CENTENARIO DELLE COSTITUZIONI

RIPARTIRE CON FEDELTÀ CREATIVA

 

L’istituto della Santa Famiglia di Bordeaux coglie l’occasione non solo per guardare al passato, ma anche per progettare il futuro con fedeltà creativa. Il significato dell’evento nella lettera della superiora generale, Margaret Muldoon.

 

Nella vita degli istituti, come in quella degli individui, ci sono delle date che meritano di essere non solo ricordate, ma anche celebrate, soprattutto quando le ricorrenze assumono un significato particolare.

Per l’istituto della Santa Famiglia di Bordeaux, fondato nel 1820 dal venerabile Pietro Benvenuto Noailles, una di queste ricorrenze è il centenario dell’approvazione pontificia delle costituzioni, avvenuta 18 dicembre 1903.

A dare risalto all’avvenimento, che poteva passare in sordina, è stata la superiora generale, Margaret Muldoon, irlandese, che, per la circostanza, ha scritto una lettera alle 2.500 suore sparse in ogni parte del mondo, significativamente intitolata Chiamata a una fedeltà creativa, per dir loro: «La celebrazione di un anniversario è un’occasione per rivolgere lo sguardo al passato, ricordare e ringraziare, e anche per progettare il futuro con speranza. Il modo con cui guardiamo al passato, al presente o al futuro dipende dalla prospettiva in cui ci poniamo, dal punto in cui stiamo, dalla percezione che abbiamo oppure no del rapporto esistente con la celebrazione, l’evento, o la memoria». In effetti, «il significato di questo evento dipende dal modo con cui lo vediamo. Lo possiamo considerare come un fatto che appartiene al passato e quindi privo di ulteriore significato per la nostra vita, oppure attraverso la lente della fede, riconoscendolo come parte dell’evolversi della nostra storia, che porta quindi in sé una chiamata o un messaggio per noi oggi importante».

Secondo Margaret Muldoon, il fulcro attorno a cui deve essere imperniato questo momento celebrativo è la fedeltà creativa. In effetti, rileva, pur riconoscendo che lo Spirito Santo ha illuminato e guidato l’istituto attraverso i tempi, rileggendo oggi le costituzioni, ci si accorge che alcuni aspetti hanno bisogno di essere riletti e rivisti alla luce dell’esperienza maturata e della stessa evoluzione della vita religiosa. C’è infatti la possibilità di perdere di vista la profondità, il significato attuale e la sfida della nostra spiritualità e la chiamata alla missione, centrale nelle nostre costituzioni: «Credo che se vivremo l’essenza della nostra chiamata e della nostra spiritualità, i cambiamenti necessari diventeranno più chiari e potremo accoglierli con convinzione e il desiderio di vivere la nostra missione ancor più autenticamente oggi».

Occorre perciò fare molta attenzione al modo con cui viene considerato un momento così importante della storia dell’istituto. Uno di questi, sottolinea la superiora generale, sarebbe, per esempio, di leggere le costituzioni adagio, riflettendoci sopra, con mente e cuore aperti, facendo attenzione ad ogni articolo che ci parla in maniera nuova, ci invita e ispira, ascoltando così l’invito che Dio rivolge a ciascuna in questo momento presente; un altro modo poterebbe essere di leggere il profilo della nostra storia, e costatare quali sentimenti o pensieri esso evoca in ciascuna di noi».

In effetti «il cambiamento è segno di vita, di crescita, di movimento». Si può dire che esso ha sempre accompagnato la storia dell’istituto, come si può costatare rileggendone la storia. Si tratta di inserirsi anche oggi in questo movimento, sottolinea M. Muldoon, tanto più che «il mondo d’oggi cambia più rapidamente che non in passato» e «non possiamo dimenticare di essere anche noi parte di questo continuo movimento di vita». Pertanto, «in questo continuo cambiamento ciò che ci impedisce di costruire sulle sabbie mobili, che ci garantisce che siamo fedeli alla nostra ragion d’essere e ci consente di fare la differenza è la fedeltà creativa al nostro carisma e alla nostra missione».

Questa fedeltà creativa verrebbe a mancare se si cedesse alla tentazione, sempre ricorrente e così radicata nel cuore umano, come scrive anche Joan Chittister osb in uno dei suoi ultimi libri, di adagiarsi, di stabilirsi, di arrivare. Ma questo desiderio di radicarsi «costituisce uno dei maggiori ostacoli per giungere alla verità di sé». Come osserva ancora la Chittister, «attaccandoci al passato o al presente tarpiamo le ali dell’anima; il cambiamento è una costante perenne; si produce in ogni fase della vita e ci introduce a quella seguente». Perciò, commenta M. Muldoon, «il cambiamento è un invito a crescere, è un dono nel cui profondo è insita una chiamata alla conversione».

 

SPETTA A NOI

RISPONDERE

 

Nell’ambito dell’ultimo capitolo generale dell’istituto, il tema messo a fuoco ha riguardato la missione. L’accento infatti era stato posto su i seguenti aspetti: comunità per la missione, leadership per la missione, formazione per la missione, impegno collettivo come espressione della missione, messa in comune, ecc. e condivisione per la missione. Aspetti poi ripresi anche in occasione del congresso dell’istituto.

«In tutto questo, sottolinea M. Muldoon, c’è un invito dello Spirito a una fedeltà creativa, a essere ciò che siamo chiamate a essere nel mondo e per il mondo oggi. La scelta di rispondervi oppure no spetta a noi. Qualunque sia, individualmente e comunitariamente, essa avrà delle ripercussioni sul nostro futuro. In un mondo in cui vi è una molteplicità di punti di vista, di idee, possibilità e sfide è necessario sapere chi siamo e avere chiarezza circa la nostra identità. Il nostro modo di essere influisce sul nostro modo di vedere e di comprendere, plasma il nostro modo di pensare e di fare; di qui l’importanza della conoscenza di sé, dell’essere donne che riflettono, donne di discernimento così da riuscire a cercare e ascoltare la voce di Dio in mezzo alla miriade di voci che ci circondano».

«Il passato era diverso, prosegue M. Muldoon, e lo sarà anche il futuro, ma questo è il nostro momento, il nostro “adesso” che Dio ci chiama a vivere e il modo con cui lo vivremo avrà un impatto sul nostro futuro. Nelle misura in cui vivremo la nostra missione con fedeltà e creatività, saremo coerenti con quello che siamo chiamati a essere e parteciperemo alla continua rivelazione di Dio, al suo desiderio riguardo al mondo e testimonieremo che egli è all’opera nella nostra realtà».

In rapporto a questa fedeltà è allora importante porsi una serie di interrogativi: dove vado, dove andiamo, in che modo il mio e il nostro stile di vita riflettono il nostro carisma, in che misura mostriamo che la nostra comune missione è al centro della nostra vita personale e comunitaria, nel nostro ministero/apostolato la nostra prima motivazione è la realizzazione personale o la missione, a che punto sono/siamo in rapporto all’opzione dei poveri, quale impatto ha nella mia/nostra vita; …per continuare ad andare avanti che cosa devo/dobbiamo lasciare?

Sono domande che M. Muldoon affida alla riflessione personale e comunitaria. Infatti, osserva, «la fedeltà creativa di ciascuna, per quanto piccola e debole, se unita agli sforzi di tutte le sorelle può diventare qualcosa di meraviglioso per la gloria di Dio».

Ecco allora l’impegno, conclude M. Muldoon: «Andare avanti!», sapendo rischiare, con sufficiente fiducia per vivere creativamente la missione, ricordando che la vita religiosa ha sempre avuto in se stessa la chiamata a collocarsi ai margini, a essere con e per i poveri. «È opera di Dio e non nostra ed è lui che ci chiama a ravvivare il dono del carisma e della missione che è in noi. Dobbiamo credere che egli non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza» (2 Tim 1,6-7).

Questa esigenza di fedeltà creativa del resto corrisponde anche alle parole del fondatore, quando afferma: «È molto raro che le idee e i bisogni del secolo che finisce rispondano a tutte le idee e a tutti i bisogni di quello che comincia», perciò «andate avanti, non c’è niente che possa frenare il vostro cammino».

 

FEDELI AL SOGNO

DEL FONDATORE

 

«Se guardiamo indietro e riflettiamo sull’evolversi della storia delle costituzioni, e della nostra vita, scrive M. Moldoon, ci accorgiamo che lo Spirito di Dio è stato attivo nel corso degli anni e che, attraverso il nostro ascolto, la nostra risposta e la disponibilità al cambiamento, poco alla volta ci siamo avvicinate al sogno del nostro fondatore». Ma qual era questo sogno?

Per conoscerlo bisogna partire dagli anni giovanili, della sua formazione al sacerdozio, nel seminario parigino di San Sulpizio, quando egli fece l’esperienza spirituale del mistero dell’amore misericordioso di Dio, della sua tenerezza, bontà e fedeltà. La massima che guidava la sua esistenza era: “Dio è amore!”. Egli comprese che l’amore ha due ali, una verticale: l’amore di Dio, Trinità di amore e comunione, lui solo, il suo servizio; una orizzontale: l’amore del prossimo basato sull’identità di Gesù con l’umanità. Gesù, Figlio di Dio incarnato, intuito, scoperto, amato e servito negli altri, in qualunque situazione si trovino, a qualsiasi classe sociale appartengano, allo scopo di portarli a Dio e farne la sua famiglia. Scrive: «il Figlio di Dio è venuto sulla terra per formare una Santa Famiglia».

Egli vede nella santa famiglia di Nazaret la «dolce immagine della Trinità», il riflesso della trasparenza, della comunione trinitaria, dove tutto è condivisione e dono, apertura e accoglienza, unità e armonia, e «germe della Chiesa» dove l’umanità è chiamata a passare dalla dispersione all’unità, dall’indifferenza alla comunione.

L’intuizione che avverte nella preghiera lo porta a scrivere: «Da oggi voglio vivere Dio solo, in tutte le cose, alla maniera di Gesù, Maria e Giuseppe che non amavano, non cercavano, non volevano che Dio solo e voglio fare qualcosa che glorifichi particolarmente Dio». Ha origine qui l’idea fondamentale della sua Famiglia spirituale in cui sono presenti già tutti i futuri chiamati: sacerdoti, suore, consacrate laiche, associati laici, ossia tutte le compagini della Chiesa.

Una volta ordinato sacerdote, ritornato a Bordeaux, il Signore nello stesso anno comincia a fagli giungere le persone adatte per la realizzazione del grande progetto che gli ha messo nel cuore. Il giorno della Santissima Trinità, il 28 maggio 1820, nasce così l’Associazione della Santa Famiglia di Bordeaux.

Come in ogni opera di Dio, le difficoltà non mancarono. Tra l’altro, in quell’epoca la vita religiosa femminile era ancora concepita come vita claustrale, con voti solenni. Il fondatore per la sua Famiglia spirituale aveva però presenti tutte le vocazioni. Ma per realizzare il suo sogno ci voleva tanto coraggio e soprattutto una grande pazienza.

Dal 1820, anno degli inizi, fino al 1903, anno dell’approvazione pontificia delle costituzioni, non mancarono le prove, ma anche tanti incoraggiamenti da parte delle autorità ecclesiastiche: nel 1842 ottiene dal papa Gregorio XVI il “Decretum laudis” con la relativa prima approvazione delle costituzioni; nel 1851 il papa Pio IX lo incoraggia ad andare avanti, anche se non giunge ancora l’approvazione delle costituzioni generali dell’associazione.

Quando muore, l’8 febbraio 1861, la sua Famiglia comprende 600 sacerdoti associati, 700 uomini associati, 17.500 donne associate, 600 dame della Santa Famiglia (consacrate secolari) e 2.200 suore della Santa Famiglia nei suoi vari rami e a voti semplici.

Bisognerà tuttavia giungere al 24 luglio 1902, quando Leone XIII firma il decreto con cui approva la Congregazione delle Suore della Santa Famiglia di Bordeaux come istituto a voti semplici. L’anno successivo, il 18 dicembre le costituzioni ottengono l’approvazione definitiva. Ma del Progetto generale fu approvato solo il settore della vita religiosa femminile.

Si giunge così al Vaticano II con l’invito rivolto ai religiosi/e di tornare alle origini per ritrovare lo spirito dei fondatori. Un avvenimento importante nell’evolversi della situazione è il capitolo generale del 1969, durante il quale la congregazione della Santa Famiglia pone mano allo studio della sua spiritualità e alla revisione delle costituzioni.

Oltre all’approvazione delle costituzioni, è eretto a istituto diocesano l’istituto secolare a Bordeaux, vengono elaborati gli statuti per gli associati laici e si mettono allo studio anche quelli dei sacerdoti associati. La Santa Sede non ha ancora dato un’approvazione globale, ma ha incoraggiato a mettere a punto le strutture interne.

A partire dal 1978, il consiglio della Famiglia è composto dal consiglio generale dell’istituto religioso apostolico, dal consiglio del Vicariato delle suore contemplative, dal consiglio dell’Istituto secolare e dal Comitato intercontinentale degli associati laici.

Si tratta veramente di una grande “Famiglia” che ora a cento anni dall’approvazione pontificia delle costituzioni intende riprendere nuovo slancio e aprire un nuovo orizzonte di fiducia e di speranza.