L’EUCARISTIA QUOTIDIANA
PERCHÉ CELEBRO OGNI GIORNO
Padre Pietro Trabucco, superiore generale dell’istituto
Missioni della Consolata, in occasione dello scorso giovedì santo, ha proposto
ai propri confratelli missionari questa
testimonianza sotto forma di lettera a un
amico prete del teologo Bruno Forte. La lettera è
riportata nel “Bollettino” dell’istituto, n. 102, aprile 2003.
Mi chiedi: perché celebrare l’Eucaristia ogni giorno? Non
basta l’incontro domenicale, dove si ritrova tutta la comunità cristiana? E
perché poi dovrei celebrare la messa quando sono solo o con appena “quattro
gatti”? Non è un modo di svuotare il senso comunitario della celebrazione delle
morte e risurrezione di Gesù?
Cerco di risponderti non solo a partire dalle convinzioni
teologiche che ho (e che sono quelle della Chiesa, esplicitate in modo
particolare a partire dagli inizi del secondo millennio), ma anche alla luce
dell’esperienza spirituale maturata ormai nei vari decenni del mio sacerdozio.
Per risponderti, vado subito al cuore della cosa: perché siamo preti? Chi ce lo
ha fatto fare di dare tutta la nostra vita per questo ministero del Vangelo
della riconciliazione, dell’Eucaristia e della carità? La risposta non può
essere che una: Gesù. Siamo preti perché lui ci ha voluti tali, ci ha chiamati
e ci ha amati così, e così sempre ancora ci vuole e ci ama. Lui che è fedele
per sempre nell’amore. Il senso della nostra vita, la ragione vera della nostra
vocazione non consiste in qualcosa, fosse pure la cosa più bella del mondo, ma
in qualcuno: è questo qualcuno è lui, il Signore Gesù. Siamo preti perché un
giorno lui ci ha raggiunti (ognuno di noi sa come: nella parola di un
testimone, nel gesto di una carità che ci ha toccato il cuore, nel silenzio di
un cammino di ascolto e di preghiera, perfino nel dolore di una vita che ci è
apparsa improvvisamente sciupata senza di lui…). A lui che chiamava abbiamo
detto di sì: e da allora si è accesa in noi una fiamma d’amore vivo, che con la
sua grazia non si è mai più spenta. Una fiamma che ci fa ardere di lui,
desiderare lui, volere quel che lui vuole per noi; non esagero, né dico parole
grosse. In realtà, non avremmo potuto essere preti ed esserlo nonostante tutto,
nella fedeltà, se non fosse stato lui a donarcelo, a vivere in noi, a
innamorarci sempre di nuovo di sé. È proprio questo amore – lo sai – che ci ha
spinto a tutte le opere che abbiamo fatto per gli altri: dalla semplice e nuda
accoglienza del cuore, all’ascolto perseverante e paziente degli altri, allo
sforzo di trasmettere loro il senso e la bellezza della vita vissuta per Dio e
il suo Vangelo, alle opere della carità e all’impegno per la giustizia, condividendo
specialmente l’ansia di giustizia del povero e cercando di farci voce di chi
non aveva voce. Certo ci sembra sempre poco quanto abbiamo potuto fare o
abbiamo fatto: ma quel che è certo è che – se qualcosa di vero e di bello
abbiamo fatto per gli altri – lo abbiamo fatto perché è Gesù che ci ha dato di
farlo, è lui che si è donato a noi e ci ha reso capaci di gesti di gratuità che
da soli non avremmo mai potuto neanche pensare o sognare.
Questa lunga premessa – che è poi la testimonianza umile
della nostra vita di chiamati e di amati da Cristo – mi porta a spiegarti la
ragione per cui sento il bisogno di celebrare ogni giorno l’Eucaristia: non si
tratta di un precetto, lo sai, ma di un bisogno, non solo emotivo (a volte,
anzi, l’emotività sembra farsi del tutto da parte…). Ma vero, profondo,
ineludibile. È il bisogno di riempire ogni giorno la mia vita di lui: è Gesù
che ci ha detto che a ogni giorno basta il suo affanno (cf. Mt 6,34), cioè che
ogni giorno è lungo quel tanto che basta per sostenere la lotta per conservare
la fede. Ogni giorno nasce il sole per noi e ogni girono il nostro cuore
assetato d’amore ha bisogno che il sole dell’Amato lo raggiunga e lo riscaldi
di nuovo: se lui è la nostra vita, il senso e la bellezza di essa, la vera
motivazione per cui siamo quello che siamo e facciamo quel che facciamo al
servizio del Vangelo, non possiamo fare a meno di incontrarlo lì dove lui si
offre per noi. Che ne diresti di un innamorato che – potendolo – non sentisse
il bisogno di incontrare ogni giorno la persona amata? E se questo vale per
l’amore umano, che spesso è tanto fragile e volubile, come potrà non valere per
l’amore che non delude e non tradisce, l’amore che fa vivere nel tempo e per
l’eternità, l’amore di Dio in Cristo Gesù, vita nostra? Ecco dunque perché
sento il bisogno di incontrarlo ogni giorno e sempre di nuovo: e dove potrei
incontrarlo se non dove lui mi ha promesso e garantito il dono della sua
presenza? “Questo è il mio corpo – questo è il calice del sangue della nuova ed
eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”. Sì,
ogni giorno ho bisogno di te, Gesù: e se la domenica ti incontro nella festa
del giorno primo e ultimo, il giorno ottavo della tua risurrezione e della vita
nuova che tu doni alla tua Chiesa e al mondo, la grazia che tu mi fai di poter
celebrare ogni giorno il memoriale della tua pasqua mi riempie di gioia e di
pace. Veramente non sono solo nel cammino del mio ministero: sei tu a
raggiungermi sempre di nuovo con la tua Parola di vita; sei tu a visitarmi nei
fratelli e nelle sorelle che mandi sulla mia strada; sei tu a chiedermi amore
nel povero e in chiunque abbia bisogno dell’amore che mi chiami a donare; sei
tu – al vertice di tutto questo e come fonte viva di questo fiume di vita e di
amore – a farti presente nell’Eucaristia, perché io mi nutra di te, viva di te,
ami te, oggi e per l’eternità.
Perché dunque celebro l’Eucaristia ogni giorno, e faccio
di tutto perché essa non manchi mai? Perché la celebro anche quando a viverla
con me sono solo la Vergine Maria, gli angeli e i santi e qualche sparuto
credente (o perfino neanche lui o lei: può succedere!)? Per incontrare te,
Gesù, vita mia, amore che dai senso a tutto e tutto trasformi in me, amore che
rendi perfino uno come me capace di grazia e di perdono. Celebro ogni giorno
per chiederti che tutti possano conoscerti e amarti nel modo in cui tu solo
puoi rendere capace ciascuno. Celebro ogni giorno per incontrare l’Amato, per
vivere di te, Signore Gesù, per farmi raggiungere e trasformare sempre di più
dalla tua bellezza, per essere – nonostante me stesso – il riflesso povero e
innamorato di te, il bel Pastore. E, incontrando te, posso dire veramente di
celebrare per gli altri e con loro, anche se essi non sono visibilmente
presenti, perché in te incontro il popolo che mi hai affidato, a te affido il
suo amore e il suo dolore, anche se molti di loro non lo sapranno mai. Questo è
il ministero di intercessione, che mi hai affidato, di preghiera per gli altri
e al loro posto, anche per quelli che non ho conosciuto o non conoscerò mai,
quella preghiera che posso vivere veramente solo unito a te, in te e per tuo
mezzo, perché tu sei il sacerdote della nuova ed eterna alleanza consegnato per
la vita, la gioia e la bellezza di ognuna delle tue creature.
Sì, perché Gesù non è solo vero e buono: egli è bello,
anzi è la Bellezza che salva, il pastore bello che ci guida ai pascoli della
vita, dove c’è la bellezza senza tramonto. Celebrando ogni giorno, spero di
diventare anch’io un po’ più vero, un po’ più buono, un po’ più bello, in lui,
che nella sua Chiesa mi raggiunge come il solo bene, la bontà perfetta, la
bellezza che trasfigura tutto. E penso, amico, che al fondo del tuo cuore di
prete, servo della riconciliazione, testimone del Vangelo, c’è questo stesso
bisogno. Ti chiedo allora di incontrarci ogni giorno all’altare della vita: io
porterò te, tu me, e insieme sarà Cristo a portarci, a portare la nostra croce
e quella degli altri di cui dobbiamo farci carico, a donarci la sua vita di
risorto, che ha vinto il peccato e la morte per vincerli in noi e nei nostri
compagni di strada, nel tempo e per l’eternità.
Bruno
Forte