DOCUMENTO SULLA FORMAZIONE

IL FORMATORE GESUITA OGGI

 

Insegnamento e testimonianza i binari su cui viaggia l’opera del formatore gesuita. In una lettera alla Compagnia p. Kolvenbach tratteggia il profilo e le funzioni che gli sono proprie.

 

Con il documento Il formatore gesuita oggi il preposito generale della Compagnia di Gesù completa la serie di documenti sulla formazione da lui iniziata a partire dal 1985. Le sue intenzioni, nel redigere questo documento, non sono di fare un discorso per gli addetti ai lavori, quanto di “invitare tutta la Compagnia a farsi responsabile della formazione iniziale, ad apprezzare e sostenere coloro ai quali è affidata la missione di accompagnare più da vicino i religiosi in formazione nel processo di integrazione personale e di inserimento nel corpo apostolico della Compagnia”.

P. Kolvenbach va fin dall’inizio al nocciolo della questione, ricordando quanto affermato dalla 32ª congregazione generale: “tutti i formatori cerchino con ogni impegno di essere talmente imbevuti di divina sapienza da istruire i Nostri non meno con la propria intima esperienza di Dio e dei rapporti umani che con l’insegnamento scolastico”. Insegnamento, quindi, ma soprattutto testimonianza della vita, poiché “la qualità del nostro servizio apostolico dipende in gran parte dalla formazione, sia iniziale sia permanente, per la quale i formatori hanno una responsabilità particolare”.

Più volte p. Arrupe – ricorda p. Kolvenbach – sottolineò il ruolo decisivo della formazione nella preparazione dei gesuiti che la missione oggi esige. In continuità con il predecessore l’attuale preposito generale insiste, non senza critica: “Non ci dovrebbe essere nessun gesuita che non consideri la formazione come una priorità apostolica, anche se, in molte province, questo non sempre si verifica nella realtà, per la mancanza del discernimento e della programmazione che consentirebbero di dedicare in numero sufficiente i migliori alla formazione”. Gli stessi provinciali, riuniti a Loyola nel 2000, richiamarono la necessità di destinare alla formazione un numero sufficiente di gesuiti ben preparati, per rispondere alle esigenze presenti della nostra missione e alle necessità dei giovani che Dio chiama oggi alla Compagnia.

Di quale formatore si parla in questo documento? Di tutti coloro che assumono una responsabilità nella formazione completa di quelli che sono loro affidati e devono aiutarli a diventare autentici gesuiti. In particolare di quelli che hanno una responsabilità più diretta nella formazione, soprattutto per ciò che riguarda la crescita umana e spirituale, senza estendersi in particolare alla funzione più specifica degli altri formatori.

 

IL FORMATORE

STRUMENTO DELLO SPIRITO

 

Dio è il formatore per eccellenza e ricorre a mediazioni umane. “La formazione è la partecipazione all’azione del Padre che, mediante lo Spirito, sviluppa nel cuore dei giovani i sentimenti del Figlio” (VC 66), nel modo in cui “Dio si comportava con sant’Ignazio, come fa un maestro di scuola con un bambino: gli insegnava”.

Il secondo “formatore” è lo stesso giovane in formazione, che impara a diventare responsabile della propria formazione e a vivere da gesuita, con una fedeltà creativa, senza bisogno di controllo né di formatore che gli dica ciò che deve fare, anche se la formazione personalizzata suppone il discernimento in comune.

Infine c’è il formatore, mediazione di Dio e della Compagnia nella trasmissione del nostro modo di procedere e nella comunicazione del desiderio profondo di servire Dio e di “aiutare le anime”, come dice sant’Ignazio, soprattutto con la testimonianza della propria vita. Il formatore si trova a un incrocio di relazioni: con Dio, la Compagnia, la Chiesa e il gesuita in formazione. La responsabilità di quest’ultimo – continua p. Kolvenbach – diventa corresponsabilità con il suo formatore e viceversa, e la loro responsabilità comune si fa corresponsabilità con l’azione di Dio. È un’esigenza dell’economia cristiana, che è necessario comprendere e accettare, per evitare che la formazione si riduca a un semplice adeguamento volontaristico a certe strutture o norme estrinseche, e per darle il suo vero senso, quello di un processo di interiorizzazione dei sentimenti di Cristo, in conformità al carisma della Compagnia.

 

IL RUOLO

DEL FORMATORE GESUITA

 

“Il formatore compie la sua missione a partire dall’interiorizzazione e dall’integrazione personale, che egli stesso ha realizzato, del nostro carisma e del nostro modo di procedere, anche a partire dalla missione universale della Compagnia attuata in ogni provincia e regione, e dalla situazione della gioventù e della cultura del paese in cui egli vive”.

In primo luogo, spetta al formatore aiutare a discernere, confermare e fortificare la vocazione del gesuita, con un accompagnamento che favorisca la relazione personale e costante con Cristo, fondamento della nostra vocazione e sorgente d’ispirazione lungo le diverse tappe della formazione. “È particolarmente importante verificare la retta intenzione, i veri motivi e le ragioni per entrare e vivere nella Compagnia, che sono sempre il frutto di un’esperienza di Dio che chiama. Si potrebbe definire la formazione iniziale come un processo di discernimento e di purificazione delle motivazioni che spingono a seguire il Signore nella Compagnia, e come il progresso, di giorno in giorno, dell’accordo vissuto con le esigenze di questa vocazione”.

Il secondo compito del formatore è di “trasmettere e di aiutare a interiorizzare la nostra missione apostolica, il nostro carisma e il nostro modo di procedere, e la maniera di vivere i nostri voti religiosi e di praticare la vita comunitaria, come pure di discernere la disposizione del candidato per questa missione e questo genere di vita”.

Infine il formatore aiuta il gesuita in formazione a integrare nella realtà di ciò che egli è l’esperienza di Dio e il nostro modo di procedere. Questo terzo compito consiste dunque nell’accompagnare la maturazione progressiva del gesuita in formazione, che suppone conoscenza e accettazione di sé, capacità di apertura agli altri e di trasparenza, disposizione a stabilire relazioni adulte, a crescere in abnegazione e in libertà interiore nella risposta alla chiamata del Signore . “La nostra spiritualità s’incarna nelle realtà personali, sociali e culturali; suppone un incontro permanente con il Signore, che ci conduca alle scelte che dovrebbero essere quelle che il Signore stesso, il quale ci invia in missione, ha fatto per la Compagnia e per ciascuno di noi”.

Questi tre compiti – afferma p. Kolvenbach – sono inseparabili l’uno dall’altro. Essi racchiudono le diverse attività e i vari aspetti dell’unica missione affidata al formatore, che accompagna e sostiene il gesuita in formazione nel suo cammino d’integrazione personale e nel corpo apostolico della Compagnia, attraverso una relazione personale e costante con lui.

 

PROFILO

DEL FORMATORE GESUITA

 

La disposizione a formare è insieme “un’arte e un dono”, frutto della natura e della grazia, dell’esperienza e di una buona formazione, di base e permanente. Oggi più che mai si richiede una definizione “professionale” della missione di formatore, fondata su una preparazione specifica a un’attività più sistematica, quale si presenta la formazione del gesuita. Non basta la buona volontà, né l’obbedienza alla missione ricevuta. La formazione esige dal formatore un insieme di qualità naturali e di disposizioni, acquisite e sviluppate secondo l’esperienza e la formazione continua, di cui gli incontri periodici dei formatori costituiscono un elemento particolarmente importante.

I maestri dei novizi e gli istruttori del terz’anno hanno bisogno di una previa preparazione specifica: formazione professionale, esperienze in altri noviziati o case di terz’anno. Anche i professori ricevono dal provinciale la missione di contribuire alla formazione integrale dei gesuiti, attraverso l’insegnamento della loro disciplina, offrendo la testimonianza dell’integrazione della loro vita intellettuale, spirituale e apostolica, e con l’aiuto che danno per assumere le responsabilità legate alle esigenze della nostra missione oggi.

 

PROFILO

SPIRITUALE

 

Opportunamente il preposito generale sottolinea come “non bisogna dimenticare che quelli che sono in formazione sono già gesuiti e si attendono che il formatore compia la sua missione come un amico nel Signore”.

Il formatore gesuita è un uomo unito a Dio che possiede un profondo sensus Christi, e con il suo modo di vivere e il suo comportamento manifesta e ispira l’amore del Signore, con cui si identifica sempre più. È un uomo di preghiera che si sforza di incontrare il Signore in tutte le cose. Ha fatto del discernimento un elemento fondamen­tale della sua vita, e ha familiarità con la dinamica delle mozioni secondo gli Esercizi. “Come ogni gesuita, sa di essere peccatore perdonato e chiamato a seguire Cristo nella Compagnia; perciò è misericordioso e dà testimonianza di un amore particolare per i poveri e per quelli che soffrono di più. Possiede più che una conoscenza teorica del nostro carisma e del nostro modo di procedere: ne fa una parte di se stesso e del suo agire”.

Ancora, il formatore manifesta il suo amore per Cristo dedicandosi alla sua missione specifica, che considera prioritaria. Ne trova un’espressione concreta nell’amore per i gesuiti in formazione, che aiuta nel fare propri i sentimenti del Figlio, in accordo con il carisma e il nostro modo di procedere. Senza trascurare la sua missione essenziale, il formatore esercita alcuni ministeri e collabora a certe opere della Compagnia; questo lo rende meglio attrezzato per aiutare i gesuiti in formazione a integrare la loro esperienza apostolica con gli altri aspetti di questa formazione.

Il formatore, particolarmente oggi, è un “uomo della Chiesa”; l’ama come “sposa di Cristo”, al cui servizio siamo noi tutti, “uniti al romano pontefice, per essere inviati a quelle missioni che egli vorrà affidarci”.

Un’espressione del nostro desiderio di crescere in comunione con la Chiesa del Signore è la vita liturgica, come ha sottolineato il concilio Vaticano II. Poiché una grande maggioranza di quelli che sono in formazione si preparano al sacerdozio, l’eucaristia, che è l’espressione quotidiana dell’amore del Signore per la sua Chiesa nel mondo, e dell’amore della Chiesa per il suo Signore, deve essere altamente stimata da ciascuno dei servitori della missione di Cristo. Ed è auspicabile che la preghiera comunitaria, tradizione secolare del popolo di Dio, si faccia in unione con la liturgia delle ore della Chiesa nel rispetto del ciclo dell’anno liturgico.

La formazione del gesuita non consiste nell’adattarsi a un insieme di usanze e di pratiche, né a conformarsi in modo esteriore e formale a certe norme. Essa risiede nell’interiorizzazione e nella personalizzazione dell’esperienza spirituale vissuta da sant’Ignazio. Il formatore, “trasmettitore vivo del nostro carisma e della nostra missione, comunica tale esperienza come maestro imbevuto di divina sapienza, come mistagogo che ispira i valori profondi della nostra tradizione, come uomo confermato nella via della ricerca di Dio, in grado di accompagnare anche altre persone in questo itinerario”, unendo la sincera comprensione delle persone e l’esigenza caratteristica della nostra vocazione.

 

PROFILO

UMANO

 

“La maturità risiede nell’integrazione armoniosa delle diverse dimensioni della persona, poste al servizio dei valori umani, cristiani, religiosi e propriamente gesuitici. Questa maturità umana suppone nel formatore la conoscenza delle sue necessità e dei suoi desideri più profondi, e la disposizione a integrarli nell’amore per Cristo e per il prossimo e nella realizzazione della nostra missione apostolica. Il formatore è pure cosciente delle zone oscure della sua personalità, dei suoi limiti e delle sue difficoltà; impara a vivere con essi, cercando di superarli con l’aiuto di Dio e dei suoi fratelli”.

“La pacifica accettazione di sé, che è talvolta il frutto di un doloroso percorso personale, ma soprattutto dell’esperienza del perdono e dell’amore del Signore, la capacità di accompagnare i gesuiti in formazione con gioia, ottimismo e senso di umorismo, lungo il processo della loro crescita personale” sono ulteriori elementi indispensabili nella sua opera formatrice. “Vivere nella gioia la vocazione e la missione della Compagnia è il modo migliore di manifestare la bellezza della sequela Christi”.

In prospettiva relazionale “il formatore è uno che prova empatia per quelli che gli sono affidati, li accoglie, li ascolta e si mostra sempre disponibile verso di loro. Senza dimenticare la giusta distanza nel loro accompagnamento, accetta che la loro vita diventi una parte della sua. Rispetta con pazienza e comprensione i ritmi e il cammino di ciascuno di loro, avendo fiducia nell’azione formatrice di Dio mediante il suo Spirito e nella risposta sempre più libera e responsabile di quelli che sono in formazione. Accompagna condividendo la propria esperienza, senza pretendere di condurre tutti per la stessa via né di imporre la propria. Presenta chiaramente quello che la Compagnia si attende dai suoi membri in ogni tappa della loro formazione iniziale e al suo termine. La fiducia che accorda a quelli che accompagna determina in loro un atteggiamento di apertura e di trasparenza, essenziale per la formazione e la vita apostolica del gesuita”.

Senza dover essere necessariamente un esperto in psicologia, il formatore è capace di favorire il processo di crescita umana, affettiva e sessuale. È idoneo a distinguere i problemi di maturazione personale dai problemi più seri e più profondi che derivano da un’incrinatura strutturale della persona. È capace di gestire i transfert che possono intervenire in certi momenti dell’accompagnamento personale.

Quando il formatore è superiore – annota p. Kolvenbach –, oltre all’accompagnamento delle persone e a una presenza costante di qualità alla sua comunità, esercita la leadership specifica dell’autorità. Sa gestire i conflitti di gruppo e prendere le decisioni che si impongono, impegnandosi a conciliare, per quanto è possibile, con uno spirito di servizio e con discernimento, il bene degli individui e quello della comunità. Tenendo conto della complessità del processo di formazione, sa lavorare in gruppo, cercando la collaborazione di altri gesuiti, e rimanendo in comunicazione costante con i formatori delle altre tappe, con una preoccupazione d’integrazione e di continuità.

L’insieme delle qualità umane e spirituali e delle disposizioni richieste conferisce al formatore gesuita autorità morale e credibilità, e fa di lui un vero strumento dell’azione formatrice di Dio, capace di trasmettere e di comunicare come per contagio il nostro modo di procedere. Non soltanto è accettato e amato dai gesuiti che gli sono affidati, ma gode anche della fiducia degli altri gesuiti e diventa un vincolo di comunione con le altre comunità e opere del corpo apostolico della provincia e della Compagnia.

“E se facessero difetto alcune delle doti sopra enumerate – conclude p. Kolvenbach –, almeno non manchi una grande bontà e amore alla Compagnia, come pure un sano giudizio, accompagnato da una buona cultura”.

 

E. B.

 

1_Kolvenbach P. H., Il formatore gesuita oggi, in Gesuiti in Italia, 2/2003, 87-95.