PER UN ECOSISTEMA COMUNITARIO

CINQUE MOMENTI IMPORTANTI

 

Per costruire un sano equilibrio comunitario padre Maloney attira l’attenzione sull’importanza che hanno nella vita fraterna cinque momenti particolari: i pasti, la preghiera, la distensione, gli incontri comunitari e l’apostolato.

 

Se si osserva la natura con occhio attento ci si accorgerà che le varie specie di animali e gli altri organismi per poter sopravvivere e svilupparsi hanno bisogno di un loro particolare ecosistema.1 Se questo si deteriora, le specie diminuiscono e rischiano poco alla volta di estinguersi, come in effetti è avvenuto per milioni di esseri che hanno popolato la terra. E potrà avvenire la stessa cosa anche per la specie umana.

A formulare questo invito a imparare dalla natura è padre Robert Maloney, superiore generale della Congregazione della missione, in un articolo apparso sulla rivista americana Review for religious,2 in cui afferma che anche le comunità religiose per crescere e prosperare hanno bisogno di un sano ecosistema; in caso contrario andranno incontro al declino fino un giorno a scomparire.

Per costruire questo ecosistema, il primo fattore essenziale, a parere del padre è l’animazione, termine oggi molto usato, che significa infondere vita, animo, spirito. In molti documenti delle comunità religiose contemporanee si legge che i superiori – qualunque sia il termine impiegato per designarli – in una congregazione internazionale o in una provincia o comunità locale hanno la missione di essere degli animatori in mezzo agli uomini o alle donne con cui vivono. Non è un compito facile, commenta il padre. In effetti si tratta di una sfida enorme e cita a sostegno della sua affermazione due realtà, una di ordine esistenziale e l’altra di carattere giuridico/antropologico.

La prima riguarda un’esperienza della sua congregazione. Nel corso degli ultimi anni, circa trecento membri dell’istituto tra i 35 e 50 anni hanno seguito a Parigi un corso di formazione permanente di tre mesi. Erano persone provenienti dai cinque continenti e da diverse nazioni. Il sacerdote incaricato di promuovere il corso ha dichiarato che fin dall’inizio una delle angustie espresse con maggior frequenza da queste persone riguardava il loro disagio nella vita di comunità. Sentivano che mancava qualcosa, come il sostegno nella fede, la solidarietà nell’azione, l’incoraggiamento, la comprensione e quel calore che molti oggi cercano, soprattutto i giovani, entrando in una comunità apostolica.

Questo senso di disagio, scrive padre Maloney, costituisce una delle sfide su cui occorre riflettere.

La seconda realtà si riferisce all’aspetto giuridico/antropologico e anch’esso presenta una sfida enorme. Le costituzioni dell’istituto a cui il padre appartiene, all’articolo 129 – ma lo stesso è detto anche in quelle di altri istituti – scrivono: «La congregazione si forma specialmente nelle singole comunità locali». In effetti, «è qui dove noi siamo contenti o scontenti, dove preghiamo o non preghiamo. È questo anche il luogo dove godiamo della compagnia degli altri o da cui fuggiamo, dove programmiamo e agiamo in maniera solidale nel servire i poveri oppure dove semplicemente ci parcheggiamo di notte come in un comodo motel per uscire di nuovo al mattino come apostoli solitari erranti. Questo dato giuridico/antropologico solleva un interrogativo pressante: siamo capaci di creare nelle nostre comunità locali un sano ecosistema in cui i nostri membri possono vivere, crescere e prosperare?».

Ma c’è qualcosa di più. L’articolo citato delle costituzioni afferma: «Il superiore, in quanto centro di unità e animatore della vita della comunità locale, deve promuovere i servizi della casa, e con la comunità, deve avere a cuore la crescita personale e l’attività di ciascun confratello». Naturalmente non è il solo; altri condividono la sua responsabilità. Ma se il superiore esercita bene il suo mandato, le possibilità per la comunità di essere molto viva sono elevate. In caso contrario, la comunità locale avrà molta difficoltà nel trovare quell’animazione e quel respiro di cui ha bisogno per vivere in maniera sana.

Ma ciò solleva subito un problema e di conseguenza, scrive il padre, suscita «una seconda speranza in me». Le costituzioni di molte congregazioni propongono un piano comunitario riguardante la vita e l’attività della comunità locale. Si potrebbe chiamarlo un patto d’alleanza. In altre parole, ciò significa che ognuno di noi si affida agli altri per la propria attività apostolica, la vita d’insieme, la preghiera, i voti, la formazione continua e la stessa vita. Ma, osserva, «ho l’impressione che molte comunità locali – e qui sta il problema – non prendano sul serio la formulazione, l’adempimento, la valutazione e la revisione regolare di questo progetto. Durante le mie visite alle province come superiore generale, ho notato spesso che il progetto comunitario locale è fatto male o si riduce al semplice orario quotidiano. E questo è anche il frequente rilievo che giunge dalle relazioni che i provinciali mi inviano riguardo le loro visite nelle comunità locali. Allora la mia seconda speranza è la seguente: che un numero sempre maggiore di membri della congregazione abbiano a prendere sul serio la programmazione comunitaria locale e che anche il superiore locale impari a fare altrettanto».

 

CINQUE MOMENTI

IMPORTANTI

 

Quando si parla della comunità bisogna però essere concreti. Dietrich Bonhoeffer, ebbe a dire: «Colui che ama più il proprio sogno di comunità che non la comunità concreta distrugge la comunità». La comunità esiste se la viviamo concretamente e vitalmente. Per far sì che ciò avvenga, p. Maloney richiama l’attenzione su cinque particolari momenti della vita di comunità, atti a costruire un ecosistema adatto, che sono come l’aria, l’acqua, il sole, il fuoco e il suolo della comunità locale.

 

I pasti

 

Può sembrare strano, sottolinea il padre, cominciare parlando del pasto anche se è vero che il principale atto comune che Gesù offre ai suoi discepoli è proprio un pasto. Ma l’attenzione non va rivolta tanto al cibo quanto ai pasti come segno e momento di unione, di rapporti sereni. Non molti decenni fa, si passava il tempo dei pasti leggendo. Oggi invece essi sono l’occasione per uno scambio fraterno. Purtroppo a volte nelle comunità si mangia in fretta e non c’è tempo per conversare. In alcune è persino difficile trovarsi tutti insieme anche a un solo pasto quotidiano.

L’aspetto più importante che caratterizza la conversazione è l’ascolto attento. Come membri della comunità dovremmo essere profondamente interessati gli uni degli altri, di ciò che ci riguarda, delle nostre storie, dei nostri doni, dei progetti che ci animano. Non c’è nulla di peggio, scrive p. Maloney, dell’avere delle interessanti esperienze da raccontare a tavola e non trovare nessuno che abbia voglia di ascoltare.

Evidentemente è il banchetto eucaristico ad avere il ruolo più significativo nella nostra vita. È infatti il tempo dell’ascolto attento della parola di Dio, della condivisione della fede e dell’unione delle proprie vite nel Signore. «Alcune delle mie memorie più vive in comunità, scrive p. Maloney, sono state alcune meravigliose celebrazioni eucaristiche». E questo porta a presentare un secondo elemento chiave per rafforzare l’ecosistema comunitario: la preghiera.

 

La preghiera

 

Anzitutto la preghiera liturgica, che deve essere preparata bene e celebrata in maniera bella e meditativa. Se così avviene, allora essa diventa un tempo significativo per mettersi in contatto con Dio, gli uni con gli altri e con i giovani che desiderano vivamente pregare con noi. È un tempo, rileva p. Maloney, in cui si può esclamare con il salmista: «È bello dar lode al Signore e cantare al tuo nome, o Altissimo, annunziare al mattino il tuo amore, la tua fedeltà lungo la notte» (Sal 92,2-3).

È chiaro però che una preghiera di routine, male preparata e distratta ha ben poco valore. Come ebbe e dire una volta un grande santo, è come «una cane che abbaia» alla presenza di Dio. Ma se invece è fatta bene secondo la tradizione della Chiesa, la preghiera liturgica è qualcosa di bello per il Signore e attraente per quanti vi partecipano, specialmente per i giovani d’oggi che hanno sete di un’esperienza di preghiera.

In secondo luogo, la preghiera di meditazione che può sembrare un esercizio solitario, ma è essenziale che i membri della comunità si sostengano l’un l’altro nel riflettere sulla parola di Dio e nel contemplare la sua presenza. Nel corso degli anni, scrive il padre, ho sentito molto il sostegno e l’incoraggiamento dei miei fratelli a questo riguardo.

Spesso dei membri di piccole comunità dicono che è quasi impossibile riuscire a pregare insieme perché sono in pochi e presi da una quantità di cose da fare. «Dissento profondamente, scrive p. Maloney, da questa loro conclusione. Mi rendo conto, ovviamente, che la preghiera delle piccole comunità non può essere la stessa di quelle grandi. Ma anche in quelle piccole bisogna pregare insieme. Se non troviamo il tempo per farlo, siamo perduti».

 

L’umorismo

 

Se la preghiera rappresenta il cuore umano che cerca Dio, l’umorismo ci aiuta a comprendere che Dio è imprevedibile, come anche la maggioranza di noi, sue creature. È molto importante che ci sia dell’umorismo in comunità. Esso favorisce l’armonia e impedisce di prendersi troppo sul serio. Se è importante che la comunità lavori insieme, altrettanto importante è che, di tanto in tanto, sappia rilassarsi e ridere insieme, godendo della reciproca compagnia.

Tomaso d’Aquino afferma qualcosa di interessante a questo riguardo: «La serietà non temperata manifesta una mancanza di virtù poiché disprezza il gioco che è tanto necessario a una buona vita umana quanto il riposo».

La comunità locale dovrebbe essere creativa nell’organizzare tempi di divertimento. «Sono vissuto in una comunità in Panama, scrive p. Maloney, dove ci ritrovavamo ogni lunedì dalle diverse case di missione per pregare insieme, per un incontro e poi anche per godere insieme il resto della giornata in compagnia. Praticamente nessuno mancava in quel giorno. Ma ci sono molte altre possibilità; ciò che è importante è che godiamo nello stare insieme, nello scherzare e rilassarci e a volte nel fare semplicemente dell’umorismo».

 

Incontri

 

Anche se gli incontri a volte sono avvertiti come una seccatura, o come hanno detto alcuni, rappresentano una delle forme moderne di mortificazione, essi tuttavia rappresentano dei momenti molto importanti nella vita della comunità. Sono il tempo in cui si realizza un’importante forma di comunicazione. Dovrebbero essere momenti in cui ognuno si sente coinvolto e in cui esercitare la comune responsabilità circa i valori da condividere e le scelte da compiere.

Due sono a parere di p. Maloney gli incontri particolarmente importanti. Il primo riguarda la formulazione del progetto comunitario locale. Purtroppo, come ha già osservato, molte comunità si limitano a stabilire un semplice ordine del giorno anziché considerare l’incontro come un momento creativo. Sono molto pigre nell’esercitare quella flessibilità che le costituzioni permettono. Questo genere di incontro può invece diventare un tempo in cui creare, sviluppare e arricchire quell’ecosistema comunitario di cui si è parlato prima.

Il secondo tipo di incontri particolarmente importanti riguarda la verifica, la revisione di vita. Nella comunità noi cerchiamo una conversione continua I tempi di verifica hanno lo scopo di farci riflettere, con grande onestà e sincerità, sulla nostra missione e il nostro stile di vita. In questi incontri ciascuno può offrire dei suggerimenti per la crescita della comunità locale. Spesso la chiave di tutto è l’equilibrio, ossia la capacità di integrare i vari valori: missione, preghiera, vita d’insieme. Nella nostra vita il semplice dialogo è essenziale, poiché aiuta a manifestarci vicendevolmente i nostri sentimenti e pensieri, a porre utili interrogativi, a esprimere le nostre reazioni senza essere né difensivi né aggressivi.

 

Apostolato

 

Nelle comunità religiose, l’apostolato ha una dimensione comunitaria. In un’epoca dominata dall’individualismo, è importante che i superiori locali sappiano programmare insieme con i membri delle loro case, valutare in comune e animare i membri a lavorare in équipe per quanto è possibile. Ci sono poche cose capaci di unirci quanto la collaborazione in un entusiasmante progetto apostolico comune. È meraviglioso quando, in senso buono, ci sentiamo orgogliosi di quanto facciamo in una determinata attività.

Ma ci sono diverse altre occasioni per dimostrare la propria solidarietà apostolica. Per esempio, si chiede il padre, siamo capaci di ascoltare volentieri i nostri confratelli o consorelle che raccontano ciò che hanno fatto durante il giorno, tornando a casa stanchi la sera e sentono il bisogno di chiacchierare un po’ con noi? Permettiamo loro di condividere i problemi che hanno trovato nell’apostolato? Preghiamo per loro e insieme con loro nel loro apostolato? Le nostre comunità possono essere realmente chiamate comunità apostoliche?

Purtroppo non tutte le comunità si rinnoveranno e raggiungeranno gli ideali previsti della costituzioni. E i provinciali, con il loro consiglio, hanno il difficile compito di promuovere il graduale rinnovamento delle loro comunità. Padre Maloney dà questa indicazione: «Suggerisco che i membri più giovani siano assegnati solo a comunità che si impegnano in un serio programma di rinnovamento. Sono queste comunità a seminare i semi del futuro. Una provincia con tre comunità ma dove i membri vivono in maniera vitale ha un reale futuro. Una provincia con venti comunità in cui i membri si limitano a sopravvivere ben difficilmente sopravvivrà. Una provincia che non metta in piedi comunità di vera partecipazione è destinata a morire».

 

A.D.

 

1 Con ecosistema si intende l’equilibrio che esiste in natura tra gli esseri viventi e vegetali, l’ambiente, i fattori morfologici, climatici, le condizioni fisico-chimiche e alimentari che risultano tutti legati tra loro in maniera inseparabile e sviluppano relazioni reciproche.

2 Building a Healthy Community Ecosistem in Review for religious, n. 62, 1 2003, 6-16.