CONSIDERAZIONI SUL NATALE
NON CÈ POSTO PER LA
MEDIOCRITÀ
Il Natale è una festa piena
di ispirazione soprattutto per le persone consacrate. In effetti, «la forma di
vita che scelse per sé l’altissimo Figlio di Dio, è quella che noi abbiamo
chiesto di seguire e che, mossi da divina ispirazione, abbiamo scelto come
nostra regola e vita». La meditazione di questo mistero non deve perciò
lasciare alcun spazio per la mediocrità.
È quanto osserva padre José
Carballo, ministro generale OFM, in una lettera a tutto l’ordine in occasione
delle recenti feste natalizie.
«Quasi tutti noi, che,
rispondendo ad una chiamata divina, ci siamo consacrati a Dio con la
professione di obbedienza, povertà e castità e facciamo parte della famiglia
francescana, – scrive – abbiamo avuto la fortuna di nascere contemporaneamente
alla fede cristiana e alla luce della vita. E così, anno dopo anno, con le
nostre famiglie e nell’assemblee liturgiche delle nostre parrocchie e, una
volta nell’ordine, nel seno accogliente delle nostre fraternità, abbiamo potuto
celebrare i misteri della vita del Signore: la sua lieta manifestazione nella
Natività, come luce che brilla nella notte dei tempi e la sua gloriosa
risurrezione nella Pasqua, come vita che scioglie e rompe per sempre i lacci
della morte. _La nostra storia personale, il mondo che ci circonda, tutto in
noi è segnato dalla luce di Cristo e dalla vita che è Cristo. Non sappiamo
guardare in noi stessi se non in lui, non possiamo interpretare la nostra
esistenza se non a partire da lui, non siamo capaci di far nascere in noi un
germe di speranza se non attraverso lui. Non siamo in grado, in realtà, di
immaginare il nostro mondo se non è illuminato dalla luce di Cristo, adornato
con la grazia di Cristo, accolto dalla tenerezza di Cristo, benedetto
dall’amore di Cristo e penetrato dalla vita di Cristo…
Quell’abbandono perfetto
dell’uomo a Dio, che si è realizzato nel mistero della Parola incarnata, ebbe
la sua manifestazione nella forma concreta della vita che Gesù di Nazaret
scelse per sé. Quell’abbandono obbediente, fiducioso, filiale, presente nell’intimo
della coscienza di Gesù, fu la ragione d’essere di tutte le sue scelte e di
tutte le sue azioni.
A questa forma di vita si
sono riferiti in molti modi negli scritti del Nuovo Testamento i discepoli di
Gesù, e in ciascuno di essi, in ogni racconto evangelico, sentiamo risuonare
per noi stessi la chiamata a seguire le orme del Signore, a imitarne le scelte,
a continuare nel mondo la sua missione.
Egli è la Parola che stava
presso Dio (cf. Gv 1,1), e venne tra i suoi ma i suoi non lo hanno ricevuto
(cf. Gv 1,11). Egli è il Salvatore, il Messia, il Signore, che sua madre
«avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per
loro nell’albergo» (Lc 2,7). Egli è il Figlio dell’uomo, che non ha dove posare
il capo (cf. Lc 9,58).
Questo Verbo del Padre,
così degno, così santo e glorioso... [venne] nel grembo della santa e gloriosa
Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità
e fragilità. Lui, che era ricco sopra ogni altra cosa, volle scegliere in
questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà.
Questa Parola incarnata, “è
splendore dell’eterna gloria, chiarore della luce perenne e specchio senza
macchia”... nel quale “rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e
l’ineffabile carità”.
La celebrazione liturgica
del Natale ci invita a guardare attentamente “all’inizio di questo specchio” e
ammirare con stupore la “povertà” e l’umiltà di colui che “fu deposto nel
presepe e avvolto in poveri pannicelli”.
La povertà, l’umiltà e la
carità che risplendono nella nascita di nostro Signore Gesù Cristo,
raggiungeranno la pienezza del loro splendore quando, sull’altare della croce,
oscurate tutte le nostre luci e annullate tutte le nostre offerte, la Parola
incarnata offrirà se stessa come ostia immacolata e sacrificio santo.
Con quella nascita inizia
quello che culmina in questa offerta, e tra l’una e l’altra consideriamo, con
sguardo attento e con tutto l’affetto del cuore, le fatiche e le pene che
sopportò per la nostra redenzione Colui che, per redimerci, per noi si è incarnato.
La forma di vita che scelse
per sé l’altissimo Figlio di Dio, è quella che noi abbiamo chiesto di seguire e
che, mossi da divina ispirazione, abbiamo scelto come nostra regola e vita
allorché abbiamo promesso di “osservare il santo Vangelo del Signore nostro
Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità». In
tal modo, vogliamo “seguire” la dottrina e le orme, la parola e l’esempio «del
Signore nostro Gesù Cristo».
Con la professione dei voti
religiosi abbiamo promesso, con umile fiducia, di imitare nella nostra vita
l’offerta amorosa di Cristo nel compimento della volontà del Padre celeste,
nell’annuncio del regno di Dio, nel servizio degli uomini bisognosi. Se
qualcuno ha potuto pensare qualche volta di ridurre i voti a obblighi da
soddisfare, sarà bene ricordargli, e ricordarci, che tutti, con la professione
religiosa, ci siamo impegnati a imitare nella nostra vita l’offerta di Cristo e
che, nonostante la solidità del proposito, a motivo del nostro essere
peccatori, mai arriveremo a vivere interamente quanto abbiamo professato.
In ogni modo, il desiderio
costante di perfezionare il dono di noi stessi al Signore e ai fratelli, la
volontà decisa di avvicinarci sempre più a Cristo obbedendo alla sua parola e
seguendo le sue orme, saranno la condizione indispensabile perché i nostri voti
abbiano, al di là di una ridotta dimensione giuridica, una necessaria
dimensione esistenziale, poiché hanno, di fatto e per loro natura, una stupenda
e stimolante dimensione teologale.
Con il fratello Francesco
rivolgiamo i nostri occhi al mistero di Cristo nell’incarnazione, mistero del
quale facciamo memoria solenne in questo tempo di Natale e che ogni giorno
celebriamo e viviamo nell’Eucaristia: “Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, e
aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui
esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi
accolga colui che totalmente a voi si offre”. In verità, non ci apparteniamo,
poiché siamo di Colui che per amore ha deciso di essere totalmente nostro.
E poiché non ci apparteniamo,
ogni fratello e ogni sorella deve cercare nell’obbedienza, nella povertà e
nella castità la libertà necessaria per essere di Cristo, totalmente di Cristo,
solo di Cristo e, in tal modo, giungere a essere, in Cristo, totalmente di Dio,
amandolo “con tutto lo slancio, con tutto l’affetto, con i sentimenti più
profondi, con tutto il desiderio e la volontà”. Con la professione, noi non ci
apparteniamo: siamo totalmente per lui, siamo totalmente di lui. È Natale, non
c’è posto per la mediocrità. È Natale, il dono deve essere totale e senza
condizioni. Egli si è donato totalmente per noi. Avremo il coraggio di dargli
ciò che a Lui appartiene?