di giustificare la propria scelta di
fronte al mondo. Questa preoccupazione nel proprio vissuto esistenziale porta a
privilegiare quell’agire che
il mondo può anche richiedere e apprezzare. «Anche il
mondo laico può accettare che non è possibile fare la storia della civiltà europea
senza l’apporto delle idee cristiane: siamo però qui lontanissimi
dall’accettare la priorità del vincolo con Gesù Cristo».2 Ma è questo vincolo
che definisce l’identità della vostra consacrazione verginale.
La seconda insidia consiste nell’accettare l’errata coincidenza, fatta
largamente nella cultura contemporanea, fra bene e benessere (psicologico)
della persona. Incapace ormai di affermare l’esistenza di un bene puramente
intelligibile quale è il bene morale, ad esso si è
sostituito il bene psicologicamente e fisicamente inteso. In che senso e in che
modo questa coincidenza può insidiare il vostro carisma verginale?
Ho già detto molte volte che è il vincolo nuziale con Cristo a definire
il vostro carisma, e che questo vincolo va costruito giorno per giorno. Questa
costruzione implica però anche una lunga ascesi che acquista anche il volto
dell’autorinnegamento. Noi infatti
nasciamo in Adamo, nel primo Adamo. Il battesimo ci ha rigenerati
nel nuovo Adamo, Gesù Cristo. Leggendo Fil 2,1-8 ci
rendiamo conto che la piena realizzazione del
sacramento comporta che noi abbiamo «gli stessi sentimenti che furono in Gesù»,
e non quelli che furono nel primo Adamo. E quali
furono i “sentimenti” di Gesù? Di non vivere nell’affermazione di sé ma
nell’auto-donazione. Non sta scritto da nessuna parte nella sacra Scrittura che
dobbiamo realizzarci; che la propria autorealizzazione
è il nostro bene. A dire il vero, è scritto, ma il Vangelo fa coincidere il
“guadagno della vita” nel perderla.
L’inno, stupendo, con cui Metodio d’Olimpo conclude
il Simposio delle dieci vergini alla strofa settima dice: «Dischiuse le porte,
o magnifica regina/ dentro il tuo talamo anche noi ricevi/
sposa dal corpo intatto, fragrante e vittoriosa,/ ugualmente vestite davanti a
Cristo noi stiamo/ felici le tue nozze cantando, o germoglio».3 È la sintesi di
quanto vi ho detto.
La “magnifica regina” di cui parla Metodio è la Chiesa; la vergine è
ricevuta dentro al suo talamo perché il vostro carisma
manifesta in grado eminente il suo legane con Cristo. Voi state “davanti a
Cristo”, e non davanti ad una dottrina ed ancor meno davanti al mondo. Come?
Cantando. Cioè esprimendo nella vostra vita le nozze
della Chiesa, che è il germoglio del Regno dentro alla storia degli uomini.
Semplicemente volevo oggi ringraziarvi di stare davanti a Cristo
cantando felici le nozze della Chiesa.
X Carlo Caffarra arcivescovo
1 G. MOIOLI, Temi cristiani maggiori, Glossa, Milano 1992, p. 116.
2 Ib. Opera citata,
p. 119
3 cf. CN, Ed. Roma
2000, p. 166.