LA VERGINITÀ PER IL REGNO (3)

SESSUALITÀ MISTERO E VOCAZIONE

 

Delineato il senso generale della opzione di verginità per il Regno, quali elementi entrano in gioco in questa opzione? A partire dal dato umano, la verginità è un modo preciso di vivere la propria sessualità, non un alibi per negarla.

Ma quale sessualità?

 

La sessualità è cifra del mistero umano, luogo di contrapposizione e ricomposizione degli estremi. È, anzitutto, parte della creazione, e se viene da Dio non può esser letta in modo né banale né tanto meno negativo. Al tempo stesso è qualcosa di profondamente radicato nell’umanità della persona, come un suo modo d’essere e sentire, di esprimere e vivere l’amore.

L’idea di sessualità richiama, nell’immaginario collettivo, l’idea d’una forza improgrammata e improgrammabile, libera e sciolta da ogni norma e legame, creativa e del tutto soggettiva. In realtà la sessualità ha una fisionomia precisa, dunque anche le sue leggi e come un codice interno (un ordo), che le consente di tendere verso un preciso fine, ma lungo un percorso di formazione di cui ognuno è responsabile e cui ognuno è libero di aderire.

Altra ambivalenza: la sessualità è povertà e coscienza del limite, è ciò che fa sentire il bisogno dell’altro e fa riconoscere il dono già ricevuto; ma assieme è ricchezza d’energia, che abilita la persona a incontrare l’altro, nel rispetto pieno della sua diversità, e fargli dono di sé. Povertà e ricchezza reciproche dei due partners rendono fecondo il rapporto, o trovano sintesi nella fertilità della relazione, ma sempre all’interno d’una certa tensione dialettica, particolarmente viva nella sessualità, tra egoismo e oblazione, tra ricerca della propria gratificazione e tensione di trascendenza. Spesso la sessualità è il luogo ove la più seduttrice delle tentazioni s’incontra con la più alta delle aspirazioni.

Tutte queste ambivalenze si ricompongono attorno alla seguente sintesi: “la sessualità è un’invenzione divina per incarnare l’amore, per suscitare nel più profondo della creatura le condizioni per il dono creatore”.1

Come al solito tentiamo di enucleare da questa descrizione gli elementi più significativi.

 

ORIGINE:

DONO DIVINO

 

Anzitutto è importante e per niente inutile ribadire l’origine divina della sessualità. Non perché vi siano dubbi in teoria, ma per reagire a una certa tendenza svalutativa o non abbastanza capace di stima nei suoi confronti, specie nei nostri ambienti, come se la sessualità fosse qualcosa di meno nobile e impuro, o di opzionale e secondario.

Ma «c’è forse una parte del nostro corpo che non è santa? Cos’abbiamo che non abbiamo ricevuto dall’Amore che muove il sole e le stelle?».2 La sessualità è grazia che sta a dire la somiglianza della creatura col Creatore, o è parte di tale mistero: “fin nella sessualità, compresa la funzione genitale, l’uomo è concepito a immagine e somiglianza divina”; la sua “carne sgorga dallo Spirito”.3 La sessualità è dunque cosa bella e buona e benedetta, quella che… è meglio riuscita al Creatore, come ho letto non ricordo dove.

Noi ci crediamo emancipati al riguardo, ma come siamo distanti dal senso teologico della sessualità così evidente nell’antico credente: «Ogni pensiero riguardante il sesso destava nel semita il pensiero di Dio, perdendo immediatamente quella rozza sensualità che ben conosciamo e, senza negarsi, si fondava sulla percezione del divino».4 La circoncisione ne era segno evidente, d’una appartenenza a Dio che “segna” il corpo, tant’è reale, e lo segna proprio nella sessualità, la sua parte più vitale.

 

CARATTERISTICHE:

CENTRALITÀ E PERVASIVITÀ

 

Nella geografia del nostro mondo interiore la sessualità occupa esattamente un posto centrale, che la pone in relazione con tutte le altre aree della nostra personalità. Al punto che un problema nato in un’area qualsiasi, ad es. in quella delle relazioni interpersonali, prima o poi influirà sulla sessualità della persona; così pure una difficoltà nella vita spirituale, come può essere un calo della preghiera, inevitabilmente avrà riflessi negativi sul modo di vivere la propria sessualità (e il celibato di conseguenza). Avremo così un conflitto sessuale con radici non sessuali. In un soggetto consapevole del conflitto, ma spesso non delle radici.

Ma c’è d’aspettarsi anche il contrario: una sessualità disturbata non può che disturbare a sua volta il modo di relazionarsi del celibe, con gli altri e anche con Dio, così come altri aspetti della sua vita, dalla sobrietà nell’uso delle cose alla libertà del dono di sé. In tal caso il conflitto non sessuale avrebbe radici sessuali. Sempre senza la consapevolezza radicale del soggetto.

Da un lato, allora, la sessualità fa da cassa di risonanza di problemi personali nati altrove, dall’altro si cela, quasi camuffandosi sotto mentite spoglie: nasconde e si nasconde, è pervasa e pervade. Proprio per questo è come un termometro che misura la maturità generale personale; indica eventualmente la febbre, anche se non sempre ne precisa l’origine.

Ecco perché si dev’esser sempre molto cauti quando s’interpretano condotte e disagi sessuali. È importante sapere, infatti, che nella grande maggioranza delle crisi affettivo-sessuali di persone consacrate non c’è una motivazione affettivo-sessuale all’origine, ma qualche altro problema che, non debitamente e tempestivamente rilevato, ha finito per mimetizzarsi nell’area affettivo-sessuale, sistemandosi proprio lì, ovvero rendendo progressivamente difficile e forse impossibile la vita da vergine o l’osservanza della castità. È alla radice del problema che si deve intervenire, e non solo (e di solito inutilmente) sulle sue conseguenze. Altrettanto ingenuo e fuorviante, anacronistico e antiscientifico sarebbe, in tali casi, attribuire la causa di tutti i guai di preti e frati al celibato ecclesiastico. Vorrebbe dire ignorare le caratteristiche ora ricordate della sessualità, per poi indicare terapie e rimedi sbagliati e improduttivi.

 

COMPONENTI:

DAL GENITALE ALLO SPIRITUALE

 

Sono soprattutto i sessuologi oggi che raccomandano d’avere una percezione globale della sessualità, evitando riduzioni sia dal basso (sesso come istinto e basta) che dall’alto (la pretesa di spiritualizzare tutto).

E sempre la sessuologia ci spiega che la sessualità è “fatta” di: genitalità: di organi predisposti alla relazione e alla relazione feconda, che già dicono la capacità ricettiva e oblativa dell’essere umano, oltre quella unitivo-relazionale; corporeità: ogni corpo è sessuato in ogni sua componente e dotato d’una sua precisa identità di genere (maschile o femminile); tale appartenenza è alla base dell’attrazione d’un sesso verso l’altro, ma anche della capacità di relazione con l’altro-da-sé; affettività: la sessualità acquista vera qualità umana solo se orientata, elevata e integrata dall’amore; cresce e si realizza solo nella libertà di accogliere l’amore e di far dono di sé; spiritualità: la sessualità è anche spirito, spirito come sintesi degli estremi e capacità di lettura di queste componenti per cogliervi una misteriosa veritas, quella verità della vita umana che si rende particolarmente evidente proprio in essa, è inscritta nel corpo.

Il corpo sessuato, in quanto “testimone dell’amore come d’un dono fondamentale”,5 svela l’uomo, il suo venire da un altro e il suo andare verso l’altro, il suo nucleo radicalmente dialogico; aiuta a capire il senso della vita, dono ricevuto che tende, per natura sua, a divenire bene donato; “contribuisce a rivelare Dio e il suo amore creatore”,6 che ha amato l’uomo fino a farlo capace d’un amore datore di vita, che lo rende simile a sé.

In definitiva, anche l’analisi della sessualità ci ricorda che l’uomo è creato da Dio come un compact, i cui diversi elementi contribuiscono a render l’uomo un essere assolutamente originale (né angelo né bestia); e se tocca allo spirito leggere e dare un senso all’elemento genitale, tale senso è già “scritto” nella genitalità e dunque nella sessualità stessa. “Carnale e spirituale, lungi dall’opporsi, s’informano reciprocamente”.7

Il sesso riceve dunque senso dal cuore pensante, ma secondo un preesistente ordo sexualitatis. E se da un lato “la carne è fioritura dello spirito”,8 il carnale, a sua volta, può e deve ritrovare la propria funzione di sacramento dello spirituale, di luogo ove quell’ordo è riconoscibile, forse il primo suo segnale, da imparare a captare al di là di pregiudizi un po’ manichei e miopie o strabismi vari, ma anche oltre quell’egoismo “disordinato” e cieco che stravolge qualsiasi ordo o non lo vede affatto.

Non basta allora, per il celibe, concludere (in modo sottilmente svalutativo e magari per …consolarsi) che l’esercizio della genitalità non è essenziale per l’integrità umana, ma occorre che impari a scoprire nella sua carne e in ogni impulso della sua sessualità tale radicale ordine interno, al di là dell’apparenza contraria, per realizzarlo poi nella vocazione al dono fecondo di sé del suo progetto verginale.

Tentazione non sarà solo l’attrazione per l’altro sesso (in sé naturale), quanto ogni visione riduttiva e negativa, banale e superficiale, povera e paurosa della sessualità che, per la preoccupazione della propria (malintesa) perfezione, rischia di non cogliere e sfruttare tutto quel patrimonio di energia ivi contenuta, rendendo sterile, cioè falsa, la propria verginità.

Tentazione non sarà solo cedere alle “lusinghe della carne”, ma pure quello spiritualismo che non ha imparato a riconoscere nel realismo della carne, alla radice della passionalità, la “scintilla pasquale”,9 o la possibilità di accogliere proprio nella sessualità l’azione misteriosa dello Spirito. Non c’è poi gran differenza tra questo spiritualismo davvero disincarnato e un certo materialismo istintivista.

Simbolo del superamento della tentazione, allora, è l’uomo che s’è reso “carnale fin nel suo spirito, e spirituale fin nella sua carne” (S. Agostino).

La sessualità è mistica e ascetica, dono di grazia che chiede la fatica e rinuncia dei sensi per giungere alla libertà gioiosa dell’amore fecondo. Com’è stato storicamente, per altro: «nella storia della mistica la sessualità è la vera e propria forza della spiritualità. L’energia sessuale costituiva per i mistici uno stimolo a trascendere se stessi e a diventare un tutt’uno con Dio nell’estasi dell’amore».10

Ne deriva, da quanto detto, la fondamentale e insopprimibile tensione della sessualità verso la relazione e la reciprocità, verso l’amore e il mutuo dono di sé. Che s’articola e procede in tre direzioni.

Quella dell’apertura all’altro in tutta la sua diversità-alterità, così come il maschile è altro rispetto al femminile. In tal senso la differenza dei sessi è e indica la diversità radicale, il simbolo per eccellenza delle differenze, quasi la scuola per imparare a rispettare e valorizzare il tu, ogni tu, nella sua diversità e apprezzarlo nella sua inconfondibile bellezza; mentre la sessualità diventa ciò che spinge in tale direzione, superando la sempre ricorrente tentazione di omologare l’altro (anche Dio se possibile), di rendere la realtà a propria immagine e somiglianza, di rifiutare quanto e chi non si adegua ai propri gusti.

In questa apertura l’individuo ritrova la sua radicale ambivalenza, tesa tra il bisogno dell’altro e la capacità di farsi carico di lui. La sessualità consente di ricomporre questa tensione senza escludere alcuno dei due poli: educa, infatti, alla libertà di ricevere il dono dell’altro, ma pure al senso di responsabilità per l’altro; forma alla gratitudine e alla gratuità, al senso del limite personale e al coraggio di far dono di sé, che lentamente porta all’accettazione incondizionata del tu e al gusto dell’amore disinteressato per lui.

Proprio grazie a questa sintesi, allora, la relazione interpersonale diviene feconda, a tre livelli: dell’io e del tu: ognuno, infatti, ne esce rinnovato o capace finalmente di scoprire la propria vera identità, che si può manifestare solo in un contesto di totale apertura e accoglienza relazionale, e che può esser solo frutto della relazione medesima; del noi: da questo incontro nasce pure la relazione come entità assolutamente nuova e non come semplice somma o accostamento di partner-amici, ma come frutto della complementarità tra due esseri che hanno imparato ad accogliersi incondizionatamente nella rispettiva alterità e nell’equilibrio tra bisogno e responsabilità, tra amore dato e ricevuto; e pure come superamento della logica che funziona a sistema chiuso: io e tu, e nessun altro. In realtà “è il noi che è costitutivo dell’uomo”;11 dell’altro: la relazione così vissuta fa nascere una nuova realtà oltre i confini della relazione stessa, come sono i figli nel matrimonio, o si riversa a beneficio di altri, di molti, di tutti, dei poveri, di chi è più tentato di non sentirsi amabile…

 

Amedeo Cencini

1 J. Bastaire, Eros redento, Magnano 1991, p. 59.

2 Ibidem, 44.

3 Ibidem, 29, 13.

4 Rozanov, cit. da Bastaire, Eros, 8.

5 Giovanni Paolo II, Udienza generale 9/1/1980, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III-I, 1980, p. 90, 4.

6 Congregazione per l’Educazione Cattolica, Orientamenti educativi sull’amore umano. Lineamenti di educazione sessuale, Roma 1983, 23.

7 X. Thévenot, Prefazione a X. Lacroix, Il corpo di carne. La dimensione etica, estetica e spirituale dell’amore, Bologna 1996, p. 5.

8 Bastaire, Eros, 19.

9 O. Clément, Riflessioni sull’uomo, Milano 1973, p. 101.

10 A. Grun-C. Sartorius, A onore del cielo, come segno per la terra. La maturità umana nella vita religiosa, Brescia 1999, pp. 75-76.

11 M.I. Rupnik, Verso la maturazione della vocazione, in “Vita consacrata”, 6(2003), 601.