RAPPORTO EURISPES 2003

L’ITALIA IN CHIAROSCURO

 

Pur con tutti i limiti del caso, l’immagine che emerge è quella di un paese vivace, dotato di potenzialità che non trovano però vie di sbocco. La situazione è perciò di stallo. Resta inoltre molto alto il divario tra nord, centro e sud.

 

Come si presenta l’Italia in questo particolare momento della sua convulsa storia? La risposta ce la dà il Rapporto Italia 2003, elaborato dall’EURISPES e messo ora a disposizione del pubblico.

Nella sua introduzione al rapporto Gian Maria Fara, presidente di questo istituto di ricerca, sostiene che siamo prigionieri di manichei che vedono l’universo rigidamente diviso tra il bene e il male. Questa visione manichea rende impotente l’intero paese: “Basti osservare – egli rileva – i percorsi e i toni del dibattito politico, il confronto tra i partiti dei diversi schieramenti e, all’interno degli stessi, lo scarso rispetto dei ruoli istituzionali, la povertà delle idee e dei comportamenti per capire come proprio in tutto ciò stia la vera emergenza, la questione più urgente da affrontare… Le grandi questioni svaniscono, disperse nello scontro incessante tra gli opposti schieramenti. Assistiamo ad un progressivo svilimento del ruolo del Parlamento che, in assenza di una profonda modifica del suo regolamento, si riduce alla contrattazione e al voto sulle leggi di spesa o alla ratifica formale di decisioni prese altrove. La dialettica politica si riduce a scontro e a polemica sterile… Sembra di vivere in uno stato di guerra permanente che da una parte destruttura il senso stesso del dibattito politico e dall’altra annichilisce chiunque pensi di poter portare un proprio contributo di idee originale e non omologato in un senso o nell’altro”.

 

DENTRO LA TERZA

REPUBBLICA

 

A ciò va aggiunta la deriva populista dei due schieramenti politici: la maggioranza pensa di poter guidare il paese affidandosi ai sondaggi e alla auscultazione sistematica dell’opinione pubblica, l’opposizione sembra scontare, insieme alle divisioni interne, l’ipoteca dei girotondi e dello spontaneismo. La sensazione è che si vadano consolidando due nuove subculture della democrazia: quella della piazza e quella dei sondaggi. In estrema sintesi si può dire che ci troviamo di fronte a una politica senza partiti e ai partiti senza politica. Da qualsiasi lato la si osservi, l’attuale situazione italiana è segnata da una crisi di vertice: dalla politica all’economia, dalla cultura e dall’informazione alla giustizia. La incapacità di interpretare i problemi, le attese, le preoccupazioni del corpo sociale è il segno della riduzione della politica alla semplice gestione del potere e dell’ordinaria amministrazione. Nonostante ciò l’osservatorio dell’EURISPES ci rimanda l’immagine di un paese vivace, dotato di potenzialità che non trovano vie di sbocco e vive già in qualche modo la sua terza repubblica. La prima repubblica nasce nel 1948 e termina nel 1989 con la caduta del muro di Berlino, anche se occorrerà attendere il referendum sul maggioritario e l’avvento di “Mani pulite” per certificarne la fine. La seconda nasce da quel referendum e conclude il suo ciclo con la tornata di elezione diretta dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni e con l’approvazione – negli ultimi giorni del governo dell’Ulivo e con pochi voti di maggioranza – della riforma del titolo V della Costituzione. Con lo svuotamento del centralismo statale, per la crescita dell’Unione Europea e la nascita di nuovi poteri locali che si appropriano della maggior parte delle funzioni pubbliche, resta da capire come sarà da grande questa terza repubblica: “Sarà uno Stato federale atipico e disordinato, con i centri di spesa locale pronti ad accrescere a dismisura l’indebitamento pubblico? Sarà sufficiente il progettato ponte sullo Stretto, per evitare che la distanza tra Milano e Palermo divenga un abisso? E soprattutto, questa terza repubblica avrà un volto e un ordine costituzionale riconosciuto da una vasta maggioranza di italiani? Preoccupa la mancanza di un progetto: la terza repubblica rischia di essere una nascita per distrazione”.

 

UN PAESE A

TRE VELOCITÀ

 

Su questo sfondo il Rapporto ci aiuta a leggere l’evoluzione della società italiana attraverso sei dicotomie (povertà/ricchezza, legalità/illegalità, anima/corpo, cittadinanza/sudditanza, improvvisazione/preparazione, identità/ differenze) e altrettanti sondaggi. Richiamiamo in sintesi quegli aspetti che ci sembrano più rilevanti per l’opera di promozione, solidarietà e formazione delle coscienze a cui è chiamata la chiesa italiana e in particolare la vita consacrata.

Oggi l’Italia è la settima potenza mondiale, essendo stata superata dalla Cina. Se però si tiene conto del prodotto medio pro capite, l’Italia scende al 26° posto. Quanto alla distribuzione del reddito e della ricchezza, va disegnata un’Italia a tre velocità in cui i divari esistenti tra nord, centro e sud diventano più marcati. La distribuzione delle famiglie per classe di reddito e ripartizione geografica mostra chiaramente il diverso tenore di vita dei residenti nelle tre Italie. Ben il 19,9% delle famiglie settentrionali ha un reddito superiore ai 40mila euro, contro il 13% delle famiglie residenti al centro e appena il 7,1% di quelle meridionali. Il sud registra la più alta percentuale di famiglie aventi un reddito inferiore ai 5mila euro (il 6,7%, contro l’1,2% di nord e centro). Il divario sulla distribuzione del reddito incide anche sulla povertà: il 12% delle famiglie italiane vive al di sotto della soglia della povertà; nel nord una famiglia su 20, nel centro una su 12 e nel sud più di una su 4. Il 10% della famiglie più ricche (concentrate soprattutto nel nord) detiene il 17,1% della ricchezza nazionale: così, mentre il 19,5% delle famiglie (una su cinque) possiede meno di 10mila euro, il 32,8% possiede dai 150mila euro in su.

Venendo al tema della legalità/illegalità, l’Italia con il suo trentunesimo posto è appena un gradino meglio della Nigeria, ma considerata più corrotta di tutti i paesi dell’Unione Europea e della maggioranza delle democrazie. Un paese in realtà dove la linea di confine tra legalità e illegalità è confusa e si sposta in continuazione, non aiutato né dalla congerie di leggi né dalla lentezza dei processi giudiziari. L’EURISPES stima che in Italia nel biennio 2002-2003, il peso del sommerso sul prodotto interno lordo (PIL) ufficiale è oscillato intorno al 29-30%: oltre 306 milioni di euro per il 2002 e quasi 317 milioni di euro per il 2003. In relazione al fenomeno si stimano quasi 128.754 milioni di euro (più di 249mila miliardi di lire) evasi al fisco nell’anno 2002, mentre la previsione per il 2003 è di 129.680 milioni di euro. Per quanto poi riguarda la contraffazione dei prodotti siamo terzi nel mondo e primi in Europa: Napoli resta il crocevia del falso (da sola fattura tra i 5 e i 10 mila miliardi di vecchie lire), ma ciascuna regione è specializzata in un settore (pelletteria e vino in Toscana, tessuti di seta nel Comasco, orologi nell’area milanese, ricambi per automobili nel Piemonte, scarpe in Puglia, componenti software nel Veneto). In forte aumento è la pirateria nel settore musicale e discografico. Nel campo delle frodi alimentari il maggior numero di infrazioni riguarda il settore vitivinicolo e dei mangimi; le più pericolose riguardano il settore della carne. Anche l’ambiente non è immune da illegalità: con un giro di guadagni di oltre 3 miliardi di euro l’anno si parla di “ecomafia” nel campo dello smaltimento abusivo dei rifiuti (490 kg. la produzione pro capite di essi), perché 50% degli illeciti è concentrato nelle quattro regioni italiane – Campania, Calabria, Sicilia e Puglia – in cui è presente la malavita organizzata (nelle stesse regioni si registra il tasso più alto di abusivismo edilizio).

 

IL CORPO E L’ANIMA

DEGLI ITALIANI

 

L’ultimo sguardo lo gettiamo sul binomio corpo/anima. Oggi il corpo è diventato un vero e proprio campo di battaglia dove si giocano le sorti di un io sempre più fragile e angosciato. Siamo stretti nella morsa di vere e proprie patologie della nutrizione, tra gli estremi della bulimia e dell’anoressia (nel 2001 sono stati riscontrati 65.400 casi di anoressia e bulimia riguardanti giovani donne tra i 15 e i 24 anni; 8.500 i nuovi casi ogni anno). Un’ansia di prestazione divora le giovani generazioni (e non solo) che si ritrovano ad inseguire il mito dell’eterna giovinezza e, quando tutto appare insostenibile, allora bisogna fare i conti con i disagi dell’anima, con l’ansia e la depressione. L’età delle donne che si sottopongono alla chirurgia estetica per la prima volta in alcuni casi è 14-15 anni; le adolescenti costituiscono circa il 20% delle persone che si rivolgono al chirurgo plastico (nel Natale 2002 si è verificata un’impennata delle richieste di interventi di chirurgia estetica: per molti l’operazione ha costituito un regalo, spesso da parte delle mamme alle figlie, o viceversa; in alcuni casi da parte dei fidanzati). Un’indagine su un campione di oltre 3 mila adolescenti fra i 12 e i 18 anni, rivela che ad essere “soddisfatti del proprio corpo” sono il 36,9% del campione, la larga maggioranza (63,1%) lo è solo in parte, il 10,2% non lo è affatto.

Alla fine il corpo diventa il luogo ideale su cui scrivere ed esibire la propria esistenza: viene attraversato da linee e colori, forato, bruciato, accessoriato di anelli e catene. Sempre più diffusa la pratica di modificare il proprio corpo con metodi più o meno tradizionali o invasivi: hanno il piercing il 25,6% delle donne contro il 14,4% dei maschi (detengono il primato i giovani del nord-ovest con il 26,3%). Per quanto riguarda i tatuaggi si inverte il dato: questa volta sono i maschi a essere la maggioranza: 7,2% contro il 5,7% delle donne (in questo caso il primato spetta al sud con il 7,5%).

Nel contesto del rapporto corpo/anima si inserisce il problema sociale costituito da droga e alcolismo. Si stima che il settore droga valga fra l’1 e il 2% del prodotto interno lordo dei paesi industrializzati; in Italia il business si aggira intorno ai 12/24 miliardi di euro l’anno.

Secondo dati recenti il 22,2% degli italiani ha provato la droga almeno una volta nella vita, il 6,4% nell’ultimo anno e il 4,6% nell’ultimo mese: confrontando i dati dal 1999 al 2001, appare evidente come la percezione del rischio nell’uso di sostanze stupefacenti sia diminuita, con un preoccupante aumento nell’approvazione all’uso di tali sostanze. Altissimo il livello del consumo di alcool: 34 milioni di ettolitri di vino e 14 milioni di ettolitri di birra (di cui 6,2 milioni al nord, 2.850.000 al centro e 4.950.000 al sud); a questi si devono aggiungere i 23,2 milioni di litri di grappa ed i 57,8 di superalcolici. I dati riguardanti l’alcolismo sono drammatici, e in termini quantitativi lo rendono una forma di tossicodipendenza più pericolosa dell’eroina. È possibile stimare in un milione e mezzo gli alcolisti in Italia, e in circa 300.000 i decessi causati dall’abuso di alcool nell’ultimo decennio.

Il consumo di bevande alcoliche è considerato un elemento di rischio anche negli ambienti di lavoro: ogni anno almeno 14.000-23.000 infortunati sul lavoro presentano un tasso di percentuale di alcool presente nel sangue dello 0,8. L’alcool infine è la causa del 30% dei circa 170.000 incidenti stradali si verificano ogni anno.

Una ulteriore indicazione di malessere sociale ci viene dalla crescita della vendita di farmaci antidepressivi. La depressione colpisce prevalentemente le donne; la fascia d’età più a rischio è quella compresa tra i 45 e i 64 anni. In particolare, per le donne casalinghe (il 39,3% dei pazienti) le cause principali di depressione sembrano essere da una parte la svalutazione del ruolo di moglie e di madre operato dalla società civile, con conseguenze rilevanti sul senso di autostima e, dall’altra, la frustrazione che il ruolo di casalinga comporta (routine, isolamento, mancanza di guadagno economico). La percentuale più alta di donne depresse si rileva per la regione Marche (90%), seguita dall’Umbria e dalla Calabria (82,4%). I soggetti più colpiti dalla malattia risultano essere, subito dopo le casalinghe, i pensionati (14,5%), seguiti dagli impiegati (12,1%) e dagli operai (10,3%). Il 7% della popolazione tra i 6 ed i 19 anni è afflitto da problemi depressivi (rilevata una diffusione degli stati depressivi per il 5,3% nei ragazzi tra gli 11 ed i 14 anni e per il 13,8% tra quelli dai 15 ai 19 anni).

Concludiamo richiamando un’ultima nota del Rapporto: in quest’epoca di angoscia ritorna prepotente il sacro e il miracoloso; cresce la domanda di miracoli e il numero degli intermediari esclusivi. L’Italia ha registrato negli ultimi anni ben 31 episodi di devozione, legati a presunte apparizioni della Madonna e distribuiti su tutto il territorio nazionale. Fin dal 1522 in Italia si ha memoria di simulacri mariani che piangono: dal 1993 al 1995 si sono registrati più di cinquanta fenomeni di questo genere. Si calcola che attualmente esistano circa 80.000 siti in internet di cui almeno la metà dedicata al culto della Madonna di Medjugorie.

Altro segno sono i pellegrinaggi, trasformati da esperienza mistica individuale in uno dei modelli privilegiati del turismo di massa per credenti e non. Dei 2.058 santuari censiti, una ventina sono in grado di attrarre una clientela propriamente turistica, con un giro d’affari complessivamente pari a 3.5 miliardi di euro ( 5% del fatturato annuo del comparto turistico).

 

Mario Chiaro