MAESTRO DI MISERICORDIA

 

Uno spirito tutto pervaso di misericordia accolta nell’umiltà, affermata_nella verità, donata senza misura nella carità: è stata così per consolarne_la Chiesa e il mondo l’anima del beato Giovanni XXIII.

 

 “Soprattutto restaci buono e indulgente, o Signore. Noi ti saremo fedeli pur nelle nostre debolezze e caducità, ove abbiamo sopra di noi la tua misericordia. Oh, la tua misericordia, la tua misericordia, o Signore. Noi faremo i nostri sforzi per esserti fedeli, ma è alla tua misericordia che noi affidiamo le nostre speranze e le nostre certezze perenni e immortali”.

I cardinali, che nel conclave del 1958 avevano pensato di eleggere nel vecchio Roncalli un papa noto personalmente a molti per la sua bonomia, scarsamente caratterizzato e perciò senza ostilità pregiudiziali nel collegio cardinalizio, si erano del tutto sbagliati; si potrebbe pensare a un accecamento biblico.

In realtà Giovanni XXIII, in uno stile che rifuggiva dall’intransigenza e dal dogmatismo, nel rispetto profondo di tutti, al punto da essere scambiato per un bonaccioni insignificante, nel suo lungo itinerario si era formato un’opinione ben precisa sulla natura della Chiesa, che è organismo vivente, giardino da coltivare e non museo da conservare; sulla congiuntura storica, che ha ombre ma anche luci e, infine, sulla risposta che i tempi imponevano al cristianesimo di dare attingendola dal Vangelo e dalla grande tradizione.

Fino allora l’esemplare obbedienza da lui esercitata gli aveva posto limiti molto stretti; ora la sua elezione rovesciava tale situazione e proprio l’obbedienza, che lo rendeva immediatamente soggetto alla volontà di Gesù Cristo, lo portava a operare secondo le sue convinzioni “affinché ogni uomo veda la salute di Dio”, come disse nel discorso di accettazione del 28 ottobre 1958.

Il primo gesto da cui risultò evidente che le parole di Giovanni corrispondevano a uno stile di vita e di servizio, fu la visita alle carceri di Roma. Con questo egli voleva anzitutto mostrare di essere vescovo di un popolo e come tale avvicinarsi ai più emarginati, a quelli certamente più bisognosi di misericordia.

Ma non fu solo il fatto di andare alle carceri, ma il modo in cui andò e parlò ai carcerati.

Già il suo modo semplice e spontaneo di rivolgersi alla gente provocava immediatamente simpatia e fiducia; poi l’aver cercato di eliminare ogni imbarazzo ricordando che anche uno dei suoi familiari, sia pure per brevi giorni, aveva varcata la soglia del carcere parve veramente un atto di delicatezza estrema dettato da un cuore molto grande.

Proprio questa capacità di essere sempre se stesso, attento agli altri, preoccupato di esprimere “nella mitezza la buona grazia del ricevere, del parlare, del trattare, la pazienza del sopportare, del compatire” senza lasciarsi modificare dal ruolo papale è una delle ricchezze e dei motivi di credibilità di questo papa.

È una linea che ha scelto nel lontano 1900 e a cui resterà sempre fedele, convinto che sia la linea vincente perché più prossima alla sequela del Cristo.

Giovanni XXIII sente di dover dare una grande risposta agli uomini del suo tempo; egli intende esercitare il proprio ruolo primaziale in tutta la sua pienezza e convoca il concilio. “Il concilio ecumenico vuole essere un segno della misericordia del Signore sopra la sua Chiesa. Tocca perciò nel punto più alto la coscienza, il cuore del successore di Pietro”.

E in effetti il concilio è la sede in cui avviene quella svolta epocale per cui la Chiesa sceglie la medicina della misericordia.

Tale svolta costituisce dottrinalmente una premessa necessaria per impostare un ecumenismo cattolico sincero e autentico, che infatti nel concilio ha mosso i primi ma solidi passi. Essa segna anche la fine di una cultura dominata dall’opposizione a un avversario: volta a volta la cultura moderna, l’eretico interno alla Chiesa, il comunismo, insomma qualcuno contro cui schierarsi.

La Pacem in terris appare come la più avanzata applicazione di quella medicina, proprio nella misura in cui spalanca le porte a una collaborazione tra credenti e non credenti a servizio comune dell’uomo.

La consapevolezza radicalmente interiorizzata della sovrana misericordia di Dio non abbandona Roncalli neppure quando esercita il servizio papale.

Anche da papa, soprattutto da papa, continua a sentirsene dipendente e condizionato; la conformità al Cristo è anzitutto accettare di essere avvolto dalla misericordia del Padre e dispensare misericordia a ogni uomo.

 

Angelina e Giuseppe Alberigo

da La misericordia in Giovanni XXIII,

PSV/29, EDB