NUOVI ORIZZONTI DELLA VITA CONSACRATA
IN COMUNIONE PER COLLABORARE
Oggi è quanto mai urgente
cercare insieme strade e percorsi che aiutino a crescere nella comunione al
servizio del Regno; ma cosa si può realizzare concretamente insieme? Quali
piste di azione si possono cercare per essere segno di comunionenella Chiesa e
nel mondo?
Sono sempre più numerosi oggi gli istituti di vita consacrata che vivono un’esperienza di condivisione tra culture diverse e percorsi formativi unitari con persone che provengono da varie parti del mondo. Si tratta di quell’interculturalità, di cui sempre più spesso si parla, sempre più presente e che si sta ora allargando fino a coinvolgere non solo i singoli individui, ma interi istituti e congregazioni stimolandoli a ripensare modalità, percorsi, progetti per alimentare sempre di più il carisma e camminare insieme per un maggior interscambio e una maggior condivisione.
Già nell’esortazione apostolica Vita consecrata al n.46 si leggeva: «Alle persone consacrate si chiede di essere davvero esperte di comunione e di praticarne la spiritualità, come testimoni ed artefici di quel progetto di comunione che sta al vertice della storia dell’uomo secondo Dio». E nell’istruzione Ripartire da Cristo al n. 29 viene ribadito con altrettanta forza: «In questi anni le comunità e i vari tipi i fraternità dei consacrati vengono sempre più intesi come luogo di comunione, dove le relazioni appaiono meno formali e dove l’accoglienza e la mutua comprensione sono facilitati… si nota inoltre una comunione più intensa tra le diverse comunità all’interno degli istituti. Le comunità multiculturali e internazionali, chiamate a testimoniare il senso della comunione tra i popoli, le razze, le culture, da più parti sono già una realtà positiva, dove si sperimentano mutua conoscenza, rispetto, stima, arricchimento. Si rivelano luoghi di addestramento all’integrazione e all’inculturazione e insieme una testimonianza dell’universalità del messaggio cristiano». Questo è anche l’intento dell’associazione membri delle curie generalizie che da diversi anni promuove un seminario intercongregazionale sulla formazione, a Roma, come esperienza forte di condivisione e di scambio: sono una serie di appuntamenti mensili con l’intento di creare dei veri e propri luoghi di comunione dove ricercare sempre di più i fondamenti della vita consacrata e i possibili percorsi da farsi per essere segno visibile, in questo tempo storico, dell’amore di Dio.
UN AIUTO
RECIPROCO
L’incontro del 15 marzo scorso è stato dedicato proprio al tema della solidarietà intercongregazionale. Il compito di illustrarlo era stato affidato a p. Jesús Castellano ocd, il quale ha spaziato nel campo della spiritualità, della formazione e dei progetti di missione, di azioni comuni, portate avanti in comunione, con particolare riferimento a quanto già avevano attuato numerosi fondatori e fondatrici. In effetti: «L’affinità tra i santi fondatori e fondatrici, lo scambio dei doni, il reciproco aiuto è una pagina bella da riscoprire nella storia della vita consacrata. Forse più forte e più ricca di quella delle rivalità tra le diverse famiglie…l’affinità spirituale e la vicinanza a Dio ha reso i fondatori uomini e donne che hanno coltivato una vera e propria amicizia spirituale ed una generosa collaborazione apostolica».
Ripercorrendo la vita di alcuni santi, dei fondatori e delle fondatrici, questo aspetto appare a prima vista come elemento costitutivo della propria vocazione e missione; senza una radicalità in Cristo e una comunione viva con lui nella chiesa a servizio del Regno, non ci sarebbe neppure uno spirito missionario né una capacità e/o volontà di mettersi in gioco per una testimonianza viva. Oggi si sente vivo all’interno delle nostre realtà ecclesiali, all’interno dei nostri istituti, «il bisogno concreto del mutuo e reciproco aiuto nella vita consacrata ad ogni livello». «È finito il tempo dell’isolamento e dell’autosufficienza; è arrivato il momento della comunione solidale, anche come frutto positivo di una purificazione dello Spirito che dilata i cuori e ci rende più aperti alla comunione come bisogno e un dono reciproco». La complessità del mondo d’oggi, la scarsità delle vocazioni, le problematiche mondiali che diventano sempre di più nodi da sciogliere e che richiedono continue competenze, interpellano tutti, consacrati compresi, e invitano a prendere coscienza che non è più possibile camminare ciascuno per conto proprio, che l’autosufficienza non produce frutti per nessuno, che l’individualismo non porta da nessuna parte, che certi progetti o si pensano insieme o rischiano di fallire e/o non hanno durata nel tempo.
In Vita consecrata al n.46 si legge: «Le sfide della missione sono tali da non poter essere efficacemente affrontate senza la collaborazione, sia nel discernimento che nell’azione, di tutti i membri della Chiesa»; una collaborazione che inizia dal rapporto comunionale fra le persone consacrate e i loro istituti. «La comunione che i consacrati e le consacrate sono chiamati a vivere va ben oltre la propria famiglia religiosa o il proprio istituto. Aprendosi alla comunione con gli altri istituti e le altre forme di consacrazione, possono dilatare la comunione, scoprire le comuni radici evangeliche e insieme cogliere con maggior chiarezza la bellezza della propria identità nella varietà carismatica, come tralci dell’unica vite. Dovrebbero gareggiare nella stima vicendevole per raggiungere il carisma migliore, la carità» (cf. Ripartire da Cristo n.30). Queste parole richiamano singoli, istituti e congregazioni, a vivere una profonda esperienza di comunione e collaborazione nella piena consapevolezza che solo nella stima reciproca, nell’accoglienza dei diversi carismi, si può camminare insieme per una testimonianza sempre più credibile. Ci sono già – sottolinea p. Castellano – esperienze positive in atto, ci sono già valide strutture di comunione ad ogni livello e proprio perché ci sono già meritano di essere incrementate e sostenute pur riconoscendo ancora il cammino che ci attende; «dobbiamo procedere con lo sguardo aperto verso il futuro che avrà sempre più bisogno di una reciprocità dinamica».
È necessaria una comunione di beni anche nel campo della spiritualità; per questo «occorre ritrovarsi uniti non solo nelle radici, ma anche nel vertice, nella comunione, nella dimensione carismatica delle spiritualità: come frammenti dell’unico tutto, parole dell’unico Verbo, tralci della stessa vite, carismi ecclesiali dello stesso spirito per la pienezza del Vangelo, fiori dell’unico giardino che succhiano alla stessa linfa della carità ma appaiono nella varietà dei colori e delle forme, per grazia di Dio».
Non sempre questa consapevolezza è radicata in noi e nei nostri istituti; facciamo continuamente esperienza di quanto sia difficile alimentare questo spirito di comunione pur desiderandolo; quanto sia difficile lasciare le proprie sicurezze; quanto sia difficile mettere in comune i propri doni, competenze, talenti; eppure nello stesso tempo, sperimentiamo che ciò che ci sorregge oggi è proprio questa capacità di progettare insieme, la capacità di stimolarci nella responsabilità carismatica. Solo se si evitano i campanilismi, le contrapposizioni dei diversi carismi, la superiorità gli uni sugli altri, se evitiamo l’illusione dell’esclusivismo del proprio carisma, sarà possibile crescere nella reciproca unità e comunione.
POSSIBILI PERCORSI
E PROGETTI COMUNI
Ma quali le linee operative per vivere questo sogno? P. Castellano ne individua alcune che ci sembrano particolarmente concrete per il nostro cammino: «Vedere i carismi alla luce dell’unico vangelo di Cristo; ricordarci vicendevolmente nella preghiera quando la Chiesa nell’anno liturgico celebra le memorie dei fondatori o di santi di diverse famiglie di vita consacrata; aiutarci a conoscere meglio i carismi; favorire il senso di appartenenza, insieme, alla Chiesa dei carismi storici del vangelo espressi dalla vita consacrata, per stimolarci nella vocazione universale alla santità e alla missione; testimoniare insieme la bellezza e la complessità dell’unico vangelo di Cristo, specialmente nell’ambito dell’ecumenismo spirituale e del dialogo interreligioso della spiritualità; frequentarsi spiritualmente in momenti di ritiri, di esercizi spirituali, giornate di comunione dei carismi, in modo da arricchirsi e stimolarsi nell’impegno comune della santità e della testimonianza visibile dell’unità della chiesa e nella chiesa per il mondo».
In secondo luogo, a livello teologico, «occorre aprirsi a una visione unitaria del disegno salvifico: creazione, incarnazione, redenzione in Cristo, effusione e presenza dello Spirito. Si tratta di scoprire l’impronta trinitaria di comunione, la chiamata alla reciprocità in ogni persona e in ogni cultura». A livello sociologico – continua p. Castellano – «viviamo in un mondo non più diviso e separato, ma mescolato, grazie al flusso delle migrazioni che manifestano anche un bisogno reciproco degli uni in favore degli altri. Non possiamo ignorarci. Ormai parole come missione ed ecumenismo, carità e dialogo non si riferiscono a terre lontane, ma alle nostre città dove conviviamo con persone di altre nazioni, di altre culture, di altre chiese e religioni». Per questo è importante sviluppare insieme una teologia della com-passione, della collaborazione, del rispetto e dell’attesa dell’opera di Dio; occorre operare insieme per il bene dell’umanità con un amore sempre crescente verso i poveri, ammalati, anziani, giovani, bambini, donne sfruttate, persone messe ai margini della società.
Non è forse questa la missione della Chiesa? Non è forse questo amore gratuito e disinteressato, questo prendersi cura dei piccoli, dei poveri, dei più deboli, ciò che spetta anche ai consacrati nella pluralità dei carismi? Ciò a cui tutti devono sentirsi chiamati è proprio la vocazione alla fraternità universale, «la preoccupazione per ogni essere umano»; «l’appello a una Chiesa amica dell’umanità che non condanna ma incoraggia, che non esclude ma include, che non scomunica ma fa entrare nella verità e nella vita di comunione, che non si impone ma si propone»; questa l’immagine di Chiesa che i consacrati sono invitati ad annunciare, a proclamare soprattutto con la testimonianza della loro vita. Chiamati dal Maestro a seguirlo nella via della castità, povertà e obbedienza, a loro viene chiesto, oggi più che mai, di essere testimoni nella chiesa e con la chiesa di un «perdono continuamente chiesto e offerto, per la purificazione della memoria, per recuperare il passato in positivo, per trarre dai mali un bene. Fare penitenza per gli sbagli passati significa proposito coerente e fermo di non ripeterli in avvenire».
Proprio per facilitare questo grande ideale, questo impegno così vasto, ma anche così bello da vivere, è importante entrare in una logica di collaborazione e di aiuto reciproco. Solo così infatti sarà possibile superare quelle barriere di individualismo e di autosufficienza che il più delle volte dividono, ostacolano, sminuiscono la comunione nella chiesa e a servizio della chiesa. Quali suggerimenti allora per alimentare e sostenere una maggiore collaborazione e un aiuto reciproco? Sicuramente «la partecipazione a progetti apostolici e missionari ben elaborati da una famiglia di vita consacrata che ha una particolare capacità di programmare e di realizzare con l’aiuto di altri; elaborare e realizzare progetti apostolici e missionari comuni nel territorio in collaborazione con la chiesa particolare, mettendo a profitto di un’opera comune le migliori energie e le capacità carismatiche più vive; sollecitare a mettere in comune, per il bene di tutti, i beni materiali e spirituali dei diversi carismi: case e risorse, scienza e tecnica, accoglienza e mezzi di comunicazione; prendere iniziative comuni nella chiesa a favore di urgenti bisogni, come testimonianza e fermento di comunione apostolica, in collaborazione con i laici e i movimenti ecclesiali».
Questi semplici suggerimenti, che p. Castellano offre, aiutano a trovare le strade per crescere sempre di più nel senso di appartenenza reciproca, nella dimensione dell’amicizia, nell’accoglienza gli uni degli altri respingendo tutto ciò che a che fare con «gelosie, diffidenze, competizioni, sleali concorrenze che non giovano alla comunione e alla testimonianza e indeboliscono a lungo andare le opere e le loro motivazioni apostoliche per il regno di Dio». Tutto questo aiuti e stimoli ciascuno a vivere la spiritualità della comunione fatta di collaborazione, aiuto reciproco, stima vicendevole per servire nella gioia Cristo crocifisso e risorto.
Orielda Tomasi