QUALI RELIGIOSI PER L’EUROPA?

LE VIRTÙ DEL PELLEGRINO

 

I religiosi oggi in Europa devono farsi pellegrini accanto ai loro contemporanei per contribuire alla formazione di una coscienza etica. Armati di uno stile di vita povero e coraggioso, possono testimoniare i valori della libertà, della tolleranza e dei diritti umani, liberandoli dall’individualismo per metterli al servizio del bene comune dell’umanità.

 

In occasione dell’assemblea generale dell’Unione delle Conferenze europee superiori/e maggiori (Lubiana, 16-22 febbraio 2004), il domenicano padre Timothy Radcliffe ha offerto una relazione che ha messo a tema “Il contributo della vita religiosa nella formazione di una coscienza etica in un’Europa multiculturale”. Ne diamo una nostra rilettura, facendo risaltare gli aspetti più originali e stimolanti.

Il punto di riferimento della conferenza è stato lo Studio dei valori europei (European Values Study _1981-1990): un programma di ricerca a largo raggio, riguardante 33 paesi europei, che intende offrire un con­tinuo monitoraggio sugli atteggiamenti di base, le credenze e i valori umani nel nostro continente. Secondo p. Radcliffe, alla luce di questo Studio, si evidenzia come il ruolo dei cristiani non sia quello di imporre un sistema morale, bensì di esplorare modalità con cui si possono rafforzare e sviluppare i valori emergenti. La società attende questo tipo di contribu­to dalla religione, la quale peraltro sembra assumere nuove forme, passando dalla fiducia verso istituzioni e dottrine a una nuova sensibilità basata sull’esperienza e sulla scelta individuale.

Occorre dunque innanzitutto cercare il di punto di contatto tra religione e sistemi di valori: il migliore sembra essere l’esperienza e il modello del pellegrinaggio, che sta conoscendo nell’Europa moderna una sorprendente rinascita. I santuari ridiventano luoghi che attraggono non solo credenti ma anche persone in ricerca, i “pellegrini del cuore”. Fenomeno che porta p. Radcliffe a dire che «per essere in contatto con i valori dei giovani di oggi, noi religiosi abbiamo bisogno di essere pellegrini. Dobbiamo essere preparati a camminare accanto a loro lungo la strada».

 

GUARDIANI

DELLA MEMORIA

 

Proprio in questo accompagnamento emerge allora il primo compito dei religiosi, quello che li fa guardiani della memoria. I giovani infatti spesso non conoscono la sapienza complessiva che si è sviluppata dalla riflessione della Chiesa e dallo studio delle Scritture: le comunità di vita consacrata hanno il compito di porsi come oasi nel deserto per mantenere vivo questo enorme patrimonio.

Su questo punto però, pur nella persistenza di una sensibilità religiosa, occorre misurarsi con una crescente sfiducia nei confronti delle dottrine, viste come oppressive e capaci di rendere la gente bigotta e intollerante. I consacrati devono mostrare che proprio la dottrina invece aiuta nella ricerca interiore, perché la sua funzione è quella di aprire la mente al mistero e quindi di impedirci di finire in vicoli ciechi. Occorre farsi compagni di pellegrinaggio dei giovani appoggiandosi al bastone di questa tradizione dottrinale, da riscoprire nella sua sapienza per diventare risorsa nella formazione di un’etica moderna.

In quest’ottica del pellegrinaggio si apre anche una interessante prospettiva su cosa significa possedere un sistema di valori. L’individualismo moderno, pur esposto al rischio del relativismo, ha cercato di superare una concezione dei valori come criteri fissati in sistemi di norme applicabili in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Perciò sta riemergendo un’antica concezione dell’etica, la quale è vista più in termini di un processo di sviluppo personale che la sottomissione a regole e leggi. Si tratta dell’etica delle virtù, che vede e plasma il singolo come persona che potrà trovare felicità solo in Dio.

Questa è esattamente l’etica del pellegrino. Un’etica necessaria per molti europei moderni che, vivendo schiacciati sul presente, hanno bisogno di riscoprire che il valore del viaggio della vita sta nella storia che dischiude il suo significato. Contribuire alla costruzione di una coscienza etica significa quindi mostrare con la propria vita di essere inseriti in un racconto (più ampio della cronaca quotidiana) che, partendo dalla creazione, conduce al regno di Dio. I valori da curare non sono regole imposte dal di fuori ma esigenze che nascono dal bisogno di crescere fortificandosi continuamente nel viaggio della vita.

 

SCELTE E VALORI

FONDAMENTALI

 

In questo spirito, p. Radcliffe ha innanzitutto indicato le due virtù fondamentali di cui abbiamo bisogno nel pellegrinaggio moderno, la semplicità di vita e il coraggio.

Il giovane pellegrino è facilmente sedotto dal consumismo. La logica del mercato è così pervasiva da presentare la religione come una merce in competizione con altre proposte concernenti le scelte di vita: basta mettere insieme un tocco di buddismo unito a qualche aspetto di sufismo e di spiritualità new age per essere una persona realizzata nella modernità! Su questo punto proprio i voti di povertà dovrebbero essere quel segno che la fede non è un fai-da-te individuale da acquistare al supermarket. Una reale semplicità di vita è infatti il segno che si sta puntando su Dio, il quale è scelto non in funzione di un benessere fisico o psichico ma semplicemente perché è Dio.

C’è poi bisogno di coraggio. Come al tempo dei martiri occorrono persone e comunità capaci di correre rischi. I religiosi stanno dando quest’esempio in tante parti del mondo dove rimangono accanto alla gente in situazioni di vero pericolo, mentre uomini d’affari o diplomatici abbandonano il campo. Occorre dare questo tipo di testimonianza anche in Europa, mostrando un coraggio che – vincendo la tentazione di trasformare il pellegrinaggio in viaggio turistico – sia segno di resistenza alla fatica del vivere e di consapevolezza circa una visione globale della vita che matura sino alla morte e oltre. Proprio il modo con cui i religiosi si confrontano con la morte (le morti personali, quelle riguardanti le opere e talvolta le congregazioni) fa parte della testimonianza nel pellegrinaggio: qui si comprende se si ha la coscienza di essere inseriti in una più ampia storia che conduce al regno di Dio.

Con una tale visione complessiva del pellegrinaggio, p. Radcliffe, nella seconda parte della relazione, ha messo a fuoco tre valori centrali per il moderno viandante europeo: libertà, tolleranza e diritti umani. Cosa possono offrire i consacrati perché si sviluppino in modo fruttuoso?

Per quanto riguarda la concezione di libertà, si può dire che essa è strettamente collegata al senso di autonomia e al diritto di decidere della propria vita. Gli europei hanno sviluppato un forte senso di autorealizzazione e di opzione sui valori morali. Cresce pertanto il sospetto verso l’eccessiva interferenza da parte di ogni tipo di istituzione (stato o chiesa), mentre si afferma la credenza senza appartenenza. Gli europei sono molto sospettosi verso i legami, sia quelli che riguardano il matrimonio sia quelli che esigono la religione o la politica. In particolare si sta passando da una religione del dovere a una religione del consumo: se il predicatore è noioso si cambia canale, se la chiesa fa troppe richieste si guadagna l’uscita più vicina! Una religione che interferisce con la vita privata o che entra in conflitto con l’autonomia personale viene rigettata.

Questa concezione della libertà rischia però di far crescere i giovani come dei consumatori della vita. La libertà del consumatore è in fondo quella di scegliere tra un vasto assortimento di beni simili: alla fine si scopre che si tratta di una libertà vuota. Qui si innesta il compito dei religiosi nell’offrire una pedagogia della libertà, perché essa sia veramente liberante più che “svuotante”. Al cuore della vita religiosa troviamo infatti la libertà di offrire la vita, sullo stile eucaristico del Signore Gesù. La gente deve poter vedere che questa offerta della vita diventa condivisione e sacrificio anche fino alla morte. Ma la gente ha bisogno di recuperare anche il senso di appartenenza per gustare una vera libertà: gli istituti religiosi si presentino con un volto liberante e non soffocante, per manifestare sempre più chiaramente come l’essere parte di una comunità renda forti, mentre la mancanza di impegno comunitario renda deboli.

Per quanto riguarda il valore della tolleranza, si può notare che gli europei si percepiscono come persone aperte a una società pluralistica. La stessa Chiesa è giudicata spesso in base al tasso di tolleranza che manifesta. Eppure ci sono anche segni di una crescente intolleranza. L’insicurezza causata dall’immigrazione, dalla disoccupazione di lungo periodo e dal deterioramento della fiducia collettiva, segnala un tasso di maggiore paura verso coloro che sono percepiti come diversi da noi e quindi una sostanziale fragilità dell’ordine sociale. Queste contraddizioni, secondo p. Radcliffe, sono la conseguenza di una tolleranza intesa come rifiuto di dare significato alle differenze e quindi come affermazione di uniformità. Si tratta di una mentalità che cerca di livellare tutto: quando la tolleranza è fondata sulla similitudine è in fondo una forma di amore di sé!

In questo quadro i religiosi devono sfatare l’idea che ogni religione è intrinsecamente intollerante e fomentatrice di pregiudizi. E questo significa incarnare un’idea di tolleranza capace di accogliere le differenze, non pretendendo di rendere l’altro simile a me ma costruendo una condivisione di vita basata sul dialogo e sulla negoziazione.

Qui si comprende l’importanza di una dottrina che mette insieme unità e differenza. Proprio il concetto di persona come si è sviluppato in occidente affonda le sue radici, almeno in parte, nella profonda riflessione ecclesiale condotta sulle relazioni in seno a Dio Trinità e sulla natura di Cristo, vero uomo e vero Dio. I religiosi in questo senso possono dunque giocare un ruolo straordinario nell’evoluzione di una comprensione liberante della tolleranza, intesa proprio come legittimità delle differenze nel quadro dell’unità. Perciò le loro comunità devono inserirsi nei luoghi dove si impara a vivere con i diversi da sé, per opinioni teologiche o per stili di vita, per appartenenze generazionali o per differenti concezioni politiche. Questo porta a rinnovare dall’interno anche la stessa vita consacrata: la sfida è quella di accettare l’alterità dei fratelli o delle sorelle, di raggiungere la comunione nell’essenziale (la vocazione) lasciando loro la libertà di essere completamente se stessi, senza volontà di assimilazione reciproca.

Anche per quanto riguarda i diritti umani, infine, va ricordato che essi affondano le loro radici nella riflessione convergente dei cristiani, protestanti e cattolici, nei secoli passati. Va notato peraltro che il linguaggio dei diritti è connesso a una concezione individualistica dell’essere umano e che oggi va fatta crescere l’attenzione sul bene comune dell’umanità per evitare conseguenze disastrose per tutti.

Non si tratta di decidere qual è la priorità (me stesso o la comunità), ma di scegliere una differente antropologia. Dobbiamo passare dall’ottica dei diritti umani come realizzazione personale (all’interno di una società in continua concertazione sui limiti reciproci) all’idea che io non posso essere pienamente uomo o donna se non c’è uno sviluppo di tutta l’umanità. Gli ordini religiosi possono dare in Europa un apporto significativo verso questo nuovo umanesimo dal momento che hanno una vocazione universale. Pronunciare i voti significa, tra l’altro, cessare di essere solo europei: l’identità diviene un legame di fraternità con uomini e donne sparsi nel mondo. Ebbene, i consacrati devono farsi portatori di questo senso più ampio di identità, un senso che è escatologico e che concretamente li porta a essere “sacramento dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen gentium). Con una testimonianza che li rende cittadini del mondo, coscienti di dover imparare a trasformare i propri stili di vita legati al benessere occidentale per il bene comune di altri popoli.

Il contributo dei religiosi a un rinnovamento del senso morale nell’Europa moderna implica, in sintesi, il farsi compagni di strada nel pellegrinaggio. Per testimoniare come i valori fondamentali vanno liberati dall’individualismo che rischia di soffocarli. Affinché la libertà diventi capacità di donarsi, la tolleranza si trasformi in cura della differenza, l’attenzione ai diritti umani si inserisca nella ricerca del bene comune di tutta l’umanità. Ogni comunità religiosa, facendo tesoro dei voti ricevuti, può essere questo laboratorio di futuro.

 

Mario Chiaro