PER UNA CITTADINANZA RESPONSABILE

UNA RISPOSTACRISTIANA

 

Interessanti indicazioni offerte dal mons. Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE), al convegno della Consulta dell’Ufficio nazionale CEI per i problemi sociali e il lavoro (12-14 giugno 2003).

 

el corso del XX secolo i diritti di cittadinanza sono stati conferiti dallo stato nazionale: all’interno di questo quadro si è passati dai diritti civili a quelli politici fino a quelli sociali. Nel secondo dopo guerra, il welfare state ha rappresentato il culmine di tale processo: i diritti sociali sono concepiti come estensione della legalità e strumento di riduzione delle disuguaglianze. Questo quadro è in crisi: stiamo passando dalla cittadinanza nazionale a quella universale e occorre coniugare cittadinanza e responsabilità. Nella nuova fase storica, definita dalla globalizzazione, la dinamica dei processi non è infatti più contenibile nella dimensione nazionale; ciò determina una crisi di regolazione degli spazi sociali nei quali viviamo: aumentano conflittualità, disuguaglianze, diversità, incertezza e insicurezza.

 

ASCOLTARE

LE DOMANDE DI SALVEZZA

 

Qual è il contributo dei cristiani allo sviluppo di una cittadinanza responsabile? Mons. Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (CCEE), ha offerto interessanti indicazioni al convegno della Consulta dell’Ufficio nazionale CEI per i problemi sociali e il lavoro (12-14 giugno 2003).1 Per esporre la sfida fondamentale si è riferito ai due spazi del tragico conosciuti dai greci e ancor oggi costituenti le domande di fondo che l’Italia, l’Europa e la storia pongono alle Chiese: «Il primo spazio dove la tragedia può esplodere è quello della convivenza tra i popoli, le culture, le etnie, le religioni. È la questione della pace… In un’Europa che sta chiudendo definitivamente il capitolo della divisione della cortina di ferro e cerca la via della unificazione economica e politica, con la stesura di un Trattato costituzionale e l’allargamento dell’Unione a 10 nuovi paesi, torniamo a chiederci: come costruire una “casa” europea capace di ospitare popoli diversi, senza, da un lato, annientare le singole identità con sistemi totalizzanti e senza, dall’altra, cadere nel conflitto distruttivo tra le differenze o nel terrorismo? Come assumersi in quanto europei i problemi dell’umanità intera, specie del sud del mondo, in una logica di solidarietà globale e scambio di doni?… Il secondo spazio di tragedia, più radicale, è quello del senso della vita. Questa domanda esistenziale di fondo è ridiventata più udibile in un’Europa post-ideologica. Essa rimanda immediatamente alla domanda sul trascendente, su Dio. A essa sono anche legate le grandi questioni etiche che l’umanità affronta: dalla biomedicina all’ecologia… Ritengo importante per la nostra riflessione non separare, ma tenere unite le due domande: quella sulla convivenza e quella del senso. In alcuni paesi dell’Europa la più alta percentuale di morte dei giovani è il suicidio. Il problema del senso è quindi dentro alla questione della pace e dei rapporti fra le persone. Davanti a questi interrogativi l’uomo nel corso della sua storia ha sempre cercato una risposta o un salvatore, uno capace di indicare una strada da percorrere e i mezzi da usare».

I greci hanno tentato innanzitutto con gli eroi, che però ben presto entrano in conflitto tra di loro. Un’altra via è cercata da Solone: al di sopra degli eroi c’è la legge data dagli dei e davanti a essa tutti siamo uguali. Ma anche la legge rivela presto di non essere salvezza. Socrate allora approfondirà il tema della legge interiore: dentro di noi c’è un “demone” divino che indica la via da seguire (la coscienza). Però la città non sopporta Socrate e lo condanna a morte. Cerca di risolvere il problema Platone, che propone una visione di città sul modello dell’anima, una città che funzioni come la coscienza. Una grande utopia, un sogno. Si tentano ancora altre strade: alcuni vanno a vivere in comunità esoteriche, gnostiche, spirituali, segregati dagli uomini e dalla politica. Anche oggi, davanti alla novità e alla paura dell’incontro col diverso, riproviamo con queste vie: un eroe, una legge, un mito, ma ritorna in modo nuovo la domanda: “chi ci salverà?”.

 

UN SALTO

EVOLUTIVO

 

Con riferimento a Pacem in terris (1963) e Gaudium et Spes (1965), il relatore ha offerto alcune piste. Innanzitutto va attivata la coscienza della necessità di un “salto evolutivo” nel campo sociale. L’uomo è l’ultimo stadio del cammino evolutivo, ma una umanità che precipita ancora nelle guerre fratricide e nei conflitti etnici, nella violenza terroristica e nella morte per fame, non è certo quella che Dio ha sognato come apice della sua creazione!

All’alba del nuovo millennio il compito è creare una nuova socialità all’altezza del disegno mirabile di Dio. In secondo luogo, occorre passare dalla centralità della persona alla governance mondiale. In questo è di aiuto la dottrina sociale della Chiesa che procede per cerchi concentrici: al centro vi è la persona umana su cui si fondano i diritti e i doveri e poi, attorno, vengono tutti gli ambiti nei quali si sviluppano le relazioni umane, sociali e politiche. In terzo luogo occorre educare alla responsabilità per la persona, per “tutta” la persona, per “tutte” le persone. Infine vanno tenuti insieme i capisaldi fissati dalla Pacem in terris: verità, libertà, giustizia, amore. «La categoria che ha affermato in questi decenni la signoria, almeno nel mondo occidentale, è certo quella della libertà, ma essa, isolandosi, non è più stata capace di dire tutta la ricchezza dell’umano. Emblematica la tensione che si è creata tra libertà e verità. L’affermarsi della volontà di autodeterminazione ha cercato di scrollarsi di dosso ogni forma di tutela: tradizioni, leggi, morali. E alla fine nel processo è stata coinvolta la questione stessa della verità e di Dio… La morale, basata su valori forti, appare nemica della libertà, della spontaneità della vita, del piacere dell’esistere. Anche l’esperienza religiosa tende ad essere affidata alla sfera della libertà privata: ognuno sceglie ciò in cui credere tra i vari insegnamenti delle Chiese, con la conseguenza di una “privatizzazione” della religione. È possibile pensare insieme libertà e verità? Esiste una verità che liberi? Una tensione analoga si crea spesso tra libertà e giustizia. Sistemi economici basati sul liberismo, sul libero mercato, sulla proprietà privata, sulla libera iniziativa, sulla capacità imprenditoriale, hanno creato dei “vincenti” della modernità, ma anche dei “perdenti”: le persone più deboli, gli inutili, gli emarginati. D’altra parte abbiamo assistito allo spegnimento delle capacità creative per opera di sistemi che, nel nome della giustizia e della solidarietà, hanno eliminato la libera iniziativa, imponendo il collettivismo. È possibile pensare insieme la libera iniziativa e la giustizia? Vorrei anche accennare ad una nuova tensione che si va affermando: quella tra libertà e paura della libertà. L’anelito per una libera autodeterminazione della vita non significa però che tali possibilità di libertà siano comode e facili. Infatti, la vita delle cittadine e dei cittadini liberi non è più facile, bensì più difficile nel quadro di rapporti sociali e culturali sempre più complessi e pluralisti. La situazione crea in molte persone paure esistenziali e rovina dal di dentro la raggiunta libertà. Per questi motivi, sorgono gruppi di estrema destra, s’invoca l’uomo forte e per difesa si cercano posizioni religiose fondamentaliste. La libertà sembra coincidere con lo spaesamento e l’assenza di una meta».

 

RIPARTIRE

DA UN DIO CROCIFISSO

 

La Chiesa in Italia ha preso coscienza della priorità del compito educativo e ha affrontato alcuni nodi urgenti della convivenza nel paese. È del 1991 l’uscita del documento Educare alla legalità, nel 1995 viene pubblicato il documento Stato sociale ed educazione alla socialità e nel 1998 la nota pastorale Educare alla pace. Si costituisce così una trilogia che collega strettamente legalità, socialità e pace: è evidente che i tre filoni mostrino una rete, un contesto, dal quale non possono essere isolati. Proprio guardando alla rete è possibile cogliere dove stanno le radici del problema e le vie per affrontarlo: radici della questione e chiavi per la sua soluzione sono quasi sempre fuori del confine di essa. Per mons. Giordano occorre un vero e proprio lavoro di rifondazione: «In particolare è giunto il tempo di stendere una “Carta dei doveri del cittadino”: partecipazione; coscienza critica; esercizio dei propri diritti; sviluppo della sfera di diritti; apertura ai problemi dell’intera comunità umana; apertura al passato e al futuro. Questo implica: una rivisitazione dei suoi principi (sussidiarietà, solidarietà, responsabilità), una valorizzazione dei suoi soggetti (in particolare la famiglia e il volontariato), una nuova educazione alle virtù sociali, quelle cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza».

Ma, ha affermato in conclusione il segretario del CCEE, perché tutto questo “funzioni” e non resti sulla carta, occorre ancora possedere la chiave ultima o il segreto. «Per ritrovare il segreto della responsabilità e della cittadinanza, penso si tratti di ripartire da quella cattedra “inattesa e scandalosa” che è il Dio crocifisso – il giusto ingiustamente condannato e inchiodato sull’altura fuori della polis – quando si fece buio su tutta la terra e Dio giunse a gridare l’abbandono da Dio. Sulle orme del Cristo pasquale i credenti e le Chiese possono divenire protagonisti della città, ripercorrendo i suoi stessi passi… Il primo passo è avere il coraggio di seguire Gesù là, fuori le mura, fino al suo grido di abbandono, dove anche il cielo e la terra appaiono separati. Non si può stare a guardare le ferite, le non riconciliazioni, dal di fuori, come spettatori o come arbitri, ma occorre entrare dentro le divisioni e le ingiustizie per soffrirle fino in fondo. Quando esplodono conflitti, normalmente, l’uno trasmette all’altro il conflitto e l’uno scarica sull’altro la responsabilità. Il Cristo in croce non ha cercato il colpevole, ma ha assunto su di sé la divisione. Non ha cercato la soluzione in una mera giustizia legale. Il conflitto s’interrompe solo quando qualcuno non lo trasmette a un altro, né cerca il colpevole, ma lo consuma in sé. Questo è il secondo passo per un cammino di riconciliazione. Qui c’è un superamento del concetto “normale” di giustizia. Il Crocifisso che assume in sé la separazione e la ferita, diventa lui uno spazio immenso, aperto, che è in grado di accogliere tutti, soprattutto chi porta nella vita la croce ed anche i lontani da Dio… Le Chiese specialmente sono chiamate a divenire questo spazio di accoglienza senza limiti. Ancora un’altra dimensione della riconciliazione emerge nella Pasqua di Gesù. La violenza, l’ingiustizia, non riescono alla fine a rubare la vita a Gesù, perché quella vita Gesù la dona per puro amore e non si può più rubare ciò che è già stato regalato… Una morte per amore (donare tutto) non è morte, ma vita. Il perdere la bellezza e lo splendore per amore è la via per una bellezza eternizzata. Se tutti gli uomini conoscono le lacrime, pochi uomini sanno che nessuna lacrima andrà persa e che anche la morte è solo un passaggio. Questa notizia è stata affidata alla Chiesa ed essa ha la responsabilità di dirla al mondo, innanzitutto vivendo nella propria casa questa realtà della presenza del Risorto tra i suoi… Ciò che è accaduto nella Pasqua è uno squarcio sulla vita stessa di Dio. Dio è insieme unità e diversità, libertà e solidarietà, perché è un amore trinitario dove la diversità tra il Padre ed il Figlio è vissuta totalmente come dono e da questo dono reciproco sorge una vera nuova terza realtà, lo Spirito Santo. Non più una ingiusta logica monistica, statica, totalizzante, nemmeno una ingiusta visione dualistica conflittuale, ma l’orizzonte trinitario: una comunione delle diversità. Il senso delle diversità è diventare un’unità, conservando e inverando la ricchezza delle diversità. Lo Spirito Santo è il dialogo realizzato. Questa rapporto trinitario che Gesù ha portato sulla terra è la sorgente per una giustizia nuova».

 

Mario Chiaro

 

1 Il titolo della relazione è “Lettura storica alla luce della Pacem in terris e Gaudium et spes, dei documenti Educare alla legalità, alla socialità, alla pace”.