PASTORALE VOCAZIONALE OGGI
UNA LA PESCA TRE LE RETI
Per la XL giornata
mondiale delle vocazioni dell’11 maggio offriamo questa riflessione ricavata
dagli “Orientamenti” elaborati dai frati minori francescani in vista di una
pastorale vocazionale adatta ai nostri giorni.
Quando oggi si parla di pastorale vocazionale occorre mettere in guardia dalla tentazione di trasformarsi in “liberi cacciatori”, cadendo in «facili e improvvidi reclutamenti». In una cultura come la nostra è necessario piuttosto fondare la proposta vocazionale in una adeguata catechesi, in una solida ecclesiologia e in una teologia della vita religiosa che valorizzi convenientemente tutte le vocazioni all’interno del popolo di Dio.
Per dare un’impostazione seria alla loro azione, i frati minori francescani hanno elaborato un appropriato documento, o meglio degli Orientamenti per la cura pastorale delle vocazioni, dal titolo significativo Venite e vedrete, in cui viene recepita l’ampia riflessione sviluppatasi sul tema sia nella Chiesa sia nell’ordine con dei chiari obiettivi: offrire alcune indicazioni metodologiche in vista dei progetti delle singole province, chiarire i principi fondamentali della pastorale vocazionale, individuare i criteri principali del discernimento vocazionale nell’ambito della maturità umana, cristiana e francescana.
I punti di riferimento della riflessione sono i documenti conciliari, i numerosi pronunciamenti ufficiali e i tanti congressi internazionali e continentali che «hanno aperto prospettive per una corretta teologia e per una corrispondente prassi di pastorale vocazionale». A monte quindi c’è un lungo cammino che ha permesso di chiarire gradualmente il senso, i fini e gli ambiti propri della pastorale vocazionale, fino a riconoscerla oggi «come una tappa vera e propria della formazione francescana e un campo privilegiato di fedeltà al carisma e alla missione dell’ordine».
Da tutto questo materiale emerge la convinzione che parlare di vocazione oggi non significa elaborare calcoli immediatamente organizzativi, funzionali o strutturali; significa invece elaborare «una seria riflessione teologica – e specificatamente antropologica ed ecclesiologica – inerente al rapporto e al significato di certe vocazioni con la comunità cristiana». Favorire la pastorale vocazionale significa rispondere all’esigenza di crescita e di visibilità del carisma francescano all’interno delle diverse culture, significa prestare una vitale attenzione alla storia del mondo e della Chiesa, senza ripiegarsi immediatamente sul proprio ristretto ambito di appartenenza religiosa; significa ancora dare grande importanza all’approfondimento dell’antropologia e dell’ecclesiologia che fonda, ispira e motiva la pastorale vocazionale in quanto tale; significa, infine, per i frati minori «approfondire alcuni tratti essenziali del cammino vocazionale francescano, in continuità con l’ispirazione di san Francesco, mediata da tutta la viva tradizione spirituale e carismatica dell’ordine e della famiglia francescana nella storia».
Rivolgendo lo sguardo al recente passato nella storia vocazionale dell’ordine emerge un panorama fitto di luci e di ombre, sorretto comunque da un chiaro segnale di speranza e di ottimismo per il futuro. Se si considera infatti l’attuale numero dei novizi e dei professi si può dire che la situazione complessiva è “buona”; anzi, si può addirittura affermare che, almeno a livello generale e nella piena consapevolezza delle diverse situazioni da paese a paese, il vero problema dei frati minori non è tanto il “numero” delle vocazioni, quanto piuttosto la “perseveranza” vocazionale. Oggi come oggi il numero dei novizi e dei neoprofessi supera il numero di quelli che «incontrano sorella morte». Ciononostante «la crescita numerica dei frati non riesce a rispondere adeguatamente alle esigenze di vita fraterna e di evangelizzazione missionaria proprie della nostra vocazione». Pur senza aver nulla lasciato di intentato, purtroppo i «risultati non sono sempre proporzionali agli sforzi» e accanto ai frutti incoraggianti di alcune province vanno messi in conto gli scarsi risultati di altre.
Inevitabili, allora, le diverse e contrapposte reazioni soprattutto degli animatori vocazionali. Alcuni, proprio di fronte al calo di vocazioni, reagiscono positivamente, rimboccandosi le maniche, preparando persone in grado di affrontare seriamente il problema, valorizzando la preghiera personale e comunitaria, riscoprendo l’importanza della direzione spirituale e dell’accompagnamento personalizzato dei giovani, aumentando le “case di accoglienza” per il discernimento vocazionale. Non mancano tuttavia reazioni di segno totalmente contrario, contrassegnate da un chiaro atteggiamento di vittimismo e da un diffuso senso di colpa.
Ma disperarsi per come, in determinate situazioni, stanno andando le cose non servirebbe a nulla; è necessario, invece, guardare avanti e interrogarsi piuttosto sul profilo umano, culturale, cristiano e francescano dei possibili candidati, non sottovalutandone sia l’età che i luoghi di provenienza. Troppo spesso, i giovani, oggi, a livello di maturità umana, denotano «una fragilità psicologica, affettiva e sessuale, spesso complessa e molto frammentata, insieme ad una certa debolezza del pensiero». Se riguardo alla formazione cristiana non mancano giovani (provenienti generalmente da gruppi ecclesiali impegnati) con una buona base di conoscenza della fede della Chiesa, con l’apertura al messaggio del Vangelo e una sincera ricerca di Dio attraverso la sua Parola, con il desiderio della preghiera e della radicalità evangelica, «sono però più numerosi coloro che hanno una formazione cristiana inadeguata alle esigenze odierne». Come è ben risaputo, la formazione religiosa «influisce in maniera determinante sulle motivazioni vocazionali, che vanno perciò verificate attentamente, con grande rispetto verso la persona umana e nei riguardi del mistero della chiamata di Dio»; ora la scarsa formazione religiosa va di pari passo con motivazioni vocazionali deboli, come nel caso di quanti pensano ancora ad una cosiddetta promozione sociale, alla ricerca di un rifugio o di una sicurezza, anche solo psicologica, all’interno di una fraternità religiosa. Anche sul piano culturale e intellettuale i candidati denotano troppo spesso preoccupanti carenze; non mancano persone che bussano alla porta delle fraternità corredati solo degli studi elementari.
Non mancano alcune piccole sorprese a proposito dei luoghi di provenienza e dell’età dei candidati; il primato di un tempo dei collegi serafici e dei seminari minori, là dove ancora esistono, per quanto riguarda la provenienza, è decisamente passato ormai ai gruppi giovanili, ai gruppi di preghiera, ai gruppi di volontariato; in molti casi i candidati, affermano i frati minori, non provengono né dai loro gruppi, né dalle loro parrocchie. Insieme a candidati privi di ogni precedente accompagnamento vocazionale, non mancano, infine, anche quelli provenienti da altri istituti, da seminari diocesani; in questi casi, come di fronte al numero crescente di candidati fra i 30 e i 40 anni e oltre, soprattutto nei paesi occidentali, si impone necessariamente una più attenta e vigile opera di discernimento.
ALCUNI
PASSAGGI ESSENZIALI
Per i frati minori, ma crediamo un po’ per tutti gli istituti, la pastorale vocazionale costituisce un “ministero prioritario”, importante quanto la formazione. Il suo obiettivo deve essere però orientato verso tutte le vocazioni all’interno del popolo di Dio, non escluse ovviamente anche quelle alla vita francescana. È quindi importante aiutare i giovani a discernere la missione a cui sono chiamati da Dio e nello stesso tempo individuare quei giovani che mostrano un determinato interesse per le varie forme di vivere il carisma francescano.
Di fronte al calo inarrestabile delle vocazioni, spesso si ingenera una specie di attivismo pastorale fatto di iniziative originali, di ipotesi accattivanti, arrivando nei casi migliori a itinerari vocazionali; così come ci si mette a pensare, a discutere, a riflettere in vari tipi di incontri e convegni, con il rischio però di enfatizzare un settore pastorale rispetto ad altri; ci si dovrebbe, invece, interrogare se oggi, in campo vocazionale, «sia più necessario cercare di agganciare questo o quel settore pastorale, oppure se non si debba cercare di riflettere di più sul senso e sulle conseguenze di una pastorale vocazionale inserita nell’orizzonte più ampio dell’evangelizzazione, oggi ripensata all’interno della missionarietà della Chiesa».
Si tratta, in altre parole, di una doverosa presa di coscienza di alcuni passaggi essenziali. Se l’origine della missione della Chiesa è nella comunione trinitaria, questo significa che la Chiesa è anzitutto evangelizzata essa stessa, e in quanto tale è poi inviata agli altri per l’annuncio; infatti, come nella Chiesa, così anche nella vita consacrata e in quella francescana, non esiste vocazione senza missione; proprio per questo, scrivono i frati minori, «riconosciamo che l’evangelizzazione sta al cuore dell’identità fondativa del nostro ordine: esistiamo perché evangelizzati e, quindi, evangelizzatori in fraternità, pena l’insignificanza della nostra vocazione».
Già nel documento pontificio Novo millennio ineunte si richiedeva espressamente una integrazione organica delle legittime diversità all’interno della comunione ecclesiale, in una collaborazione più coraggiosa e fattiva con i laici. L’apertura ai nuovi carismi e ministeri, anche se diversi da quelli consueti, la valorizzazione dei laici nella Chiesa sono solo alcuni segni dei tempi in gran parte ancora da scoprire e da realizzare.
Nel contesto del discorso vocazionale un ambito privilegiato è sicuramente quello della pastorale giovanile, il cui compito specifico è quello di accompagnare i giovani, non solo i “vicini” ma anche i “lontani”, a scoprire la loro identità umana e cristiana attraverso itinerari ben delineati di fede nella comunità cristiana; proprio per questo, la pastorale giovanile è nativamente vocazionale, dal momento che qualsiasi itinerario di fede apre per sua natura all’ascolto della propria chiamata personale. La pastorale giovanile «realizza il suo compito vocazionale se porta alla fede e alla sequela di Cristo; su questa fede concreta si fonda la vocazione cristiana e questa pone l’esigenza di discernimento per la scelta di un progetto di vita e di un impegno nella Chiesa e per l’umanità, specie al servizio dei poveri».
Nell’ambito del discorso sulla pastorale vocazionale i frati minori non possono sottovalutarne anche gli aspetti più propriamente metodologici; fermo restando che questi Orientamenti sono uno strumento inevitabilmente incompleto, per la vastità dell’ordine francescano e per le differenze socio-culturali dei paesi in cui si trovano ad operare, vengono opportunamente suggerite le tappe di un percorso metodologicamente ordinato: chiarire ed elaborare l’orizzonte antropologico, teologico e francescano in cui si muove la pastorale vocazionale, lasciarsi interrogare dai documenti emanati dall’ordine in questo campo, riprendere l’analisi della situazione di coloro che si presentano con l’interrogativo vocazionale, del mondo giovanile quale destinatario privilegiato, delle fraternità locali e provinciali come ambiente nel quale i candidati entrano in contatto e si inseriscono, identificare obiettivi, mezzi, agenti e destinatari della pastorale vocazionale a livello locale e provinciale, negli ambiti della formazione, dell’evangelizzazione e della fraternità, stendere il progetto provinciale per la pastorale vocazionale, indicare, infine, tempi e modalità di verifica del progetto stesso.
IL LUOGO “NATIVO”
DELLE VOCAZIONI
L’obiettivo di fondo verso cui si muovono decisamente è sempre quello di «evidenziare una migliore relazione tra visione dell’uomo, teologia della vocazione, teologia della pastorale vocazionale e prassi pedagogico-pastorale, tenendo conto del principio di sussidiarietà ed evidenziando il taglio francescano». Purtroppo la visione biblica dell’uomo creato a immagine di Dio, chiamato alla sequela di Cristo percorrendo il cammino delle beatitudini fino a realizzare la sua pienezza nell’amore oblativo, «si scontra con il fatto che l’uomo oggi concepisce e comprende se stesso solo a partire da sé. Oggi tutto è dettato dagli stati d’animo, da problematiche personali, esistenziali, a volte drammatiche. L’uomo riflette oggi su di sé un’immagine parziale e sovente frantumata, ha difficoltà a trovare un centro unificante».
Anche per questo viene ribadito con forza il fatto che qualsiasi vocazione trova nella Chiesa, “mistero di vocazione” e “casa e scuola di comunione”, «il luogo che le dà origine e il grembo che la custodisce e nutre». La Chiesa, infatti, «per nativa costituzione è vocazione, è generatrice ed educatrice di vocazioni»; è sempre dentro l’unica vocazione della Chiesa che «fioriscono tutte le vocazioni, non in conflitto ma in relazione dinamica e reciproca tra loro».
Se l’origine e la destinazione ecclesiale delle vocazioni segnano profondamente la cura pastorale per le vocazioni, allora conseguentemente ne deriva che «è la comunità cristiana il luogo nativo in cui nasce, cresce e matura ogni vocazione. Sappiamo che oggi molte vocazioni nascono al margine della comunità cristiana. È questa una sfida notevole per l’azione pastorale, invitata a pensare sempre più radicalmente all’unica vocazione e missione di tutti i battezzati, e, pertanto, all’importanza di una collaborazione fattiva con i laici, anche nella cura pastorale delle vocazioni». I confini di questa cura pastorale devono essere disegnati sempre «all’interno di contesti di comunione e di condivisione dei carismi»; è necessario «respirare con polmoni grandi, perché la Chiesa sia sempre di più il popolo di Dio pellegrinante nel tempo e vocato all’amore».
Una volta riaffermata con energia la dimensione ecclesiale di ogni chiamata vocazionale, i frati minori non rinunciano però ad enucleare alcuni tratti essenziali di un cammino vocazionale più direttamente francescano; e lo fanno richiamando anzitutto l’importanza di due preghiere proprie della tradizione francescana: la Preghiera davanti al Crocifisso, sgorgata dal desiderio vivo di san Francesco di conoscere la propria vocazione, e la preghiera Omnipotens, nella quale tutta la fraternità chiede, per se stessa e per chi si inserisce nel cammino del discernimento vocazionale, di poter arrivare alla comunione piena e perfetta con la Trinità.
In queste due preghiere «si incontrano il desiderio del giovane di comprendere il significato della propria vita e il desiderio dei fratelli di poter vivere la propria vocazione. È così che il cammino della fraternità si apre al dono di nuovi fratelli e il cammino di ciascuno si apre al dono della fraternità, diventando un unico cammino, sostenuto dallo Spirito, sulle orme del Signore Gesù Cristo, verso il Padre. È questo cammino del giovane, che giunge a noi “per divina ispirazione”, e della fraternità, che accoglie e accompagna, che siamo chiamati a scoprire e percorrere nel nostro ordine, in questo tempo di grazia nel quale il Signore ci ha donato di vivere la nostra vocazione».
La “divina ispirazione” rimanda pertanto sia il giovane che la fraternità francescana «a un fondamentale atteggiamento di apertura e di accoglienza nei confronti dello Spirito, autentico protagonista e animatore di ogni vocazione. In questo modo siamo resi ancor più consapevoli del fatto che la cura pastorale delle vocazioni prima di essere azione a favore di qualcuno, resta comune impegno di fedeltà alla sequela di Cristo, resa possibile dallo Spirito».
LA RETE
DELLA FORMAZIONE
Nel congresso internazionale degli animatori vocazionali francescani, svoltosi nell’ottobre del 2000 ad Assisi, a Santa Maria degli Angeli, pensando a un’icona biblica di riferimento per la pastorale vocazionale, era stata scelta quella della pesca miracolosa, nella piena consapevolezza che anche la pastorale vocazionale «ha bisogno di compiere questo atto di fiducia nella parola del Signore e gettare di nuovo le proprie reti».
La prima delle tre reti gettate, è stata quella della formazione, ritenuta la conditio sine qua non per puntare sulla qualità e la credibilità della vita e della missione francescana; è una condizione indispensabile, inoltre, sia per proporre con efficacia ai giovani candidati un itinerario formativo unitario, graduale e coerente, sia per essere in grado di annunciare ai giovani di oggi il carisma francescano, come proposta concreta ed attraente di vita.
In questo senso, viene allora ribadito come la formazione francescana sia un processo dinamico e unitario, umano, cristiano e francescano, di crescita nell’adesione vitale al vangelo, in un itinerario di conversione continua, nella piena valorizzazione sia della vocazione battesimale che di quella specifica.
Questo obiettivo generale dev’essere integrato poi da obiettivi più particolari, come, ad esempio, quelli di approfondire il legame tra la formazione permanente e la pastorale vocazionale (non lasciando nulla di intentato per costituire nelle diverse province la fraternità di accoglienza vocazionale, passando così dall’animazione della pastorale vocazionale affidata al singolo, alla costituzione di fraternità vocazionali vere e proprie), favorire il lavoro di équipe nel discernimento vocazionale (facendo attenzione che vi sia un giusto equilibrio tra esperti, anche laici, della vita spirituale e delle scienze umane), approfondire il profilo dell’animatore chiamato ad essere insieme formatore e accompagnatore pastorale, curare la crescita nel giovane della dimensione della fede, sia sul piano pedagogico che spirituale, promuovere la consapevolezza del candidato a essere protagonista del percorso di accompagnamento vocazionale, curare l’approfondimento vocazionale dell’identità del frate minore nella vocazione comune dell’ordine (vocazione laicale, diaconato permanente, presbiterato), fare un adeguato uso delle scienze umane e degli esperti in tali scienze, preoccupandosi che abbiano un’antropologia cristiana di riferimento e conoscano e apprezzino la vita religiosa, al fine di favorire il cammino di crescita verso un’autentica maturità umana sia nell’animatore vocazionale, sia in coloro che entrano in un cammino vocazionale.
Uno dei problemi più impegnativi è sicuramente quello di conoscere e di applicare i criteri per il discernimento dei candidati; questi criteri non sono una “gabbia rigida”; soprattutto da parte dei formatori se ne deve «tener conto seriamente per aiutare il giovane a percorrere un esigente cammino di crescita nella conoscenza di sé, di ciò che desidera realizzare nella vita e di ciò che Dio lo chiama a realizzare». Quest’opera di discernimento deve puntare verso una triplice maturità del candidato: umana, cristiana, francescana. Oltre alle esigenze di una «ragionevole salute psico-fisica», scrivono, ci sono, anzitutto, anche altri aspetti fondamentali di maturità umana da tener presenti nel discernimento, una capacità equilibrata e progressiva di relazione con se stessi, con gli altri, con Dio, il senso d’identità e di accettazione di sé nel pieno riconoscimento anche dei propri limiti, il senso di libertà e di responsabilità personale, la capacità di compiere scelte stabili, la possibilità di camminare verso una piena integrazione della propria affettività e dell’orientamento sessuale «verificando il peso che questi elementi assumono nella personalità complessa dei candidati».
Da quanto è scritto in questi Orientamenti, la maturità umana pare di gran lunga l’opera di discernimento più impegnativa; non per nulla vengono elencati accuratamente sia i requisiti prioritari per la verifica dell’area affettivo-sessuale, sia gli elementi essenziali di discernimento per quanto riguarda l’orientamento sessuale, evitando sia di sottovalutare questa dimensione, sia di enfatizzarla eccessivamente; nella verifica dell’orientamento sessuale dei candidati i formatori dovranno prestare particolare attenzione anzitutto all’assenza del senso del peccato, poi a situazioni prolungate di promiscuità sessuale e, infine, all’attrazione verso i minori. «Tale verifica è valida per tutti i candidati, indipendentemente dalla loro orientazione eterosessuale o omosessuale». Vanno però debitamente scoraggiati «progetti vocazionali in chi abbia vissuto situazioni simili, poiché difficilmente permettono alla persona di crescere e maturare armonicamente».
Una completa maturità umana è la base indispensabile su cui costruire quella cristiana; è un dato di fatto che gli ambienti da cui provengono i candidati spesso non offrono «la possibilità di conoscere e praticare un’autentica vita di fede»; proprio per questo sarà importante non assecondare scelte superficiali, prestando attenzione alla loro volontà di cercare e di fare la volontà di Dio, alla loro volontà di pregare, alla loro relazione personale con Gesù Cristo «nutrita dalla celebrazione regolare dei sacramenti e dalla riflessione sulla sua Parola e serio impegno a seguirlo», a una fede viva tradotta in parola e azione, a una adeguata conoscenza e adesione ai contenuti della fede e della morale cattolica e amore per la Chiesa, alla coscienza della presenza di Dio e della sua azione salvifica nella propria vita, nella Chiesa e nel mondo, alla volontà di essere evangelizzato e di evangelizzare, e, infine, allo spirito profetico, missionario ed ecumenico.
Nella individuazione dei criteri in un’opera di discernimento, alle esigenze della maturità umana e a quelle della maturità cristiana, si aggiungono, infine, quelle proprie della vita francescana. In questo senso i punti di riferimento sono chiari in partenza: una vita di penitenza espressa nella continua conversione a Cristo o e alla vita evangelica secondo lo spirito di san Francesco, un cuore pacifico e umile, uno spirito lieto e cortese, la capacità di vivere con altri fratelli, vicini e lontani, anche appartenenti ad altre culture, la disponibilità ad amare secondo la propria scelta vocazionale, uno spirito autentico di orazione e di devozione, la disponibilità al servizio e al lavoro, la volontà di essere con e per i poveri, la vita per la giustizia e la pace, il rispetto reverenziale per la creazione e l’ambiente come riflesso della presenza di Dio, la vita personale, comunitaria e professionale secondo un atteggiamento contemplativo.
Allo scopo di facilitare il sempre problematico passaggio dalle intenzioni ai fatti, in merito a tutti i criteri di discernimento sopra elencati, vengono suggerite molto opportunamente alcune domande: quali interventi formativi più urgenti e realizzabili vengono attuati nei confronti della fraternità locale e provinciale, per approfondire l’identità francescana in vista dell’accoglienza e dell’accompagnamento vocazionale? Quali forme concrete di collaborazione e di integrazione sono poste in opera tra pastorale vocazionale e formazione permanente? Quali interventi formativi sono ritenuti urgenti e realizzabili nei confronti degli animatori per la pastorale vocazionale, perché possano svolgere in modo competente il proprio ministero di formatori nell’ambito del discernimento vocazionale? Quali interventi formativi sono ritenuti necessari nei confronti dei giovani che si inseriscono nei nostri itinerari di discernimento vocazionale per aiutarli a pervenire, da soggetti autonomi e responsabili, a una maturità umana, cristiana e francescana sufficiente per abbracciare la nostra forma di vita?
LA RETE
DELL’EVANGELIZZAZIONE
La seconda rete lanciata dai frati minori è quella della evangelizzazione. «Riflettendo in questi ultimi decenni sulla nostra identità, ci siamo riappropriati della nostra radice antica: siamo una fraternità e una fraternità evangelizzatrice. Questa è la nostra vocazione e la nostra ragion d’essere nella Chiesa e nel mondo». Il gesto profetico richiesto oggi ai francescani è quello di trasmettere il tesoro affidato loro da san Francesco. Il loro specifico munus è di rendere testimonianza, come fratelli, per far conoscere «il bene, ogni bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero». I frati minori si sentono da sempre chiamati «all’evangelizzazione missionaria, all’interno della missione di tutta la Chiesa e in comunione vitale e profetica con essa», una evangelizzazione che dev’essere “nuova” nei metodi, nello spirito, nei mezzi, nella passione, una evangelizzazione mirata soprattutto a «testimoniare la vita stessa di Gesù, riflessa in uno specchio e resa tangibile in una fraternità di due o tre riunita e radicata unicamente nel suo nome».
Nel passaggio epocale attuale i frati minori si sentono “interpellati” da Dio e dagli uomini per convertire questo particolare momento storico in un tempo di grazia, curando la qualità della propria vita e la serietà dei progetti. «Ancora lungo resta il cammino da fare perché la nostra vita di preghiera diventi una realtà dinamica e creativa e perché le nostre fraternità diventino cellule vive del vangelo, luoghi privilegiati di incontro con Dio e con gli uomini».
Proprio questa testimonianza-annuncio dovrebbe diventare uno specifico itinerario vocazionale francescano; infatti i percorsi ecclesiali dell’annuncio della Parola, della liturgia e della carità, corrispondono ad altrettanti luoghi di testimonianza-annuncio, in vista della proposta e dell’accompagnamento vocazionale. Il passaggio importante da curare è allora quello che va da questi itinerari pastorali all’attenzione per la chiamata personale. «La fraternità che annuncia, celebra e vive la presenza e il servizio dei poveri, favorisce questo passaggio essenziale», riscoprendo nello stesso tempo «l’audacia della missione, il coraggio dell’andare di nuovo in mezzo agli uomini del nostro tempo».
Se in questa seconda rete l’obiettivo generale è quello di rendere visibile ed eloquente l’identità della fraternità che una volta evangelizzata è chiamata a sua volta a evangelizzare testimoniando la bellezza della propria vocazione, anche qui vengono indicati alcuni obiettivi più specifici; basta la loro semplice enunciazione per cogliere la concretezza e la serietà con cui i frati minori intendono muoversi nel campo della pastorale vocazionale; rientra infatti tra i loro traguardi immediati: quelli di camminare verso una vita fraterna sempre più autentica, in minorità, povertà e solidarietà, di prendere coscienza che il carisma francescano non è mai fine a se stesso, ma è per la Chiesa e nella Chiesa, parte di un tutto e non il tutto, di radicare la propria azione evangelizzatrice nell’esperienza della misericordia di Dio e nella crescita e proposta del primato dello “spirito di orazione e devozione”, di riconoscere l’inserimento vitale della pastorale vocazionale all’interno della pastorale ordinaria in comunione organica con le Chiese particolari, di promuovere una spiritualità di comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, di fare spazio a tutti i doni dello Spirito, senza cercare l’uniformità ma un’integrazione organica delle legittime diversità.
Rientra ancora tra questi obiettivi il voler valorizzare nell’annuncio vocazionale sia la dimensione internazionale della fraternità francescana che l’identità particolare d’ogni fraternità locale, il crescere nella responsabilità dell’annuncio esplicito del vangelo della vocazione, senza fermarsi a forme di pura testimonianza, ma coltivando la capacità di comunicare la bellezza e la sostanza del vangelo della vocazione, anche ai giovani “lontani”, il rivedere le strutture e l’uso dei mezzi di cui si dispone perché non costituiscano una contro-testimonianza rispetto al messaggio che si intende lanciare e al tipo di vita che si vuole promuovere, l’assumere con coraggio profetico l’annuncio del Vangelo della carità, attraverso l’impegno di un amore operoso e concreto verso ogni essere umano, soprattutto verso i poveri.
È inoltre importante aprirsi all’uso dei nuovi linguaggi e dei nuovi mezzi di comunicazione sociale per diffondere il vangelo della vocazione, facendo però attenzione a privilegiare quelli che sono più in sintonia con una scelta di minorità, povertà e solidarietà con gli ultimi, così come bisogna conoscere, apprezzare ed aprirsi con più convinzione e coraggio alla fattiva condivisione del carisma francescano con i laici, fino a forme audaci e profetiche di collaborazione con loro nella pastorale vocazionale, promuovere i luoghi in qualche modo privilegiati per un’educazione vocazionale, quali la famiglia, la parrocchia, le associazioni e i movimenti, evangelizzare i giovani, andando coraggiosamente verso i poveri, i lontani e gli immigrati, il mondo universitario e della cultura in genere, verso i movimenti ecclesiali, ascoltando le istanze dei giovani, tenendo conto della cultura mediatica nella quale oggi si formano e attraverso la quale comunicano, proponendo un accompagnamento che li aiuti a unificare il loro vissuto e assumere la responsabilità della propria esistenza in chiave vocazionale, evangelizzando le famiglie e collaborando con loro, perché diventino l’ambiente che favorisce e accompagna la crescita di tutta la persona, e aiuta i figli a maturare scelte di vita in prospettiva vocazionale.
Anche il mondo della cultura è uno degli “areopaghi” oggi da evangelizzare; a questo riguardo è importante operare perché si affermi gradualmente e in modo consono alle diverse culture, fino ad arrivare ad una “cultura della vocazione”; insieme al traguardo della cultura è ancora più significativo, infine, quello del dialogo ecumenico e interreligioso; a questo scopo i frati minori si impegnano a curare, nei diversi contesti geografici e culturali, l’incontro e il dialogo con le Chiese dell’oriente e le diverse comunità ecclesiali, oltre alle altre religioni, per comprendere meglio la situazione di pluralismo e di scambio interculturale, favorito dal massiccio fenomeno delle immigrazioni.
Anche in questo caso, come aiuto a gettare a livello personale, comunitario e provinciale la rete dell’evangelizzazione vocazionale, vengono suggerite opportunamente alcune domande; così, ad esempio, ci si deve chiedere: quali aspetti del carisma francescano vengono testimoniati in modo chiaro ed esplicito attraverso la vita personale e comunitaria, locale e provinciale? Quali aspetti sono invece in ombra e vanno ripresi e incrementati? Quali messaggi contraddittori vengono lanciati dalla incoerenza tra il dire e il fare e l’uso distorto di mezzi e strutture? Quali iniziative di evangelizzazione del mondo giovanile e familiare in chiave vocazionale svengono portate avanti? Quali collaborazioni tra varie entità vanno potenziate per superare il provincialismo e per valorizzare l’internazionalità dell’ordine in chiave d’annuncio vocazionale?
LA RETE
DELLA FRATERNITÀ
La terza e ultima rete è quella della fraternità. È soprattutto nella fraternità, infatti, che vengono coltivati i valori umani e cristiani attraverso i quali si può conseguire la piena maturità umana, cristiana e francescana; è sempre nella fraternità che ci si affida a Dio, si diventa seguaci di Gesù Cristo povero e crocifisso, si ascolta l’invito ad andare per mostrare l’effetto umanizzante del vangelo. È sempre dalla fraternità, quindi, che devono scaturire gli orientamenti operativi per la vita e la missione.
In continuità con quanto ripetutamente espresso in precedenza, i frati minori non possono non riconoscere che «la vita fraterna, intesa come vita condivisa nell’amore, è segno eloquente della comunione ecclesiale». L’autentica vita fraterna vive all’interno di questo grande riferimento; «lungi dal chiudersi in una sorta di narcisismo di fraternità, se è autentica, si apre alle dimensioni più ampie della Chiesa e del mondo».
Per tutte queste ragioni la fraternità, ai suoi diversi livelli, è anche «il primo luogo di proposta e di accompagnamento vocazionale». È compito specifico della fraternità assicurare non solo una formazione adeguata agli animatori vocazionali, ma anche strutture necessarie per accogliere e coltivare le vocazioni alla vita francescana; ogni fraternità locale, in altre parole, è luogo ordinario per curare le vocazioni, attraverso i canali della sua vita e missione quotidiana.
L’obiettivo generale in questa terza rete è allora uno solo: continuare nel rinnovamento della qualità della vita fraterna, al fine di vivere la fraternità come luogo primario di proposta e di accompagnamento vocazionale, promuovendo il coinvolgimento di tutti nella pastorale vocazionale, creando forme nuove e significative di vita fraterna, favorendo, infine, la comunione e la collaborazione tra le entità e con la famiglia francescana.
Volendo poi scendere ad obiettivi più specifici, diventa allora importante promuovere la qualità della vita fraterna, valorizzando gli aspetti positivi e riconoscendo serenamente anche le lacune, superare la mentalità di delega, favorire il coinvolgimento di tutti i membri della fraternità locale e provinciale nella pastorale vocazionale, identificare ambiti e ambienti nuovi nei quali osare inserirsi con fraternità capaci di essere significative e incisive nel nostro tempo, favorire la comunicazione delle esperienze comunitarie più significative soprattutto attraverso internet, aprendo il futuro dell’ordine a una sempre maggiore ed effettiva internazionalizzazione, favorire la collaborazione tra entità a livello interprovinciale, cercare forme di collaborazione con le altre componenti della famiglia francescana, esprimere l’unitarietà del carisma francescano anche con quei gruppi e movimenti ecclesiali che chiedono – nel rispetto della propria e dell’altrui identità e specificità – una collaborazione nel campo della pastorale giovanile e vocazionale, o in quello dell’accompagnamento spirituale, cercare, infine, forme di confronto e di collaborazione con i movimenti e gruppi ecclesiali, accogliendo da essi sollecitazioni e sfide, senza precomprensioni.
È in questa prospettiva che i frati minori gettano fiduciosi le loro reti della formazione, della evangelizzazione, della fraternità e guardano con ottimismo al futuro della pastorale vocazionale. Mentre in tutta la Chiesa si sta pregando, soprattutto in questi giorni, per le vocazioni, questi Orientamenti offrono uno strumento di riflessione che va ben oltre i confini dell’ordine francescano; il loro continuo richiamo alla dimensione ecclesiale di ogni proposta vocazionale, le esigenze di una maturità umana e cristiana, prima ancora di quella più specificamente francescana, dei candidati, possono essere delle preziose indicazioni di percorso anche per tanti altri istituti religiosi; lo sono sicuramente per quanti non intendono darsi per vinti anche sul futuro delle vocazioni di speciale consacrazione.
Angelo Arrighini