LE FIGLIE DELLA SAPIENZA, 1703-2003

 

IMPEGNATE_A PROMUOVERE LA VITA

 

A 300 anni dalla fondazione rinnovano anche oggi la consegna data loro da Grignion de Montfort: “Aiutate i poveri derelitti gli accasciati dalla tristezza gli storpi, i rifiutati”.

 

Un incontro tra una diciassettenne della borghesia di Poitiers (Francia), Maria Luisa Trichet e un giovane ventiquattrenne, Luigi Maria Grignion di Montfort, è all’origine dell’istituto delle Figlie della Sapienza.

Il 2 febbraio 1703 segna l’atto di nascita della congregazione: durante una cerimonia semplice e intima quanto suggestiva, Montfort consegna a Maria Luisa l’abito della Sapienza. È stoffa grigia e pesante, quella che d’ora in poi riveste la giovane figlia della borghesia francese; e come lei moltissime altre lo rivestiranno, affascinate dalla chiamata della Sapienza-Gesù.

E anche oggi, pur in un contesto sociale profondamente diverso a cui si è adeguato anche l’abito, continua la stessa affascinante avventura.

Un brevissimo dialogo intercorre tra il celebrante e la giovane: “Mi chiamo Luigi-Maria, tu ti chiami Maria Luisa; aggiungi il nome di Gesù che prendi come unico retaggio...”.

Sul vestito campeggia, in modo ben visibile, un crocifisso e ai fianchi pende una corona dai grossi grani. Sono il segno di una grande compagnia nella vita e dell’amore che deve guidare ogni pensiero e azione: Gesù e Maria.

Maria, colei che Dio ha chiamato a essere strumento particolare nella storia della salvezza e che con la sua disponibilità ha “permesso” a Dio di realizzare il suo disegno d’amore: la redenzione.

Gesù che rivela la sua Sapienza nell’obbedire al Padre: farsi uomo per rivelare all’uomo l’amore del Padre fino alla più totale donazione di sé: la croce.

Con questi “compagni” di viaggio Maria Luisa, la prima Figlia della Sapienza, esprime la sua vocazione in mezzo ai poveri nell’ospedale di Poitiers, chiamato dai cronisti del tempo “povera Babilonia”, ad indicare quale miseria materiale e spirituale vi abitasse.

Da lì in vari posti della Francia, le Figlie della Sapienza si muovono al “grido dei poveri”, disponibili alla voce dei superiori, aperte alle necessità della Chiesa.

Quando in Francia vengono emanate le leggi, che mettono al bando gli istituti religiosi, le Figlie della Sapienza sciamano. Altri paesi, tra i quali l’Italia, le accolgono, altre povertà le vedono chinate a consolare, a sanare, ad accompagnare.

 

Montfort ha dato loro una consegna: “Come la divina Sapienza, che comandava nei cieli, è venuta sulla terra per obbedire, dal primo istante della sua incarnazione sino alla morte, nello stesso modo le sue figlie hanno lasciato il mondo, ad esempio della Sapienza, per sottomettere la loro mente e la loro volontà al giogo dell’obbedienza” (Regola primitiva, n° 46).

E così lungo gli anni, le Figlie della Sapienza hanno risposto e continuano a rispondere agli appelli della Sapienza che si fanno dolore concreto, bisogno urgente, nei piccoli, nei deboli, in “coloro che il mondo abbandona, coloro che la Chiesa raggiunge difficilmente, affinché essi diventino artefici del loro destino” (Regola di vita, 7). È questa la costante tensione che stimola le Figlie della Sapienza nel loro rinnovamento apostolico.

E anche oggi, pur segnate dal numero dei membri che si riduce e dall’età che sale, come tante altre congregazioni, soprattutto nel mondo occidentale, continuano la loro missione, si interrogano sui loro inserimenti apostolici, rispondono a nuove richieste, restano aperte a quanto lo Spirito dirà, in fedeltà alla missione loro affidata.

Montfort ne ha delineato il profilo apostolico in uno dei suoi Cantici, il 149: Figlie della Sapienza aiutate i poveri derelitti gli accasciati dalla tristezza gli storpi, i rifiutati quelli che il mondo abbandona devono commuovervi di più.

E per rendere possibile, pur nella debolezza dei propri limiti, la realizzazione di tale impegno, comunica loro la sua scoperta, le mette a parte della sua ispirazione evangelica:

– afferrato dalla Sapienza-Gesù, Montfort vuole rivelare il grande amore di Dio per l’umanità;

– affascinato dal Verbo di Dio, l’obbediente al Padre, incarnato in Maria, si spoglia di tutto per servire i poveri;

– guidato dallo Spirito, scopre il ruolo di Maria nella redenzione;

– conquistato dal Cristo obbediente fino alla croce, diventa profeta e testimone nel rinnovamento della comunità cristiana del suo tempo.

Così pensa e vuole le sue Figlie, a cui dà il nome impegnativo di Figlie della Sapienza. Per questo chiede che si donino totalmente a Gesù, Sapienza incarnata per le mani di Maria. È l’abbandono totale di se stesse, compresa la propria volontà di decidere, a colei che si è gloriata del solo titolo di “serva del Signore”. È la consacrazione di schiavitù d’amore.

 

È in fedeltà alle direttive della Chiesa, agli uomini e alle donne di oggi, come di ieri che la congregazione, riunita in capitolo nell’anno 2000, ha scelto di impegnarsi come un unico corpo a promuovere la vita, rispondendo a quanto dice Gesù: “Sono venuto perché tutti abbiano la vita” (Gv 10,10).

La motivazione di questa scelta è ben espressa nello stesso documento:

“In un mondo in rapida evoluzione, nel quale coesistono forze di vita e di morte, dove il potere dell’economia e il crescente divario tra ricchi e poveri generano ingiustizie e violenza; nelle nostre società in ricerca di senso, dove diverse sapienze sono offerte come risposte possibili, noi Figlie della Sapienza crediamo che la Sapienza è fonte di vita”.

La Sapienza stessa infatti proclama “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5) e invita a partecipare con lei alla costruzione del mondo nuovo.

Le Figlie della Sapienza, che operano in Italia, in risposta a questo invito si impegnano a rendere visibile, con la loro vita innanzitutto, che in Dio c’è pienezza di vita, senso, bellezza, freschezza, novità, slancio, autenticità.

Allora, se da una parte questo richiede:

– un riandare alla sorgente della propria vita religiosa;

– un immergersi nella propria spiritualità;

– uno specchiarsi in “Dio solo”;

dall’altra permette di scoprire la risposta ai bisogni urgenti del nostro tempo:

– rispetto per questo mondo che ci ospita;

– presenza creativa accanto a quanti, con buona volontà, sono impegnati nel bene;

– dare alle strutture pubbliche e private un’anima fatta di tenerezza e di compassione;

– essere là dove il bisogno è più urgente, per servire per primi i poveri e i deboli nel corpo e nell’anima.

 

In Italia le Figlie della Sapienza operano dalla fine dell’ottocento. Primo loro campo di apostolato Sanremo poi Genova, all’ospedale Galliera, chiamate dalla duchessa di Galliera a dirigervi la struttura sanitaria.

Dal momento del loro ingresso in terra italiana hanno visto aprirsi campi di apostolato diversi dal nord al sud. E questa è stata occasione di grande gioia e di tanto bene operato in mezzo a giovani, bambini, adulti, anziani. E l’impegno continua attualmente nella speranza e nella fiducia.

Con noi opera anche un gruppo di laici, le Associate o Amici della Sapienza, come sono chiamate in altre nazioni, che si impegnano a vivere la spiritualità sapienziale. È un giovane frutto ma ha tutte le premesse per divenire fecondo di vita: entusiasmo, impegno, freschezza, genuinità.

Oggi vogliamo cantare al Signore la nostra riconoscenza per il cammino percorso nella Chiesa e con la Chiesa in questi 300 anni. Lo ringraziamo insieme ai padri monfortani e ai Fratelli di san Gabriele con i quali condividiamo più in profondità questo tesoro di famiglia.

A Dio la gloria di far crescere e portare a maturazione quanto lungo questo tempo è stato seminato.

Figlie della Sapienza