UN PROBLEMA RICORRENTE

LAICITÀ DELLO STATO

 

Il problema delle radici cristiane nella formulazione della costituzione europea, il problema del crocifisso nelle scuole, le richieste religiose degli immigrati, le opere assistenziali gestite da enti confessionali: quale rapporto con la laicità dello stato?

 

La Gaudium et spes al n. 76 delinea con molta chiarezza i rapporti fra la comunità politica, quello che chiamiamo stato, e la Chiesa. La Chiesa, anzitutto, «in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata a nessun sistema politico».

«La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo». Però «tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane. (Perciò) esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace quanto meglio coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e tempo».

La Chiesa dà un contributo alla comunità politica perché «contribuisce a estendere il raggio di azione della giustizia e dell’amore all’interno di ciascuna nazione e tra tutte la nazioni. Predicando la verità evangelica e illuminando tutti i settori dell’attività umana. Con la sua dottrina e con la testimonianza resa dai cittadini, rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini».

È quello che è successo nella storia dell’Europa ed è il motivo per cui il papa insistentemente chiede che nella costituzione dell’Europa non passino sotto silenzio le sue radici cristiane. Certamente il papa non guarda soltanto al passato: quelle radici germogliano e fruttificano anche oggi e sono una speranza per il futuro.

 

COSTITUZIONE

E LAICITÀ

 

La costituzione italiana, pur non riconoscendo nessuna religione come religione dello stato – in questo senso afferma la sua laicità – nell’art. 19 riconosce però che tutti hanno diritto di professare la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di culti contrari al buon costume; e al n. 20 afferma che «il carattere ecclesiastico e il fine di religione e di culto di un’associazione o istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività».

Questa norma è piuttosto singolare e suppone che i costituenti fossero a conoscenza che nella società italiana erano presenti forme di pregiudizio, di anticlericalismo, di ostilità religiosa da cui hanno voluto mettere al sicuro la dimensione religiosa della società italiana. Questo atteggiamento di pregiudizio e di ostilità verso la religione sono ben lontani dall’atteggiamento che il concilio richiede alla Chiesa verso lo stato.

In Europa i rapporti tra società politica e stato, e quindi anche il problema della laicità dello stato, si configurano in modo diverso. Soltanto in quattro piccoli stati il cattolicesimo è la religione dello stato: Lichtenstein, Principato di Monaco, San Marino, Malta. Cinque stati accordano un posto preminente a una religione: Russia e Grecia all’ortodossia, Gran Bretagna, Finlandia e Norvegia alla Chiesa riformata. In altri paesi le principali confessioni religiose si sono costituite in “associazioni di diritto pubblico” con la possibilità di accordi bilaterali: Germania, Austria, Croazia, Spagna, Italia, Polonia, Portogallo, Slovacchia.

In Italia i rapporti che garantiscono l’indipendenza e l’autonomia delle due istituzioni, e quindi la laicità dello stato, sono garantite dall’art. 7 della costituzione, che conferma i Patti lateranensi del 1929 con i successivi aggiornamenti. L’indipendenza e autonomia non significano però per la Chiesa distacco e silenzio sui problemi della società civile, che sono di competenza dello stato, ma che implicano anche dimensioni religiose, morali e del bene comune, come l’accoglienza e i diritti degli immigrati, le varie forme di razzismo, gli interventi dello stato, cioè le leggi che riguardano la vita, la famiglia, il divorzio, l’aborto, la bioetica, il fenomeno del terrorismo.

La Conferenza episcopale italiana con ogni sua assemblea interviene, per gli aspetti di sua competenza, sui problemi attuali della società italiana: e questo non viola l’autonomia e la laicità dello stato. Anzi è un contributo che la Chiesa offre allo stato per il raggiungimento della sua missione per il bene comune.

Sono pertanto rozze e frutto di ignoranza, se non di malafede, le espressioni di un ministro della repubblica che ricorrono ogni volta che il papa e la CEI affermano i diritti degli immigrati: «Il papa faccia il papa e non il politico», oppure «se li vuole li accolga lui in Vaticano».

Anche eminenti personalità del mondo laico e giornali laici sanno riconoscere il lungimirante e saggio orientamento dato dal papa e dalla Chiesa sui temi, purtroppo attualissimi, del terrorismo e dell’antisemitismo.

 

REALTÀ AUTONOME

E INDIPENDENTI

 

Sul piano dottrinale e giuridico quindi il quadro è chiaro: «la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti l’una dall’altra e sono autonome. Tutte e due, sebbene a titoli diversi, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini. Esse eserciteranno più efficacemente questo servizio per il bene di tutti se cercheranno tra loro una sana cooperazione».

Dunque indipendenza, autonomia, collaborazione. Le situazioni problematiche possono nascere quando si devono applicare questi principi in concrete circostanze di tempo e di luogo. Possiamo considerarne alcune attuali.

 

a) Il problema della laicità dello stato è emerso nella formulazione della costituzione europea. Le radici cristiane dell’Europa devono essere esplicitamente richiamate nella costituzione per rispetto della realtà storica e per il contributo potenziale che la Chiesa può dare con i suoi valori allo sviluppo globale dell’Europa, oppure il rispetto alla laicità dello stato deve lasciare nel silenzio questa voce?

Gran parte del mondo laicista, talvolta massonico, lo chiede. Il papa, invece, insistentemente ha chiesto l’esplicito riferimento alle radici cristiane dell’Europa, non tanto probabilmente per una rivendicazione storica, ma per il contributo che il cristianesimo può e deve dare al futuro dell’Europa. Altri, pure credenti e cattolici, sostengono che i valori del cristianesimo possono e devono essere affermati nel vissuto dei problemi concreti della società più che con le affermazioni verbali e giuridiche.

 

b) Il problema del crocifisso nelle scuole è scoppiato per l’intervento di un cattolico passato all’Islam, che ha portato con sé risentimento e odio per tutto ciò che è cristiano, ma il problema si era presentato altre volte per iniziativa di cittadini cristiani che si dichiaravano atei portando come motivo a sostegno di questo rifiuto la laicità dello stato. Ne sono seguite discussioni e dibattiti. La maggior parte della gente si è espressa a favore della conservazione di questo simbolo religioso che, al di là della fede, è anche espressione di un fatto culturale profondamente radicato nella popolazione che lo stato, proprio perché laico, deve rispettare.

L’Unità del 25 marzo 1988 riportava un bellissimo articolo di Natalia Ginzburg dal titolo: «Non togliete il crocifisso: è il segno del dolore umano». Anche allora una insegnante di Cuneo aveva tolto il crocifisso dalla parete della sua classe perché diceva: «il nostro è uno stato laico e non ha diritto di imporre che nelle aule ci sia il crocifisso». Le autorità scolastiche le hanno imposto di riappenderlo. Lei ha continuato a battersi per poterlo togliere di nuovo e perché sia tolto da tutte le classi del nostro paese.

Natala Ginzburg, nell’articolo dell’Unità, commenta: «A me dispiace che il crocifisso scompaia. Se fossi un insegnante vorrei che nella mia classe non venisse tolto (…). Il crocifisso non genera discriminazione. Tace… È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini, fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Sono quasi duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo Cristo”. O vogliamo finire di dire così? (…) Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi evocano le sue sofferenze. La croce, che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine della morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo».

 

c) Una situazione problematica per la laicità dello stato si viene creando con l’arrivo nel nostro paese di diverse religioni portate dagli immigrati: non solo musulmani, ma anche indù, buddisti, scintoisti, ecc.

Sul piano giuridico istituzionale la nostra costituzione lo imposta con chiarezza nel rispetto sia della libertà religiosa sia della laicità dello stato.

 

Art. 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

 

Art. 8: «Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge. Le confessioni diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanti».

 

Le soluzioni sono già in atto nei confronti delle varie confessioni protestanti e degli ebrei: hanno i loro luoghi di culto, le loro organizzazioni, le loro opere.

Problemi e tensioni ha suscitato la presenza sempre più numerosa di musulmani, con la richiesta di costruzione di proprie moschee alle volte accettata civilmente e serenamente, altre volte contrastata duramente da qualche movimento politico. Il problema, però, della laicità dello stato qui si pone in una maniera diversa: il rapporto, non facile, che può diventare conflittuale, con un tipo di popolazione, già ampiamente presente nel nostro paese e destinata ad aumentare, che proviene da un’esperienza e da una cultura, quella islamica, in cui non c’è distinzione tra società politica e società religiosa, non esiste lo stato laico, ma lo stato si regge sulla legge coranica.

Se lo stato italiano non difende con chiarezza e con decisione la sua laicità e non richiede il rispetto da parte dei musulmani della cultura e degli ordinamenti del paese che li ospita, potranno sorgere conflitti dannosi alla convivenza sociale.

 

d) Una situazione problematica si porrà poi in riferimento alla scuola. Da una parte lo stato laico ha il dovere di garantire la scuola per tutti i cittadini. Art. 34: «La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita». Dall’altra parte le famiglie hanno diritto di assicurare ai loro figli un’educazione secondo i loro principi. I cattolici lo hanno sempre affermato: «i genitori sono i primi e principali maestri dei figli, anche nella fede».

I cattolici hanno già proprie scuole; anche gli ebrei, almeno per l’infanzia; le istituiranno e ne chiederanno anche i musulmani. Nulla di male se saranno rispettati i livelli comuni di formazione e non saranno in conflitto con la cultura e le istituzioni del nostro paese. La scuola non statale è regolata dall’art. 33 della costituzione.

Questa situazione vista in prospettiva futura dovrebbe stimolare la comunità cristiana a sostenere sì le scuole cattoliche, ma anche, e forse di più, a migliorare la scuola di tutti: è un modo concreto in cui la società religiosa sostiene la comunità politica nella sua laicità.

 

e) Nei rapporti tra società religiosa e stato laico si possono verificare anche situazioni patologiche, sia da una parte che dall’altra.

Sarebbe patologica ad esempio la situazione in cui la Chiesa, usando o abusando della sua autorità, in modo esplicito o implicito favorisse e sostenesse determinate forze politiche non per i valori che esse portano per il bene comune, ma per ottenere dei vantaggi. Ciò sarebbe in netto contrasto con l’indirizzo del concilio che nella Gaudium et spes afferma che «la Chiesa non pone la sua speranza nei privilegi offerti dall’autorità civile» (n. 76).

Sarebbe patologica la situazione in cui certe forze politiche facessero appello alla propria fede religiosa, o a possibili favori verso la Chiesa per ottenere appoggi elettorali. Al rovescio sarebbe patologica la situazione in cui lo stato usasse la sua autorità per far pressione sulla Chiesa, ad esempio come è avvenuto da parte di qualche leader politico minacciando di togliere l’otto per mille, da cui dipende oggi in larga parte il mantenimento, cioè la sussistenza, dei sacerdoti in Italia, oppure non fosse rispettata la norma costituzionale che all’art. 20, come abbiamo visto, tutela da discriminazioni le associazioni o istituzioni che hanno fine di religione o di culto.

 

f) Un capitolo tutto particolare dei rapporti tra Chiesa e stato laico riguarda le opere assistenziali e di promozione umana della Chiesa. Per essa sono espressione concreta dell’amore di Dio per l’uomo e dell’amore del prossimo. Perciò, se sono esemplari, sono essenziali per la sua vita.

Per lo stato laico molte volte sono supplenza di quello che lo stato dovrebbe fare per assolvere doveri che ha, istituzionalmente, verso i diritti dei cittadini. Può diventare, senza volerlo, un’invadenza della Chiesa nei confronti istituzionali dello stato laico, favorendone la deresponsabilizzazione e l’inerzia.

La Chiesa evita questo pericolo se sa esercitare quella forma di carità che si chiama stimolo alla giustizia, secondo l’indirizzo che Paolo VI aveva dato alla Caritas italiana ancora nel 1972: «la carità è necessaria anche oggi come stimolo e completamento della giustizia»; prima stimolo, poi completamento.

Gli indirizzi del cambio sui rapporti fra società politica e Chiesa – autonomia, indipendenza, collaborazione – si applicano non solo a livello nazionale, ma anche a livello locale fra Conferenza episcopale regionale e regione, tra diocesi e provincia, tra parrocchia e comune. I problemi saranno di dimensioni più limitate, ma gli indirizzi sono gli stessi. A volte è particolarmente a livello locale che si rispetta o si compromette la laicità dello stato.

È certamente compito dell’ente locale organizzare sul territorio i servizi di cui i cittadini hanno bisogno e diritto, mentre è compito della chiesa locale, diocesi o parrocchia, manifestare l’amore di Dio per gli uomini attraverso segni esemplari: autonomia quindi e indipendenza. Ma è proprio l’amore che deve animare la Chiesa e renderla disponibile a collaborare con l’ente pubblico per meglio garantire il bene comune; come la può spingere a farsi coscienza critica della società civile e stimolo delle pubbliche istituzioni quando non sono garantiti i diritti dei cittadini.

 

g) C’è un ultimo aspetto, molto interessante da considerare.

Il fedele cristiano, in quanto membro della Chiesa, esercita il sacerdozio comune nella funzione sacerdotale, nella funzione profetica e di testimonianza e nel servizio regale (LG nn. 34-36). In quanto cittadino partecipa alla causa dello stato, dando il suo apporto «perché i beni creati siano fatti progredire dal lavoro umano, dalla tecnica e dalla civile cultura per l’utilità di tutti assolutamente gli uomini, e siano più convenientemente distribuiti» (LG n.36). Vive cioè in se stesso il rapporto fra società politica e Chiesa, basato sull’autonomia, indipendenza, collaborazione fra Chiesa e stato.

 

Il concilio afferma esplicitamente: «imparino i fedeli a ben distinguere tra i diritti e i doveri che loro incombono in quanto sono aggregati alla Chiesa, e quelli che loro competono in quanto membri della società umana». La conclusione che ne deriva è che il vero seguace di Gesù Cristo è un fervente cristiano sanamente laico.

 

Giovanni Nervo