IL DRAMMA DEGLI IMMIGRATI

UN PROBLEMACIVILE E MORALE

 

Il fatto che in dieci anni s’è cambiata tre volte la legge sull’immigrazione, vuol dire che non s’è ancora imboccata la strada giusta. Il problema è di tale portata che deve essere affrontato insieme. Da parte sua, la Chiesa continuerà a fare dell’accoglienza la sua ragion d’essere. Lo scrive mons. Cosmo Francesco Ruppi, arcivescovo di Lecce.

 

Le drammatiche vicende di questi giorni, col viavai di carrette del mare, centinaia di morti e feriti nel Mediterraneo, e l’immancabile clamore politico intorno al fenomeno immigratorio, hanno scosso ancora una volta la coscienza dei cristiani ed hanno posto inquietanti interrogativi allo stato e alla Chiesa, sollevando un polverone di problemi, in cui si capisce una cosa sola, cioè che non basta una nuova legge a fermare scafisti e immigrati, ma occorre invece un’azione concertata tra governi e forze dell’ordine, ma soprattutto occorre portare lo sviluppo nei luoghi da cui partono queste folle di poveri e sciagurati.1

Per la verità, lo avevamo capito anni addietro, quando lo stesso fenomeno si verificò lungo il Canale d’Otranto col viavai di scafisti che scaricavano sulle coste del Salento migliaia e migliaia di profughi, quasi tutti accolti generosamente, a volte eroicamente, dalla Chiesa con un’opera di volontariato cristiano che ha meritato gli elogi più alti e significativi di istituzioni e autorità. Lo ripetemmo cento e cento volte che l’immigrazione è inarrestabile e che va affrontata coniugando insieme accoglienza e legalità.

Non siamo stati ascoltati. O, quanto meno, siamo stati disattesi. E ora, mentre ciò che avveniva sulle coste salentine si è spostato su quelle siciliane, siamo al punto di partenza, anzi, con un clamore in più di chi vorrebbe usare i cannoni per fermare le carrette del mare e aggiungere disastro a disastro, con l’aggravante che tutto questo lo si vuol fare col crisma della legalità, magari col consenso generoso del governo. Scoppia così, in questi giorni, una rovente polemica, che prima di essere politica, è civile e morale e richiede necessariamente qualche intervento che illumini la pubblica opinione e consenta di meglio conoscere la vera posizione dei cristiani, che non è contro questa o quella legge, ma è solo a favore di coloro, che essendo uomini, oltre che poveri e poverissimi, si meritano almeno il rispetto che si deve a tutti gli esseri umani.

Il fatto che in dieci anni s’è cambiata tre volte la legge sull’immigrazione, vuol dire che non s’è ancora imboccata la strada giusta; vuol dire che l’immigrazione non è problema che può essere risolto da questa o quella parte politica, ma va affrontato da tutti, insieme, perché è di tale portata che solo la coralità e la concordia sono in grado di portarlo a soluzione.

Per fare un paragone, assai noto agli studenti delle nostre scuole, siamo quasi di fronte a una nuova secessione della plebe, a una vera e propria rivolta dei poveri, a una ribellione di chi muore di fame e tenta tutti i mezzi per incamminarsi verso nuovi sentieri di speranza.

Che vi siano profittatori e speculatori che sfruttano la miseria per lucri ingenti, è un altro problema; ma è certo che tutti quelli che tentano la fuga e varcano il mare con i mezzi di trasporto più pericolosi, non lo fanno per il gusto di evadere, ma solo perché spinti dalla disperazione: fuggono dalla miseria africana, asiatica, curda, irachena, perché sperano di trovare altrove motivo di sopravvivenza.

Difendere le coste è un dovere; trattare con gli stati rivieraschi per la riammissione dei profughi è necessario, come urgente e necessario è rinvenire una politica comunitaria sull’immigrazione, com’è stato ribadito di recente a Salonicco.

Nel frattempo, però, queste masse di profughi che giungono sulle nostre coste non si possono gettare a mare, come mai è stato fatto negli anni scorsi da noi, quando l’Adriatico era divenuto un corridoio di speranza e di morte.

Il profugo è prima di tutto un uomo. Povero, disgraziato, miserabile, fin che volete, ma è un uomo; per noi, vero figlio di Dio, fratello nostro. E la Chiesa, nonostante le cannonate verbali che le sono scagliate contro, continuerà a fare dell’accoglienza la bandiera preferita, la sua ragione d’essere; e – sia ben chiaro – non si fermerà mai, neppure di fronte alle minacce, fatte alle persone o alle chiese...

Fin che avremo voce, ci batteremo per umanizzare l’accoglienza e migliorare una legge che ha le sue lacune e i suoi limiti soprattutto in alcuni punti particolari, assai ben conosciuti dai politici e dagli esperti.

Quel che è drammatico annotare è che il Mediterraneo è divenuto ormai un grande, sterminato cimitero, senza neppure le croci:  le coste siciliane, come quelle pugliesi e calabresi, sono destinate a divenire terra d’approdo di moltitudini di disperati che bussano alla nostra porta. Speriamo che la ragione prenda il posto della emozione, che il clamore di certi politici venga fermato e si torni a pensare a soluzioni serie e organiche, per promuovere lo sviluppo dei paesi poveri, che costituiscono il giacimento naturale dei flussi migratori. Speriamo che si dibatta, a livello alto, senza acrimonia, il fenomeno di questi giorni e si ritrovi un minimo di unità e di dialogo per affrontare seriamente il problema dell’immigrazione, coniugando costantemente legalità e accoglienza.

La legalità invocata a gran voce, infatti, non serve a niente se non c’è anche l’impegno e il dovere della umanità; né servono le navi e i cannoni, perché i poveri – dovrebbero saperlo anche le pietre! – sono più spavaldi e più forti di tutti i cannoni di questo mondo, perché hanno come polvere da sparo la miseria, e la miseria più nera. I cristiani, anche in questo momento, sono chiamati a far sentire la loro voce con tenacia e coraggio, auspicabilmente anche con unità. Non siamo di fronte a scelte tecniche di poco conto. Siamo di fronte al valore della vita e della solidarietà ed abbiamo tutti il dovere di anteporre tali valori agli schieramenti e agli interessi di bottega. “Ero forestiero e mi avete ospitato” è la legge di sempre, che cristiani e uomini di buona volontà devono anteporre a tutti gli altri problemi, anche a costo di essere svillaneggiati e combattuti da chi, per sterili interessi elettorali, chiede di gettare a mare carrette e immigrati. Da che mondo è mondo, i ricchi hanno sempre tentato di gettare a mare i poveri e gli straccioni, ma se li sono trovati e se li troveranno sempre tra i piedi: oggi come acerrimi nemici, domani come spietati giudici.

Cosmo Francesco Ruppi

Arcivescovo di Lecce

 

1 Queste considerazioni sono state pubblicate su L’Osservatore Romano, 25 giugno 2003, 12