OGNI BATTEZZATO UN MISTICO

 

Mistica per tutti, si potrebbe dire. Ma non è né uno slogan pubblicitario, che di questi tempi non troverebbe poi molto eco, né una ricetta “fai da te” per appassionati di esoterismo, bensì il dato, l’invito e la proposta dell’esperienza profonda del “mistero” di Cristo nella Chiesa e nella tradizione monastica che si ricava dall’ultimo libro di dom Bernardo Olivera, abate generale dei cistercensi riformati (OCSO).1

Parole come “mistica” e “mistero”, dopo essere scomparse dal vocabolario dei figli e dei nipoti, ancora viventi, del secolo dei Lumi, quali manifestazioni degenerate e degeneranti del “patologico” o allusioni ad una enigmaticità oscura e irrazionale come il vivere stesso, fanno la loro timida ricomparsa, sia pure con venature di sincretismo o di sacralizzazione neo-pagana dei riti della società del benessere, nel deserto della disillusione e della globalizzazione post-moderna segnata dalla fine (o almeno dalla consumazione) dei miti della ragione e del progresso ad ogni costo.

La modernità prima, e la post-modernità dopo, – come ben mostra in esordio l’acuta analisi di dom Bernardo – hanno progressivamente, e pericolosamente, eliminato dall’orizzonte dell’esistenza il trascendente con il risultato che «ogni aspetto della cultura si è emancipato da ogni istanza religiosa e procede autonomamente» (ivi, p. 29), in un contesto in cui ormai dominano, accanto alla frammentazione della persona e della realtà e alla perdita del senso, «la relativizzazione dei valori, l’assolutismo della scienza, l’egoistica deificazione dell’individuo, l’ignoranza o il rifiuto di Dio come datore ultimo di significato» (ibidem), elementi tutti che «mettono in discussione il fatto religioso in sé», ma anche la possibilità per l’uomo di un’esistenza piena e felice.

Mai come oggi, dunque le parole “mistica” e “mistero” sono portatrici e rivelatrici di senso, in grado di ricostituire il tessuto umano disgregato dalla minaccia del nichilismo e del relativismo imperanti. E proprio per tutti.

La parola “mistero”, scrive Bernardo Olivera, «non è sinonimo di enigma o di problema. Il mistero è incomprensibile, ma non inintelligibile, se fosse inintelligibile sarebbe un assurdo. Il mistero si riferisce alla dimensione più profonda della realtà ed a questo nucleo ultimo che dà senso a tutto ciò che esiste. Per questo, lo stesso essere umano è mistero ed è stato creato per il mistero. L’intelligenza e l’amore umani sono capaci di portare il mistero, anche se tante volte il peccato spinge la ragione a pretendere di eliminarlo. La persona umana, in quanto intelligente e libera, è orientata dall’interno, ed in modo ineludibile, al mistero. Questo orientamento, che trae origine nelle profondità più recondite del nostro essere, ci costituisce appunto come persone» (ivi, p. 47).

E il “mistero”, in cui l’uomo e la realtà tutta trovano senso e compimento, è quello di cui parla san Paolo agli Efesini: il disegno del Padre di «ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» (Ef 3,16-17). Disegno, come ben spiega dom Bernardo, eterno (perché «Dio l’ha concepito da sempre e per sempre«), libero (perché «scaturisce dalla liberissima decisione della volontà di Dio»), intelligente («frutto dell’infinita sapienza di Dio»), amoroso («l’amore è contemporaneamente il contenuto e lo scopo del mistero»), storico (in quanto «si è manifestato e si manifesta in tempi e luoghi»), personale («rivolto a ciascuno come unico e irrepetibile»), comunitario (che «abbraccia tutti in fraterna ed ecclesiale relazione d’amore») attuale («si riferisce all’ ‘adesso’ di ciascuno di noi»), trascendente (e per questo «sempre superiore alla nostra possibilità di comprensione») (cf. ivi, pp.49-50). Ma soprattutto è il disegno-mistero che si svela in Cristo, il mistero del Verbo incarnato, morto e risorto, nel quale si svela anche il mistero-enigma dell’uomo, come già aveva chiaramente affermato la GS (n. 22).

Solo in relazione a questo mistero, al mistero trinitario di Dio manifestato agli uomini in Cristo, si definisce l’esperienza mistica cristiana. La mistica cristiana, anzi, come afferma Bernardo Olivera, è «il compimento del mistero di Cristo in noi: egli vive in noi e noi viviamo in lui» (ivi, p.142), «l’apice dell’incontro tra ciò che è contingente e l’assoluto, il finito e il trascendente, tra la creatura e il Creatore» (ibidem). I mistici e le mistiche, dunque, sono “coloro che entrano nel mistero e si lasciano da questo trasformare” (ibidem), e soprattutto «coloro che – mediante la conoscenza e l’amore – sperimentano la manifestazione del mistero, grazie ad un misterioso influsso divino» (ivi, p.143). Ma non si tratta di una ristretta categoria di persone a cui sono concesse esperienze soltanto straordinarie: «ogni battezzato e battezzata – è ancora dom Bernardo che scrive – è un mistico e una mistica, anche se ha esperienza solo latente e non pienamente cosciente del mistero», dal momento che «l’esperienza mistica, in quanto affetto e consapevolezza di una realtà di presenza e comunicazione, in grado più o meno elevato, ha il suo posto nello sviluppo normale della vita di grazia e della crescita delle virtù teologali» (ibidem).

Deus diligendus est, Dio è da amare, insomma. E allora si tratta di non fare della fede un’insieme di verità chiuse in una scatola e buone solo per l’intelligenza, ma piuttosto di sperimentare, sul piano della coscienza e dell’affettività (proprio come si fa «l’esperienza del respiro, della digestione, della circolazione del sangue», direbbe dom Bernardo) la realtà del rapporto con Dio che ricostituisce l’unità e l’identità della persona. Questa la mistica cristiana: «un’esperienza integrale caratterizzata dalla relazione con Dio e che si comunica in Cristo», oppure «una sapienza di fede che accoglie la rivelazione divina di Cristo» (ivi, p. 60) e su questa impegna tutte le risorse intellettuali ed affettive della persona.

A partire da Cristo, “il mistico per eccellenza”, che vive nell’intimità di relazione col Dio trinitario, l’esperienza (mistica) di un processo continuo di “autocoscienza della propria identità” e di “riscoperta della propria missione” che raggiunge il culmine nelle tappe del battesimo al Giordano, sul Tabor, al Getsemani, sul Calvario, e nel giorno di Pasqua, il libro di Bernardo Olivera passa in rassegna l’eredità spirituale dei “mistagoghi” e le “mistagoghe” cistercensi e medievali (Bernardo di Chiaravalle, Aelredo di Rievaulx, Guglielmo di Saint-Thierry, Isacco della Stella, Baldovino di Ford, Lutgarda, Hadewijch di Anversa, Beatrice di Nazareth, Matilde e Geltrude di Helfta), maestri e maestre che iniziano e introducono al mistero di Dio nascosto nelle profondità dello spirito umano, a una mistica, al maschile o al femmi­nile, identica nella sostanza, le cui esperienze più comuni si riferiscono in genere: «alla bontà liberatrice e dell’amicizia di Dio (dulcedo), alla compunzione del cuore (compunctio), al deserto e all’oscurità che attrae e trasforma (desertum), al desiderio di infinito e di assoluto (desiderium), all’al­leanza sponsale con l’Amato (sponsalia), alla comunione delle volontà (unitas spiritus), ed all’alternarsi dei fenomeni spirituali (alternatio)» (ivi, p. 85).

Un lessico, un itinerario, che continua a scandire il cammino di ricerca e di incontro con Dio in Gesù Cristo della vita monastica, cui è affidato un compito primario nella vita della Chiesa e di questo nostro tempo, ma buono per ogni cristiano che voglia sperimentare nel cammino di ogni giorno la compagnia e l’alleanza fedele di Dio.

«Ad altri il compito di servire Dio; a voi quello di aderire a lui. Ad altri l’obiettivo di credere in Dio, di sapere [che egli esiste], di amarlo di prestargli culto; a voi quello di gustarlo, comprenderlo, conoscerlo, goderlo», scriveva Guglielmo di Saint-Thierry (Lettera d’oro, 16). Quel “voi”, quel noi, sono i monaci e le monache d’ogni tempo, e d’oggi, ma ci auguriamo, si augura un libro come questo, ogni uomo che voglia autenticamente conoscere se stesso in Cristo.

 

Patrizia Girolami o.c.s.o.

 

 

1 BERNARDO OLIVERA, Il sole nella notte. Mistica cristiana ed esperienza monastica, Milano, Ancora, 2003, pp. 160.