IL GENERALE DEI COMBONIANI SULLA CASTITÂ

TESTIMONI DELL’AMORE DEL CROCIFISSO

 

Sulla scia del clamore sollevato dal recente problema in materia di abusi sessuali, p. Ferreira propone una riflessione sulla castità. Ha ancora senso oggi fare voto di castità? L’importanza di chiarirsi le idee per una testimonianza più autentica e una pastorale_più realistica.

 

Mentre in tutte le province comboniane si sta preparando il capitolo generale, p. Manuel Ferreira e il consiglio generale inviano alla congregazione una lettera “sul rinnovato impegno nella castità consacrata davanti al fenomeno degli abusi sessuali”.1

Amore per la verità, giustizia e carità sembrano essere gli elementi caratterizzanti della prima parte di questa lettera in cui si tratta degli abusi sessuali. Dopo una breve distinzione e spiegazione dei concetti, p. Ferreira giunge alla realistica conclusione che “a prescindere dalle possibili responsabilità penali, per i sacerdoti e i consacrati ogni attività sessuale con altre persone riveste una particolare gravità morale. Non è soltanto un’infedeltà alla propria consacrazione, ma tradisce la fiducia che le persone – credenti o non – mettono nel consacrato e viola il vincolo di responsabilità proprio dell’impegno ministeriale come rappresentante della Chiesa”. Non si tratta solo di peccato contro la castità ma, in un certo senso, anche contro la giustizia.

Proprio la giustizia richiede, a chi vivesse questo tipo di problema e a chi ne fosse a conoscenza, di superare il muro della segretezza e della vergogna e prendere le decisioni necessarie per far fronte con responsabilità alle cause che sono alla radice di questi comportamenti. Infatti “non si tratta di un problema semplicemente morale, di conversione, di buoni propositi, ma di un problema umano; ci sono persone che difficilmente riusciranno a superare la loro tendenza senza un aiuto specializzato, psicologico e spirituale, che venga loro offerto dall’esterno”. E la carità dei confratelli è essenziale per un possibile recupero: “la persona in questa situazione ha bisogno più di ogni altro di sentirsi accolta e compresa, e non giudicata e condannata… Soltanto una felice convergenza di atteggiamenti evangelici di semplicità, umiltà, discrezione e chiarezza da entrambe le parti può produrre il miracolo di mettere qualcuno sul cammino del recupero”.

 

LA CASTITÀ

NEL MONDO D’OGGI

 

Iniziare una lettera sulla castità dagli abusi sessuali è un prendere coscienza della non osservanza di un valore che rimanda immediatamente a prendere in considerazione le motivazioni ultime e positive alla base di questa scelta.

P. Ferreira si chiede se esistono ragioni forti e positive per la castità, o se non sia un valore superato, segno vuoto che a nessuno dice più niente. “Negli atteggiamenti della società attuale - annota - non si può fare a meno di costatare una profonda ambiguità. Mentre da una parte mostra una grande indignazione di fronte a determinate violazioni in campo sessuale, come la pedofilia, dall’altra è una società che sta lanciando permanentemente il messaggio subliminale di “pratica il sesso quando vuoi, con chi vuoi e come vuoi”; è una società che esalta il sesso puramente genitale, separandolo da tutti i suoi componenti che più lo umanizzano e gli danno dignità: l’amore responsabile, la comunione di vita, la fecondità; è infine una società che induce a credere che tutte le fantasie e i sogni riguardanti il sesso possono e devono essere soddisfatti”.

Viene da chiedersi, in una società con tali caratteristiche, se tutta la reazione contro la pedofilia sia motivata da una stima nei confronti della castità o da una reale preoccupazione nei confronti dell’infanzia, o non sia piuttosto “una specie di ricerca di un “capro espiatorio” da demonizzare per scaricare la coscienza collettiva… La reazione potrebbe essere interpretata, allora, come una mozione di condanna della Chiesa per essere essa l’unica che ricorda alla società il valore della castità; o come se fosse la Chiesa l’unica obbligata a osservare la castità, giacché è l’unica che la predica”.

Anche i religiosi, secondo p. Ferreira, risentono pesantemente dell’influsso culturale al punto di non essere più tanto sensibili al valore della castità, se non addirittura a sentire vergogna di annunciarlo. “Non è sintomatico il fatto che, nella nostra proposta vocazionale, raramente si fa riferimento a questa dimensione della consacrazione missionaria?”. Si fa riferimento alla solidarietà, alla giustizia sociale, ai poveri, alla libertà… ma non si fa menzione della verginità, elemento caratterizzante della vita consacrata. “Dovremmo invitare i giovani - afferma p. Ferreira - ad abbracciare la vita consacrata non “malgrado” il celibato, ma “a causa” di esso”.

La verginità è sempre stata un ideale vivo e presente nella Chiesa, e né le correnti ideologiche che si sono succedute nel tempo né le infedeltà di coloro che sono venuti meno al loro impegno hanno potuto sopprimerla o alterarla.

In realtà “la ragione ultima della castità consacrata va cercata nello stesso Gesù, nella scelta del celibato che lui fece come espressione della sua totale dedizione al Regno. Gesù manifesta chiaramente il motivo della sua opzione: “Vi sono eunuchi che si sono fatti tali per il Regno dei cieli”. È importante l’osservazione che Gesù aggiunge: “chi può capire capisca”; quasi a sottolineare che simile opzione presuppone una decisione molto cosciente e meditata, alla quale giungono soltanto quelli a cui è stato concesso di “capire” (cf. Mt 19,12). La verginità, pertanto, prima di essere una propria scelta, è un “dono””.

 

VERGINITÀ CONSACRATA

E MISTERO PASQUALE

 

Se la verginità consacrata è una scelta per il Regno, essa ha un messaggio per tutti coloro che entrano nel Regno, siano essi celibi o no. “L’opzione per la verginità - specifica p. Ferreira - non demonizza o squalifica la sessualità, ma pone in evidenza il carattere umano, provvisorio di questa, impedendo così che degeneri in un assoluto. La verginità parla del destino finale dell’essere umano, dove “non si prende né moglie né marito” (Mt 22,30), ma anche della sua origine. Dio è all’inizio e alla fine di ogni amore”.

La scelta di verginità richiama all’uomo una verità ontologica: egli è fatto per Dio, e “nel suo cuore c’è uno spazio insopprimibile che soltanto Dio può colmare”. Essa, perciò, non è qualcosa di esclusivo di una determinata categoria dentro la Chiesa ed estranea alle altre. Certo, “l’opzione verginale è possibile solamente per chi ha scoperto che è infinitamente amato e, come conseguenza, è capace di amare in modo simile. Senza questa scoperta, non è possibile né credibile una scelta in questo senso”. Si consacra alla verginità, quindi, solamente chi capisce che il dono di sé a Dio e agli altri è il minimo che può fare come risposta all’amore ricevuto.

Proprio per questo, simbolo per eccellenza dell’amore verginale è la croce, pienezza dell’amore. “L’amore verginale è fondamentalmente amore pasquale e, come tale, deve percorrere l’itinerario pasquale perché il vergine apprenda ad avere gli stessi sentimenti del Figlio che consegna la vita mentre la riceve dalle mani del Padre”. Se l’amore è morire a se stessi e dare la vita per gli altri, allora è una realtà pasquale: è morte che si trasforma in vita. E la verginità “è una manifestazione singolare della sessualità; è una sessualità che è passata attraverso la croce e la risurrezione; è sessualità pasquale, libera e liberata, sobria e ricca di vita”; più che una realtà posseduta una volta per tutte essa è la meta di un cammino soggetto a tutte le fatiche e le stanchezze di chi sale con la sua croce verso il monte della pasqua.

La sessualità per i consacrati è una realtà da gestire positivamente e attivamente, per non essere da essa gestiti. “Ciò che occorre fare - afferma p. Ferreira a proposito della sessualità del consacrato - è integrarla in un progetto distinto da quello della persona sposata, in una sintesi diversa, anche se non meno feconda”. Integrare è cosa ben diversa da reprimere. Mentre la prima umanizza le energie sessuali e le indirizza verso altre forme d’amore, la seconda tenta di sopprimere o nascondere ai propri occhi tutti gli aspetti relativi alla sessualità. E non basta un’integrazione razionale e intellettuale, destinata a sfociare nella repressione e, secondo p. Ferreira, a creare asceti freddi e duri; è necessaria un’integrazione affettiva ed emotiva, che non consiste tanto nel non esercizio della genitalità, ma nella capacità di esprimere la sessualità in un amore ablativo e liberatore, poiché “la “castità perfetta” è in stretta relazione con la “carità perfetta””.

La castità, come la carità, non si conquista una volte per tutte. “C’è un lungo cammino di apprendistato e di purificazione da percorrere, in cui è necessario mantenersi tra due estremi opposti ugualmente dannosi: il primo consiste nel cedere a un tipo di relazioni ambigue che portano di per sé all’amore possessivo e genitale; il secondo nel rimanere fisicamente casti ma emotivamente freddi, incapaci di trasmettere gioia e calore umano, incapaci di essere sacramenti dell’amore con il quale Dio ci ama”.

 

MEZZI

PER LA CRESCITA

 

Nella terza parte della sua lettera p. Ferreira si sofferma, a partire dalla tradizione spirituale tipica della vita consacrata, sui mezzi che permettono di compiere un cammino realistico di crescita nella scelta di castità.

Alla base di tutto è necessaria una visione di fede alimentata dalla preghiera: senza questa non è possibile mantenere e approfondire le motivazioni che sono al fondo di una scelta di castità per il Regno. Bisogna ricordare a questo proposito che “la preghiera è un atto libero e spontaneo, frutto dell’amore, ma è anche una disciplina che esige uno sforzo perseverante riguardo al tempo e ai metodi”.

Anche se il termine non gode molta fama oggi, è necessaria una seria ascesi, che è in grado di condurre alla vera libertà. Infatti “non si potranno integrare e sottomettere alla persona le distinte forze che sorgono in noi senza lotte e rinunce, senza l’abito dell’autodisciplina”, e non solo per quanto riguarda l’esercizio della sessualità, ma anche per “l’uso del tempo, il cibo o la bevanda, il gioco, il posto che occupa la televisione nella nostra giornata”.

Ci vuole poi la vigilanza, “per discernere con rettitudine e trasparenza gli affetti che deviano dall’amore casto, per non confondere la carne con lo spirito e lo spirito con la carne, per non prendere per amore o per amicizia soprannaturale ciò che è un amore puramente umano”. Vigilanza, quindi, sia sulla nostra vita relazionale che su quella spirituale e sulle motivazioni che le reggono.

Di particolare importanza è la comunità. “Il celibe ha rinunciato a una famiglia basata sulla carne e sul sangue non per vivere una vita da solitario, ma per essere parte di una fraternità fondata sulla fede e aperta all’universalità”. È nella comunità che si possono esprimere e condividere le ricchezze affettive, luogo in cui ci si può e si dovrebbe sentire accolti, rispettati e amati al di là delle diversità, palestra dell’amore vicendevole. “Quante crisi nascono per l’assenza di relazioni fraterne nella comunità e quante si risolvono per la loro presenza”. In comunità, ricorda p. Ferreira, costruisce di più chi più ama con un amore gratuito e disinteressato, cioè in modo casto.

E non può mancare lo strumento dell’accompagnamento spirituale, che nel tempo ha vissuto cambiamenti significativi rispetto alla dimensione della sessualità. “Da una formazione e direzione spirituale centrata quasi esclusivamente in essa, fino a creare paure e ossessioni, si è passati a metterla quasi totalmente sotto silenzio, come se fosse un campo che appartiene alla privacy più stretta che ciascuno gestisce per conto proprio”. Per crescere in un’esperienza serena della castità consacrata bisogna vivere una direzione spirituale sincera e trasparente, “giacché in pochi campi come in questo il rischio di ingannarsi è più facile e il discernimento personale più difficile”. Soprattutto quando si vive un momento di prova in questo campo è importante confrontarsi col direttore spirituale, senza lasciare che passi troppo tempo e diventi difficile essere aiutato.

Anche il discernimento vocazionale deve tenere conto di questa dimensione della persona del candidato, “servendosi anche dei mezzi che la psicologia mette a disposizione. Ciò potrebbe prevenire molti problemi del futuro. Anche per chi si è già impegnato nella professione perpetua o nel sacerdozio, l’incapacità a vivere la sua consacrazione, manifestata con gravi e ripetuti abusi con altre persone, può essere un segno che Dio non lo chiama nel cammino della castità consacrata. In questo caso, il ritorno allo stato laicale potrebbe evitare danni maggiori a persone innocenti e gli permetterebbe di rifare la sua vita cristiana con dignità e coerenza”.

 

Concludendo la sua lettera, p. Ferreira ricorda che la verginità consacrata è, anzitutto, un dono ricevuto da Dio che si deve trasformare in dono da offrire a Lui ogni giorno. “Ci saranno momenti in cui la stanchezza del cuore o l’esperienza della propria infedeltà ci faranno toccare con mano quanto è dura la salita al calvario; momenti in cui costatiamo che, per essere pienamente fedeli è necessario morire. Sarà necessario allora, come Samuele, ripetere per al seconda e la terza volta, e in maniera più cosciente e umile, l’“Eccomi, perché mi hai chiamato?”. Se il nostro fervore può diminuire, la grazia e la fedeltà di chi ci ha chiamato non viene meno”.

 

E. B.

 

1 FERREIRA LOPES M. A., “Testimoni dell’amore del Crocifisso. Lettera del Consiglio generale sul rinnovato impegno nella castità consacrata davanti al fenomeno degli abusi sessuali”, MCCJ BULLETIN, gennaio 2003, pp. 19-31.