DA UNA FEDE SAPUTA

A UNA SEQUELA VISSUTA

 

Alla vita cristiana non può bastare un credere “per sentito dire”. Essa deve sperimentare il passaggio esistenziale al credere per aver conosciuto di persona il Signore.

 

Per uscire dalle strettoie in cui si dibatte oggi l’esistenza cristiana, sembra opportuno favorire il passaggio da una fede di consuetudine verso un’adesione personale a Cristo Signore, una fede che sia scelta personale, illuminata, convinta, testimoniante.

Per favorire il passaggio da una fede semplicemente saputa a una sequela profondamente vissuta è quanto mai opportuno sollecitare l’appropriazione personale dell’esistenza cristiana.

Oggi, più che mai, è necessario sottolineare che il seguire Gesù, per sua propria natura, è una chiamata che tende a prendere forma nel tempo e nello spazio personale, ecclesiale e storico attraverso un processo di appropriazione personale.

Il termine appropriazione, in generale, deriva da proprius che significa ciò che mi appartiene, ciò che mi riguarda personalmente e direttamente. Appropriazione personale, in questa direzione, si riferisce al fare mia un’idea, un valore, una verità, un atteggiamento, uno stile di vita in modo che tutta la mia esistenza ne sia coinvolta.

Appropriarsi personalmente dell’esistenza cristiana non significa racchiudere il Cristo nel proprio sentire e renderlo oggetto del proprio mondo interiore. Al contrario, vuol dire ricevere forma da lui, passare dal nostro al suo sentire. Significa porre in evidenza l’esistere personalmente nel mistero di Dio che in Cristo, per lo Spirito, si impegna per me, per tutti gli uomini, per il mondo intero.

In altri termini, l’esperienza cristiana non può farsi per sentito dire, né tanto meno esprimersi in chiave apologetica o come parallela o addirittura marginale alla vita quotidiana.

La sequela cristiana scaturisce dall’appello del Padre rivolto a me nel Figlio suo che, per lo Spirito, diviene la mia perla preziosa, il tesoro nascosto nel campo del mio cuore e si esplicita in esistenza ecclesiale e storica.

Consideriamo per un momento l’esperienza di Giobbe. Egli intuiva gli attributi divini ed esprimeva il suo assenso nozionale verso la giustizia, la verità, la bontà, la misericordia di Dio. Ma le vicissituini della sua vita contribuirono a trasformare il suo assenso nozionale in assenso reale, ovvero in autentica e profonda appropriazione personale. Così, al termine del suo cammino, rivolto a Dio esclamerà: «Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono. Perciò mi ricredo e ne provo pentimento sopra polvere e cenere» (Gb 42,5-6).

Il cammino del discepolo è un continuo passaggio dal sentito dire al vedere con i propri occhi.

Tutto questo domanda al cristiano l’appropriazione di alcuni momenti chiave della sua vita di fede.

Un secondo momento fondante è il ritorno all’origine della vicenda cristiana, che può esprimersi nella continua appropriazione del proprio battesimo. Afferma l’apostolo Paolo: «Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo» (Gal 3,27).

Il cristiano è chiamato a rinnovare, nella libertà, la propria decisione di rimanere in Cristo.

Il battesimo pone nel cuore umano un germe di Dio e apre come un vuoto che solo l’adesione totale al Cristo può colmare. Per diventare sempre più consapevoli del battesimo, inteso come essere in Cristo Gesù, la tradizione della Chiesa d’Oriente invita alla pratica della preghiera del cuore, la ripetizione del nome dolce e potente del Figlio di Dio: «Signore Gesù Cristo Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore».

Il legame tra battesimo e preghiera rinvia alla presenza di Dio nel cuore dell’uomo in quanto creato a immagine e somiglianza del Verbo. Il peccato ha offuscato l’immagine e ha rovinato la somiglianza. Il battesimo restituisce all’uomo la sua primitiva bellezza. Attraverso l’acqua battesimale, il Cristo e lo Spirito Santo vengono a dimorare nella cella del cuore, rinnovano tutto l’uomo e lo orientano verso il Padre.

Il cammino di appropriazione è certamente un cammino personale, ma non si chiude in un individualismo inconcludente. Il discepolo del Signore è chiamato a riscoprire e vivere intensamente la comunità ecclesiale come il corpo di Cristo, ossia come il luogo proprio in cui è possibile maturare un autentico cammino di fede, dove è donata la testimonianza della sequela.

 

Marcello Brunini

da Maestro, dove abiti?, EDB, Bologna 20