RAPPORTO UNICEF SULL’INFANZIA URBANA

TRA POVERTA’_ED ESCLUSIONE

 

Nel 2002 i bambini che vivevano nelle aree urbane erano circa un miliardo: circa l’80% vive in Africa, _in Asia e in America Latina e il loro numero è in rapida crescita. Gran parte di essi vivono in estrema povertà. Quali soluzioni per ovviare a una situazione del genere?

 

I bambini di oggi saranno gli adulti di domani, rappresentano il futuro dell’umanità. È perciò importante, per non dire decisivo, conoscere come e dove vivono nella società contemporanea, poiché da un’analisi del genere potremo intravedere la qualità degli adulti a cui sarà affidata fra non molti anni la responsabilità di guidare le sorti dell’umanità.

I centri privilegiati di osservazione sono soprattutto le città dove c’è la massima concentrazione dei bambini. In quest’area è focalizzata l’attenzione del recente rapporto dell’Unicef L’infanzia urbana tra povertà ed esclusione sociale, la cui analisi sembra confermare quanto Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite, ha recentemente affermato: “Le città sono spesso descritte come la culla della civiltà e fonte di rinascita culturale ed economica, ma per circa un terzo della popolazione urbana del mondo in via di sviluppo che vive in estrema povertà, esse sono tutt’altro”.

 

I NUMERI

DELL’INFANZIA URBANA

 

I dati del rapporto Unicef confermano che la maggior parte della popolazione urbana si trova oggi in Asia, America Latina e Africa; un quarto della popolazione urbana del mondo vive in soli due paesi: Cina e India. In Europa vive un quinto dei 3 miliardi di residenti nelle città. La proporzione di persone nelle aree urbane è cresciuta da meno del 15 % nel 1900 fino a un 48% nel 2002. Il contesto politico e demografico locale continua a determinare la forma dell’urbanizzazione. Una parte significativa della “esplosione urbana” di molti paesi africani al tempo dell’indipendenza fu dovuta alle donne e ai bambini che si ricongiungevano agli uomini una volta rimosse le restrizioni coloniali. Inoltre, in molte parti dell’Africa, il cambiamento urbano è stato profondamente influenzato anche dalle guerre civili, dai grandi numeri di profughi alla ricerca di nuove possibilità di vita, dall’AIDS (i bambini che perdono i genitori a causa dell’epidemia sono spinti verso i centri urbani in cerca di opportunità di sopravvivenza). In Cina un drammatico cambiamento urbano è stato sostenuto non solo dalla rapida espansione dell’economia ma anche dalla riduzione delle limitazioni ai movimenti dalla campagna alla città. In gran parte dell’America Latina, le tendenze dello sviluppo urbano sono state determinate dall’introduzione del (o dal ritorno al) sistema democratico, dai gravi problemi economici e, in molti casi, dal decentramento e dalla maggiore democrazia nel governo locale. Il crollo del blocco economico sovietico, nonché la divisione o ricostituzione di diversi paesi europei (compresi quelli colpiti da guerre civili), ha inevitabilmente avuto un impatto sulle tendenze urbane.

Nel 2002 i bambini che vivono nelle aree urbane sono circa un miliardo: circa l’80%, vive in Africa, in Asia e in America Latina e il loro numero è in rapida crescita. L’Africa ha già oggi più del doppio di bambini urbani dell’America settentrionale. Molti paesi a basso reddito hanno ancora alti tassi di mortalità dei bambini urbani (da 100 a 200 per ogni mille nati vivi): in Africa tra i paesi con i tassi di mortalità infantile urbana più elevati ci sono Ciad (190), Zambia (174) e Mozambico (169). Le cifre per l’India (il 24% del totale della popolazione urbana di 285 milioni è classificato come povero) indicano che più della metà dei bambini urbani poveri sono sottopeso e/o affetti da rachitismo. Il 50% dei bambini poveri che vivono nelle aree urbane è solo parzialmente vaccinato e un ulteriore 18% non lo è per niente. Va anche rimarcato che nei paesi ricchi è cambiato il criterio di definizione della povertà: le famiglie con redditi inferiori al 40/50% della media nazionale sono considerate povere. Alcuni dei paesi che hanno registrato i maggiori livelli di povertà infantile, o il maggiore aumento della povertà negli ultimi due decenni, sono anche paesi che hanno visto notevolmente aumentare il proprio reddito pro-capite, come gli Stati Uniti e il Regno Unito. Nel Regno Unito un bambino su tre è povero e cioè vive con meno della metà del livello medio di reddito. Negli USA oltre il 30% dei bambini che vivono in città si trova al di sotto della soglia di povertà; la proporzione di bambini considerati ad alto rischio è cresciuta del 58% dal 1976 in poi.

 

CONDIZIONI DI VITA

DEI BAMBINI DI CITTÀ

 

Alla povertà dei bambini e delle loro famiglie nelle aree urbane contribuiscono diversi fattori. Il rapporto in particolare evidenzia che la disparità del reddito è aumentata nella maggior parte dei paesi, soprattutto in America Latina e nell’ex blocco sovietico. Un aumento della media dei redditi urbani non significa necessariamente una riduzione della povertà dei bambini: negli USA dagli anni settanta a oggi i tassi di povertà infantile sono aumentati del 31% nelle aree urbane e del 50% in quelle suburbane, nonostante che i redditi reali pro-capite siano oggi molto superiori a quelli che erano nel 1970. La generale tendenza alla liberalizzazione ha ridotto le risorse a disposizione dei governi: la fine dell’alloggio garantito, dei servizi medici gratuiti, del sistema delle pensioni insieme alla riforma del sistema delle aziende di proprietà statale, sottopongono le famiglie svantaggiate a nuovi tipi di difficoltà. Le gravi ripercussioni sulla condizione dell’infanzia causate dalle riforme promosse dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale hanno sorpreso anche coloro che avevano detto che la crescita economica avrebbe compensato gli effetti negativi a breve termine. Il cuore del rapporto è però costituito dalla riflessione su elementi quali le infrastrutture fisiche, le condizioni abitative e il contesto sociale. Nelle città che hanno acqua corrente, infrastrutture igieniche, fognature, servizi di smaltimento dei rifiuti e un sistema di assistenza sanitaria funzionante, i tassi di mortalità infantile sono intorno a 10 bambini per ogni mille nati vivi. Nelle città con servizi inadeguati i tassi di mortalità infantile raggiungono livelli 10 o 20 volte superiori. Le variazioni sono evidenti anche nelle città dei paesi ad alto reddito, pur con tassi molto inferiori. Laddove le condizioni di approvvigionamento idrico e le infrastrutture sanitarie sono insufficienti, le malattie diarroiche e quelle causate dalla contaminazione dell’acqua (tifo) o dell’acqua e del cibo (colera e epatite A) sono tra i più gravi problemi sanitari. Un fattore essenziale per la salute dei bambini è proprio la sufficiente disponibilità di acqua potabile e di strutture igieniche (nei centri urbani del Brasile i bambini hanno cinque volte più probabilità di morire nelle famiglie che utilizzano fonti pubbliche rispetto a quelle che hanno l’acqua corrente in casa). A questo proposito si ricordi che la maggior parte dei centri urbani africani e asiatici e molti di quelli latinoamericani non possiedono fognature.

Di particolare rilevanza è poi il problema abitativo: nei paesi a basso e medio reddito, tra il 25 ed il 50% della popolazione vive in insediamenti abusivi. Essi sono concentrati nelle zone pericolose (per evitare un esproprio), quelle a maggiore rischio di inondazione (vedi Accra, Bangkok, Buenos Aires, Delhi, Giacarta, Lagos, Recife) oppure di smottamenti (Caracas, La Paz, Rio de Janeiro). Le case costruite meno solidamente corrono i maggiori rischi di subire gravi danni in caso di terremoti (cf. i devastanti eventi sismici nelle città turche di Adapazari, Gölcük, Istanbul e Izmit). Una quantità indefinita di bambini e di adulti che vivono nelle città di tutto il mondo sono di fatto dei senza tetto che dormono in luoghi pubblici (marciapiedi, stazioni, parchi, cimiteri) o sul posto di lavoro. Nel centro di Bombay (India) le persone che vivono sui marciapiedi sono più di 100mila, metà di essi bambini. E ancora, su 40 casi di esproprio in tutto il mondo verificatisi tra il 1980 e il 1993 otto hanno interessato più di 100mila persone, mentre il più grande è stato l’allontanamento di 720mila persone a Seul, durante le opere di preparazione dei giochi olimpici. Gli espropri o gli sgomberi sono anche una conseguenza dei conflitti armati, della violenza politica e di altre emergenze che spesso provocano la separazione dei bambini dalle loro famiglie.

 

PIÙ QUALITÀ

DI VITA

 

Per quanto riguarda il contesto sociale, la ricerca dell’Unicef fa riflettere sulla qualità di vita dei bambini in rapporto al lavoro dei genitori, alla violenza urbana, all’accesso all’istruzione. Inevitabilmente, le difficili condizioni di vita compromettono la capacità di curarsi adeguatamente dei bambini: per esempio, si ritiene che la riduzione dei tempi di cottura degli alimenti a base di cassava bollita, un alimento di base in molte parti dell’Africa, provochi la tossicità soprattutto in soggetti con una dieta carente di proteine. Dunque, quando le risorse sono scarse e le madri hanno molto lavoro da svolgere in casa o lontano da casa, la malnutrizione può essere uno dei risultati. Un altro elemento divenuto comune nell’esperienza dei bambini è la violenza. L’esposizione alla violenza è stata messa in relazione con la maggiore incidenza di ansia, disagio, aggressività e disturbi del comportamento. Le inadeguate condizioni di vita, l’insicurezza e l’emarginazione vissuta da molte comunità povere alimentano frustrazione e aggressività. I bambini e gli adolescenti possono anche contribuire alla violenza: il bullismo dei coetanei sono un problema per molti bambini come il vandalismo, l’uso di stupefacenti e la criminalità delle bande giovanili. A questo si aggiunga che per molti bambini poveri di città la scuola rimane inaccessibile o troppo costosa. Il diritto all’istruzione viene negato a molti bambini che devono occuparsi delle faccende domestiche o dei fratelli più piccoli oppure che devono contribuire al reddito familiare. In una baraccopoli di Calcutta (India) si è rilevato che l’84% dei bambini in età scolastica non frequentava la scuola e che di questi il 49% lavorava fuori casa, nella raccolta di stracci, nella pulizia delle case altrui e nella conciatura delle pelli. Il lavoro minorile può anche assumere forme pericolose e degradanti (con macchine, temperature rischiose, sostanze chimiche e polveri tossiche): i minori sono sottoposti a lunghi orari di lavoro, con paga ridotta o inesistente, maltrattamenti e abusi sessuali. Una violazione particolarmente grave dei diritti dei bambini è la prostituzione infantile: una recente stima dell’Unicef per l’India indica che nelle cinque principali città del paese ci sono più di 100mila bambini che si prostituiscono.

In Messico si stima che i bambini sessualmente sfruttati siano 16mila. Il fatto che in Tailandia ogni anno si trasferiscano quasi 300 milioni di dollari dalle aree urbane a quelle rurali, da parte di donne che lavorano nel commercio sessuale, mostra il collegamento che c’è tra povertà e prostituzione stessa.

Trovare soluzioni ai problemi indicati è una grande sfida, ma esistono centinaia di esperienze, che dimostrano come sia possibile fare molto anche con risorse limitate, per promuovere un governo locale che sia favorevole ai diritti dei bambini. Importante dunque che sia sviluppata una nuova cultura politica nella quale gli sforzi delle comunità e della società civile trovino la risposta e il sostegno delle istituzioni locali. In tutte le regioni del mondo, una città che rispetta i diritti dei bambini è una città che offre: agevole accesso per tutti i bambini a servizi di base di qualità e di costo ragionevole; ambienti e condizioni salubri che alimentino lo sviluppo dei bambini di ogni età con stimoli ricreativi, di apprendimento, di sviluppo psicosociale e di espressione culturale; un futuro sostenibile in condizioni sociali ed economiche eque e protezione dai rischi ambientali e dalle catastrofi naturali; il diritto dei bambini di partecipare alle decisioni che li interessano e la possibilità di esprimere la loro opinione; un’attenzione speciale ai bambini svantaggiati, come quelli che vivono per strada, che sono sessualmente sfruttati, che soffrono di invalidità fisica o che sono privi di adeguato sostegno familiare; l’assenza di discriminazione in base al genere, all’origine etnica o alla condizione sociale o economica.

 

Mario Chiaro