CONVEGNO MISSIONARIE IMMACOLATA - PADRE KOLBE

CON I LAICI UN’UNICA MISSIONE

 

Per le missionarie dell’Immacolata la collaborazione con i laici rappresenta un ritorno alle origini. L’assemblea dello scorso luglio conferma l’esigenza di una evangelizzazione di comunione, fondata sulla condivisione dei diversi carismi.

 

Il nuovo millennio si è aperto con l’invito a «prendere il largo» per comunicare il Vangelo in questo mondo che cambia. La vita consacrata, in questi mutamenti, trova dinanzi a sé nuove sfide che diventano anche importanti opportunità di rinnovamento. Una di queste è rappresentata dalla collaborazione con i laici, forza e serbatoio di potenzialità e ricchezze ancora non del tutto «scoperte» e valorizzate in ordine alla comunicazione della fede e alla trasformazione del mondo... dal di dentro.

L’istituto delle Missionarie dell’Immacolata-Padre Kolbe non è rimasto ai margini di questi mutamenti e di questa storia; già l’assemblea generale celebrata nel 2000 aveva sottolineato l’importanza di vivere il carisma come un dono da condividere con tutti. Da qui il desiderio di evangelizzare lo stile di fare missione e di aprirsi a una operativa e fattiva collaborazione con i laici. «La collaborazione con i laici non può nascere solo da un fattivo bisogno di operai, ma è la prospettiva di un’attività evangelizzatrice di comunione, fondata sui diversi carismi personali e vocazionali. Si tratta di operare una vera e propria rivoluzione di pensiero, se prima si lavorava per i laici, ora si lavora con loro. Questo è lo spirito che ha animato profeticamente l’attività di san Massimiliano Kolbe e anche del padre fondatore (p. Luigi Faccenda): la ricerca e la formazione di collaboratori, valorizzando i loro talenti personali e il loro inserimento nella società civile ed ecclesiale. Dobbiamo, a questo livello, convertire il nostro modo di pensarci e di pensarli, per pensarci tutti insieme, coinvolti in un’unica missione».

A tre anni dall’assemblea generale le Missionarie hanno vissuto un convegno sul tema Evangelizzazione e collaborazione con i laici, presso il Centro di spiritualità «San Massimiliano Kolbe» in Oswiecim-Harmeze (Polonia) dal 12 al 20 luglio 2003, con la presenza di missionarie delle diverse comunità dell’istituto in Italia, Argentina, Bolivia, Brasile, California, Lussemburgo, Polonia; di alcuni volontari, laici aggregati all’istituto stesso, e dei missionari provenienti dal Brasile. Un’occasione privilegiata per porsi degli interrogativi e cercare delle risposte, come ha detto in apertura la direttrice generale Marina Melis: «Stimolate dal ritmo incalzante di questo mondo che cambia, abbiamo ritenuto opportuno fare una sosta nel cammino per verificare quale tipo di risposta stiamo dando o intendiamo dare nel prossimo futuro al tema-sfida dei laici quali protagonisti nella ricezione e nella comunicazione del vangelo e del nostro carisma. Ci chiediamo: come fare perché i laici stiano nel cuore del carisma? cosa significa ciò per noi? come si pone questo rapporto di condivisione-collaborazione? come si deve esprimere e dove deve condurre? che cosa comporta per noi consacrati e cosa per i laici? ».

 

LE TRE FASI

DEL CONVEGNO

 

Tre fasi hanno scandito lo svolgimento del convegno: una lettura del cammino fatto dalla Chiesa e dall’istituto in questo ambito particolare; la condivisione dell’esperienza di altri movimenti ecclesiali; i lavori di gruppo. Particolarmente ricco di stimoli l’intervento dei coniugi Giulia Paola Di Nicola e Attilio Danese, sul tema I laici nella Chiesa dal concilio Vaticano II a oggi. La relazione laici-consacrati è stata affrontata sia a livello operativo-pastorale che spirituale in termini di reciprocità di vocazione. Prima di entrare nel merito i relatori hanno posto alcune premesse per capire la laicità (elemento che attiene all’essere umano in quanto tale) e il cammino fatto dalla Chiesa in questi anni.

Tre gli aspetti ritenuti significativi in ordine alla questione dei laici sviluppatasi dal concilio in poi: la riscoperta della laicità della creazione, le problematiche legate alla effettiva collaborazione nella Chiesa, la comunione nello Spirito. Il tutto avendo sullo sfondo il rapporto tra matrimonio e verginità, le due strade principali attraverso le quali ciascuno realizza la sua unione col Cristo. Interessante l’interrogativo da loro posto: l’apertura ai laici è necessità o comunione? Domanda non scontata che spinge a leggere con occhi nuovi la realtà e le trasformazioni in atto.È inevitabile che in questo particolare momento la Chiesa si chieda: cosa si tratta di conservare e cosa cambiare? Un profondo desiderio di rinnovamento investe le intenzioni e i progetti di cooperazione sincera di associare i laici. Ci si domanda però in che modo, se non si vuole fare solo un’operazione aggiuntiva ma s’intende rimettere in questione il modo di vivere la Chiesa, in una delicata e sapiente dialettica tra apertura e fedeltà, innovazione e tradizione. Non si può negare che difficoltà si registrano da ambo le parti; non pochi consacrati, infatti, mantengono implicitamente o esplicitamente la convinzione di un loro status privilegiato, mentre gli stessi laici non sempre sono in grado di apprezzare la specificità del loro proprio stato e valutarlo secondo parametri di originalità e non secondo una prospettiva deficitaria. Il fiorire di alcuni movimenti laicali, dotati di vigore evangelizzatore e di “radicalismo” rende evidente che la sfida dell’evangelizzazione oggi si gioca sulla testimonianza umana e cristiana, prima che sulla struttura ecclesiale clericale. Da qui l’esigenza di impostare la relazione laici-consacrati in termini nuovi al fine di superare vecchi pregiudizi e avviare un dialogo più aperto.

La parola-chiave in questo senso è stata: reciprocità. «La legge della reciprocità regge tutto il creato, se intesa in senso lato come relazionalità e interdipendenza. Col termine reciprocità si rende evidente che ciascuno, per quanto possa essere “ricco” (di esperienza, di beni, di intelligenza...) si viene a trovare sempre in condizioni di “povertà” nell’interdipendenza reciproca. A livello interpersonale, in tempi diversi, ciascuno è maestro e discepolo, pieno e vuoto, locutore e ascoltatore». Il segno della Chiesa del futuro è la convivenza solidale delle vocazioni, è cammino di comunione, di condivisione umana e spirituale, di collaborazione, di ascolto reciproco e di valorizzazione di ciò che viene dall’alto o che nasce dal basso. «Quello che sanno di certo, laici e religiosi, è di dover camminare sempre più insieme nel prossimo futuro, giacché avanzando da soli nella complessità si fa un’operazione di autoemarginazione che si paga cara e si fa pagare cara al Vangelo. La Chiesa del terzo millennio dovrà fare forse uno sforzo per guardare le cose sempre più dal punto di vista di Dio. Non sarà allora solo l’urgenza della necessità a farle scoprire l’importanza dei laici ma la constatazione che Dio stesso è, per così dire, “laico” e “religioso” nel contempo».

 

UN RITORNO

ALLE ORIGINI

 

Il secondo intervento sul tema La collaborazione con i laici nel cammino dell’istituto è stato offerto dalla missionaria Amelia Benfenati, la quale attingendo anche alla sua ricca esperienza di vita e di missione ha “riletto” la storia dell’istituto facendo vedere come fin dall’inizio (siamo alla fine degli anni 1950) la condivisione del carisma mariano-missionario con i laici era patrimonio acquisito e sperimentato.

Alla base vi è la ricca spiritualità e il dinamismo apostolico di san Massimiliano Kolbe nel cui solco l’istituto ha mosso i suoi passi. Padre Kolbe «aveva intuito, fin dall’inizio della sua prodigiosa attività apostolica, l’importanza di condividere con altri la responsabilità di quanto stava intraprendendo. Egli era consapevole che le opere possono crescere e durare solo se vi sono uomini disposti a dedicarvisi con entusiasmo e costanza. Per questo egli cercò, preparò, sostenne e guidò molti collaboratori, in patria e in missione». Fu questa la “formula pastorale” adottata sin dall’inizio dal fondatore dell’istituto, padre Luigi Faccenda.

Questa intuizione iniziale troverà conferma nel cammino e nella voce della Chiesa e conoscerà diverse forme di attuazione a seconda dei contesti culturali in cui l’istituto si troverà ad operare. Si riconosce che al presente non mancano esperienze concrete di collaborazione e di condivisione che aprono alla speranza e fanno pensare che è bello lavorare insieme arricchendosi vicendevolmente dei doni specifici di ognuno e soprattutto con il dono che scaturisce dalla presenza materna di Maria vivente e operante. Nello stesso tempo, però, appare evidente che, in merito al coinvolgimento dei laici nel cammino dell’istituto, passi significativi sono stati fatti soprattutto in America Latina e negli Stati Uniti mentre in Europa, e in Italia in particolare, si avvertono ancora molte resistenze sia a livello di mentalità che di operatività.

Alle due relazioni sono seguite tre testimonianze. La prima offerta da Matilde Luvisotto, volontaria in Brasile, in merito al tema Laici e mass-media; la seconda da Nenita Arce, focolarina del centro internazionale di Roma sul tema Laici e famiglie; la terza da Gianmarco Proietti, responsabile del movimento giovanile salesiano su Laici e giovani.

L’intervento di Matilde ha acceso in modo particolare l’entusiasmo dei partecipanti e ha messo a fuoco una realtà che sta particolarmente a cuore all’istituto: l’uso dei mass-media a servizio dell’opera di evangelizzazione.

In un paese grande come il Brasile i mass-media rappresentano uno strumento privilegiato di annuncio e di catechesi; la buona notizia di Gesù corre attraverso i microfoni di Radio Imaculada Conceição, raggiungendo milioni di persone direttamente nelle loro case. «In questi otto anni di esistenza della radio, racconta Matilde, siamo riusciti ad ottenere qualcosa di inedito in Brasile: la formazione della più grande rete cattolica di radio del paese, con una programmazione ininterrotta di 24 ore al giorno. La programmazione è da noi realizzata e trasmessa via satellite in tutto il Brasile; attualmente inviamo i nostri programmi a più di 100 radio, e questo senza intervalli commerciali e senza nessun patrocinio».

La radio è un vero e proprio “cuore pulsante” tenuto vivo da una fitta rete di collaboratori, volontari e operatori, soprattutto laici, che lavorano nella programmazione e conduzione dei programmi e sono animati da un unico, grande ideale: condurre il mondo a Cristo attraverso l’Immacolata. Accanto alla radio, internet, la rivista mensile O Milite che, nata come un semplice bollettino di collegamento, oggi è la seconda rivista cattolica del paese, con una tiratura di 80.000 copie, e l’avvio da poco più di un anno di programmi TV grazie alla concessione di un canale televisivo. Dall’attività con i mezzi di comunicazione è nata una vasta rete di animazione che porta le missionarie, i missionari e i laici che collaborano più direttamente in questo settore, a un contatto diretto con le persone nel loro ambiente di vita.

 

NUOVI ORIZZONTI

E SCELTE CONCRETE

 

Scopo e intento del convegno era quello di intuire gli orizzonti nuovi e le scelte concrete da fare nel prossimo futuro, per questo particolare importanza hanno avuto i lavori di gruppo orientati ai tre ambiti preferenziali verso i quali l’istituto sta volgendo la sua attenzione: i giovani, la famiglia e i mass-media quali vie privilegiate di annuncio del Vangelo.

Dalle domande poste e dal lavoro fatto insieme sono scaturite alcune linee operative. Così leggiamo nel documento finale: «Il “nuovo” da cui ripartire è il carisma mariano-missionario-kolbiano e la riscoperta insieme della sua bellezza, della sua attualità, della sua dirompente novità. Il carisma non è un tesoro da proteggere ma un talento da spendere e far fruttificare. Si tratta allora di ripartire da una conversione effettiva di prospettiva. Al centro non siamo noi, ma l’Immacolata e il suo progetto, al quale tutti noi siamo chiamati a collaborare: condurre tutto il mondo a Dio. L’immagine che meglio può illuminare questa conversione di mentalità è quella del lavorare in rete. Come in internet ogni nodo della rete può dare e ricevere contemporaneamente, allo stesso modo fra noi ognuno è ricettore e comunicatore del carisma. Da qui il nuovo nei rapporti fra consacrati e laici: la reciprocità, intesa come capacità di entrare in una relazione in cui ciascuno è maestro e discepolo, in cui si lavora insieme, fianco a fianco. Concretamente questo richiede: formarci insieme, promuovendo opportunamente occasioni di approfondimento della spiritualità, nella condivisione dell’esperienza di vita e di missione di ciascuno.

Occorre sempre ricordare che, per appassionarci e appassionare all’unico ideale, occorre coniugare sempre preghiera, formazione e coinvolgimento apostolico; formarci reciprocamente, orientandoci a costituire équipe miste (formate da missionarie e laici, volontari o non) per la formazione iniziale e permanente sia dei volontari sia delle missionarie; progettare insieme, valorizzando la diversità di vocazioni, di ruoli, di competenze, di talenti e di attitudini; lavorare insieme, alla pari, ciascuno secondo la propria vocazione, dando spazio a tutti come in un gioco di squadra, non in forma sporadica ma creando veri spazi di corresponsabilità. Se saremo capaci di cogliere e valorizzare le differenze, emergerà con maggiore chiarezza l’identità propria di ciascuno (consacrati e laici), perché non è importante tanto ciò che facciamo, quanto l’esserci, con la nostra identità specifica; verificare insieme con coraggio e apertura di mente, senza paure o pregiudizi. Tutto questo comporta un grande cambiamento di mentalità da parte di tutti, un cammino di umiltà per non cedere alle tentazioni del potere, del protagonismo o della delega».

 

Angela Savastano