OBLATI DI MARIA IMMACOLATA

VOCAZIONE E MISSIONE DEI “FRATELLI”

 

Non solo nella congregazione OMI la componente fratelli non chierici ha talora sofferto per una presunta “appartenenza minore”. Gli oblati sono impegnati a riflettervi nel preparare il capitolo generale del 2004.

 

Condurre una riflessione profonda sul ruolo dei fratelli in una congregazione clericale: era stata una raccomandazione del capitolo generale degli Oblati di Maria Immacolata (OMI) nel 1998. La prima fase dello studio su tale argomento, che ha impegnato per un anno con l’aiuto di un questionario tutti i fratelli, è stata conclusa: lo ha comunicato alla famiglia oblata il superiore generale p. Wilhelm Steckling, il quale in una sua lettera del 1 novembre 2002 invita tutti i componenti la congregazione “a partecipare senza riserve alla seconda tappa” di una riflessione oggi tanto necessaria se si pensa che – egli fa osservare – tra le congregazioni clericali non è soltanto quella degli OMI a intraprenderla.

Dopo aver ringraziato coloro che hanno risposto al questionario “e, soprattutto, quelli che hanno condiviso con tutto il loro cuore la propria esperienza personale di vita oblata”, p. Steckling presenta il documento, redatto per la seconda fase da un gruppo di lavoro predisposto dal governo centrale della congregazione, intitolato Fratelli nella missione. Il documento è accompagnato da una guida allo scambio comunitario sul tema. Il risultato della riflessione condivisa sulla base del materiale offerto – assicura il superiore – “unito a quello di tutte le comunità oblate nel mondo sarà oggetto di una sintesi a cura del gruppo di lavoro. Questo contributo da parte di tutta la congregazione verrà sottoposto all’attenzione del prossimo capitolo generale del 2004”.

Il documento Fratelli nella missione si apre riportando la citata raccomandazione dell’ultimo capitolo generale, quindi presenta la formazione del gruppo e i tempi del lavoro svolto: sette fratelli e un sacerdote, rappresentanti di ognuna delle regioni della congregazione (Africa/Madagascar anglofona, Africa/Madagascar francofona, Canada, Stati Uniti, America Latina, Asia-Oceania, Europa), i quali hanno lavorato a Roma dal 24 al 30 ottobre 2002. Lo stesso superiore generale p. Steckling aveva dato il via ai lavori del gruppo ricordando la linea fondamentale sulla quale muoversi per utilizzare al meglio i contributi dei fratelli, i quali si attendono un quadro più preciso di quello attualmente proposto dalle costituzioni della congregazione, e da essi vissuto, in ordine alla loro vocazione e al loro carisma/missione. 

 

IL PENSIERO

DEI FRATELLI

 

“In un primo momento – premette il gruppo – abbiamo esaminato le sintesi delle risposte dei fratelli di tutta la congregazione al questionario generale inviato a novembre del 2001. Ha risposto circa il 40% dei 521 fratelli consultati, appartenenti a una fascia d’età compresa tra i 30 e 90 anni! L’impressione d’insieme può essere così riassunta: generalmente i fratelli sono felici. La maggior parte di essi è vivamente interessata a questo questionario e le loro risposte dipingono uomini sereni, a proprio agio nella loro vocazione”.

Emergono pure, dalle loro risposte, osservazioni critiche e spunti di riflessione circa le aspettative suscitate dallo stesso questionario; emerge anche una insistenza sulla complementarietà tra fratelli e sacerdoti allo scopo di arrivare a una migliore comprensione della vocazione oblata: “Chiediamo un orientamento chiaro e preciso... Sarebbe un miracolo!”. “Questa inchiesta è una buona cosa. Per i fratelli coadiutori, come noi, è un salvagente”. “Ho esitato molto prima di scrivere questa lettera, poiché esprimermi così fa ribollire ancora una volta il sangue nelle mie vene... Adesso, il mio cuore sta sanguinando”. “Là dove non c’è posto per i fratelli, la provincia è morta”.

La tradizione consolidata riguardo alla componente fratelli non chierici della famiglia religiosa OMI è descritta da una risposta con questi tratti: “Constato che i fratelli rivelano ciò che sono più con l’esempio che con le spiegazioni, con l’azione più che con le definizioni. I fratelli si comportano da fratelli nei confronti di tutti. Sono convinti che tutti gli esseri umani sono uguali davanti a Dio. Liberi dalle attese ecclesiali che si impongono ai ministri ordinati, i fratelli sono liberi di impegnarsi in diverse forme di ministeri”.

Ma essi insistono pure sul bisogno oggi più che mai comprensibile di una formazione appropriata; sollevano inoltre il delicato problema del clericalismo, esistente perfino tra i giovani oblati, e chiedono di essere coinvolti più direttamente nell’azione missionaria: “Il mondo è fatto in modo tale da esigere la qualità. Il Vangelo merita di essere servito con un livello di professionalità che richiede tutti i nostri talenti”. “Allo stato attuale, mi sento a disagio nell’invitare qualcuno a divenire fratello”. “Generalmente i giovani sacerdoti screditano i fratelli. La vocazione dei fratelli è l’ultima delle loro preoccupazioni”. “Mi auguro che anche i fratelli siano ben integrati nella pastorale dell’evangelizzazione. Non che si occupino solo degli aspetti materiali. Questo richiede che si dia loro una formazione adeguata”.

Il gruppo di lavoro fa presente a questo punto che molte delle esigenze che oggi vengono a galla dalle varie esperienze dei fratelli sono già state considerate dalla congregazione OMI, nei vari congressi sul tema dei fratelli e anche nei capitoli precedenti quello del 1998.

Tuttavia, la riflessione imposta dall’oggi intende andare più alla radice, avendo come tema la posizione degli oblati fratelli non chierici in una congregazione che è clericale, ossia di oblati fratelli chierici (che perciò vengono chiamati padri): una posizione che esige, secondo quanto chiedono le risposte riportate, non solo di divenire più chiara nella sua formulazione teorica ma, come sembra, anche di essere più robustamente supportata nella concreta struttura di una precisa risposta “alla pari” alla vocazione e alla missione OMI.

La questione che la congregazione OMI affronta non è di poco peso, come si può leggere nelle domande che il gruppo di studio ha formulato a partire da un preciso sguardo critico: “Come mai dopo 175 anni, la questione del “ruolo dei fratelli in una congregazione clericale” si pone sempre? Quali blocchi, cecità o paralisi denuncia? Quali conversioni o quali cambiamenti di prospettiva richiede? La domanda è formulata in modo giusto rispetto al suo contenuto? Che cosa ha bisogno di essere approfondito, il ruolo dei fratelli o una migliore comprensione della vita religiosa vissuta nel carisma oblato? Per una migliore comprensione della missione oblata, che cosa significa questo carattere “clericale” attribuito alla congregazione in quanto tale?”.

 

NELLA MISSIONE

COMUNE

 

E già nel richiamo al carisma e alla missione si intravede il prevalere dell’essere fratelli a vicenda fra tutti gli oblati e del rendersi fratelli in forma “specifica” all’esterno: “La presenza dei fratelli mantiene le nostre comunità vicine alla vita quotidiana delle persone. Noi siamo dei missionari OMI, chiamati da Gesù Cristo a condividere la sua missione vivendo in comunità apostoliche di sacerdoti e di fratelli coinvolti principalmente nell’evangelizzazione dei più abbandonati (cf.Costituzioni 1). Inoltre, in quanto fratelli, riconosciamo ciò che potrebbe essere chiamato una “ermeneutica della fraternità”, che è il nostro modo abituale di situarci in rapporto al Vangelo e alle costituzioni e regole. Questo ci permette di riconoscere Gesù come fratello, di comprendere la sua attività missionaria concreta come altrettanti gesti di fraternità nei confronti di tutti coloro che lo avvicinavano”.

E ancora, con riferimento di speciale riguardo al carisma e alla spiritualità del fondatore s. Eugenio di Mazenod: “In un certo modo, i fratelli oblati sono “memoria vivente”, segno del carisma della vita fraterna nella congregazione”.

Un carisma che accentua così fortemente la vocazione a testimoniare “Gesù fratello” e che informa del suo vivo significato non soltanto simbolico l’identità e la missione dei fratelli OMI necessita oggi, come già detto, di una rilettura più profonda: lo ribadisce con chiarezza il documento inviato da p. Steckling alle comunità e che riceve molta luce anzitutto dall’esigenza di una formazione che non solo avvicini maggiormente, e in senso anche affettivo, i fratelli ai padri ma che pure, nello stesso tempo, fornisca loro mezzi culturali proporzionati alla dignità del servizio al Vangelo e delle persone che negli svariati campi odierni sono sensibili a un annuncio mediato dalla carità fraterna, la quale si esprime in mille forme e contesti sociali nonché ai più vari livelli specialmente di povertà.

Scrive un fratello rispondendo al questionario: “Coloro che diventano sacerdoti sono avvantaggiati: partono in missione o per gli studi”. E un altro: “Essendo il giardiniere della casa, non ho mai avuto una formazione, né come giardiniere, né come altro”: quasi a sottintendere che un fratello che abbia seguito studi teologici e completato la formazione anche con corsi appropriati alla cura dei giardini potrebbe fare di tale servizio qualcosa di molto più grande anche in funzione evangelizzante che non avendo imparato soltanto a potare i rosai.

E viene in mente l’esempio di un fratello che nelle Filippine ha con intelligenza difeso la terra: fratel Mau (Mauricio Zuyco omi) presentato da un fratello redentorista, Karl M. Gaspar, e riportato in Documentazione OMI 250/gennaio 20031. Fratel Mau, infatti, ha servito il Vangelo non solo lavorando nelle tipografie, ma soprattutto stando accanto ai coloni poveri nella concreta situazione della loro terra. In mezzo ad essi ha assistito gli immigrati, contribuito a far scolarizzare adulti e bambini e, con particolare passione da “giardiniere del creato”, ha realizzato notevoli progetti ecologici quando ha vissuto, per dieci anni, tra i manobos. “Ha spinto le persone a piantare alberi da frutto e alberi da ripiantare nelle foreste. Si è appassionato talmente alla cosa che ha piantato centinaia di alberi. Oggi, la collina un tempo spoglia sulla quale era stata costruita la chiesa è un’oasi di alberi che hanno prodotto semi che, a loro volta, sono divenuti giovani piante e poi alberi che servono a trattenere l’acqua”.

Ma scrive un altro fratello: “So bene che Dio non fa differenze tra gli uomini. Ma gli uomini, anche le persone di Chiesa, ne fanno di differenze. Negli oblati dovremmo parlare piuttosto di complementarietà, ma c’è un aggiustamento da fare... Forse bisognerebbe cancellare la parola “clericale” dalla Regola”. Espressioni semplici e dirette, come molte altre, e certo non inadeguate alla portata dei problemi che hanno richiesto il contributo responsabile di tutti gli oblati al prossimo capitolo generale. Infatti è ammirevole la serietà con cui il gruppo di lavoro ha riflettuto sui pareri espressi dai fratelli interessati, e ha tenuto conto anche delle piccole sfumature che potevano lasciar trasparire qualche vissuto di sofferenza. 

Come sacerdoti e fratelli – leggiamo nelle conclusioni del documento – “siamo riuniti in comunità apostoliche, condividendo responsabilità complementari nella missione (cf. Costituzioni 1 e 7). Un certo numero di questioni sollevate durante la nostra riflessione riguardavano il vasto ventaglio di esperienze dei fratelli, tesi tra il sogno e la realtà... Quanto al termine giuridico di “congregazione clericale”, ci siamo chiesti, a partire dal punto di vista dell’esperienza, fino a che punto questo dovesse essere determinante e contribuisse a mantenere un malessere generale tra di noi che condividiamo una comune consacrazione oblata”.

E infine, offrendo a tutti come gesto di amore fraterno il lavoro svolto: “Dobbiamo riconoscere che alcuni dei nostri confratelli portano ancora le ferite di una appartenenza di seconda classe” e sono testimoni di un passato che ha bisogno di guarigione e di riconciliazione. Inoltre, ovunque esiste il potere, il clericalismo rimane una minaccia per tutti, sacerdoti e fratelli. Questo deve essere confrontato e guarito di comune accordo e attraverso un amore fraterno autentico”.

 

Zelia Pani

 

1 L’esempio è stato citato nella conferenza Fratelli in comunione con i poveri presentata da fratel Karl M. Gaspar c.s.s.r. al congresso nazionale dei Fratelli delle Filippine svoltosi all’Università St.La Salle, Bacolod, dal 18 al 20 ottobre 2002.