PIÙ FORTI
DELLA VOLONTÀ

 

Il linguaggio è dotato di forza, le parole sono impegni. Le parole della preghiera non possono uscire dalle nostre labbra come d’autunno le foglie morte, ma devono avere la forza di librarsi verso l’eternità.

 

Non riusciremo mai a capire che lo Spirito si rivela in forma di parole, a meno di scoprire una verità vitale: il linguaggio è dotato di forza, le parole sono impegni.

Tutti avvertiamo la forza vincolante di ogni parola proferita, la consistenza reale di un giuramento, di un voto, di una promessa. Assumendo un impegno, dando la parola d’onore, pronunciando un giuramento o stipulando un accordo verbale, l’uomo impara a comprendere che la parola è più forte della volontà, che una parola data esiste indipendentemente e a prescindere dal rapporto che egli mantiene con essa e da quanto se ne lascia poi toccare. È una realtà, qualcosa che esiste di per sé. Anche se egli non ne ha chiaro il significato, diventa presto pienamente conscio della sua forza.

È in un’oggettività di questo genere che la parola si erge dinanzi all’uomo in preghiera. La parola di preghiera è come un pegno in via di formazione.

Le parole della preghiera non sbiadiscono. Restano vive nella dimensione della santità.

Le parole della preghiera sono degli impegni. Siamo tenuti ad attenerci a quel che proferiamo. La preghiera è l’opposto della pretenziosità.

Una parola è un punto focale, nel quale i significati s’incontrano e da cui sembrano a loro volta procedere.

Nella preghiera, come nella poesia, ci volgiamo verso le parole, non per usarle come segni di oggetti, ma per percepire le cose alla luce delle parole.

Nel parlare di tutti i giorni, siamo noi che di solito pronunciamo parole, ma le parole sono mute. Nella poesia, nella preghiera, le parole parlano.

Le forze della parola sono di solito imbrigliate. Devono essere liberate perché si facciano avanti, così da poter essere percepite.

La situazione dell’orante è dunque, fin dall’inizio, non di tipo passivo. Iniziare a pregare è confrontarsi con la parola, affrontare la sua dignità, la sua singolarità, e avvertire l’energia che essa potenzialmente racchiude. Ed è la forza spirituale dell’uomo in preghiera a rendere manifesto quel che è latente nel testo. Il carattere dell’atto di preghiera dipende dal mutuo rapporto fra persona e parola.

Non è dunque sufficiente articolare un suono.

Se però uno non capisce che la parola è più forte della volontà, se non si è capaci di andare incontro a una parola con tutta la gioia, la speranza o l’angoscia che essa racchiude, sarà difficile che la preghiera si faccia veramente presente.

Le parole non possono cadere dalle nostre labbra come foglie morte quando inizia l’autunno.

Devono librarsi come uccelli uscendo dal cuore per volare verso la grande distesa dell’eternità.

Quando il cuore, cooperando con le energie della fede contro ansie e tumulti, riesce a mantenere viva la calma interiore, allora sentiamo come possono essere grandi e dolci le parole.

Forza e gloria vengono dal loro suono. Esse addolciscono le asperità della paura e distendono le ali della speranza. I nostri pensieri, minuscoli e evanescenti, diventano potenti sulla loro scia.

Nella nostra civiltà, che tanto si sta adoperando per liquidare il linguaggio, il regno della preghiera è come un arsenale dello spirito, nel quale le parole sono tenute in ordine, sante, piene di quella capacità di ispirazione e di mantenerci spiritualmente vivi.

Da quell’arsenale possiamo attingere le risorse per salvare dalla dissoluzione la nostra fede e il nostro gusto per l’eterno.

Quando siamo in crisi, nei momenti di disperazione, una parola di preghiera è come una maniglia da afferrare quando si sta perdendo l’equilibrio su di un tram che sta sbandando a tal punto da rischiare di rovesciarsi.

Le parole di preghiera sono come un’isola di questo mondo. Ogni volta che ci avviciniamo alla costa, ci tocca affrontare gli stessi rischi e pericoli, le stesse fatiche e tensioni. L’isola va conquistata ogni volta, come se mai vi fossimo approdati in precedenza, come se fossimo estranei al nostro stesso spirito.

La preghiera autentica è un evento nel quale l’uomo va oltre se stesso. Essa trae origine sul versante della parola, ma l’approdo sta al di là di ogni parola.

Quel che accade non è sempre frutto delle forze umane.

A volte non facciamo altro che pronunciare una semplice parola con tutto il cuore, e tuttavia è come se avessimo sollevato il mondo intero.

 

Abraham Joshua Heschel

da L’uomo alla ricerca di Dio, Qiqajon/Bose 1995