PER UNA SANA CURA MENTALE

NO AL VELENO DEL CATASTROFISMO

 

Al pari di una pianta, che si nutre degli umori circostanti dell’aria e della terra, così anche la nostra mente si nutre di tutte le idee, le immagini e le emozioni espresse dal mondo in cui vive. In modo non dissimile da una pianta, che lentamente viene fatta morire da un ambiente inquinato, così accade anche per la nostra mente: può essere “intossicata”dagli umori avvelenati che la circondano.

Uno di questi veleni, apparentemente invisibili e innocui, è il catastrofismo che spesso proviene dai mezzi di informazione. Per aumentare l’ascolto, per confezionare la notizia in modo appetibile, si ricorre facilmente a toni apocalittici che, se da una parte tengono desta l’attenzione dell’ascoltatore, dall’altra ne inquinano in qualche modo la salute mentale. Non a caso molti psicoterapeuti prescrivono sistematicamente di non ascoltare notiziari radiotelevisivi ai loro pazienti, soprattutto se depressi o ansiosi. A volte, infatti, il pensiero negativo espresso, anche in modo indiretto, dai mezzi di comunicazione ha il potere di far tornare in vita, dentro di noi, ansie, paure, timori, che avevamo imparato a gestire e a contenere.

Qualcuno può obiettare, a buon diritto, che non ci si può nascondere dietro ad un dito e che il mondo è effettivamente pieno di brutture e di cattiverie, sempre sull’orlo del precipizio, sempre sul punto di autodistruggersi. Altri, ancora, possono ricordare che il contrario del negativismo pessimista è il buonismo a tutti i costi, una sorta di ottimismo ingenuo che ci fa ciechi di fronte alla complessità del mon- do e ci espone di fatto a mali ben peggiori. Tuttavia occorre ribadire che una cosa è guardare con serena e disincantata obiettività ai problemi nostri o del mondo in cui viviamo e altra cosa è, invece, proiettare su quanto ci circonda il pensiero negativo che ci inquina la mente e che inconsapevolmente continuiamo ad alimentare.

 

L’approccio positivo dell’ottimismo

 

Alcuni anni fa un gruppo di ricercatori americani ha dimostrato che il pensiero positivo, l’ottimismo, è in grado di influenzare notevolmente il rendimento scolastico. La loro ricerca, infatti, ha posto in evidenza come, all’interno di un gruppo omogeneo per quoziente intellettivo, gli studenti con un atteggiamento positivo verso se stessi e il mondo riuscivano ad affrontare le prove più difficili e a ottenere buoni risultati. Al contrario, i loro compagni, in cui era evidente un atteggiamento privo di speranza nelle proprie capacità e di fiducia nelle proprie risorse, risultavano poco flessibili, incapaci di affrontare gli ostacoli, tendenti ad abbandonare il compito in presenza di difficoltà e inclini alla depressione dopo un insuccesso.

Quello che comunemente definiamo pensiero positivo costituisce, dal punto di vista psicologico, un atteggiamento estremamente prezioso per conservare e alimentare la nostra salute mentale. Chi pensa positivo, infatti, non è un ingenuo ottimista, ma una persona psicologicamente sana che, di fronte alle tante difficoltà della vita, è capace di automotivarsi, di rassicurare se stessa, di credere nelle proprie potenzialità, di vedere le proprie risorse e di attivarle per intero. All’opposto, chi pensa negativo molto spesso non è un impietoso e critico osservatore della realtà, ma più semplicemente una persona che ha difficoltà ad accettare se stessa e il mondo in cui vive, che non crede nelle proprie capacità e teme con angoscia che il mondo le neghi il sostegno necessario a vivere.

Solitamente, dietro una persona che pensa positivo c’è una storia familiare fatta di affetti appaganti e costanti nel tempo, di presenze forti e rassicuranti. Mentre la storia personale di chi pensa negativo è il più delle volte costellata di angoscianti assenze o abbandoni, è fatta di vuoti affettivi mai colmati, di un contesto familiare instabile e precario, quanto il mondo che poi sarà visto con occhi adulti. Il pensare positivo o negativo costituisce una sorta di test per svelare anche il nostro passato.

 

Una terapia di conversione

 

Se scopriamo di avere un temperamento tendente al negativo, tale scoperta non deve scoraggiarci. Gli esperti sostengono, infatti, che ogni stagione della vita è buona per iniziare a pensare positivo, per imparare a credere in sè e ad avere fiducia negli altri. Un tale allenamento, del resto, non solo fa bene alla psiche, ma anche al corpo. È noto, ormai da tempo, che quanti vivono nella paura di sbagliare, nell’ansia del domani, nel timore costante dell’imponderabile, prima o poi sviluppano disturbi di natura psicosomatica. Essi cioè convertono la negatività del loro pensiero in una tensione che si scarica su particolari organi-bersaglio, che generalmente sono il cuore, lo stomaco, la pelle.

Un buon modo per imparare a pensare positivo è certamente quello di cambiare la visione di sé e della vita. In questo senso può essere utile un percorso psicoterapeutico o, molto più semplicemente, l’apertura a un autentico e profondo cammino di fede. Se la negatività del nostro pensiero ha la sua origine nell’essere stati poco amati, nell’essere cresciuti in un ambiente scarsamente capace di accoglierci e supportarci, allora la scoperta che Dio è Amore e che ci ama personalmente può risultare il farmaco adatto a sanare ogni nostra ferita. Iniziare ogni giornata o affrontare ogni difficoltà sapendo che essa viene direttamente dalle mani di un Dio che ci ama immensamente, vuoi dire porsi in un’ottica nuova, nella quale ogni cosa acquista un significato più rassicurante e costruttivo. La vita si trasforma lentamente in un gioco d’amore, nel quale imparo sempre meglio a fidarmi dell’Amore, a saperlo riconoscere dietro ogni volto, a saperlo scoprire dietro ogni evento, anche se in qualche caso può apparirmi misterioso e incomprensibile.

Ancora una volta, è sorprendente notare con quanta evidenza le vie che portano alla crescita umana, alla salute della mente, coincidano in pieno con quelle che conducono a una coinvolgente esperienza di fede.

 

Pietro Cavaleri, in Messaggero cappuccino 5/2003, pp. 19-20.