QUALE ORNAMENTO ALLA PAROLA DI DIO?

 

La parola di Dio si è rivelata in Cristo semplice, limpida, essenziale.Eppure un cuore un cuore obbediente che ama la Parola non può rinunciarea renderne udibile con la musica e il canto l’intima divina bellezza.

 

Di come il nostro Dio può essere lodato e glorificato con il canto e con la musica vogliamo qui parlare.

Del Dio di Gesù Cristo e dell’adorazione a lui rivolta mediante la musica della sua comunità vogliamo parlare.

Chi di noi ricorda ancora la prima volta che è entrato in chiesa, sa certamente che è stato più di ogni altra cosa il suono di un organo possente a esserglisi impresso indelebilmente nell’animo.

Un po’ di paura, un po’ di timore, un po’ di terrore, un po’ di intima attrazione – così deve essere in cielo, così devono cantare lassù gli angeli e i santi davanti al trono di Dio – questo può in qualche modo descrivere il tumulto in cui la nostra anima venne allora a trovarsi, e chi non conosce ancor oggi gli echi di questo primo incontro con la musica della chiesa?

Si narra che il Petrarca, il grande poeta italiano del Rinascimento, abbia un giorno contemplato dalla cima di un monte dell’Italia settentrionale il paesaggio fiorente a lui sottostante e che sia stato sopraffatto da questo sentimento: Dio, quanto è bello questo mondo, e che subito si sia fatto il segno della croce e abbia preso in mano il breviario per pregare.

Questo è l’uomo che prova paura davanti alla bellezza del mondo e che fugge ansiosamente questa terra: egli non vuole infatti amare questo mondo e la sua magnificenza più di colui che l’ha creato, non vuole amare la creatura più del creatore.

Quanto inauditamente pericoloso è, per chiunque sia entrato una volta nella basilica di San Pietro a Roma, udire e amare le voci celestiali del coro della Cappella Sistina e non udire e non amare la vera voce di Dio, così come essa si esprime nella semplicità del linguaggio biblico.

Quanto somiglia quasi a una blasfemia celebrare l’uomo in abito da falegname che parla in modo semplice, chiaro, disadorno, realistico con un’opera tanto ricca e splendente dell’arte umana, fino al punto di dimenticare così la povertà e l’umile condizione di Gesù Cristo.

Amare la creatura più di Dio, questo è il grande pericolo e la grande tentazione di tutti coloro che vogliono amare la musica per amore di Dio.

Non vogliamo infatti guardare con disprezzo dall’alto in basso quegli altri, che vogliono evitare un simile pericolo e vogliono che in chiesa risuoni solo la parola di Dio.

C’è una grande serietà in ciò, molta conoscenza dell’unicità e dell’esclusività, della insostituibilità e della sobrietà della divina rivelazione.

La parola di Dio non ha bisogno di alcun ornamento.

Fissiamoci bene in mente una cosa: la parola di Dio, così come essa ci è presentata nella Bibbia e nella predicazione del suo Vangelo, non ha bisogno di alcun ornamento.

Essa è ornamento a se stessa, è la sua propria magnificenza, la sua propria bellezza: questo è certamente vero.

Ma come succede a una particolare bellezza umana, così neppure la parola di Dio può evitare di essere ornata da coloro che la amano; e tuttavia come ogni ornamento di una vera bellezza così anche l’ornamento della parola di Dio può consistere soltanto nel far sì che la bellezza che le è propria risplenda ancora di più.

Niente di estraneo, niente di falso, niente di inautentico, nessuna bigiotteria luccicante e nessun trucco, niente che copra la sua propria bellezza, bensì ciò che la rivela e la rende visibile deve essere un simile ornamento.

E coloro che amano la parola di Dio, così come essa giunge loro da duemila anni, non hanno rinunciato ad ornarla con la loro cosa più bella.

E la loro cosa più bella non poteva essere altro che qualcosa di invisibile, cioè un cuore obbediente.

Nondimeno, da questo cuore obbediente scaturì appunto l’opera visibile, il canto udibile a onore di Dio e di Gesù Cristo.

 

Dietrich Bonhoeffer

Da Risposta alle nostre domande, Queriniana 2003