LA VERGINITÀ PER IL REGNO (5)

“BEATI I PURI DI CUORE”

 

Cercando d’individuare le componenti fondamentali della scelta verginale, abbiamo parlato di sessualità. Se interroghiamo il vangelo, ci incontriamo con un’altra componente significativa, che è addirittura oggetto d’una beatitudine, quella riservata, appunto, ai “puri di cuore” (Mt 5,8).

 

Purezza sembra termine d’altri tempi, forse richiama alla mente memorie remote non tutte esaltanti, quand’era solo o soprattutto continenza e repressione, lotta con tentazioni simili a ossessioni, ideale fin troppo severo con séguito di confessioni dominate dalla vergogna e da devastanti sensi di colpa… Oggi se ne parla poco (c’è chi lo chiama “silenzio impuro”), anche perché il termine è assorbito in quello più ampio di “castità”, ma sarebbe un peccato perderne il senso specifico, quello ancora riconoscibile, almeno in parte, nell’uso che ne fa persino la lingua corrente. Nella quale si dice “puro” ciò che è genuino e autentico, schietto e compatto, fresco e verace, integro e semplice (=composto da un solo elemento), non adulterato e… credibile (come la …pura lana vergine).

È molto più ricco e arioso il dettato evangelico, specie se colto nel contesto delle Beatitudini (ove l’idea di purità va ben oltre il concetto di castità, come vedremo subito).1 Cerchiamo allora di restituire verità e luminosità a una parola associata ora con un improprio spiritualismo (“la virtù degli angeli”), ora – per reazione – con una concezione negativa e frustrante del mondo interiore.

 

UN UNICO

GRANDE AMORE

 

Nelle Beatitudini non si parla di purezza, ma di “puri di cuore”, e dunque di qualcosa subito presentato come una qualità del cuore, dunque come un modo generale d’essere e particolare d’amare. Con caratteristiche specifiche circa l’amore amato e lo stile amante.

Puro-di-cuore è colui che è posseduto da un unico grande amore, in cui riconosce la propria verità. Non è essenzialmente chi non commette gesti impuri o …non conosce donna, né un tipo semplicemente amante, ma uno che conosce un solo amore, quello esattamente che è chiamato ad amare e da cui si sente conquistato totalmente. La purezza non è astinenza e osservanza, ma pienezza e unicità d’amore, senza dispersioni né cali di tensione.

Per questo il puro risponde in pieno alla natura dell’impulso affettivo-sessuale, il quale può esprimersi al massimo della potenza d’amore solo quando la sua energia si concentra in un unico affetto, verso un’unica persona, per poi effondersi su altre, su molte altre. Insomma, l’innamoramento è e deve essere unico. È il famoso “principio della concentrazione”, valido per tutti, sposati e celibi.

Il vergine per il regno (cf. 2a scheda) è quel credente che ricorda a tutti la centralità di Dio e dell’amore per Dio come prospettiva originaria e finale dell’amore e degli amori umani, e lo ricorda scegliendo già da ora, per grazia e sempre nella debolezza della sua carne, Dio come termine e oggetto immediato del suo amore.

Tale scelta, vissuta con cuore puro, raccoglie e concentra tutte le sue energie in quest’amore, e rende l’individuo: vero con se stesso e con quello che è chiamato a essere e amare. Il puro-di-cuore non va dove lo porta il cuore, ma ama ciò che è degno d’esser amato, o Colui che “dovrebbe” amare. E nel quale ritrova la sua propria identità e vocazione. Purità è verità, verità che attrae perché svela l’essenziale e rende liberi. Per questo il puro-di-cuore si sente appagato in quel che è ed è credibile in quel che fa.

Il vergine è puro-di-cuore non solo se è fedele a quest’amore, ma per quanto è reso uno dall’Uno, unificato da Colui che è assolutamente puro in se stesso, e che è sempre più unico nella sua vita di vergine, perché tutto in essa parte da lui e riconduce a lui, ogni desiderio e scelta; perché ha la precedenza su tutti gli altri affetti. In tal senso è anche compatto e consistente, ben ancorato al suo centro, “stabile come il monte Sion”. Il puro-di-cuore vuole una cosa sola, conosce un’unica passione.

È puro il cuore di chi a Dio non nasconde né sottrae nulla, ma gli consente d’entrare in tutti gli angoli della sua persona, fin nei sotterranei del suo cuore: sono pure le sue mani, labbra, occhi, sono tersi i suoi pensieri e intenzioni. Per questo egli è trasparenza dell’amore di Dio, poiché non ferma l’attenzione su di sé, ma rinvia a Dio, “come l’acqua d’un ruscello così limpida che se ne vede il fondo. E questo perché …l’amore che egli manifesta non è suo, ma di Dio”.2 Il puro-di-cuore non cerca se stesso e non conosce falsità. Tutto per lui è puro.

Cuore puro non significa possesso tranquillo e scontato d’un amore per sempre, ma semmai desiderio, ricerca, nostalgia, consegna-di-sé, tensione verso di esso, nella certezza che solo l’Eterno può riempire il cuore umano e con la rinuncia, anche sofferta, a quanto potrebbe frenare il cammino o deviare l’attesa. Il puro-di-cuore sa che “occorre fare anche fino alle lacrime l’esperienza che Dio è il nostro unico amore”.3 D’altronde non c’è nulla di più intatto d’un cuore lacerato.

 

L’AMORE

DEL PURO DI CUORE

 

Torniamo al principio della concentrazione. Per dire che c’è un rapporto sia quantitativo che qualitativo tra quell’amore unico e grande che assorbe tutte l’energie affettive della persona e gli altri amori. In altre parole quell’affetto centrale fa amare di più, molte altre persone: più grande e unico è quell’amore, tanto più la persona sarà ora capace di amare altri, idealmente tutti, senza rifiutare alcuno; ma tale amore detta anche lo stile agli altri amori: Colui che il vergine ama diventa anche il modo d’amare del vergine.

Anche questo è purità di cuore: una perfetta consequenzialità e convergenza tra oggetto dell’amore e stile amante.

Che è quanto ci dice indirettamente la Parola: la beatitudine del puro di cuore, infatti, e dunque anche la qualità del suo amore, si comprende solo collegandola con le altre Beatitudini.

 

Amore povero

 

è l’amore del “povero di spirito”, di colui, cioè, che si sente amato nella sua povertà e non amabilità, dunque in termini di assoluta gratuità e oltre ogni suo merito; e benvoluto da un amore grande e per sempre, che da un lato lo appaga e rende grato, dall’altro lo libera dall’ansia dell’accumulo, quello affettivo in particolare, e gli fa gustare e scegliere la sobrietà nelle relazioni, nei gesti, nell’espressione di sé, perché emerga l’essenziale, che è l’amore eterno, e resti sempre al centro. Fino al punto di rinunciare, ulteriore povertà, anche a un’esperienza tra le più belle e godibili per l’essere umano, come quella sessuale.

Dio solo conosce il profumo di questo sacrificio!

 

Amore misericordioso

 

La misericordia è l’amore in eccesso, la misura colma e traboccante che va oltre la giustizia, non commisurato al merito dell’altro, né ai propri interessi. Per questo può perdonare solo chi ha conservato e non disperso, capitalizzato e concentrato, l’amore. Che diviene per questo eccesso d’amore, e consente poi di voler bene anche a chi è meno amabile o non se lo merita o ti ha fatto un torto.

Chi non perdona non dispone di quell’eccesso; ha una misura piccola d’amore, frutto di calcoli e conti che non tornano, e se la tiene ben stretta per sé. è un impuro.

 

Amore pacificante

 

Chi ama con tutto se stesso ed è fedele all’Amato vive nell’armonia e nella pace, e non può non seminare attorno a sé serenità e concordia. E non perché è un tipo calmo e pacifista, o per natura portato a mediare ed evitare conflitti, ma perché profondamente coerente con quell’amore che è la verità della sua vita. E nulla come la coerenza, sappiamo bene, distende, appaga, dà forza, fa stare in pace con se stessi, e rende intraprendenti per “costruire pace” in ogni relazione.

La guerra, piccola o grande, anche tra di noi, nasce sempre in cuori impuri.

 

Amore mite e perseguitato

 

Se purezza di cuore significa concentrazione d’amore, allora non è solo osservanza o energia per superare le tentazioni, ma è investimento d’energia che moltiplica l’amore e la capacità di diffonderlo, al punto da render capaci di caricarsi sulle spalle il peso dell’altro e del suo peccato, financo del suo rifiuto e della sua offesa, per risponder con il bene.

È la forza straordinaria del mite, che non è un timido o un pauroso, ma al contrario è tra chi non è troppo preoccupato di sé e si prende cura dell’altro. È la forza straordinaria dell’Agnello di Dio, che si carica su di sé il peccato del mondo e lo toglie.

È la forza straordinaria del puro di cuore. Il violento, che è un debole arrabbiato con la sua debolezza, è uomo dalle labbra e mani impure.

La cosa forse più singolare e originale del testo biblico è proprio l’invito alla beatitudine del cuore puro, e forse anche la meno capita. Se l’avessimo infatti compresa non saremmo così imbarazzati e incerti nel proporla ai giovani, e non vi sarebbe nella chiesa questa sorta di congiura del silenzio, impuro e assordante, sulla purezza del cuore.

 

NÉ BEATI…

… NÉ PURI-DI-CUORE

 

Ma non è solo questione di parresia o di parole giuste da trovare per dire cose insolite per la cultura odierna. Il problema non è la purezza del vergine, ma la beatitudine del vergine nella sua purezza. O almeno questo sembra il dramma di tanti celibi per il regno, non la fatica dell’osservanza virtuosa, quanto la libertà di trovare in essa la felicità!

Vi sono infatti in giro consacrati la cui virtù e rigore a nessuno sarebbe lecito porre in dubbio, ma che con altrettanta evidenza spargono attorno a sé tristezza e insoddisfazione; o così austeri e seriosi, “affaticati e oppressi” da risultare i peggiori testimoni di quanto hanno scelto; o così emotivi e suscettibili, bisognosi d’appoggi e compensi da lasciar intravedere il vuoto nel cuore; o che sono sì casti e puri, ma isolandosi come esseri asociali che temono o disprezzano il mondo.

Tutti questi personaggi non sono “beati”…

Ma allora non sono neanche puri-di-cuore.

Dobbiamo capire che la beatitudine è componente essenziale della purezza del cuore, non ne è semplice conseguenza o elemento facoltativo e accessorio, né, tanto meno, forzatura o estetismo di maniera per risultare attraenti, o questione di carattere, ma espressione globale della persona che si sente posseduta da un amore grande ed è felice. Tacere su quest’amore o non goderne son due forme d’impurità.

Ed è beatitudine, sia chiaro, che non esclude il sacrificio, ma convive con esso, anzi, l’una autentica l’altro. Il vergine puro-di-cuore non è oca giuliva, ma discepolo che sta scoprendo nella rinuncia la condizione della sua libertà, nella solitudine del cuore l’intimità con l’Eterno, nella sterile povertà della sua carne il segno misterioso d’una ricca fecondità.

E questo lo rende beato. D’una beatitudine contagiosa.

Purezza di cuore, abbiamo detto, è coltivare un solo desiderio, un’unica aspirazione, che poi è l’unico vero desiderio umano: vedere il volto del Padre. Il puro-di-cuore punta tutto su questo, crede nella beatitudine che promette la visione.

E si allena a questa visione imparando lentamente a osservare nell’umano le tracce del divino, o nei volti di fratelli e sorelle le sembianze del volto divino.

Puro è lo sguardo che sa cogliere l’incancellabile bellezza e verità delle origini nelle cose, specie nelle persone; puro è lo sguardo di chi percepisce il corpo nella sua dimensione personale e totale, prima ancora che come oggetto di piacere. Puro è lo sguardo che s’accorge della presenza dell’altro a partire dal suo viso (Lacroix).

Puro è lo sguardo “curioso” di p.Christian, il monaco trappista trucidato dal terrorismo islamico, che nel suo testamento sogna di poter finalmente immergere, nella visione “beatifica”, il proprio sguardo “in quello del Padre per contemplare con lui i suoi figli dell’islam così come li vede lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della sua passione, investiti del dono dello Spirito…”.

Soprattutto è puro, all’inizio della missione di Gesù, lo sguardo del “Padre che sorride al Figlio e del Figlio al Padre, mentre il loro sorriso produce piacere e il piacere produce gioia e la gioia produce l’amore”.4

Se al cuore della vita di Dio c’è questo incontenibile sorriso il puro-di-cuore è destinato a trovare la sua dimora in questo scambio di sguardi, lasciando che quel sorriso illumini anche il suo volto e rimbalzi su molti altri, mentre in cuore gli cantano le parole dell’amore eterno: “Tu sei il mio prediletto”.

Il puro-di-cuore è un pre-diletto infatti: è amato prima, al di là di meriti e osservanze, per sempre e da un amore grande. Puro-di-cuore perché libero da ogni pretesa e con lo sguardo colmo di sorpresa.

 

Amedeo Cencini

 

1 Secondo il biblista Maggioni lo sfondo ideale per la corretta interpretazione della castità evangelica è comunque proprio quello delle Beatitudini (cf. B. Maggioni, La lieta notizia della castità evangelica, in “La Rivista del clero italiano”, 7-8 [1991], 499).

2 Maggioni B., La lieta, 452.

3 Y. Raguin, Celibato per il nostro tempo, Bologna 1973, p. 70.

4 M. Eckart, cit. in T. Radcliffe, Forti nella debolezza, in “Testimoni”, 20 (2003), 27.