BEATIFICATO IL 9 NOVEMBRE

LUIGI M. MONTI FONDATORE DEI CONCEZIONISTI

 

P. Monti, figlio di modesti contadini e iniziato nell’arte del mobilio, ebbe fin dall’infanzia delle doti così spiccate di apostolato fra i suoi coetanei che la sua officina, cessato il lavoro giornaliero, diventava a sera il ritrovo di uno scelto gruppo di giovani che si formavano sotto la sua guida in letture spirituali, in preghiere e nell’esercizio del canto sacro, tanto che il popolo li chiamava “la Compagnia dei Frati”.

Sospettati di cospirazione, furono tenuti in carcere dalla polizia austriaca a Desio per 72 giorni. A 27 anni p. Monti seguì il suo direttore spirituale nella congregazione dei Figli di Maria del p. Pavoni a Brescia, dove si dedicò alla assistenza degli infermi dell’istituto ed ebbe occasione di prodigarsi nella cura dei colerosi nell’epidemia del 1855.

 

UNA NUOVA

CONGREGAZIONE

 

Nel 1857 il suo zelante direttore spirituale gli additò un nuovo campo di apostolato accanto a Cipriano Pezzini di Cremona: la fondazione di una congregazione di religiosi laici per l’assistenza degli infermi. p. Monti sentì che quello era I’apostolato al quale Iddio lo aveva preparato per diverse vie e con diverse prove, e da Maria santissima ne ebbe la conferma in una memorabile visione. Nell’ospedale di Santo Spirito in Roma la nuova congregazione iniziò la sua esistenza, il giorno della Natività di Maria del 1857. Ma le aspre difficoltà per p. Monti e l’opera sua si può dire che incominciavano allora, poiché le interferenze di estranei costrinsero Cipriano Pezzini ad abbandonare l’opera e non permisero al p. Monti di attuare in pieno il progetto di fondazione. Egli fu semplice fratello infermiere nell’ospedale di Santo Spirito, ma se non primeggiò nella gerarchia, fu primo nella esemplare osservanza e nello zelo per l’assistenza degli infermi, nei quali vide sempre la persona di Gesù Cristo. Nel 1868 venne inviato nella Casa filiale di Orte e qui la sua abnegazione e la sua abilità nell’assistenza agli infermi lo resero tanto popolare e tanto amato che le autorità e la popolazione si opposero energicamente alla sua dipartita, quando fu richiamato a Roma. Finalmente, dopo venti anni, in seguito a rigorosa inchiesta, p. Monti fu chiamato da Pio IX alla direzione dell’intera congregazione (1877) la quale, dopo tanti anni, si può dire che era appena agli inizi, non avendo mai potuto affermarsi e prosperare, mancandole una mente direttiva interna. P. Monti rifece allora la sua opera: emanò nuove Costituzioni, stabilì la forma definitiva dell’abito, che consiste in una tonaca celeste con fascia bianca, estese l’opera a vari ospedali.

Avuta in dono da Pio IX una casa in Roma, vi stabilì il noviziato e in seguito la curia generalizia. Ebbe cura soprattutto della formazione dei nuovi religiosi, molti dei quali vennero dalla Lombardia, dove egli stesso si recò più volte allo scopo di suscitare nuove reclute.

 

LE PROVE

CONTINUANO

 

Cacciati i religiosi dall’ospedale di Santo Spirito dalla massoneria che imperava, p. Monti volle essere l’ultimo a lasciare la culla della congregazione e, prostrato a terra, baciò la soglia dell’ospedale con le lacrime agli occhi, ma immediatamente intonò il Te Deum in ringraziamento a Dio della nuova persecuzione (1889). Alcuni anni prima (1886) aveva già aperto un nuovo campo di apostolato con la fondazione di un orfanotrofio in Saronno (Varese). Come era stato maestro e fulgido esempio nell’assistenza agli infermi all’ospedale del Santo Spirito, così a Saronno si rivelò valente educatore e iniziò in questa difficile arte i suoi religiosi. Dedicò a questa opera il restante della sua vita, con instancabile zelo, mentre curava gli interessi generali della congregazione, preparava una nuova e più completa stesura delle costituzioni e lottava con incredibili difficoltà per ottenere che in ogni casa vi fosse almeno un sacerdote della congregazione. A settantacinque anni, il primo ottobre 1900, morì santamente in Saronno. Le ultime parole che disse furono queste: «Vi raccomando i miei orfanelli».

P. Monti fu veramente l’angelo consolatore di tutti i sofferenti e di tutti gli afflitti che ebbe occasione di avvicinare. Come i giovani coetanei a Bovisio, così gli infermi, così gli orfani cercavano lui, correvano a lui, attratti da quel misterioso fascino che è una delle caratteristiche singolari dei santi.

La sua pietà fu costantemente accesa ed entusiasta dalla fanciullezza all’ultimo istante della sua vita, ed era imperniata su Gesù Eucaristico e sulla Vergine Immacolata. Bastava che si intonasse il Sub Tuum praesidium o la canzoncina Ti lodo Maria per vedere il suo viso irradiarsi di gioia. La sua pratica prediletta era la recita del Santo Tributo a Maria Immacolata, il piccolo ufficio di s. Bonaventura che viene sempre recitato in comune dai religiosi concezionisti. In ogni difficoltà la prima cosa che faceva era di ricorrere alla preghiera e non cessava finché era superata. Le anime oppresse dalle angustie spirituali e martoriate dalle sofferenze del corpo trovano conforto e aiuto invocando p. Monti, con fede semplice e con retta intenzione, conforme ai suoi esempi e ai suoi insegnamenti, ricevendo anche grazie straordinarie.

 

E. Stablum

da Vita con, lug./sett. 2003, pp. 6-7