P. FANIN PER LA QUARESIMA FRANCESCANA

LA PROVINCIA CANTIERE APERTO

 

Di fronte a una provincia religiosa che si sta interrogando sul proprio futuro e il rinnovamento, il ministro provinciale si pone in un atteggiamento di speranza indicando ideali e possibili scelte concrete.

 

In occasione della “quaresima francescana”, «tutti i frati digiunino dalla festa dei Santi fino a Natale», si legge nella Regola non bollata. Come ormai di consueto, fra Luciano Fanin, ministro provinciale dei frati minori conventuali della provincia patavina, ha indirizzato una lettera per proporre alcune riflessioni sul «crescente bisogno di rinnovamento nella vita della provincia» e per «continuare nella riqualificazione della nostra vita».

L’intento è quello di riposizionare la vita consacrata in modo efficace dentro questo tempo e il contesto culturale europeo per portare un segno di speranza con l’annuncio, la celebrazione e il servizio del «vangelo della speranza in fraternità e povertà».

 

INDICAZIONI

IDEALI

 

A partire dal tema della «povertà» – priorità scelta per l’anno 2003-2004 – la lettera propone alcuni itinerari per «facilitare la testimonianza e la formazione».

Un primo itinerario riguarda il vivere la povertà evangelica come primato di Dio. «Accettiamo – scrive fra Fanin – l’invito a metterci in cammino con i fratelli per una riscoperta quotidiana di Dio come vera ricchezza del cuore». Tale ricerca è facilitata da un «mezzo fra tutti: la preghiera, vissuta come silenzio e contemplazione amorosa della presenza del Signore nelle pieghe della nostra vita e nelle vicende non sempre facili della storia del mondo». Una preghiera che «può diventare testimonianza (proposta viva ai giovani, predicazione convincente nell’ambito pastorale, direzione spirituale delle coscienze, riconciliazione con la vita e con il creato) e anche supplica per i fratelli più poveri».

Un secondo itinerario invita a sperimentare la povertà evangelica come condivisione e solidarietà. La parola di Dio ricorda che «vi è più gioia nel dare che nel ricevere (At 20,35). Questa è stata la vera esperienza di s. Francesco… Questo anelito di carità può ritrovare maggiore spazio anche in noi oggi, a partire da un rinnovato e forte impegno nella condivisione e nella solidarietà con i fratelli più poveri. A questo proposito ogni comunità guardando al territorio in cui si trova a vivere la propria missione, può individuare le forme più idonee – concrete e comunitarie – di carità-condivisione-solidarietà con i più piccoli».

Un terzo itinerario chiede – continua la lettera – di unificare povertà comunitaria e povertà personale. «Sappiamo che sono come due facce della stessa medaglia, per cui è molto difficile che l’una possa sussistere senza l’altra». È un legame che va costruito, compreso e vissuto a partire dalla quotidiana esperienza del lavoro – nelle sue varie modalità – e da uno stile personale e comunitario di vita sobria, senza dimenticare «una conseguente gestione del bilancio della comunità e dei depositi bancari, testimoniando la fiducia nella Provvidenza».

Quarto itinerario proposto è quello di accogliere con fede il ridimensionamento numerico e delle strutture. «Di fronte al venire meno dei “numeri” – si legge – non dobbiamo reagire passivamente o senza renderci conto della realtà: ognuno, invece, è chiamato a fare la propria parte con generosità, cercando di cogliere la “parte migliore” di questo fenomeno… Ora non deve mancare l’impegno ad accettare le conseguenze del processo in atto, come il disegnare la nuova fisionomia della provincia ed accogliere con spirito di distacco e di povertà l’itineranza da luoghi, ruoli, incarichi».

Ultimo percorso proposto è quello di far proprio un autentico uso evangelico dei beni. La Provvidenza «non ci ha mai fatto mancare niente in questi anni… A questo dono si può rispondere “allargando i granai” o “costruendone di nuovi”… oppure mettendo i beni a disposizione dei poveri… Sicuramente questa è la via da seguire. La nostra provincia è chiamata a realizzare un’equa distribuzione dei beni, sia al proprio interno (conventi) sia nei confronti dell’ordine».

 

Perché tali itinerari si possano concretizzare la lettera chiede «la responsabilità di tutti i frati» poiché il rinnovamento desiderato e auspicato è un “problema comune” e richiede la collaborazione di tutti. Appare così indispensabile – secondo il ministro provinciale – un ritorno alle radici, a un autentico discepolato di Gesù riaffermando il primato della vita spirituale; il passaggio da una dimensione personale a una dimensione comunitaria della testimonianza e missione, dove l’agire sia un «agire come fraternità», ricercato attraverso una comune progettazione comunitaria dell’apostolato – un «progetto comunitario apostolico in cui individuare alcuni obiettivi centrali e chiari» – e una intesa comune e fraterna.

Il rinnovamento inoltre richiede una seria riflessione sulla missione e sui suoi mezzi. Alcuni di questi – ad esempio le «opere di notevole spessore» – hanno bisogno di un tempo «di discernimento e di ricerca» per «affinare una nuova sensibilità apostolica» ricordando sempre che «il regno di Dio è una questione di mezzi poveri». Tale espressione non vuole escludere le grandi “opere” ma «le “opere e il nostro agire hanno senso nella misura in cui sono “messaggio” di Gesù Cristo e di profezia in lui e della sua salvezza».

 

LINEE

APPLICATIVE

 

La lettera di fra Luciano Fanin non vuole restare nell’ideale ma scendere nel concreto della vita delle singole comunità, per non «correre il rischio – scrive – di fermarci ai “buoni propositi” senza passare al concreto».

Tre le linee direttrici su cui si muove la lettera: ravvivare la vita delle comunità; avviare alcune comunità “che si rinnovano”; creare in provincia una rete di “Unità francescane conventuali”.

Ravvivare la vita delle comunità

A questo scopo è stata fatta la scelta del progetto comunitario apostolico. È uno «strumento da privilegiare. Sono convinto – scrive fra Fanin – che il progetto comunitario apostolico può acquistare una notevole forza innovativa nel camino della fraternità» soprattutto perché mette in moto alcune positive dinamiche di confronto dentro la singola comunità (tempo di elaborazione del testo), tra la comunità e il Definitorio, e tra le diverse comunità della provincia.

Avviare alcune comunità“che si rinnovano”

Il cammino di ridisegno della provincia «ha come obiettivo generale la ricerca di una nuova significatività della nostra presenza di francescani conventuali in questo nuovo millennio».

Criterio di fondo per raggiungere l’obiettivo è indicato «nella necessità di avviare alcune “comunità che si rinnovano”, comunità significative, propositive, credibili, particolarmente sotto l’aspetto vocazionale». Ragionare in questo modo – ricorda fra Fanin – «non è dimenticare che esistono già comunità significative» ma avere il coraggio di «non nascondersi il fatto che non tutte le comunità sono in grado, per varie ragioni, di compiere lo stesso cammino di rinnovamento. In sostanza non si può pensare che tutti i frati, di età e formazione non omogenee, possano procedere con lo stesso passo nella direzione del cambiamento auspicato. Vanno accettate, perciò, “velocità diverse”, senza che questo voglia dire classificare le comunità. Si vuole solo sperimentare, con chi lo desidera, nuovi percorsi per evitare che si indulga “al ribasso” in ciò che maggiormente caratterizza la nostra vita francescana». Naturalmente queste affermazioni rappresentano una «linea di tendenza da mettere in atto con gradualità, a partire da alcune comunità già predisposte a questa conversione», sotto la diretta responsabilità del ministro provinciale e del suo Definitorio «attenti e presenti nella fasi di avvio e di sviluppo del progetto» offrendo indicazioni e – in particolare – «curando la composizione delle comunità».

Creare in provincia una rete di “Unità francescane conventuali”

Si tratta di «intensificare la rete di collaborazione fra due o tre comunità viciniori, nell’ambito della vita fraterna e apostolica». La proposta parte dalla constatazione che la progressiva diminuzione dei frati nelle comunità ha impoverito sia le dinamiche comunitarie e gli strumenti che le sostengono (ad esempio il capitolo conventuale, le giornate di spiritualità…) sia il loro servizio pastorale. Ora la «creazione di una rete di “Unità francescane conventuali” ha in sé la buona intenzione di far diminuire alcune di queste problematiche e agevolare i momenti di vita fraterna (ad esempio ritiri spirituali, giornate di pellegrinaggio, uscita comunitaria, formazione permanente…) e altri di vita apostolica (aiuto reciproco per iniziative comuni, eventuali sostituzioni in alcuni periodi…)».

La conclusione della lettera è un invito alla speranza. «Vi sarete accorti – si legge – che il “cantiere della provincia” è un po’ in fermento, perché alcuni progetti stanno per essere realizzati, dopo una lunga riflessione fin qui condotta con il contributo di molti. Queste numerose “piste aperte” possono suscitare in alcuni frati apprensioni, in altri dubbi, in altri speranza. Il provinciale con il suo Definitorio si mettono fra quanti guardano con fiducia e speranza al futuro, perché crediamo che questo sia il modo migliore per metterci in ascolto di ciò che lo Spirito dice alla nostra provincia».

 

O. Cattani