IL BEATO GIACOMO CUSMANO

MAGNIFICO SERVO DEI POVERI

 

Perno del cammino spirituale e della missione cusmaniana è l’adesione costante alla volontà di Dio, che è pace, sicurezza, mezzo per raggiungere l’unione con Dio, in definitiva la santità.

 

«Un magnifico servo dei poveri»: così Giovanni Paolo II ha definito Giacomo Cusmano durante la solenne cerimonia di beatificazione, svoltasi in piazza San Pietro a Roma il 30 ottobre 1983. Il Cusmano infatti ha incarnato pienamente il messaggio evangelico di Matteo: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero pellegrino e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, infermo e mi avete visitato … In verità vi dico tutte le volte che avete fatto questo a uno dei miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me» (Mt 25, 35-36-40).

Giacomo Cusmano nacque il 15 marzo 1834 a Palermo, da una famiglia distinta per posizione sociale e sani principi cristiani. Alla tenera età di 3 anni ha il primo grande dolore: la scomparsa della madre. Avviato agli studi di medicina mostra sempre una profonda devozione per i poveri, che lui definisce sacramento di Gesù Cristo. A poco più di 21 anni diviene medico, indirizzando le sue cure e la sua professionalità ai più bisognosi, in un contesto che vede il capoluogo siciliano martoriato da carestie, pestilenze e grande povertà. Divenuto chierico, Giacomo brilla per carattere serio e docile, per amore allo studio, per la ricerca della giustizia e per pietà profonda, per amore ai poveri. Scrive in una sua lettera datata 19 maggio 1882, al p. Daniele da Bassano (confessore di Leone XIII): «Chiamato all’ultima ora, ed elevato per volere di Dio al sacerdozio nel dicembre del 1860, sentii nell’anima mia il desiderio di consacrarmi ai poverelli, facendo mie le loro miserie, per rilevarli dalle terribili loro sofferenze avvicinandoli a Dio». Ecco il nucleo centrale del messaggio che egli ha trasmesso alla Chiesa, con un carattere volto a riempire ogni sentire e ogni agire della carità senza limiti. C’è un indissolubile legame tra il suo sacerdozio e il servizio dei poveri ed egli piega le sue ginocchia davanti al povero come al Cristo eucaristico; così «continua il sacrificio dell’altare», «maneggiando – da sacerdote – il povero coperto di piaghe, che è l’immagine di Gesù Cristo» (da un’omelia del Cusmano).

Fonda perciò l’Associazione del Boccone del Povero, per la raccolta e la distribuzione dei soccorsi, portando ai poveri nascosti nei meandri di Palermo la carità che non umilia, ai sofferenti il conforto, agli orfani la sicurezza dell’accoglienza, ai peccatori la salvezza. Nel 1880 fonda la Congregazione delle Serve dei Poveri,1 dopo quattro anni l’Associazione dei fratelli e finalmente nel 1887 fonda la Congregazione dei Missionari servi dei poveri. Muore il 14 marzo 1888 a Palermo.

Il beato Giacomo Cusmano scrisse molto e dal patrimonio epistolare che ci ha lasciato in eredità emerge chiaramente la sua figura di espertissimo maestro di mistica, ascetica e di direzione spirituale: «Le lettere spirituali del beato G. Cusmano sono documento di una sapienza ascetica in cui si accordano fortezza e soavità» (Giovanni Paolo II).

Il Vangelo della sofferenza è l’unico che consente di mantenere la luce della speranza su un mondo che altrimenti sembra irrecuperabile, tra le false luci delle fortune terrestri e il buio disperato in cui affonda la maggior parte dell’umanità diseredata. Questa umanità è chiamata a prendere parte alla gloria del Risorto, quindi, a vita nuova solo passando attraverso la sofferenza redentrice.

«La vita di Gesù Cristo, copiata dalla ss.ma Vergine, è la regola delle Serve dei Poveri: vivere sempre alla presenza di Dio. Ricevere tutto dalle mani di Dio. Vedere in tutti l’immagine di Dio. Fare tutto per puro amore e gloria di Dio. Contemplazione nell’attività » (G. Cusmano).

«Alla radice dell’esperienza spirituale del Cusmano è il Cristo Verbo umanato, che s’incarna, patisce e muore per i peccatori; il Cristo che «si abbassa sino alla nostra miseria e la fa sua» e che, nella sua kènosi, si nasconde nel povero, elevando questi alla sua dignità. Accanto al Figlio, v’è la gran madre di Dio, la madre di misericordia. Il Cusmano sente forte il peccato, il cuore corrotto, da vincere con l’ascesi, con la lotta spirituale. Ma non è un’ascesi negativa, bensì una graduale ascesa d’amore, dietro le “orme insanguinate del Cristo”, seguendo la «scuola del Crocifisso». Fulcro di tale zelo è un ardente e appassionato amore all’Eucaristia e culmine della sua spiritualità eucaristica è la visione di «Gesù presente nel povero», che è l’ispirazione originaria del Boccone del Povero. La regola è il nucleo dell’esperienza spirituale del Cusmano e la meta del cammino dei cusmaniani verso Dio. Perno del cammino spirituale e della missione cusmaniana è l’adesione costante alla volontà di Dio, che è pace, sicurezza, mezzo sicuro per raggiungere l’unione con Dio, in definitiva la santità. La via cusmaniana alla santità viene proposta a tutti, sacerdoti, religiose, laici, pur con diversa intensità e radicalità. Essa orienta tutti nel senso di una grande interiorità e ricchezza spirituale fino all’esperienza profonda di Dio e all’apertura caritativa, ispirata a una grande fede nel povero, sacramento di Dio. Il cammino spirituale del Cusmano è segnato dalla ricerca costante della volontà di Dio e in Dio, nella serena adesione alla sua volontà, egli trova la «santa allegria». Non c’è in lui che un unico volere: quello di Dio; ogni altro desiderio, anelito, pensiero, moto del cuore è da lui allontanato. Tutta la sua vita è un inno sofferto e amoroso alla volontà di Dio, nella quale solamente il “cuore” trova la sua pace».2

Di grande intensità è il seguente brano, ricavato dall’omelia tenuta dal beato Giacomo nella IV domenica di quaresima del 1884, in cui egli definisce i poveri immagine di Gesù Cristo e causa delle grazie divine.

«Poverelli di Gesù Cristo, […] voi siete l’immagine di Gesù Cristo, e per questo i santi, impediti di visitare Gesù in sacramento, s’inginocchiavano dinanzi ai poveri infermi. […] Volete vedere Gesù? Ecco i poverelli; essi sono un altro sacramento, imperocché nella persona del povero sta nascosto Gesù. […] Gran cosa siete adunque voi, o poverelli di Gesù Cristo. Egli per voi impiegò gran parte della sua divina missione, egli elevò la povertà a sacramento, facendo di voi un oggetto di culto. Essendo così, ecco che io mi prostro ai vostri piedi, e li bacio. Io credo che, facendo questo con voi, io lo faccio alla persona stessa di Gesù Cristo. Io tocco le vostre piaghe; curandole e medicandole colle mie mani sacerdotali, io credo di fare tutto ciò allo stesso Gesù Cristo. […] Il sacerdote che si esercita in questi uffici, rinnova quello stesso che fece Gesù Cristo. Egli, secondo me, continua o rammemora il sacrificio dell’altare; imperocché sull’altare tratta e maneggia il corpo di Gesù Cristo che fu sacrificato e crocifisso […] e nel letto dell’ammalato tratta e maneggia il corpo coperto di piaghe, che è l’immagine di Gesù Cristo. All’occhio della carne queste sono cose schifose, ma all’occhio dello spirito son cose divine».3

 

Sr Ada Genuardi S.d.P

 

1Le Serve dei poveri sono attualmente presenti in Messico, Repubblica democratica del Congo, Camerun, Brasile, India, Filippine e Romania.

2Brano tratto da A vent’anni dalla beatificazione: meditazione letterario musicale.

3Le Serve dei Poveri renderanno omaggio al loro fondatore con una meditazione letterario-musicale, tratta dai suoi scritti, intercalata da canti polifonici quale momento di riflessione profonda, a partire dalla pregnante spiritualità del Cusmano.