LETTERA DEL MAESTRO GENERALE OP

EVANGELIZZARE CAMMINANDO

 

L’itineranza domenicana è il tema della prima lettera che il nuovo maestro generale ha inviato all’OP.

Lo sguardo a s. Domenico, instancabile camminatore per le vie d’Europa, riapre le strade del cammino interiore e della missione.

 

La riflessione che fratel Carlos Alfonso Azpiroz Costa op, eletto maestro dell’Ordine dei predicatori (OP) il 14 luglio 2001, propone ai domenicani e alle domenicane con la sua prima lettera – del 24 maggio 2003 – è dedicata al tema dell’itineranza, la stessa che quale atteggiamento spirituale e movimento nello spazio fisico fece di Domenico di Guzman «un apostolo itinerante fino alla morte».

Tema dominante nella Scrittura, poiché «di fatto il popolo della Bibbia si definisce principalmente come popolo peregrinante» – del quale persino l’etimologia del termine “ebreo” che lo designa evoca l’idea di emigrazione – l’itineranza è presentata nella prima parte della lettera del maestro dell’OP quale esodo, dislocamento nello spazio specialmente in vista di una missione, e quale conversione, ovvero spostamento da posizioni interiori lontane da Dio per un riavvicinamento a lui e, nel Nuovo Testamento, come identificazione con Cristo, egli stesso cammino, la Via.

E proprio nell’assumere Cristo come Via assoluta di identificazione fr. C.Alfonso vede l’essenza carismatica dell’ordine domenicano, itinerante fin dalle origini, quando Domenico riproducendo il metodo di Gesù manda i suoi fratelli a due a due. E il frutto che maturò dalla loro predicazione obbediente al Vangelo fu il sorprendente sviluppo dell’ordine stesso, potenziato sempre più, così, nella sua missione evangelizzatrice.

 

TRA ITINERANZA

E STABILITÀ

 

C’è dunque accanto al libro della sacra Scrittura anche quello della storia dell’ordine, storia che documenta, inoltre, come l’itineranza nella vita domenicana si sia sempre accompagnata alla contemplazione: due atteggiamenti che nella vita cristiana e in quella religioso-missionaria non sono da contrapporre, così come non contrapposti sono quelli di Maria e di Marta sorelle di Lazzaro negli episodi evangelici che il maestro dell’OP si dilunga volentieri a commentare.

Dopo aver osservato che, nella cena alla quale era stato invitato Lazzaro, Marta serve anche questa volta a tavola ma neppure Maria sta ferma ai piedi di Gesù bensì è in movimento nell’onorarne con preziosi profumi la presenza amata, si domanda quale sia «il mistero dello scegliere la parte migliore, e quale sia la vera chiave di una “vita contemplativa”».

Una risposta a tali domande – prosegue – «la troviamo nel libro di Qoèlet, un testo di grande sapienza, sicuramente risultato, e frutto, di una vita contemplativa: «Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire,/ un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante./ Un tempo per uccidere e un tempo per guarire,/ un tempo per demolire e un tempo per costruire./ Un tempo per piangere e un tempo per ridere,/ un tempo per gemere e un tempo per ballare./ Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,/ un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci” (Qo 3,1-5)».

Si ritrovano nelle parole di Qoèlet i due momenti nei quali l’amore di Maria verso Gesù si esprime pienamente: quando ascolta la parola di lui in casa sua e quando gli offre le premure dell’ospitalità in una casa verso la quale si è spostata, ella è tutta presa dalla persona di Gesù, «totalmente attenta alla sua missione e nello stesso tempo cosciente di sé e di ciò che è bene per lei: ella vive realmente una relazione stabile con “colui che il suo cuore ama”(Ct 1,3)».

In tale atteggiamento totalizzante della discepola Maria di Betania il maestro dell’OP vede, e rammenta ai suoi fratelli e sorelle “in s.Domenico”, quel «saper interpretare i segni dei tempi che Gesù attende dai propri discepoli. La chiave della vita contemplativa è “la interpretazione del tempo presente”» dove discernere in costante attenzione la volontà del Padre: da fermi e in cammino.

 

CONTEMPLAZIONE

E MATURITÀ

 

L’itineranza nella contemplazione richiama con essa un’altra relazione che fr. C. Alfonso trova nella maturità e nel processo che vi conduce: un processo di crescita al quale associa come icona evangelica quella dei discepoli che camminano verso Emmaus, delusi dalla vicenda di Gesù non ancora incontrato risorto.

La contemplazione di ciò che lo Sconosciuto compagno di strada riporta alla loro memoria biblica va di pari passo con lo sviluppo della loro “intelligenza del cuore”: da soli, o ciascuno chiuso nel proprio silenzio, non avrebbero maturato nulla: l’itineranza condivisa nel dialogo apre alla maturazione della fede: «Non si matura realmente restando soli; è necessario un altro o un’altra, che cammini al nostro fianco, che ci riconforti, che condivida le nostre inquietudini e preoccupazioni, che ci interpelli».

“Resta con noi, perché si fa sera e il giorno sta per tramontare”: in qualche modo – osserva il maestro dell’OP – «è la curiosità, un’aspirazione profonda a raggiungere maggior chiaroveggenza, un ardente desiderio di comprendere meglio ciò che, in fin dei conti, con la rivelazione piena d’amore del Signore, conduce i due al riconoscimento e alla maturità del discepolo. Allora la loro itineranza cambia direzione: dalla fuga al reincontro, con gli occhi spalancati sopra l’insperato».

Ed è su tale contenuto evangelico di base che la lettera del maestro ricorda, a questo punto, come per la vita domenicana la contemplazione si rapporti con la formazione, a partire da quella iniziale, secondo quanto l’ordine ebbe a riflettere nell’ultimo capitolo generale. Tenute presenti le diverse situazioni sulle quali la società odierna ha “detto la sua” nel formarsi dei fratelli più giovani, egli ricorda la necessità di una formazione a «uno spirito contemplativo autenticamente domenicano», che si avvalga di tre elementi indispensabili: la costanza, che nell’OP si manifesta in una lunga vita di studio, nell’osservanza esterna della preghiera, del silenzio e di una vita comune gioiosa; la profondità, che contrasti i piaceri superficiali promessi a tante persone in un’economia globale che tuttavia ben poche ne accontenta; una profondità che si renda «visibile nella vita di preghiera, nella virtù, nell’amore allo studio e in una più indulgente conoscenza di sé»; l’apertura, che è un portato del nostro tempo ma pure ne contrasta le spinte individualistiche: apertura «alle persone e alle loro esperienze, a nuovi apprendimenti e ai nuovi cammini lungo i quali Dio ci invita a servire».

 

IN UNO SPIRITO

DI AVVENTURA

 

Cammino interiore illuminato dalla contemplazione e cammino missionario aperto al prossimo e ai suoi apporti di umanità, tale processo di crescita – prosegue p. C.Alfonso – dev’essere vissuto anche come cammino di liberazione da repressioni di tipo emozionale, oggi comune «problema della gioventù » che a causa della sua «fragilità emozionale talora va in cerca di regole chiare e semplici che la dispensino dal rischio e dall’avventura»; e da altre repressioni di tipo intellettuale, che impediscono allo spirito «di andare incontro alla verità in tutta la sua ricchezza e nella sua varietà contestuale», benchè «itineranza non debba significare dispersione dello spirito».

C’è infatti oggi un pericolo notevole sul piano intellettuale, che è «quello di adottare un atteggiamento da “supermercato”: cercare di sapere di tutto, interessarsi a tutto, accettare tutte le tendenze di moda», mentre «c’è bisogno di tempo per studiare, di tempo per una costruzione contemplativa del mondo. Dobbiamo porci questioni più profonde, come la connessione misteriosa, il radicamento metafisico della verità».

Pertanto, a tale proposito il maestro si pone domande fortemente serie: «Di quale tipo di filosofia stiamo dotando i nostri giovani? Una conoscenza di idee discordanti e contraddittorie, che permettano di adattarsi alle diverse correnti di pensiero contemporanee? O una filosofia che integri lo spirito, lo rafforzi nella sua capacità di conoscere il vero, gli dia i mezzi per interpretare in modo critico ciò che osserva nella cultura contemporanea?».

Spirito di avventura sì, ma occorre anche non dimenticare – aggiunge – che se vi sono delle persone le quali necessitano di aiuto per formulare una sintesi intellettuale prima di poter rivolgersi verso nuovi campi del pensiero, anche un eccesso di itineranza nella fase iniziale della formazione può avere effetti disastrosi.

 

SPIRITUALITÀ

E MISSIONE

 

La professione religiosa, mediante la quale avviene la consacrazione a Dio, conferma il prezzo dell’itineranza: fr. C. Alfonso entra così nelle ultime parti della sua lunga lettera per parlare del cammino interiore che caratterizza l’itineranza spirituale e la stessa missione.

«Accettare l’ignoto, accolto nella fede, come regola permanente di vita, rafforza il nostro attaccamento a Dio e a Dio solo. È da qui che proviene la vera fecondità della vita e della missione».

Missione che non appartiene agli apostoli, tiene a sottolineare. «Nella vita religiosa non siamo proprietari dei nostri apostolati, né siamo padroni delle persone che ci aiutano. Dobbiamo accettare che nel lasciarle ad altri le mettiamo nelle mani di Dio, e Dio le custodirà. È necessaria perciò la speranza, con la quale accettare il mistero che si dispiega nella nostra vita. Una speranza naturale che dà l’energia per affrontare sfide difficili; e la virtù teologale della speranza, la quale per il fatto che è totalmente centrata in Dio permette alla nostra volontà di accettare il cammino tracciatoci da lui».

Anche l’itineranza spirituale e in essa la speranza necessitano di essere purificate, ad esempio mediante una liberazione dai ricordi non gradevoli: il ricordo di situazioni difficili e di sofferenza patita può essere paralizzante, e anche in questo processo di liberazione il ruolo della comunità assume notevole importanza.

La purificazione della speranza, in particolare, «aiuta a centrare l’attenzione su Dio; e, quando Dio è veramente la nostra prima passione», non c’è dubbio che la liberazione avvenga nel concreto cammino di ciascuno.

La panoramica dei temi e sottotemi trattati in questa lettera del maestro dell’OP è molto ampia. Ne abbiamo enuncleato gli spunti che possono essere utili alla riflessione di tutti e tutte coloro che si sanno in continuo esodo, avendo quale amato compagno di strada l’Unico che si è dichiarato, per nostro conforto e sicurezza, la Via.

 

Zelia Pani