IL CONFLITTO IN TERRA SANTA
Nel messaggio quaresimale del mercoledì delle ceneri Michel
Sabbah, patriarca di Gerusalemme, ha nuovamente attirato l’attenzione sulla
triste situazione della Terra
Santa. Anche quest’anno sarà un’altra Pasqua senza
pace.
La Quaresima è un tempo di condivisione. I tempi difficili
che attraversiamo e le molteplici privazioni alle quali molti sono sottoposti,
esigono tale condivisione. D’altra parte e sul piano spirituale, il regno di
Dio che è in noi, non possiamo costruirlo da soli. Noi lo costruiamo con tutti
quelli che soffrono. È vivendo nelle nostre anime e nelle nostre preghiere
l’oppressione degli uni e la paura degli altri, assumendone la responsabilità
di porvi fine, che noi facciamo la nostra Quaresima e costruiamo il regno di Dio
in noi e nella nostra società in guerra,
Le situazioni della società che incontriamo in Terra Santa e
in Palestina sono situazioni di guerra: assedio imposto a
tutti, morte imposta a molti, prigione e tortura per molti, privazioni,
demolizione di case e di terreni coltivati, attentati e vittime innocenti. In
mezzo a tutto questo, la nostra vita è una ricerca difficile e penosa della
giustizia e della pace. Essa è una richiesta incessante di mettere fine
all’oppressione e alla paura e al cerchio di violenze che ne derivano. Dio un
giorno allontanerà tutto questo e anche gli uomini con lui: ciascuno di noi
rifiutando assieme l’oppressione di un popolo e l’effusione di sangue
innocente, e i capi, con la loro sapienza e il loro disinteresse, quando si
metteranno al servizio del popolo e non di se stessi e dei loro interessi.
I responsabili della guerra in questo paese sembrano agire
in questi giorni come se facessero piani di una guerra permanente e non di una
pace definitiva. E tuttavia, l’uomo in questa terra
non è chiamato a vivere in una guerra permanente. Dio ha detto: abitate la
terra in pace, in pace con Dio che l’ha scelta per sua dimora e in pace con
tutti quelli che l’abitano. Non ci può essere pace dove dura l’oppressione e la
violenza. Privare un popolo della sua libertà e della sua terra è
un’oppressione che nessuna coscienza può accettare. Così anche uccidere gli
innocenti per protestare contro l’oppressione, è un fatto che nessuna coscienza
può ammettere. Non vogliamo essere due volte vittime della guerra, vittime
della demolizione materiale e vittime dell’odio che demolisce la persona umana,
palestinese e israeliana. Nessuno è migliore dell’altro quando diventa
portatore di odio e di vendetta.
E, purtroppo, è quanto si verifica
oggi in questa Terra, Santa per le tre religioni; Terra alla quale sono rivolti
gli occhi di tutto il mondo proprio perché Santa. Perciò, coloro
che impongono l’oppressione hanno il dovere di porvi fine, e la terra
conoscerà finalmente la sicurezza e la pace tanto desiderate.
Anche i parroci, in questi giorni,
e i religiosi e le religiose, in tutte le parrocchie, passano delle ore ai
posti di blocco per compiere il loro lavoro pastorale nelle loro parrocchie e
in tutta la diocesi. Noi diciamo: abbiate pazienza e mettete nella vostra
preghiera ogni persona umana, palestinese e israeliana, davanti a Dio, e fate
in modo che la vostra prova sia una preghiera per tutti quelli che soffrono da
ambo le parti. La vostra prova è poca cosa davanti alla morte, alle torture,
agli attentati, alle demolizioni di cui sono vittime tanti altri. Accogliamo
dunque queste difficoltà come condivisione con tutti i poveri di questa terra.
La quaresima, tempo di digiuno e di preghiera, è un tempo di
ritorno a Dio. Un tempo di presa di coscienza del regno di
Dio che è in noi, in vista di stabilirlo all’infuori, perché sia un regno di
credenti in Dio, ripieni del suo amore e della sua forza. In mezzo alle
difficoltà, continuiamo a vivere e a credere. San Cirillo di Gerusalemme diceva
ai suoi fedeli che già, nel loro tempo, portavano la loro croce:
“Che
la croce non sia per te sorgente di gioia solo nel tempo di pace, ma conserva
la stessa fede anche nel tempo della persecuzione: così non sarai amico di Gesù
solo in tempo di pace ma anche durante la persecuzione”.
Michel Sabbah,
Patriarca di Gerusalemme