GLI ISTITUTI SECOLARI VERSO IL CONGRESSO MONDIALE

QUALE PROPOSTA PER I GIOVANI D’OGGI?

 

Istituto secolare e mondo giovanile: due realtà chiamate a confrontarsi per una presenza più qualificante nella Chiesa e nel mondo. È l’argomento su cui stanno lavorando gli istituti secolari a livello personale e comunitario in vista del prossimo congresso mondiale.

 

Che cosa dice l’istituto secolare ai giovani d’oggi? La risposta l’avremo presto, dal prossimo congresso mondiale degli istituti secolari che si terrà a Cze˛stochowa (Polonia), dal 17 al 21 luglio 2004, ma già se ne intravedono gli orientamenti nell’Instrumentum laboris che la CMIS, (Conferenza mondiale degli istituti secolari), ha predisposto attraverso una commissione di esperti (Messico, Polonia e Italia).

Il congresso avrà come tema appunto Istituto secolare, che cosa dici di te ai giovani, oggi? Due sono quindi i soggetti che entrano in gioco: da una parte gli istituti secolari, dall’altra i giovani. Lo strumento di lavoro affronta nella prima parte la tematica relativa ai giovani tracciando le caratteristiche della fisionomia giovanile su un piano assolutamente generale, essendo impossibile trattare tutti i problemi dei giovani nelle differenti aree del mondo.

Nella seconda vengono presentati sinteticamente i punti caratterizzanti del carisma, della missione e della spiritualità degli istituti secolari anche attraverso documenti ufficiali della Chiesa e dichiarazioni del magistero.

Nella terza parte, infine, si formulano alcuni interrogativi e proposte su ciò che, come persone consacrate nel mondo, potremmo offrire ai giovani oggi.

 

REALTÀ GIOVANILE

OGGI

 

Quali dunque le caratteristiche salienti dei giovani oggi? Cosa vivono? Quali valori si portano dentro e quali ostacoli incontrano nel viverli? Le varie conferenze da tempo si stanno interrogando e hanno elaborato una ricerca che la CMIS ha sintetizzato nell’Instrumentum laboris. Si è constatato che anche la realtà giovanile deve fare i conti con la globalizzazione che sta unificando il nostro mondo (economia, comunicazione sociale, ecc.) e al tempo stesso discrimina e minaccia popoli interi e persone; nell’evolversi di tutto questo si può percepire l’ansia, il dolore e l’insicurezza dei giovani che cercano un mondo più intimo e fraterno. Ci sembra che il pianeta stia diventando sempre più piccolo. Beni, denaro, persone, idee viaggiano in tutto il mondo a una velocità senza precedenti, attraverso il fenomeno dell’immigrazione e del turismo. La rete di internet delinea un altro panorama: il nostro mondo virtuale. Questa situazione ci interpella, ci sconcerta, ci lascia perplessi e sfida la nostra capacità di risposta evangelica. I giovani aspirano anzitutto alla libertà e all’autonomia. Quelli che per la società precedente, tra il 1965 e il 1975, erano valori – la capacità di adattamento, l’obbedienza, gli obblighi, la disciplina, la disponibilità al servizio e al sacrificio – sono stati sostituiti dall’individualismo, dall’autogoverno, dall’edonismo, dalla soddisfazione dei desideri, dalla rilassatezza e dal disimpegno. I giovani nutrono una certa sfiducia nei confronti delle istituzioni, delle norme e delle virtù.

Sono state individuate quattro cause della crisi che i giovani vivono nei diversi continenti: l’aumento e la divulgazione delle conoscenze scientifiche e del progresso tecnico; il cambiamento di tecnologie; l’aumento di benessere materiale; la diffusione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Tutti aspetti che, pur avendo una loro positività, celano tuttavia anche una loro influenza negativa nel cammino di crescita dei giovani in particolare. È importante allora che ogni istituto secolare si interroghi se c’è una certa consapevolezza della situazione socio-economica dei giovani di oggi nel nostro paese o nel nostro continente; come e in quale misura siamo impegnati nella soluzione dei problemi dei giovani.

Un’altra realtà evidente che i giovani vivono è l’esperienza di mancanza di radici e la fame di amore; le ragioni di questo il più delle volte vanno ricercate nel contesto familiare, nelle caratteristiche generali della cultura odierna e nell’ambiente socio-economico. Spesso famiglie disgregate o altre forme di patologie della famiglia come l’alcolismo, droghe, violenza, sfruttamento sessuale e/o altro, determinano conseguenze ed effetti evidenti nella struttura psichica dei giovani. Essi non hanno il senso dell’appartenenza perché non hanno l’esperienza di appartenere a qualcuno o a qualcosa, non sanno qual è il loro posto per vivere nel mondo. Tale mancanza o debolezza di legami familiari comporta che i giovani non si sentano amati. Ma se non si sentono amati, non hanno neppure coscienza della loro dignità e di meritare l’amore. Nel loro intimo sono assolutamente privi di autostima. Dinanzi a tutto questo, quali alternative, come consacrate nel mondo, possiamo offrire per farli sentire amati e importanti per gli altri? Come possiamo aiutare i giovani a scoprire e a conoscere la propria persona, a entusiasmarsi per un futuro più promettente? Quale contributo possiamo offrire, come consacrati secolari, nel contesto di un processo di identità, o in ogni caso, vocazionale? Queste le domande che l’Instrumentum laboris propone dopo aver esposto la situazione socio-economica e psicologica del mondo giovanile.

 

RAPPORTO AMBIVALENTE

CON LA RELIGIONE

 

C’è tuttavia un’altra questione altrettanto importante da tener presente in una valutazione della realtà giovanile ed è il loro rapporto con la religione, con la fede, con la chiesa. Dal lavoro che la CMIS propone emerge che uno dei fenomeni che più testimonia la ricerca dello spirituale e dello spiritualismo è l’aumentato interesse tra i giovani nei confronti dell’esoterismo: la magia, l’occultismo, lo spiritismo e perfino il satanismo. È un dramma su cui ci si deve interrogare. Il cristianesimo viene spesso percepito come una limitazione della libertà personale, oppure come soltanto come un insieme di norme, di comandamenti, punizioni, proibizioni, sacrifici, obblighi. Resta comunque vero che c’è una buona parte che sente l’incontro con Dio, perché per loro egli è una persona che ama senza limiti e senza condizioni, dà sicurezza ed è fedele, nonostante l’infedeltà dell’uomo.

I giovani sentono spesso che Dio li prende per mano e che li difenderà sempre. In modo istintivo e irrazionale, cercano nell’incontro con Dio, piuttosto la risposta al vuoto nella propria esistenza, alla mancanza di amore, di identità, di radici e del senso di appartenenza. Nei confronti della Chiesa invece assumono due atteggiamenti: uno di rispetto e di stima, in virtù della preoccupazione che essa ininterrottamente nutre e manifesta per l’uomo, specialmente povero e abbandonato. Il secondo di rifiuto a causa delle sue strutture spesso rigide e statiche, dell’incoerenza di alcuni suoi membri rispetto ai valori evangelici, della mancanza di testimonianza e di autenticità. I rischi di questa visione sono, da una parte, una religiosità separata dalla moralità, dalle norme, che favorisce la formazione di una coscienza disturbata; dall’altra, una religiosità in cui l’aspetto più importante è quello emozionale e affettivo, con la conseguente tendenza a vivere individualisticamente la fede. C’è tuttavia da riconoscere il forte desiderio dell’incontro con Dio che testimonia il grande anelito dell’incontro personale con lui.

 

AMARE IL SIGNORE

E AMARE IL MONDO

 

Come membri di un istituto secolare ci dobbiamo porre la domanda di come aiutiamo i giovani nell’incontro personale con Dio; quale formazione alla preghiera riusciamo a offrire? Aiutiamo i giovani dei nostri istituti o altri giovani a fare esperienza della Chiesa-comunità, della Chiesa «casa e scuola di comunione?»

Tutti questi interrogativi ci aiutano a fare ancora più nostri i fondamenti della nostra vocazione specifica che troviamo sintetizzati nell’esortazione Vita consecrata: «I membri degli istituti secolari intendono vivere la consacrazione a Dio nel mondo attraverso la professione dei consigli evangelici nel contesto delle strutture temporali, per essere così lievito di sapienza e testimoni di grazia all’interno della vita culturale, economica, politica. Attraverso la sintesi, che è loro specifica, di secolarità e consacrazione, essi intendono immettere nella società le energie nuove del regno di Cristo, cercando di trasfigurare il mondo dal di dentro con la forza delle beatitudini». Siamo chiamati dunque a una sequela radicale di Gesù che si esprime nella totalità attraverso la professione dei consigli evangelici.

Il nostro impegno primario è quello di amare il Signore e in lui e per lui, di amare il mondo, il creato, le creature, ogni uomo, tutte le realtà terrene, a restare in ascolto della sua voce attraverso la voce di tali realtà e di ogni creatura, a cercare il Signore, inseriti come siamo nella storia e nei problemi umani di oggi. Questo ci impegna, a livello di conoscenza e di esperienza, ad essere veramente competenti nel nostro campo specifico per esercitare, grazie alla nostra presenza, quell’apostolato di testimonianza e di responsabilità verso gli altri che la nostra consacrazione e la nostra vita nella Chiesa ci impongono. Ciascun membro si fa poi portavoce del carisma, della spiritualità, della missione dell’istituto di appartenenza; infatti c’è una comunione speciale che i membri degli istituti secolari sono chiamati a vivere che si manifesta nelle relazioni tra i membri stessi, nella vita, negli incontri, nell’aiuto reciproco sotto diverse forme, nel rapporto con chi vive il servizio dell’autorità.

Giovanni Paolo II, nel 1997, parlando ai consacrati secolari auspicava che «ogni istituto secolare diventi questa palestra di amore fraterno, questo focolare acceso al quale molti uomini e donne possano attingere luce e calore per la vita del mondo». Per ognuno di questi aspetti specifici: la sequela a Cristo, la professione dei consigli evangelici, la presenza attiva nel mondo, la comunione fraterna come sostegno essenziale tra i membri la CMIS ha elaborato una serie di interrogativi per spronare e stimolare le varie conferenze nazionali, gli istituti, i singoli membri, a una risposta più autentica per una rinnovata presenza nella Chiesa e nel mondo. Presenza che deve diventare significativa soprattutto nel rapporto con il mondo giovanile; lì dove i giovani vivono nell’apatia, nella confusione, nel marasma, la nostra consacrazione a Dio nel mondo deve risvegliare nei loro cuori fiducia, speranza, entusiasmo alla vita e nella vita. Dobbiamo aiutarli a scoprire la loro identità.

Se siamo persone coerenti alla nostra consacrazione e consapevolmente appassionate della vocazione, possiamo diventare credibili e comunicare la gioia della nostra scelta. Dunque la nostra fedeltà e testimonianza possono aiutare i giovani a scoprire la loro identità affiancandoli nel discernimento e accompagnandoli spiritualmente. Per questo è importante verificare il cammino che come istituti stiamo facendo, quali strade stiamo percorrendo, quale testimonianza stiamo offrendo al mondo giovanile e, domanda scottante, se non abbiamo giovani nel nostro istituto dobbiamo chiederci in che cosa possiamo convertirci per quanto riguarda la nostra sequela, la nostra radicalità e consacrazione? Che cosa dobbiamo cambiare nella nostra vita, personale e comunitaria, per essere veri e autentici testimoni di Gesù?

Ci auguriamo che questo congresso mondiale, a cui ci si sta preparando, ci aiuti a trovare risposte a tutti questi interrogativi per essere portatori di luce e di speranza soprattutto all’interno del mondo giovanile.

 

Orielda Tomasi