I GESUITI E L’APOSTOLATO DELLA PREGHIERA

LA NUOVA “CARTA SPIRITUALE”

 

Principi che devono guidare questo strumento di apostolato affidato dalla Chiesa ai gesuiti, affinché sia maggiormente in armonia con la sensibilità dei tempi. Padre Kolvenbach li ricorda in una lettera a tutti i superiori maggiori, datata la scorsa Pentecoste.

 

Da oltre 150 anni la Compagnia di Gesù promuove in tutto il mondo il servizio dell’ “Apostolato della preghiera”. Strumento molto conosciuto per la sua diffusione è la rivista Messaggero del S. Cuore, i cui inizi risalgono al decennio che va dal 1860 al 1870.

Dopo un cammino così lungo, è giunto il momento di ripensare questa forma di apostolato e di rilanciarla in armonia con i nuovi contesti culturali delle varie parti del mondo.

Di questa esigenza ormai avvertita ovunque si è reso ora interprete lo stesso p. Peter-Hans Kolvenbach che oltre ad essere superiore generale della Compagnia di Gesù è anche direttore generale dell’Apostolato della Preghiera. In data 8 giugno 2003, solennità di Pentecoste, ha scritto una lettera a tutti i superiori maggiori della congregazione, accompagnandola con un allegato in cui sono tracciati i principi che devono guidare questo genere di apostolato e il contesto entro cui devono essere collocati.

È stato motivato a farlo ripensando alle parole pronunciate da Giovanni Paolo II durante l’incontro di preghiera ad Assisi il 24 gennaio 2002: «Pregare non significa evadere dalla storia e dai problemi che essa presenta. Al contrario, è scegliere di affrontare la realtà non da soli, ma con la forza che viene dall’alto, la forza della verità e dell’amore la cui ultima sorgente è Dio. L’uomo religioso di fronte alle insidie del male, sa di potere contare su Dio, assoluta volontà di bene; di poterlo pregare per ottenere il coraggio di affrontare le difficoltà, anche le più dure, con personale responsabilità, senza cedere a fatalismi o a reazioni impulsive».

Il problema che si pone oggi all’Apostolato della Preghiera è di fare in modo che «sia in armonia con i contesti culturali, come pure con le realtà politiche, economiche e sociali dei paesi in seno ai quali essi (gli aderenti) operano e ai bisogni delle chiese locali alle quali appartengono». Ciò comporta, da un a parte, essere fedeli alle motivazioni di fondo su cui poggia questo strumento fin dalle origini e, nello stesso tempo, un impegno a discernere il modo migliore per utilizzarlo affinché possa rispondere alla sua missione. È difficile comunque, rileva p. Kolvenbach, dare dappertutto le stesse risposte, poiché le situazioni sono spesso molto diverse, da continente a continente, da regione e regione e perfino da paese a paese. È importante tuttavia salvaguardare l’unità del servizio e garantirne il progresso.

Per trovare le risposte più adatte, nel corso del 2002 si sono tenute quattro importanti riunioni: in marzo, a Lagos, dei segretari nazionali di tutta l’Africa; in aprile, a Rio de Janeiro, dei segretari nazionali dell’America latina; in settembre, a Stoccolma, in una riunione annuale per l’Europa, con la presenza della presidente della conferenza dei superiori maggiori di Europa; nel mese di ottobre, a Sidney, per l’Asia orientale. Infine, nel marzo scorso ha avuto luogo a Roma un’altra riunione, con la partecipazione di alcuni segretari nazionali dell’Asia, America latina, Europa e Africa.

Secondo p. Kolvenbach, i principi conduttori che regolano l’Apostolato della Preghiera trovano il loro primo punto di riferimento nella chiamata universale alla santità e nell’invito a tendere a quell’alto grado della vita cristiana di cui parla anche il papa nella enciclica Novo millennio ineunte (31). In effetti, scrive, «l’Apostolato della Preghiera è nato dall’idea che la vita quotidiana, vissuta in unione con Gesù Cristo, ha valore per l’edificazione del regno di Dio e, nella grande tradizione ignaziana, la santità più splendida può sorgere dalle preghiere e dai gesti più semplici».

Il principio enunciato e tutto ciò che ne deriva costituiscono, secondo p. Kolvenbach, la “carta spirituale” dell’Apostolato della Preghiera. Qui ci pare opportuno riprenderla testualmente poiché sono tanti i consacrati e i laici che vivono questa spiritualità da cui traggono un costante sostegno che li aiuta a dare un senso pieno alla loro esistenza e a percorrere la via della santità nella vita di tutti i giorni.

 

L’offerta quotidiana

 

Perché la nostra preghiera e la nostra vita si uniscano alla preghiera e alla missione della Chiesa universale, l’Apostolato della Preghiera propone di incominciare ogni giornata con un’offerta a Dio di noi stessi – delle nostre gioie e delle nostre sofferenze, dei nostri successi e dei nostri insuccessi – per la salvezza del mondo. Lo facciamo in unione con Gesù Cristo e nella forza dello Spirito Santo; e facendo questa offerta ci impegniamo a seguire l’esempio di Gesù Cristo.

 

Una maniera trinitaria di fare l’offerta potrebbe essere la seguente:

Dio, nostro Padre, io ti offro tutta la mia giornata.

Ti offro le mie preghiere, i pensieri, le parole, le azioni e le sofferenze in unione con il tuo Figlio Gesù Cristo che continua a offrirsi a te nell’Eucaristia per la salvezza del mondo.

Lo Spirito Santo che ha guidato Gesù sia la mia guida e la mia forza oggi affinché io possa essere testimone del tuo amore.

Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa, prego specialmente per le intenzioni che il santo Padre raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli in questo mese…

 

Un nuovo modo di vivere

 

L’esperienza dimostra che da questo atto di offerta, al tempo stesso semplice e profondo, risulta una nuova maniera di vivere. Sarebbe infatti difficile offrire, giorno per giorno, tutto quello che facciamo, in unione con Gesù Cristo, per la salvezza del mondo, e continuare ad avere atteggiamenti e pensieri poco coerenti. Fatta con la serietà che corrisponde a questo atto, essa purifica il nostro cuore, i nostri pensieri e i nostri occhi e ci rende capaci di amare e di servire Dio in tutto. In realtà, la prima persona a essere trasformata dall’offerta quotidiana è quella che la fa.

La nostra vita diventa un progetto

La nostra vita non è soltanto una tappa da attraversare, un esame in cui dobbiamo evitare di fare degli errori. La nostra vita è soprattutto un progetto. Siamo qui per contribuire all’edificazione del regno di Dio mediante degli atti positivi.

L’offerta quotidiana ci fa scoprire che possiamo cercare, trovare, servire, toccare e amare Dio in tutte le persone, in tutte le cose e in tutte le circostanze della nostra vita.

L’Apostolato della Preghiera è chiamato a rendere i suoi aderenti “coscienti allo stesso tempo sia del valore santificante e apostolico del lavoro quotidiano, concepito come collaborazione all’opera di Dio, creatore e redentore, sia nelle loro sofferenze con le quali sono chiamati a completare nella loro carne ciò che manca ai patimenti di Cristo” (Col 1,24) (Giovanni Paolo II, 1985).

 

La nostra preghiera diventa universale

 

Non è solamente con la nostra azione che collaboriamo con Cristo. È Cristo stesso che ci invita a chiedere al padrone della messe di inviare operai alla sua messe (Mt 9,38).

Fin dagli inizi l’Apostolato della Preghiera ha invitato i fedeli a unirsi in una preghiera di intercessione per i problemi concreti che riguardano le missioni. In questo modo, ha creato una profonda comunione di preghiera fra centinaia di milioni di credenti. Non c’è motivo di pensare che non sarà così anche nell’avvenire.

Il santo Padre stima grandemente la forza dell’Apostolato della Preghiera e per questo propone lui stesso un’intenzione generale e una missionaria per ogni mese. L’Apostolato della Preghiera la accoglie con amore e ne fa l’oggetto della sua offerta attraverso il mondo intero.

 

Con la forza dello Spirito Santo

 

Nella lettera che accompagnava l’approvazione degli statuti postconciliari dell’Apostolato della Preghiera, Paolo VI c’incoraggiava a dare un posto più importante allo Spirito Santo, che abita nella Chiesa e nel cuore dei fedeli come in un tempio (cf. 1Cor 3,16; 6,19), che prega in noi e testimonia del nostro stato di figli adottivi (cf. Gal 4,6; Rm 8,15-16 e 26).

Da allora, in tutto il mondo, l’invocazione dello Spirito Santo è divenuta parte integrante dell’offerta quotidiana di milioni di persone, felici di sapere che la trasformazione che questa offerta opera si realizza in loro sotto la mozione dello Spirito Santo.

 

Con un cuore che assomiglia al Cuore di Gesù

 

“Rendi il mio cuore simile al tuo”: questa preghiera tanto semplice esprime il desiderio più profondo che il Signore suscita nel nostro cuore: quello di poter amare Dio e i nostri fratelli come lui li ha amati.

Per arrivarci dobbiamo metterci all’ascolto della sua parola e contemplare i suoi gesti, giacché, come il santo Padre ci scriveva in occasione del 150o anniversario dell’Apostolato della Preghiera: “Più s’impara a ispirare la propria preghiera alla parola di Dio, tanto più si è compenetrati dei sentimenti del Cuore di Cristo”.

La devozione al Cuore di Gesù infatti non ha altro scopo che renderci più simili a lui, fiduciosi nel Padre e attenti agli altri come lui lo è stato. È del resto la trasformazione che lo Spirito Santo cerca di attuare nei nostri cuori.

Nutriti e modellati da Cristo nell’Eucaristia

È chiaro che l’unione con Gesù Cristo non può svilupparsi né sussistere se non c’è vita sacramentale. “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 13,5).

Nell’Eucaristia è il Cristo risuscitato che si dona da mangiare e bere per divenire il centro della nostra interiorità e perché possiamo mostrare nel nostro modo di vivere che è lui che vive in noi. O ancora, con le parole indirizzate da Giovanni Paolo II all’Apostolato della Preghiera: “Dovete sforzarvi di formare cristiani che siano interiormente plasmati dall’Eucaristia, la quale dona la forza di impegnarsi generosamente ad abbracciare tutte le dimensioni della propria vita in spirito di servizio nei confronti dei fratelli, come il corpo di Cristo offerto e il suo sangue versato” (cf. Lc 22,19ss) (Giovanni Paolo II, 1985).

Riconciliati con lui nel sacramento della riconciliazione

Ricordando quanto l’anno santo si è distinto per il ricorso al sacramento della riconciliazione, il santo Padre invita tutta la Chiesa a non trascurare questo aspetto della pastorale ordinaria, l’Apostolato della Preghiera non mancherà di offrire la sua collaborazione, dato che questo sacramento tende “a far riscoprire Cristo come mysterium pietatis, colui nel quale Dio ci mostra il suo cuore compassionevole e ci riconcilia pienamente a sé” (cf. Nmi, 37).

 

Sull’esempio di Maria

 

Come Maria, che si è messa senza riserve e con tutto il cuore a disposizione della persona e dell’opera del Figlio suo, anche noi, con la nostra offerta, ci mettiamo con tutto il cuore a disposizione di Gesù Cristo per l’avvenire del suo Regno.

Riassumendo, l’Apostolato della Preghiera

 

– propone un cammino verso la santità

– a partire dall’offerta quotidiana

– che trasforma la nostra vita

– e che unisce in una comunione universale di preghiera

– per la forza dello Spirito che abita nei nostri cuori

– e ci fa desiderare di avere gli stessi sentimenti che erano nel cuore di Cristo

– affinché, nutriti e modellati da lui nell’Eucaristia

– e riconciliati con lui nel sacramento della riconciliazione

– possiamo metterci totalmente e di gran cuore a sua disposizione e a disposizione della sua Chiesa, sull’esempio di Maria, per l’avvento del suo Regno.