RICORDANDO P. RENÉ VOILLAUME

FONDATORE_DEI PICCOLI FRATELLI

 

Il 13 maggio del 2003 è morto al Tubet (Aix-en-Provence) padre René Voillaume. Aveva 97 anni. Aveva dedicato tutta la sua vita a far conoscere e diffondere la spiritualità di Charles de Foucauld.

 

Al momento della morte di una persona cara si ha sempre tendenza a dirne tutto il bene possibile, a ricordarne i lati migliori trascurando di parlare del resto. Se poi la persona cara era anche una “personalità” questa tendenza è molto più accentuata. A pochi giorni dalla scomparsa di padre Voillaume queste poche linee vorrebbero ricordarlo facendolo conoscere un poco di più, ma senza tradire la verità.

La prima cosa che mi viene alla mente pensando a padre Voillaume è appunto questa: era prigioniero della verità, ne era fedele servitore e la sua strenua difesa della Chiesa, il suo profondo attaccamento alla persona del papa era basato sulla convinzione di fede che solo nella Chiesa e nel papa, che ne è la guida, avrebbe trovato criteri di verità. Non sono di certo mancati momenti, nella sua lunga vita, in cui questo suo attaccamento alla verità gli abbia causato dolorose difficoltà. Penso per esempio al momento, particolarissimo, della crisi dei preti operai. Non deve essergli stato facile domandare ai Piccoli Fratelli sacerdoti di uniformarsi ai decreti del Sant’Uffizio che limitavano e condizionavano la loro presenza nel mondo del lavoro.

Ma non era solo la verità rivelata di fede che lo ammaliava. Un’azione era vera, un comportamento era vero, una reazione era o no vera: questo era il linguaggio con il quale esprimeva il suo apprezzamento per la schiettezza e l’autenticità della persona di cui stava valutando l’agire. In questa maniera faceva passare un insegnamento che gli era caro presentando la schiettezza dei rapporti personali come la base di ogni “vero” rapporto tra le persone. Il dono di tutto se stesso al Signore appariva, in questa ottica, non conciliabile con l’abitudine di dire le cose a metà piegando il racconto della realtà al proprio immediato tornaconto. Questo modo di dire – che è proprio ai francesi – era in lui, è evidente, spontaneo, ma prendeva, nel suo discorso, una tonalità particolare.

 

AFFASCINATO

DA CHARLES DE FOUCAULD

 

Era nato a Versailles il 19 luglio 1905 in una famiglia originaria della Lorena. Famiglia numerosa la sua: erano sette fratelli e sorelle. Avevano un carattere timido e riservato, ecco cosa diceva lui stesso (Histoire des origines de la Fraternité, p. 24) a questo proposito: «Eravamo apparentemente poco comunicativi, timidi, piuttosto chiusi, come lo sono frequentemente i lorenesi, mentre eravamo interiormente sensibili e affettivi, ma senza lasciarlo vedere. Ne soffrirò d’altronde per tutta la vita». Il padre, ingegnere, gli aveva trasmesso il gusto della conoscenza scientifica.

La lettura fatta a 16 anni della biografia del padre de Foucauld, scritta da René Bazin – romanziere famoso in quei tempi – lo impressiona profondamente. Le sue orientazioni vocazionali e le conseguenti scelte pratiche ne saranno influenzate.

Il giovane René terminati gli studi secondari entra al seminario d’Issy-les-Molineaux. Continua frattanto in lui, terreno fertile, la crescita del “granello di senape” che la lettura di Bazin vi aveva lasciato cadere. In seminario non è solo lui a essere interessato al padre de Foucauld. Conosce Louis Massignon, amico e seguace del fr. Charles, poi insigne islamologo e professore al Collegio di Francia, in occasione di una conferenza da questi tenuta il 1° dicembre 1926 a Issy. È un incontro prezioso! Massignon aveva conosciuto personalmente Foucauld, aveva corrisposto con lui aveva anche ad un certo momento pensato di raggiungerlo nel Sahara, ne conservava degli scritti. Insieme ad altri quattro compagni di seminario – Marcel Bouchet, Marc Gerin, Guy Champenois et George Gorrée – con i quali ha in comune l’aspirazione di seguire lo stile di vita del padre de Foucauld, inizia a preparare la fondazione di una comunità ispirata a una delle regole scritte dal padre.

L’8 settembre 1933 nella Basilica del Sacro Cuore di Montmartre a Parigi questo piccolo gruppo di giovani fondatori, di cui egli era rimasto l’unico ancora in vita, prende l’abito del p. de Foucauld e pronuncia i primi voti nelle mani dell’arcivescovo di Parigi, il card. Verdier. È l’inizio della presenza nella chiesa dei Piccoli Fratelli di Gesù. Con i suoi compagni si stabilisce nel Sahara a El-Abiodh-Sidi-Cheikh e vi formano una comunità contemplativa monastica.

 

DOPO L’INCONTRO

CON P.S. MAGDELEINE

 

Il 19 marzo 1938, durante un pellegrinaggio alla tomba di Charles de Foucauld, in Algeria, incontra per la prima volta la piccola sorella Magdeleine, fondatrice delle Piccole Sorelle di Gesù. Da quel momento agiranno – fino alla morte di suor Magdeleine (1989) – in grande unione e comunione d’intenti. Avevano autonomamente fondato le loro famiglie ispirandosi, come dei veri eredi spirituali, alla vita e agli scritti di fr. Charles di Gesù.

Dopo il loro incontro – significativo che questo sia avvenuto presso le spoglie del comune ispiratore – si sono vicendevolmente influenzati nell’assumere le loro responsabilità nella guida dei loro istituti assecondandone la crescita e l’evoluzione. La vita di fr. René si confonde con quella dell’istituto di cui era – così avevano l’abitudine di chiamarlo ancora nei nostri giorni i fratelli più anziani – il “padre” e del quale è stato per molti anni (fino al 1965) il priore. Parlare della sua vita porta fatalmente a descrivere la maturazione e l’approfondimento della vocazione della Fraternità.

I primi anni dopo la seconda guerra mondiale furono anni di grande effervescenza nella Chiesa di Francia. Vi brillavano grandi figure episcopali, era popolata da grandi intellettuali, artisti di successo, santi e dotti sacerdoti che con grande impegno e acume, ognuno nel suo campo, vivevano le problematiche del loro tempo. Era il momento della scoperta fatta collettivamente dai cristiani che la Francia, la “figlia maggiore della Chiesa”, era divenuta “paese di missione”. La comune sorte dei laici e dei preti – non esentati in Francia dal servizio militare – durante l’occupazione nazista, la conseguente conoscenza diretta quindi dei problemi della vita senza il filtro del ministero parrocchiale stimolò una riflessione a tutti i livelli ecclesiali. I fratelli, che avevano conosciuto in quel tempo la dispersione della loro famiglia monastica del deserto del Sahara; avevano condiviso la sorte dei loro coetanei, strappati anch’essi alle loro famiglie, affrontando con loro le durezze della guerra, le sofferenze dei campi di prigionia, i pericoli della resistenza.

Le espressioni più note, e ancora ricordate, di questa presa di coscienza sono le lettere pastorali del card. Suhard, arcivescovo di Parigi, che è ricordato anche per la sua coraggiosa audacia nell’appoggiare i primi tentativi – i preti operai – di una nuova evangelizzazione della classe operaia – così ci si esprimeva in quei tempi – di cui già Pio XI aveva lamentato l’allontanamento dalla fede. Questo il contesto, tratteggiato più che sommariamente, in cui la Fraternità si apre ad una nuova forma di vita contemplativa marcata dalla condivisione concreta della vita della povera gente. A un primo esame può apparire essere la consapevolezza della scristianizzazione delle masse popolari a spingere i fratelli a lasciare il deserto del Sahara e a stabilirsi nel deserto dei quartieri popolari dei quattro continenti. È, però, più profondamente, il desiderio di imitare la vita di Gesù a Nazareth, seguendo l’esempio di fr. Charles, che li porta a vivere realmente come i più poveri: volendosi confondere in mezzo a loro – quasi sparendo nella moltitudine, senza volersi far notare – assumendone abitudini e mentalità, tanto quanto ciò sia umanamente possibile. Insomma desiderando divenire uno come gli altri perché cosi Gesù aveva fatto a Nazareth al punto da suscitare la meraviglia generale per la sua “sapienza” quando, ritornato al suo paese dove era conosciuto come ‘il carpentiere’, insegna nella sinagoga (Mc 6,3). C’è tutto Foucauld in questi desideri e aspirazioni – sentimenti con i quali sia i fratelli che il priore si trovavano in piena sintonia.

È una buona occasione per sottolineare e far notare come si possa quasi parlare di una “fondazione a quattro mani” attribuibile, per ragioni differenti, sia a Voillaume che a Foucauld, nel bisogno di rispondere concretamente all’amore del quale il Signore lo aveva fatto oggetto, senza nessun suo merito, imitandone il comportamento. Il suo carattere preciso e radicale aveva portato fr. Charles persino a stabilirsi nella cittadina della Galilea dove aveva risieduto la sacra Famiglia. Non credo che queste motivazioni siano da contrapporre l’una a l’altra come se si escludessero a vicenda, esse sono invece come coniugate nelle stesse persone essendo quasi l’una base e giustificazione dell’altra.

Nella Fraternità si approfondiscono dunque le intuizioni iniziali, alla luce della percezione del periodo storico che si vive; le si aggiornano con l’accresciuta conoscenza, oltre che degli scritti, anche della vita di fr. Charles, comprendendone meglio le motivazioni, approfondendo cioè le ragioni dei suoi successivi, ma per lui sempre “definitivi” spostamenti. Non è necessario ripetere che tutta questa riflessione, questo riesame, vedeva protagonista ancor più che partecipe René Voillaume. C’è molta farina del suo sacco in tutto questo lavorio.

Nel 1947, con l’approvazione dell’arcivescovo di Aix-en-Provence, mons. Charles de Provenchères, viene fondata in quella città la prima fraternità operaia. Anche René Voillaume è della partita e come gli altri fratelli trova un lavoro salariato. Sarà per qualche tempo un… meticoloso imbianchino. Ben presto l’obbligo di visitare le fraternità – queste nel frattempo si stavano stabilendo nei quattro continenti – che gli derivava dal suo incarico di priore, lo portano a moltiplicare i viaggi. Sentiva il dovere di sostenere i fratelli che affrontavano una vita completamente nuova e che si rivelava piena di sorprese per loro, non ultima quella di dover constatare la differenza esistente tra il subire, come facevano i loro vicini o compagni di lavoro, una condizione sociale umile, a volte anche disprezzata, e averla scelta liberamente come era nel loro caso. I fratelli si rendevano, così certamente conto di quanto grande fosse la grazia, che loro avevano ricevuto, di sapere da dove venivano e dove andavano e prendevano anche coscienza che mai, malgrado i loro sforzi, sarebbero riusciti ad essere come i loro compagni di vita.

Il p. Voillaume aveva coscienza di essere responsabile nei confronti della Chiesa di quanto stava avvenendo nella congregazione che aveva fondato e di questo nuovo cammino che i fratelli stavano sperimentando. Vi era sicuramente, trai motivi dei suoi viaggi, anche il desiderio di non permettere alle distanze di attenuare i legami fraterni. Il discernimento da compiere, insieme ai fratelli delle nuove fraternità, per decidere quale cammino seguire per imitare la vita di Gesù a Nazareth sotto le varie latitudini, lo porta ad avere dei fecondi contatti con le più svariate situazioni ecclesiali e le varie culture esistenti. Si trattava di aggiornare e inculturare, si direbbe con il linguaggio dei nostri tempi, un modo di darsi al Signore pensato e vissuto in Francia, quindi necessariamente, figlio della cultura francese. I fratelli hanno dovuto reinventarsi il modo di imitare la vita di Gesù a Nazareth secondo i luoghi dove si trovavano e le vicende che vi avvenivano. Era, infatti, impossibile ripetere comportamenti prestabiliti o uniformarsi a modelli culturali importati.

La vigile partecipazione e direzione del padre Voillaume accompagnava questo approfondimento delle intuizioni iniziali. Nel 1950 accetta di pubblicare una raccolta di alcune delle lettere che scrive periodicamente ai fratelli in un libro (Au coeur de Masses, Cerf – tradotto in italiano con il titolo Come loro, Paoline) che lo farà conoscere nel mondo intero. Questi suoi scritti hanno, secondo molti, marcato la riflessione della Chiesa negli anni ’50. Sia consentito ricordare solo un giudizio fra tanti su queste lettere: «Non vi è niente di più tradizionale e, allo stesso tempo, niente di più nuovo. Ecco un libro che sarà ricordato nella storia della vita religiosa». La Chiesa autentificherà la giustezza delle sue intuizioni accettando definitivamente, nel 1968 (Decretum Laudis), la fondazione dell’istituto e le sue costituzioni.

Questa approvazione sarà ripetuta, dopo il concilio e la promulgazione del nuovo Codice di diritto canonico nel 1987, quando la Santa Sede domandò a tutti gli istituti religiosi di armonizzare le loro costituzioni alle nuove norme. La definizione che questo documento dà del carisma della congregazione riassume l’essenziale della vita della Fraternità e può essere senz’altro presa anche come la descrizione delle grandi linee direttrici che hanno animato la vita e l’insegnamento del suo fondatore: «Questo istituto, infatti, seguendo l’esempio di Nazareth, umile e nascosto, ha il suo fine e la sua realizzazione in una vita contemplativa che gli è propria, l’adorazione del Cristo nel sacramento dell’Eucaristia, la pratica della povertà evangelica, il lavoro manuale e una partecipazione reale alla condizione sociale dei poveri».

Sono affermazioni che meriterebbero di essere commentate a lungo. Non è l’occasione adatta per sviscerarne tutto il ricco contenuto, ci limitiamo solo ad attirare l’attenzione sull’ultima frase che indica «la partecipazione reale alla condizione sociale dei poveri» quale componente dell’esempio di Nazareth proposto ai fratelli. La si dichiara, così, parte integrante di un cammino di vita religiosa e credo non sfugga a nessuno la novità rappresentata da questa dichiarazione. Questo e altro dobbiamo alla robusta fede e alla instancabile tenacia di padre Voillaume.

Nel 1956, fonda i Piccoli Fratelli del Vangelo e nel 1963, le Piccole Sorelle del Vangelo, aventi la stessa spiritualità ispirata alla vita di Charles de Foucauld. La loro missione è di evangelizzare le popolazioni più povere e più lontane dalla Chiesa e l’accompagnamento delle comunità cristiane stabilite in questi ambienti. L’eredità di fr. Charles è di tutti, è un bene della Chiesa, ed ecco René Voillaume moltiplicare i contatti con i differenti gruppi che si richiamano alla spiritualità foucauldiana. Fino in questi ultimi tempi si è interessato alla loro vita e ha partecipato attivamente alle riunioni dell’associazione formata, oggi, da 19 di questi gruppi non privandoli dei consigli frutto della sua esperienza. Senza retorica mi sembra che egli possa essere ricordato come un fedele servitore della Chiesa, un autentico discepolo del Signore.

 

Un piccolo fratello di Gesù