UN SACRAMENTO PER TORNARE A DIO

 

 “Nella Chiesa non si attua soltanto il ministero di riconciliazione, ma la realtà di salvezza e la conversione assieme a tutti i fratelli: ci si riconcilia con Dio e con la Chiesa”: è un messaggio proprio della quaresima, che anche questo libro1 di Rinaldo Falsini, notissima firma di prestigio in campo liturgico, ci ripropone mentre entriamo nel “momento favorevole” e “giorno della salvezza” che anche quest’anno ci è donato.

Il libro è la versione riveduta e aggiornata di La penitenza. Rito e catechesi pubblicato dall’autore a Milano nel 1990, e p. Falsini lo introduce facendo presente che a circa trent’anni dal Rito della penitenza (RP) del 1974 nell’edizione italiana il sacramento della penitenza – che sulla scorta del Catechismo della Chiesa cattolica preferisce chiamare “penitenza e riconciliazione” – “si trova ancora al centro del dibattito a tutti i livelli e nella molteplicità dei suoi aspetti”.

Perché il dibattito è tuttora acceso? E perché è difficile concluderlo con sollievo di quanti faticano a comporne i termini ma soprattutto per un’ accoglienza della riforma che sia di vera utilità spirituale ai fedeli che amano celebrare nella fede questo sacramento?

L’autore risponde richiamando i fatti che hanno quasi bloccato le due grandi novità che dopo il Vaticano II avrebbero potuto superare la nota e lunga crisi del sacramento, ossia la dimensione comunitaria particolarmente nel terzo rito con la confessione e l’assoluzione generale, e la presenza della parola di Dio nel primo rito che è quello di più frequente “uso” ossia la celebrazione tra il singolo penitente e il sacerdote.

Ma mentre prosegue il dibattito tra gli esperti, i quali devono tener conto anche degli interventi della gerarchia al riguardo, rimane di grande utilità una rivisitazione del Rito, sia da parte dei “confessori” che da parte dei “penitenti”, meglio ancora con la guida di un commento come questo offerto da p. Falsini. Preziosa è infatti la ricchezza dei contenuti teologico-spirituali che il Rito riversa sulla celebrazione del sacramento, e che il commento mette in evidenza accentuandone di volta in volta le peculiarità capaci di sollecitare un’esperienza reale di riconciliazione con Dio nella Chiesa per una rinnovata vita cristiana, nel tempo di quaresima e in qualsiasi periodo dell’anno liturgico.

 

ATTORNO AL RITO

LA SITUAZIONE

 

Una introduzione storica alla trattazione ambienta la prassi antica dal Nuovo Testamento al III secolo e dal III al XIII secolo, rilevandone i fondamenti teologici e l’evoluzione delle forme celebrative nonché la prassi attuale a partire da quella fissata nel Rituale di Paolo V nel 1616, giunta senza cambiamenti fino al concilio Vaticano II e dal concilio fatta oggetto di riforma. Questa si concluse con l’entrata in vigore il 21 aprile 1974 del Rito della Penitenza, contenente la proposta delle tre forme celebrative: per la riconciliazione del singolo penitente, per la riconciliazione comunitaria con accusa e assoluzione individuale, e per la riconciliazione comunitaria con accusa e assoluzione generale. Tre forme nelle quali “la vera novità non si coglie solo a livello rituale e formale, ma nei valori e nelle prospettive che sono presenti in ogni forma”. Infatti, aggiunge p. Falsini, “il nuovo Rito recupera e ripropone alcune forme del passato, osservando che il popolo di Dio “in molti e diversi modi fa questa continua penitenza e si esercita in essa” (RP 4). E ricorda in particolare: la partecipazione alle sofferenze di Cristo, le opere di misericordia e di carità, le celebrazioni penitenziali (una forma del tutto nuova), la proclamazione della parola di Dio, la preghiera, gli elementi penitenziali della celebrazione eucaristica”

Eppure – prosegue – “la proposta conciliare non è valsa ad arrestare la crisi che ha investito il sacramento negli ultimi decenni, così che la discussione è continuata con i suoi nodi tuttora effettivamente da sciogliere e che sono il riflesso anche della situazione nella quale si trovano in concreto gli stessi fedeli: il senso del peccato e della penitenza, inteso il primo come semplice violazione della legge e la seconda come opera faticosa o pena inflitta per una colpa; il senso del sacramento, presentato da un lato come gesto del perdono divino, ma considerato dall’altro lato nella sua natura giudiziaria; la mediazione della Chiesa e del ministro, sentita come intromissione nel rapporto del penitente con Dio; la forma celebrativa auricolare praticata come esclusiva per ogni tipo di peccato e anche di imperfezione; il significato degli atti del penitente, in particolare della confessione, visti quasi come una imposizione fiscale a fine assolutorio; la relazione fra eucaristia e penitenza che pone quest’ultima in subordine o la svaluta a lasciapassare” per la partecipazione all’eucaristia con la comunione. E vi si aggiunge il clima generale, “fatto di psicologismo e abitudinarietà del penitente, di giuridismo, con un misto di severità e paternalismo da parte del confessore; privatizzazione della forma celebrativa; isolamento dall’intero contesto penitenziale” sia dei singoli che della comunità ecclesiale.

 

ALLE FONTI

DELLA SALVEZZA

 

Al fine di “ridonare al sacramento un ampio respiro storico e vitale e un’espressione ricca e varia di autentico canmino di conversione”, la prima delle tre parti nelle quali il libro è strutturato e che analizza il Rito si apre con due importanti paragrafi in cui l’autore precisa il contesto del sacramento nella storia della salvezza e nella vita della Chiesa, nonché la sua struttura celebrativa, gli elementi e lo spirito che la compongono nelle sue tre forme; forme la cui diversità “non contraddice all’unità e all’unicità del sacramento della penitenza o riconciliazione. Anzi esse servono a manifestare più chiaramente la natura personale ed ecclesiale sia del peccato, sia della conversione e sia della riconciliazione”. E giustamente si sottolinea che fra le tre forme quella individuale “riscuote ancora il maggior favore anche perché manifesta in modo insostituibile che il peccato investe la diretta responsabilità di ognuno e che il perdono raggiunge ciascuno in ciò che ha di più personale”.

Densa di dottrina è la corposa seconda parte del libro intitolata Riflessioni teologiche, la quale sviluppa i fondamenti teologici, appunto, già accennati in precedenza nei diversi momenti dell’analisi del Rito. Essa offre una presentazione globale del sacramento quale evento di salvezza nella Chiesa ed evento personale di conversione; riflette sui suoi elementi fondamentali, che sono il peccato (rivelazione del peccato, le distinzioni tra peccato, legge, colpa e tra peccato, peccati, peccatori), la conversione e la riconciliazione; la riflessione continua in un terzo paragrafo sulla penitenza nella vita della Chiesa oggi, soffermandosi sul rapporto tra battesimo ed eucaristia, il passaggio dal battesimo alla penitenza e il rapporto tra penitenza ed eucaristia.

Di indubbia utilità i suggerimenti contenuti nella terza parte del libro in funzione di una celebrazione del sacramento che possa rispondere al meglio alle intenzioni finora concretizzate dalla riforma voluta dal concilio, così che quanti vi si accostano nella fede non soltanto non ne restino delusi ma, riconciliati con Dio e con la Chiesa, gustino realmente la gioia di essere “liberati dal peccato per la grazia di Cristo” e meglio disposti, oggi più che mai, a “essere nel mondo, insieme con tutti gli uomini di buona volontà, operatori di giustizia e di pace” (RP 5).

 

Z.P.

1 FALSINI R., Penitenza e riconciliazione nella tradizione e nella riforma conciliare, Ancora editrice, Milano 2003, pp.143, € 12,00.