MADRE TERESA DI CALCUTTA SUGLI ALTARI

IL SEGRETO DELLA SUA SANTITÀ

 

Una vita donata ai più poveri dei poveri nei quali vedeva riflesso il volto di Cristo. Vivere il Vangelo per lei voleva dire vivere la religione dell’amore, del dono totale di sé. Il suo segreto è stata la preghiera incessante. Non le è mancata tuttavia la prova dolorosa della notte dello spirito.

 

A soli sei anni di distanza dalla sua scomparsa, fatto del tutto eccezionale, Giovanni Paolo II il 19 ottobre prossimo, giornata missionaria mondiale, proclamerà beata Madre Teresa di Calcutta. Questa piccola grande suora un giorno ebbe il coraggio di lasciare la famiglia per farsi religiosa, il coraggio di abbandonare la sua comunità religiosa dove la sua gioia era di insegnare, per raggiungere i più poveri dei poveri, il coraggio di deporre il caro abito delle suore di Loreto per prendere il sari bianco bordato d’azzurro, ormai conosciuto, amato e venerato in tutto il mondo e diventato simbolo vivente dell’amore di Cristo per i poveri d’oggi.1

Fino a circa un quarto di secolo fa nessuno si era accorto di lei. A farla conoscere al mondo fu il giornalista inglese, Malcom Muggeridge, attraverso un’intervista trasmessa da BBC3. «Che cosa ha intenzione di fare?», le aveva chiesto. Ascoltiamo la risposta di Madre Teresa: «Anzitutto vogliamo che questi moribondi si sentano desiderati, vogliamo che sappiano che ci sono delle persone che li amano, e vogliono veramente, almeno per le poche ore che restano loro da vivere, che conoscano l’amore umano e divino; che anch’essi sappiano che sono figli di Dio, che sono persone che contano e che ci sono delle giovani esistenze a loro servizio. I poveri hanno bisogno delle nostre mani per essere serviti, hanno bisogno dei nostri cuori per essere amati. La religione di Cristo è l’amore, il contagio dell’amore. Certamente io non toccherei mai un lebbroso neanche per un milione, ma me ne prendo cura volentieri per amore di Dio…».

Ben presto le vocazioni cominciarono ad affluire provenienti in gran parte dalle classi medie, ma alcune anche dall’alta società agiata; sono giovani anglo-indiane… spesso istruite e colte che si donano interamente a Dio con gioia per servire i più poveri. Si uniscono alla Congregazione delle Missionarie della Carità, nata a Calcutta il 7 ottobre 1950, con all’inizio solo dodici suore che poi si moltiplicano molto rapidamente, a Calcutta, Dranchi, New Delhi e dovunque esse fondano delle missioni, seguite poi dai Fratelli, a partire dal 1963.

 

OGNI PERSONA

PER ME È CRISTO

 

Madre Teresa afferma: «Nei poveri noi tocchiamo realmente il corpo di Cristo. Nel povero è a Cristo affamato che diamo da mangiare, nel povero è Cristo che vestiamo ed è Cristo senza dimora che noi ospitiamo. Dobbiamo diventare sempre più simili a Cristo per permettergli di vivere la sua vita di compassione e di umanità nel mondo d’oggi. Conservate sempre accesa nel vostro cuore la luce di Cristo, poiché lui solo è la via da percorrere. È la via da vivere. È l’amore da amare. Le nostre attività non sono che l’espressione del nostro amore per lui. Bisogna che i nostri cuori siano ricolmi di amore per lui, e siccome questo amore deve esprimersi nelle azioni, è normale che i più poveri dei poveri ci permettano di esprimere questo amore per Dio. Le amministrazioni pubbliche fanno molte cose nel campo dell’assistenza. Noi abbiamo un’altra cosa da offrire: l’amore di Cristo. Ogni persona per me è  Cristo. Le suore sanno molto bene che esse hanno a che fare con Cristo affamato, con Cristo nudo, con Cristo senza dimora. Ed è questa convinzione, questo amore che suscita la gioia di donare.

È questa la ragione per cui vedete le suore così gioiose: è la gioia del dono a Cristo. Essendo egli invisibile, noi non possiamo mostrargli il nostro amore. Ma coloro che sono vicini sono sempre visibili e possiamo fare per loro ciò che, se il Cristo fosse visibile, ameremmo fare per lui. Oggi è lo stesso Cristo a essere presente in coloro di cui non si ha bisogno, che non servono, non vengono curati, hanno fame, non hanno una casa…

Un cristiano è un tabernacolo del Dio vivente. Ora che avete compreso come Dio vi ama, cosa c’è di più naturale per voi di trascorrere il resto della vostra vita per irradiare questo amore? Essere veramente cristiani vuol dire accettare veramente Cristo e diventare un altro Cristo l’uno per l’altro. Vuol dire amare come siamo amati e amare come Cristo ci ha amato sulla croce. Vuol dire amarci l’un l’altro e donarci agli altri. Quando Cristo ha detto; “avevo fame e mi avete dato da mangiare”, non parlava solo della fame di pane e di alimenti. Parlava anche della fame d’amore. Gesù stesso ha fatto l’esperienza di questa solitudine. È venuto tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto. Per lui è stata questa una cosa dolorosa e non ha cessato di esserlo».

Questa fame che provano tutti gli esseri umani attanaglia e corrode ogni persona nel più intimo del proprio essere… Questa fame di amore è la fame più profonda, impressa nel cuore stesso nelle nostre società di opulenza. Madre Teresa l’ha ben capito e le Missionarie della Carità, dopo essersi sparse nelle varie parti dell’India, sono andate dall’Asia in America, dall’Australia in Africa, fino a Roma, nel cuore della cristianità. La società industriale che da due secoli ha creato tanta ricchezza e ha liberato l’uomo da tante servitù, ne ha create di nuove.

Madre Teresa amava ripetere che oltre la povertà materiale ce n’è un’altra di ben più grave, soprattutto nelle società opulente: è la povertà dell’anima, la povertà della solitudine e dell’inutilità.

Diceva: «È la peggiore malattia del mondo d’oggi, peggiore della tubercolosi e della lebbra». E questa povertà non si può vincere che mediante l’amore, un amore senza ritorno, che può sembrare impossibile, ma di cui Madre Teresa non cessa di indicarci la fonte che lo rende possibile: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutto il tuo spirito”.

 

LA PREGHIERA

IL SUO SEGRETO

 

Il suo segreto e quello delle Missionarie della Carità «è quello che Gesù ha insegnato nel Vangelo: la preghiera». Per Madre Teresa, esso si esprime attraverso una sequenza di una logica incomparabile, scritta in foglietti gialli che distribuiva come biglietti da visita: «Il frutto del silenzio è la preghiera; il frutto della preghiera è la fede; il frutto della fede è l’amore; il frutto dell’amore è il servizio; il frutto del servizio è la pace».

A suo parere, non è possibile impegnarsi nell’apostolato se non si è persone di preghiera. Madre Teresa ci dice: «Amate pregare nel corso della giornata, sentite spesso il bisogno di pregare e prendetevi l’agio di pregare. La preghiera dilata il cuore fino alla capacità del dono che Dio ci fa di se stesso. Chiedete e cercate e il vostro cuore diventerà grande fino a poter accogliere Dio e farlo vostro. Dobbiamo essere coscienti di essere una cosa sola con Cristo, come lui è cosciente di essere una cosa sola col Padre… Ciò che il sangue è per il corpo, la preghiera è per l’anima…Io traggo la mia forza da Dio mediante la preghiera… Essa ci dona anche tutta la gioia necessaria per compiere ciò che dobbiamo fare».

La preghiera è sorgente di gioia. La gioia è forza, la gioia è amore, la gioia è come una rete d’amore che prende le anime. Dio ama coloro che donano con gioia. Chi dona con gioia dona di più. Un cuore che brucia d’amore è un cuore gioioso.

«Non permettete mai che la tristezza vi prenda al punto da farvi dimenticare la gioia del Cristo risorto, questo Cristo che si si dona a noi nell’Eucaristia…

Dobbiamo essere capaci di irradiare la gioia di Cristo e di esprimerla nelle azioni Se queste fossero soltanto utili e non procurassero alcuna gioia, mai i nostri poveri potrebbero elevarsi fino a sentire Dio come noi vogliamo invitarli a fare e dire loro di avvicinarsi a lui. Noi desideriamo che sentano di essere amati. Se andiamo a visitarli con un volto triste, non faremmo che aumentare la loro disperazione. Il più delle volte essi non hanno tanto bisogno delle cose. La peggior malattia che possa colpire un essere umano è di essere indesiderato. Per ogni genere di malattia ci sono dei rimedi e delle medicine. Ma quando si è indesiderati, quando non ci sono mani servizievoli e cuori che amano, non credo che questa malattia possa mai essere guarita. Il nostro scopo è di essere per loro mani servizievoli, cuori che amano e di vedere in essi Cristo».

Ma la vita di Madre Teresa è stato un lungo fiume tranquillo? Una vita di gioia coronata di luminosi successi? Non è stato proprio così. «Il mio sorriso è un grande manto che copre una grande quantità di dolori…», scriveva nel luglio del 1958. Le suore e la gente pensano che la mia fede, la mia speranza, il mio amore mi colmino in profondità e che l’intimità con Dio e l’unione con la sua volontà impregnino il mio cuore. Se solamente essi lo potessero sapere!».

Solamente ora sappiamo attraverso la documentazione raccolta per il suo processo di beatificazione che cosa copriva questa fiducia drammatica.

Attualmente disponiamo della sua corrispondenza inedita con i padri gesuiti, Celeste Van Exem e Joseph Neuner che erano stati i suoi confessori, e con l’arcivescovo di Calcutta, Fernadez Périer e il suo successore, il cardinale Lawrence Picachy. Questa corrispondenza ci svela un segreto, rimasto nascosto anche ai più intimi collaboratori i quali non hanno mai sospettato di nulla: diciotto mesi di dialogo ininterrotto con Gesù, una voce interiore che le ispirava, anzi le comandava, di creare una congregazione nuova per andare con lui e per lui verso i più poveri. E poi mezzo secolo di notte oscura, con solo un mese di luce nell’ottobre 1958 quando, nell’oppressione del suo abbandono spirituale, ottiene un segno della sua presenza nascosta. Tutto il resto del tempo, e si tratta di mezzo secolo, vive nella prova come Teresa di Lisieux di cui aveva voluto prendere il nome: «Sento che Dio non è più Dio, che egli non esiste veramente. In me ci sono delle tenebre terribili. Come se tutto fosse morto, in me, perché tutto è glaciale. Soltanto la fede cieca mi trasporta poiché, in verità, tutto in me è oscurità. A volte, l’agonia della desolazione è così grande e nello stesso tempo la viva speranza dell’Assente così profonda che l’unica preghiera che riesco ancora a recitare è: “Sacro Cuore di Gesù, io confido in te. Io placherò la tua sete di anime”. Oggi ho sentito una gioia profonda: siccome Gesù non può più vivere direttamente l’agonia, egli desidera viverla attraverso di me. Io mi abbandono più che mai a lui…».

 

LA SANTITÀ

PER MADRE TERESA

 

In che cosa consiste la santità per Madre Teresa? «Consiste nel conoscere Gesù, amare Gesù, servire Gesù». Non si può essere più lapidari. Niente false fughe né prospettive imbarazzanti: Gesù conosciuto, amato e servito, è tutto qui. Ripeteva continuamente alle sue suore: «La santità non è un lusso riservato a qualche persona. È un semplice dovere per te e per me. E noi dobbiamo diventare santi qualunque sia lo stato di vita in cui Dio ci ha posti. Chiunque siamo e dovunque siamo è là che dobbiamo vivere la santità».

Se si vuole che questo sia possibile bisogna che tutto il tessuto della vita sia sempre più intrecciato con l’Eucaristia. «Gesù si è fatto pane di vita unicamente per soddisfare il nostro desiderio di amore. Si è fatto colui che ha fame, è nudo, senza riparo per darci la possibilità di trasformare il nostro amore per lui in azioni concrete verso i poveri. Il servizio dei poveri non è dunque il nostro fine ultimo, è un mezzo per rendere concreto il nostro amore per Cristo. Ecco perché dobbiamo ai poveri una profonda gratitudine, ecco perché essi sono la speranza di salvezza per l’umanità… Bisogna avere un cuore puro per vedere Gesù nella persona spiritualmente più povera. Così, più l’immagine di Dio sarà sfigurata in essa, più grandi saranno la nostra fede e la nostra devozione nel cercare il volto di Gesù e servirlo con amore».

… Realista, conosce molto bene le critiche che le vengono rivolte per la sproporzione abissale tra l’ampiezza oceanica della miseria e la piccolezza della sua opera.

Ma lei le disarma col suo sorriso e la sua fede tranquilla: «Sappiamo bene che ciò che facciamo non è niente di più di una goccia d’acqua nell’oceano. Ma se questa goccia d’acqua non ci fosse nell’oceano, essa vi mancherebbe».

È questo il messaggio che ora Madre Teresa ripete a tutti in occasione della sua beatificazione.

 

1 Questo note di spiritualità di Madre Teresa riprendono in sintesi la conferenza tenuta a Notre-Dame di Parigi dal card. Paul Poupard, in occasione della scorsa quaresima, apparsa in forma abbreviata anche sul quotidiano La Croix del 15-16 marzo 2003.