BATTESIMO DI LACRIME
Una donna si avvicina
a Cristo con la propria storia segnata dal peccato.
Il gesto di tenerezza
col quale bagna di lacrime i piedi di Lui
è come un battesimo
dal quale nasce una donna nuova.
Cristo a mensa con i peccatori è un’immagine esplicita della kenosi trasfigurante vissuta dal Figlio di Dio per raggiungere l’uomo, allontanatosi da Dio e dalla vita.
La mensa è un luogo dell’intimità, dell’incontro, della solidarietà. È l’espressione della comunione, dove l’incontro avviene nella partecipazione dei beni.
Cristo partecipa con i peccatori all’umanità isolata e lontana, spinta nella solitudine del deserto, per plasmare una umanità, piegata nella sua ribellione, a immagine della sua figliolanza.
I vangeli ci testimoniano con diversi episodi come i peccatori chiamavano il suo nome e gridavano verso di Lui implorando aiuto.
Una donna si avvicina a Cristo con la sua storia segnata dal peccato e dalle sue innumerevoli umiliazioni. Fa un gesto di tenerezza sui piedi di Cristo, anche perché arriva da Lui con ciò che lei è e con ciò che sa.
Ma a contatto con Lui la donna scopre che l’uomo sui cui piedi piange non è un uomo qualsiasi ma il Figlio di Dio. La sua umanità è una umanità luminosa, penetrata da un amore filiale che in lei suscita la verità di figlia e di sorella.
Cristo benedice la peccatrice perché in lei già vede e contempla la donna nuova. Vede lo splendore di una donna nuova, redenta, resa figlia da Dio, liberata dal peccato, purificata.
Lei è venuta come una persona disintegrata, dal momento che la sua umanità non era plasmata da un amore personale, luminoso e stabile. Perciò è immagine dell’umanità peccatrice.
Ma quando si china su Cristo, spinta dall’amore che scaturisce dall’accoglienza sconfinata che Egli le offre, aderisce a quell’umanità sua che le appare proprio nell’incontro con il Signore.
Lei accarezza i piedi di Cristo, e in questo gesto aderisce a se stessa nuova, lavata, rinata, come è in Lui.
Curva sul corpo di Cristo, aderisce con un amore nuovo, quello con cui Cristo la ama, all’umanità di se stessa, ormai plasmata dall’amore filiale e stabile che trova in Lui.
Le lacrime della donna nascono dalla delusione, dall’umiliazione, dall’amarezza di tanti amori illusori, ma cadono sul corpo di Cristo, bagnandolo come il battesimo di lei stessa.
La donna si scopre familiare, consanguinea con l’umanità di Cristo. La peccatrice si congeda da un’umanità guasta, soggetta al peccato e alla morte. E riscopre in Cristo la sua umanità amata radicalmente e definitivamente, segnata da un amore fedele, stabile.
Si scopre donna amata e amante. E ciò che è il suo più personale amore si stringe a Cristo come suo Signore e Salvatore. E in questo atto è resa figlia redenta.
Cristo ha infatti ai suoi piedi una donna nuova e benedice questa vita, affinché sia la vita che rimane, non un’amara ricerca di illusioni d’amore.
Cristo ha ai suoi piedi una donna morta alla schiavitù del peccato e risuscitata come nuova creatura.
La peccatrice ai piedi del Signore testimonia che non serve accusarsi dei peccati e decidere di cambiare, perché non si è in grado di mantenere queste decisioni prese di fronte a noi stessi.
La donna ai piedi di Cristo, in un’espressione esplicita di tenerezza, testimonia che ammettere la propria verità davanti al Signore fa trovare nel corpo del Signore offerto a noi quella nostra umanità che noi tanto desideriamo, ma che non siamo capaci di realizzare.
La peccatrice benedetta dall’amore di Cristo testimonia che il perdono non è un semplice cancellare i peccati, ma una trasfigurazione della persona intera.
Ora lei è morta al peccato, non ricorda più gli amori sbagliati, ma porta ormai impresso nel cuore il sigillo di Colui che l’ha amata e che ha fatto emergere in lei quella donna nuova che germoglia, germoglia proprio da quella vecchia.
Non ha cancellato il passato.
Il passato è stato trasfigurato.
Al posto del peccato è entrato il Signore stesso, al posto di un amore mercanteggiato è entrato l’amore del Figlio di Dio, e al posto degli amanti sbagliati e illusori è entrato il Signore, che ha fatto sì che invece di una peccatrice si trovi ora una donna nuova, capace di amare davvero.
Marko Ivan Rupnik
da Anche se muore vivrà, Lipa ed., Roma 2003.