ORDINE DEI SERVI DI MARIA

 

SENTIRSI_A CASA PROPRIA

 

Anche la componente femminile dell’ordine del Servi di Maria, invitata a partecipare all’inchiesta interna durata alcuni anni, ha risposto prontamente dalle numerose comunità italiane ed estere. Le storie di vita pubblicate dalla rivista Cosmo.

 

Ha avuto inizio nel 1998 l’inchiesta lanciata da Cosmo, il bollettino del Segretariato per le comunicazioni dell’ordine dei Servi di Maria (OSM), e della quale abbiamo dato via via notizia su Testimoni.

L’indagine era stata avviata dalle coraggiose domande mirate con precisione alla scelta vocazionale servita Perché rimango? Perché ho lasciato? che avevano avuto risposte improntate a libertà e concretezza, nella serenità di fondo in cui erano state espresse; ed è proseguita interpellando i “nuovi frati”, quelli dunque della fascia più giovane, invitati a dire da che cosa di bello erano stati attratti dall’OSM: anche questa fase ebbe il successo di risposte giudicate da Cosmo sincere nella loro freschezza e animate da amore alla famiglia religiosa abbracciata. Nella sua terza fase, l’inchiesta si era rivolta ai religiosi meno giovani, proponendo loro di raccontare la propria vita nell’Ordine, mediante un bilancio o una confessione: le risposte erano state anche da parte dei Servi più anziani informate a realistica sicurezza circa la strada un giorno intrapresa, profonde anche nella semplicità dell’espressione, talora venate di lieto umorismo (cf. rispettivamente i nn. di Testimoni 16/1998, 14-15, Perché rimango. Perché ho lasciato; 21/2000, 9-12, Che cosa mi ha attirato?; 1/2002, 9, Religiosi anziani e ottimisti).

Mancava l’esperienza della componente femminile dell’OSM e la redazione di Cosmo ha recentemente esteso l’indagine alle sorelle, le suore Serve di Maria (SM) presenti in Europa, in America Latina e del Nord, in Africa e in Asia secondo denominazioni aggiuntive che variano in base a sfumature, dovute a ragioni fondative di tipo storico, geografico e vario, dello stesso carisma (Perché sono Serva di Maria, in Cosmo 9-10, settembre-ottobre 2002).

 

PERCHÉ

SERVA DI MARIA

 

“Avevo 14 anni – scrive dall’Illinois sr M. Teresa Musto, italiana, 37 anni – quando sentii il bisogno interiore di fare qualcosa per gli altri. Mentre frequentavo le medie superiori nella scuola dell’Addolorata, incontrai le Mantellate SM di Pistoia, che avevano una casa a Blue Island (Illinois). Ad attrarmi verso la congregazione furono il loro forte spirito di preghiera, il loro ardore, il loro senso di amore per la vita e la loro ospitalità. Mentre stavo decidendomi, incontrai un fortissimo ostacolo nella disapprovazione dei miei genitori. Mi fu accanto in quel periodo una delle nostre suore. Entrai nella congregazione al termine della scuola media superiore. Ci volle molta fede, perché la disapprovazione dei miei genitori fu tale che mi sembrò di essere abbandonata dalla mia famiglia. Quando venne il momento che i miei familiari potevano venire a trovarmi per la prima volta, pensai che nessuno sarebbe venuto”. Ma sr M. Teresa, conclude, poté leggere la risposta di Dio alle sue preghiere: “nel momento in cui gli occhi di mia madre incontrarono i miei. Ella non pensava che alla mia felicità”.

Si può intravedere in questo racconto lo schema di molte storie di vocazione, specialmente alla VR sia femminile che maschile. C’è la storia, facilmente raccontabile, del come la persona chiamata ha trovato il luogo dove esprimere con la vita la propria risposta, dapprima contrastata in famiglia e in seguito da questa riconosciuta talora fino all’entusiasmo.

Più difficile è dirne il perché, come osserva dal Cile sr M. Margarita Inés Palma, cilena, 25 anni: “Parlare della propria vocazione è parlare di qualcosa che non possiamo spiegare”: il perché della vera e propria chiamata rimane in un ambito che si può dire inesplorabile, nelle profondità del mistero. Per tale ragione forse molte delle storie raccontate cominciano con Come sono diventata Serva di Maria?

 

RACCONTI

DEL “COME”

 

“Come sono diventata SM? Semplicemente per contagio!”, risponde l’arguta sr M. Valeria Tarricone dalla Casa di spiritualità di Bivigliano (Firenze), 76 anni; e prosegue: “I fondatori della mia parrocchia dell’Addolorata di San Siro (Milano), pur tanto diversi tra loro, ci hanno testimoniato un’autentica fraternità austeramente apostolica, gioiosamente celebrativa delle feste dell’Ordine che dovevano essere feste anche delle nostre famiglie. Le prime catechiste della nostra parrocchia furono le SM Addolorata di Firenze; il loro spirito apostolico e la loro comunione con i padri che io definii “casto connubio” mi conquistarono”.

Oppure, risponde sr M. Giulia Sama dalla comunità “Santa Maria” di Monte Senario di Vaglia (FI), “sono diventata SM senza saperlo. Oso, però, pensare che il Signore abbia ascoltato la mia preghiera di trasmettermi amore per la sua Madre. Non conoscevo la spiritualità delle varie congregazioni. Quindi mi sono orientata verso le SM di Ravenna, senza conoscerne il carisma. Nella congregazione ho trovato tanto amore alla Vergine Maria non solo in senso devozionale, ma vitale, cioè come esempio e aiuto a seguire Cristo”.

La spagnola Esperanza Ramos Vega, 54 anni, testimonia dalla comunità di Alfaar nella penisola iberica: “A 16 anni, mentre già uscivo con un ragazzo con il quale desideravo fidanzarmi, sentii la chiamata alla VR della quale, però, non avevo alcuna idea, anche se sin da bambina mi piaceva molto immergermi nel pensiero di Dio. Finché un giorno ne parlai a un religioso che mi diede una lista di congregazioni; arrivata al nome “Serve di Maria”, dissi: Queste”. Entrata appena raggiunta la maggiore età, continua sr Esperanza, “ lo spirito che ho incontrato e vissuto è stato quello mariano, soprattutto in quelle consorelle nelle quale esso è più pronunciato quando vivono i valori della fraternità, dell’ascolto, della misericordia come Maria, mostrandosi attente a qualsiasi forma di bisogno”.

 

TRA I RICORDI

DI UNA FEDELTA’

 

Non poche religiose potranno riconoscersi nell’esperienza testimoniata, dal monastero di S.Angelo in Vado (Ps), da sr Francesca D’Amico, italiana, 49 anni, la cui vicenda vocazionale è stata segnata – ella scrive – dal clima culturale ed ecclesiale che viveva nella sua città, Torino, dove non conosceva i SM né nutriva una particolare devozione mariana. Avvertita una chiamata alla VR e conosciuto tramite un’amica il monastero di S.Angelo in Vado, nell’incontro con la comunità monastica rimase “affascinata dallo spirito fraterno, da alcuni tratti di semplicità evangelica espressi tra l’altro da una liturgia sobria e dal desiderio tangibile di apertura allo Spirito, favoriti proprio dal non avere grandi tradizioni monastiche alle spalle. Ciò ha motivato il grande passo dell’ingresso in monastero”.

E nessuna meraviglia se non manca,in questa storia, il ricordo della crisi vissuta dopo un periodo in cui dominava l’attrattiva delle idealità: “quando, proprio nei valori che erano stati fondanti, vedevo il possibile aspetto del limite: la fraternità poteva talora apparire familiarità “troppo umana”; la semplicità, semplicismo, la povertà, una sorta di riduzionismo nei confronti dell’armonica bellezza... Ma la luce dell’intuizione iniziale è rimasta sempre accesa”, facendo sì che l’uscita dalla crisi generasse un apporto più maturo a una più ampia riflessione: “Successivamente, la tensione è stata quella di capire come poter tradurre nel concreto della forma monastica femminile le ispirazioni genuine del carisma, percepite sempre più attuali per il nostro oggi”. E se è importante e urgente – conclude sr Francesca – trovare i modi più opportuni di dialogo all’interno dell’Ordine, è certo che mantenersi nella fedeltà creativa è frutto della pace derivante dal sentirsi al proprio posto.

Anche lo schema di questa storia vera richiama tante altre storie di VR, la cui attrattiva perdura con particolare efficacia quando nella comunità il carisma proprio è percepito nei suoi tratti genuini attraverso la vita concreta di ogni sorella o fratello che ne faccia parte.

“Nella congregazione ho trovato spazio e respiro per vivere: ho ammirato la pluralità dei servizi e il rispetto per le diversità; ho goduto per le comunità inserite tra la gente; ho avuto la possibilità di portare l’abito laicale, purché semplice, modesto, adeguato ai tempi e ai luoghi (Cost.X,63) che in quanto donna mi fa sentire “non separata” ma come ogni donna del popolo di Dio. In ogni comunità in cui la Provvidenza mi ha posta ho sempre incontrato sorelle con cui si è instaurata l’amicizia che mi ha sostenuto nel cammino di fede, arricchendomi come donna e, nella vita comune, ha creato unità di intenti per vivere i valori evangelici”: così sr Gabriella Bellezza, italiana, 54 anni, da Monte Senario. E confida dalla stessa comunità di Monte Senario sr Marina Sacchetti, italiana, 44 anni: “La vita fraterna è una realtà bellissima, ma tanto fragile. Eppure, nella fraternità incarnata giorno dopo giorno si può percepire, talvolta, la fecondità e la potenza del mistero morte-risurrezione del Signore, si sperimentano delle vere “risurrezioni”, dei momenti così luminosi da farti dire: vale la pena vivere così. L’altro aspetto del carisma che mi dona gioia e mi fa sentire “a casa” è la presenza di santa Maria, che ho imparato a riconoscere dopo alcuni anni di vita religiosa”.

“Vai dove c’è bisogno!” fu il mandato spirituale raccolto tra le SM dalla statunitense sr Bernice Vanderloop, che ha 81 anni e così scrive dal Wisconsin: “C’era bisogno di insegnanti e la nostra congregazione andava generosamente incontro alle richieste. Ad attrarmi e a farmi sentire di casa furono una profonda devozione alla Madonna addolorata che si traduceva nella preghiera, nel servizio, nella liturgia e nell’attività di apostolato. Subito mi resi conto che eravamo un gruppo vivo, unito e accogliente”.

 

DA UN “VIVAIO”

FECONDO

 

Dispiace poter riportare soltanto, per ragioni di spazio, poche fra le 56 testimonianze pubblicate da Cosmo, che ha ringraziato con calore le molto più numerose sorelle che hanno inviato il loro contributo all’indagine.

Ma possiamo riprenderne ancora un mazzetto, scelto fra tutte con la specifica attenzione al ricordo del “terreno di coltura” dal quale è germogliata la coscienza della vocazione religiosa: la famiglia.

“In famiglia imparai ad amare la madre di Gesù, che da piccolissima chiamavo “la Bella”” (sr M.Grazia Gaddoni, italiana, 73 anni, da Ravenna).

“Sono nata a Napoli in una famiglia profondamente religiosa in cui si vivevano i due amori: Gesù e Maria. La mamma era terziaria SM e viveva con coerenza lo spirito servitano inculcandolo anche a mio padre e ai cinque figli” (sr M.Candida Starita, italiana, 70 anni, da Ruffano, LE).

“Profondamente e fattivamente cattolici, i miei familiari favorirono la mia assidua frequenza della parrocchia. Sin dai primi anni, quindi, ho respirato la spiritualità servitana” (sr M.Consiglia Agostini, italiana, 74 anni, da Mestre, VE).

“Sono riconoscente ai miei genitori, dai quali ho ricevuto moltissimo e dei quali ho sempre apprezzato l’amore reciproco, l’onestà, i tanti sacrifici che hanno dovuto affrontare” (sr Ermanna Lirani, italiana, 64 anni, da Monte Berico, VI).

“La mia famiglia, trasferitasi a Reggio Emilia, cominciò a frequentare il santuario della B.V. della Ghiara” (sr M.Giuliana Zatelli, italoamericana, 84 anni, da Bologna).

“Nata da genitori cattolici, la mia infanzia è trascorsa in un clima di fervore religioso, anche se mi piaceva uscire con le amiche per divertirmi” (sr M. Soledad Sánchez, spagnola, 71 anni, da Sagunto, Spagna).

“La fede è un grande dono di Dio e sono grata alla mia famiglia per averla custodita e accresciuta in noi sette figli” (sr M. Celina Buccelletti, italiana, 71 anni, da Saluzzo, CN).

“Ero orfana di madre; mio padre, buon cristiano, ci faceva recitare ogni giorno il rosario. Un giorno, non so perché, fui spinta a meditare sul Padre nostro; non lo avevo mai fatto e neppure sapevo che volesse dire meditare. Papà mi disse che quella era la più bella preghiera della Chiesa” (sr M. Adoración Sánchez, spagnola, 69 anni, da Sagunto, Spagna).

“Nata in una famiglia cattolica, sono stata educata religiosamente. Mi piacevano molto le suore della Consolata, presenti nella nostra missione. Volevo essere come loro” (sr M. Hortencia João, mozambicana, 34 anni, da Nampula, Mozambico).

“Dai miei nonni e genitori imparai a conoscere il Signore e a volergli bene; appresi anche ad amare gli altri con una vita onesta, laboriosa e piena di fede” (Sr M. Enrichetta Montemagni, italiana, 56 anni, da Hluti, Swaziland, Sud Africa).

Situazioni familiari di partenza, che le interessate hanno sottolineato nell’integrare con commossa naturalezza tale dato nella propria storia vocazionale. Situazioni che non sono mai state e non sono oggi un requisito necessario alla chiamata, tanto meno un assoluto, lo sappiamo. Eppure...

Zelia Pani