ASSUMERE L’UMANO PER VIVERLO IN CRISTO

 

Il cristiano è una persona che non abdica all’umano, ma aderisce alla propria creaturalità, la confessa come dono di Dio e la sua fedediventa una fede sapiente.

 

Alcune definizioni della sapienza biblica la presentano come la conoscenza pratica delle leggi della vita e del mondo basata sull’esperienza, oppure come la ricerca della comprensione di sé in rapporto alle cose, alla gente e al Creatore, oppure come la via per riuscire nella vita, sia a livello personale che sociale e politico.

Questi elementi umanistici, come l’attenzione al reale e all’umano, all’uomo e alla donna, il radicamento cosciente nel mondo creato, nel cosmo, la responsabilità verso gli altri, l’apertura e il dialogo con altre culture (e altre sapienze), l’attenzione al piano etico e al comportamento dell’uomo fanno della sapienza biblica una vera e propria iniziazione all’arte di vivere, o alla vita come arte. Per questo la sapienza può essere definita come l’arte di orientarsi nella vita, l’arte di tenere saldamente il timone della nave.

Questa arte è politica ed educativa, è l’arte del traghettatore, di colui che guida, governa, istruisce. Ma è anzitutto l’arte di chi sa governare se stesso. Arte che si ottiene mediante la faticosa conoscenza di sé.

Ma a noi interessa particolarmente l’ambito della fede cristiana.

Anch’essa ci pare infatti disorientata. La nuova situazione in cui si trovano le chiese oggi, situazione di minoranza in un contesto di indifferenza diffusa, comporta il fatto che esse non siano più in grado di orientare gli individui e le collettività e che debbano ripensare la loro collocazione, possibilmente evitando di battere la scorciatoia della loro funzionalità etica e utilizzazione politica come soggetti «socialmente utili», «eticamente necessari» per la convivenza civile, dando così tragica attuazione alla parola di Gesù sul sale che diventa scipito.

La non-eloquenza della fede oggi non può non interrogarci: occorrerà una nuova sintesi che la renda dicibile. E forse la categoria sapienziale può aiutare la rivitalizzazione della fede.

Si tratta di declinare la fede come cammino del senso, come arte del vivere, come orientamento dell’umano, come cosciente assunzione dell’umano per viverlo in Cristo, dunque di accompagnare la trasmissione della fede con una educazione alla vita, alle relazioni, agli affetti, alle virtù.

Si tratta di comprendere l’umanità della fede.

Il cristiano è una persona che non abdica all’umano, ma aderisce alla propria creaturalità che egli confessa come dono di Dio.

Potremmo leggere l’incarnazione come il divenire uomo da parte di Dio affinché anche l’uomo diventi uomo, si umanizzi, coltivi e curi l’umano che è in lui e che lo ospita, che lo accoglie.

L’umano che è in noi e di cui non siamo padroni ma che abbiamo ricevuto da Dio stesso è ciò che ci rende simili a Gesù Cristo, che è l’umanità di Dio narrata agli uomini.

Si tratta dunque di divenire umani a immagine e somiglianza di Gesù, il rivelatore del Padre: a questo chiama la fede cristiana. Per dirla con Ireneo di Lione: «Come potrai essere Dio, se non sei ancora diventato uomo? Devi prima custodire il rango di uomo e poi parteciperai alla gloria di Dio».

Oppure, riprendendo un testimone e teologo più vicino a noi, Dietrich Bonhoeffer: «Soltanto nel pieno essere-in-questo-mondo della vita si impara a credere. Quando si è completamente rinunciato a fare qualcosa di se stessi – un santo, un peccatore convertito o un uomo di chiesa, un giusto o un ingiusto, un malato o un sano – ed è questo che io chiamo “essere nel mondo”, cioè nella pienezza degli impegni, dei successi e degli insuccessi, delle esperienze acquisite e delle perplessità, allora ci si getta interamente nelle braccia di Dio, allora si prendono finalmente sul serio non le proprie ma le sofferenze di Dio nel mondo, allora se veglio con Cristo nel Getsemani e, io penso, questa è fede... diventiamo uomini, cristiani».

L’umanità della fede diviene ascolto e accoglienza dell’umanità sofferente di Dio nella passione di Cristo e nella passione di ogni uomo. Allora, questa fede che umanizza l’uomo concepisce il frutto spirituale della com-passione, del con-soffrire con l’umano che soffre, là dove esso soffre. E la fede che umanizza diviene una fede sapiente, cosciente dei propri limiti e la cui forza risiede unicamente nel Vangelo.

 

Enzo Bianchi

da Sapienti e sapienza, PSV/48, EDB 2004