VISITA DI ROWAN WILLIAMS AL PAPA

CLIMA FRATERNO MA NUOVE DIFFICOLTÀ

 

Nonostante i rapporti fraterni tra le due Chiese, il cammino verso l’unità si è reso più difficile per le decisioni prese in seno alla Comunione anglicana, come le nozze tra omosessuali e l’ordinazione di omosessuali all’episcopato. Riaffermata comunque la volontà di proseguire il dialogo.

 

La visita che il primate di Canterbury, Rowan Williams, ha compiuto a Roma il 4 ottobre scorso, era quasi di routine e non rivestiva una particolare importanza. Ma un significato l’aveva, essendo la prima che egli compiva dopo aver assunto l’incarico di primate della Comunione anglicana, il 23 luglio 2002, come 104° arcivescovo di Canterbury.

Dal punto di vista ecumenico è servita certamente a rafforzare i rapporti e a ribadire la comune volontà di continuare sulla via del dialogo in vista dell’unità. Ed è su questo tema che il papa ha attirato soprattutto l’attenzione quando in un passaggio del suo discorso ha dichiarato: «Il mondo ha bisogno della testimonianza della nostra unità, radicata nel nostro amore comune e nella nostra obbedienza a Cristo e al suo Vangelo». Parole che non sono solo un auspicio, ma un impegno che ambe le parti intendono proseguire.

Rowan Williams è il quarto arcivescovo di Canterbury che Giovanni Paolo II incontra nel corso del suo lungo pontificato. È una visita si pone quindi sulla scia di una tradizione ormai consolidata e rivela il clima sempre più cordiale e fraterno che si è instaurato tra le due Chiese; un clima che si è concretizzato nel corso degli anni nell’istituzione del Commissione internazionale anglo-cattolica (ARCIC) e più recentemente nella creazione della Commissione mista per l’unità e la missione, IARCUUM (International Anglican-Roman Catholic Commission for Unity and Mission).

Rivolgendosi al papa, Rowan Williams ha ripetutamente espresso la sua gioia per questo incontro e ha riaffermato il suo impegno per giungere a una piena, visibile unità della Chiesa di Cristo»; ha anche aggiunto di attendere con ansia il comunicato congiunto dell’ARCIC sulla beata Vergine Maria su cui la commissione sta ancora lavorando.

Gioia ampiamente condivisa anche da papa, accompagnata dalla ferma volontà di proseguire nel cammino intrapreso, nella consapevolezza, ha dichiarato, che «è la fedeltà a Cristo che ci impone di continuare a cercare l’unità piena e visibile e di trovare i modi adeguati per impegnarci, ogni volta che è possibile, nella testimonianza e nella missione comune». Si tratta di un compito, ha precisato, che richiede «pazienza e perseveranza», perché, nonostante i grandi progressi compiuti, «dobbiamo anche riconoscere che sono sorte nuove e serie difficoltà sul cammino dell’unità. Queste difficoltà non sono solo di natura meramente disciplinare; alcune si estendono a questioni fondamentali della fede e della morale». A questo riguardo, ha sottolineato il papa «dobbiamo ribadire il nostro impegno ad ascoltare attentamente e con onestà la voce di Cristo, così come ci giunge attraverso il Vangelo e la Tradizione apostolica della Chiesa. Dinanzi al crescente secolarismo del mondo attuale, la Chiesa deve assicurare che il deposito della fede venga proclamato nella sua integrità e venga preservato da interpretazioni erronee e travisate».

 

NUOVI PROBLEMI

ALL’ORIZZONTE

 

Un clima fraterno quindi eccellente, ma grossi i problemi che rimangono aperti. Oltre alla ferita mai riassorbita dell’ordinazione delle donne, ora la chiesa anglicana rischia di distanziarsi ulteriormente da Roma su altri problemi a cui certamente sembra alludere il papa nel suo discorso: il primo riguarda l’ordinazione al sacerdozio e all’episcopato di omosessuali; il secondo si riferisce alla benedizione delle nozze di persone del medesimo sesso.

Ambedue questi problemi sono attualmente al centro di un acceso dibattito che si estende dall’Inghilterra agli Stati Uniti, dall’Africa all’Australia, in tutte le 38 province e tra gli 80 milioni di fedeli che costituiscono la Comunione anglicana. In alcune province si profila addirittura la minaccia di una spaccatura, cosa che lo stesso primato di Canterbury ritiene ormai inevitabile.

In Inghilterra la discussione è divampata in seguito alla decisione presa dal vescovo di Oxford, Richard Harries, nel maggio scorso, di designare quale “vescovo di area” per la vicina città di Reading, il canonico Jeffrey John, 50 anni, teologo presso la Southwark Cathedral e omosessuale dichiarato. Sulla vicenda è intervenuto anche Rowan Williams, il quale sembra essere riuscito, dopo un incontro di sei ore al Lambeth Palace con lo stesso canonico e il vescovo Richard Harries a convincere il canonico di rinunciare alla nomina, come infatti è avvenuto. La rinuncia è stata resa pubblica il 7 luglio scorso. Richard Harries si è dichiarato tuttavia «profondamente deluso» per come erano andate le cose. Da parte sua Rowan Williams, in una dichiarazione resa pubblica il giorno seguente, ha affermato espressamente: «Questo disappunto è segno che esiste un evidente problema, ed è l’ordinazione di un vescovo il cui ministero non sarebbe stato subito accolto da una proporzione significativa di cristiani in Inghilterra e altrove».

Nella sua dichiarazione, il dr. Rowan Williams ha accennato anche al problema più generale dell’omosessualità ricordando che su questo argomento erano già state tracciate alcune linee di comportamento nella Conferenza generale di Lambeth (che si tiene ogni 10 anni) di tutta la Comunione anglicana, nel 1998, con una risoluzione che rigettava come «incompatibile col Vangelo la legittimazione o benedizione delle unioni matrimoniali tra persone del medesimo sesso o l’ordinazione di quanti sono coinvolti in queste unioni». La risoluzione, tuttavia, ci teneva a precisare che anche gli omosessuali «sono persone amate da Dio e che tutti i battezzati e le persone credenti, indipendentemente dal loro orientamento sessuale, sono membri a pieno diritto del corpo di Cristo».

Questo orientamento fu poi ribadito nell’incontro che si è tenuto a Gramado, in Brasile, nel maggio scorso, dove unanimemente è stato affermato che senza un consenso teologico su questa materia, la benedizione delle unioni tra persone del medesimo sesso non poteva essere autorizzata.

Ora tuttavia sembra essere in atto un ripensamento ed è stato lo stesso Rowan Williams a farsene interprete. Ha infatti dichiarato che l’unità nella Comunione anglicana è certamente un «imperativo evangelico», ma che sul problema della omosessualità bisogna cambiare linea. Ciò ha messo subito in allarme l’ala conservatrice e gli evangelicali (movimento in seno alla chiesa episcopaliana, di tendenza conservatrice), decisi a dare battaglia, a costo anche di giungere a una divisione.

Parlando al sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra, a York, lo scorso mese di luglio, Rowan Williams ha lasciato tuttavia intendere che il dibattito per il momento è rinviato, in attesa che venga reso pubblico, verso la fine di quest’anno, il documento Some Issues in Human Sexuality (Alcune questioni riguardanti la sessualità umana), messo in programma dalla camera dei vescovi, presieduta dallo stesso primate Rowan Williams, nella primavera scorsa, e scritto da un gruppo di lavoro guidato dal vescovo di Oxford Richard Harries.

 

GRAN RUMORE

NEGLI STATI UNITI

 

Ma se il problema nella Chiesa d’Inghilterra rimane per il momento rinviato, non così invece negli Stati Uniti d’America e in Canada. Come è noto, qui la chiesa anglicana, a partire dai tempi della proclamazione dell’indipendenza americana, ha assunto il nome di chiesa episcopaliana, benché nel suo statuto sia la meno “episcopale” di tutte. Il potere decisionale infatti risiede nella General Convention, ossia la camera dei vescovi affiancata da una camera di deputati eletti, che si incontrano ogni tre anni per deliberare e legiferare. La Convention è un organismo chiaramente politico, di carattere democratico, dove le correnti e i gruppi di pressione si scontrano e si danno battaglia.

In questa Chiesa la spaccatura è ormai un fatto compiuto. Nel maggio scorso, il vescovo di New Westminster, diocesi anglicana di Vancouver, improvvisamente ha concesso l’autorizzazione di benedire le nozze omosessuali. Conseguenza immediata: 16 province hanno dichiarato quella diocesi fuori della comunione anglicana. Quasi contemporaneamente, la diocesi di New Hampshire sceglieva come suo vescovo il canonico Gene Robinson, un omosessuale dichiarato, divorziato dalla moglie verso la metà degli anni 1980, e ora impegnato in una unione omosessuale.

Ambedue i problemi sono stati posti sul tappeto alla 74a riunione dell’ECUSA (Convenzione generale della chiesa episcopaliana degli Stati Uniti), che si è riunita nel luglio scorso a Minneapolis. In vista di questo incontro, un gruppo di 24 vescovi (su 300) aveva scritto una lettera per scongiurare l’approvazione della nomina di Robinson a vescovo e della iniziativa presa nella diocesi canadese circa le nozze omosessuali dal vescovo di New Westminster. Purtroppo la convenzione si è pronunciata in senso contrario: i 107 vescovi diocesani presenti hanno espresso 62 voti a favore contro 43 e due astensioni.

Subito dopo, l’arcivescovo di Canterbury, dr. Rowan Williams, emanò una cauta dichiarazione per affermare che nella Comunione anglicana si prospettavano tempi difficili. Nello stesso tempo vari vescovi esprimevano apertamente la loro opposizione a una iniziativa che definivano “caparbia” e chiede­vano a Dio di perdonare la sua Chiesa.

Esultante invece il canonico Robinson che dovrebbe essere consacrato il prossimo 2 novembre: «Oggi, ha detto, è un giorno meraviglioso perché Gesù è il Signore. Ieri era un giorno terribile ma che ho superato perché Gesù è il Signore».

All’esultanza di Robinson non si sono invece affatto associati vari vescovi di paesi del terzo mondo e meno ancora gli evangelicali.

L’American Anglican Council (AAC) organismo, che rappresenta l’ala conservatrice della chiesa episcopaliana, ha dichiarato di voler chiedere l’autorizzazione di creare una provincia separata nel Nord America, ricevendo l’appoggio degli evangelicali e di altri vescovi. Fra questi, quello dell’arcivescovo anglicano Peter Akinola, primate della chiesa della Nigeria, il quale ha condannato la nomina a vescovo di Gene Robinson definendola «un attacco satanico contro la Chiesa di Dio» e ha avvertito che la sua approvazione da parte della convenzione ECUSA avrebbe spaccato la Chiesa. Più in là sembra intenzionato ad andare il primate della chiesa anglicana del Kenya, l’arcivescovo Benjamin Nimbi, il quale parlando a Nairobi con un inviato della Reuters ha detto: «L’omosessualità non è accettabile; è una pratica contraria alla parola di Dio», e ha aggiunto di essere intenzionato a «tagliare i legami» con l’ECUSA. A lui si sono associati altre 29 vescovi del paese, poiché, anche per essi, la nomina di Robinson è inaccettabile e contraria all’insegnamento della Scrittura. E il rev.do Peter Karanja, prevosto della All Saints Cathedral di Nairobi (Uganda) ha affermato: «Noi siamo interessati che la Comunione anglicana rimanga unita non come un club ma come una Chiesa che rimane fedele ai principi basilari della nostra fede». Da parte sua, l’arcivescovo Drexel Gomez delle isole Bahamas e delle Indie occidentali ha sottolineato che l’arcivescovo Williams ha davanti a sé «un compito estremamente difficile» nel cercare di tenere unita la Comunione anglicana «data l’enormità della decisione presa in America».

Più sfumate invece le reazioni in Sud­Africa: l’arcivescovo Desmond Tutu, ormai a riposo, ma tuttora molto noto in tutto il mondo per il suo impegno contro il vecchio regime dell’apartheid, ha dichiarato di non vedere ragione per tutto questo rumore. In Australia invece l’arcivescovo di Perth, Peter Carnley, primate della chiesa anglicana australiana, ha detto di non credere che si giungerà a una spaccatura nella Chiesa, ma ritiene che il problema debba essere discusso. Anche l’arcivescovo di Sidney, Peter Jensen, un conservatore, pensa che forse è eccessivo parlare di separazione, pur riconoscendo che «l’innovazione ha causato disunione».

Negli Stati Uniti, tuttavia, per ammissione dello stesso primate Rowan Williams, la divergenza tra l’ECUSA e i vescovi evangelicali è così profonda che potrà essere risolta solo formalizzando la separazione giuridica. Si dovrà cioè creare una provincia parallela per quegli anglicani che non possono accettare l’elezione di Robinson. La nuova provincia rimarrà in comunione con altre province che nutrono le stesse convinzioni e con la chiesa anglicana, nel suo insieme, ma non con l’ECUSA. Ciò significa che per la prima volta due chiese anglicane si troveranno sullo stesso territorio a operare indipendentemente l’una dall’altra.

Il dr. Rowan Williams è venuto a Roma in visita al papa portando con sé tutte queste spinose situazioni. E il papa ne era consapevole quando ha detto che i problemi che dividono la chiesa cattolica da quella anglicana non sono solo di carattere disciplinare ma toccano questioni fondamentali della fede e della morale. Ciò significa che, se il clima dei rapporti rimane amichevole, il cammino verso l’unità invece si è reso più lungo e difficile.

 

A. D.