PROSTITUZIONE STRANIERA IN ITALIA

 

PER MOLTE GIOVANI
È SCHIAVITU’

 

Il fenomeno della prostituzione si è aggravato in Italia, negli ultimi 15 anni, con l’incremento della componente straniera. Le cifre e i risvolti di uno sfruttamento di vastissima portata secondo varie ricerche e testimonianze.

 

«Partono con la benedizione dei genitori, convinte di poterli aiutare, e con la paura della maledizione se venissero meno alle promesse fatte»: sono le giovani “deportate” – come si autoqualificano – dalla Nigeria per finire, non di rado dopo lunghi e pericolosi spostamenti, sulle strade d’Italia come prostitute. Ne ha parlato alla redazione di Raggio, la rivista delle missionarie Comboniane, sr Valeria Gandini. Anche lei comboniana e con lunga esperienza missionaria, sr Valeria lavora da dieci anni a Verona tra gli immigrati – molto numerosi nella città dove sono arrivati da 147 nazioni – e ha rivisitato di recente la Nigeria, sostando nella città di Benin City, luogo di più frequente provenienza della maggior parte delle ragazze che la religiosa incontra a Verona.

«Pienamente immersa nell’Africa di casa nostra – leggiamo sul n.11 di Raggio (novembre 2002) – sr Valeria incontra gli immigrati al Centro Ascolto Caritas di Verona, negli ospedali, nelle case, per le strade della città»; e sulle strade anche di notte va a trovare le giovani donne di Benin City, dell’Est europeo, dell’America Latina. E sono tanti, ella dice, i momenti in cui il loro animo si rivela e salgono a galla angosce e ricordi, delusione, preghiera e inutili pensieri di riscatto di fronte alla quasi impossibilità di uscire dalla trappola nella quale sono incappate.

Ma viene pure da domandarci: nessuno nei luoghi di provenienza di queste ragazze sa qualcosa del destino che trovano in Italia?

Qualcosa si muove, dice sr Valeria all’intervistatrice, ed è ciò che ha visto proprio nella sua recente visita in Benin City: «Una speranza sbocciata dall’incontro con sr Florence, una religiosa nigeriana che è pure avvocato e presidente del Comitato per il sostegno alla dignità della donna (Cosudow) nel 2000, la quale dietro uno specifico invito, era venuta in Italia e aveva visitato Torino, Milano, Brescia, Verona, Firenze... per vedere la situazione delle giovani connazionali. Per lei era stato uno choc tremendo. Uno choc e un’angoscia che però non hanno paralizzato né lei né le due che l’accompagnavano.

Ritornate in patria, hanno parlato a tutti e tutti hanno messo in moto, istituzioni, famiglie, organizzazioni non governative, chiese. I vescovi nigeriani, nel Natale scorso, hanno scritto una lettera sull’argomento, e l’hanno fatta leggere in tutte le comunità cristiane».

La classica goccia nell’oceano? Eppure il riscatto anche di una sola persona - dice ancora sr Valeria - quando avviene è già un notevole conforto alla speranza.

Ai dati concreti, e drammatici, che di questo fenomeno sr Valeria Gandini mette in evidenza col senso di umanità e con lo spirito religioso della missionaria cristiana corrispondono quelli raccolti da Stefano Femminis per il n.12/dicembre 2002, 820-828 di Aggiornamenti sociali nell’articolo La prostituzione straniera in Italia.

L’articolo, dedicato esclusivamente alla riflessione sulla novità della componente straniera nel fenomeno prostituzione in Italia, parte dall’osservazione del fatto che le presenze dall’estero aumentano ormai da 10-15 anni; e fa riferimento alla serietà di una fonte qual è la Caritas ambrosiana, la quale ha promosso una ricerca che è stata presentata il 4 ottobre scorso col titolo Comprate e vendute.

L’indagine, che è stata curata dal sociologo Maurizio Ambrosini, non può, ovviamente, proporre «un inquadramento quantitativo della prostituzione (e di quella straniera in particolare) ed è quindi più che mai opportuno parlare di stime». Si tratta infatti di un fenomeno sotterraneo, che sfugge a tentativi di definizione o catalogazione anche per le molteplici forme che assume: la più diffusa che avviene sulle strade; quella che si nasconde in locali vari, nelle case, negli alberghi e così via; la prostituzione “di alto bordo” in locali di lusso e quella che si rifugia «in squallidi appartamenti, a volte presi in affitto in modo “collettivo” da più sfruttatori».

 

UN ODIOSO MERCATO

E LE SUE CIFRE

 

Sono tre le ricerche italiane sulla prostituzione femminile straniera che fanno da base all’indagine della Caritas Ambrosiana: quella svolta nel 1999 dalla Commissione affari sociali della Camera dei deputati; quella curata da F. Carchedi, attento studioso del fenomeno; e una terza, molto approfondita, condotta nell’istituto di ricerca dell’Università di Trento, Transcrime.

La ricerca della Commissione affari sociali della Camera calcolava le prostitute straniere in numero di 25.000, la cui presenza si riscontrava per il 65% in strada e per il 29% in alberghi o locali; l’altro 6% riceveva i propri clienti in casa. Le aree di provenienza delle donne erano, al 1999, la Nigeria (59%), l’Albania (14%) e la ex-Jugoslavia (10%). Attualmente invece i luoghi di provenienza – come dicono gli operatori del settore – sono in parte cambiati rispetto al 1999 poiché è aumentata la componente di donne provenienti dall’Est Europa; queste infatti sostituiscono soprattutto le giovani albanesi, che le informazioni diffusesi in Albania circa il reale stato di cose hanno dissuaso dall’accettare più di venire in Italia.

Concordano con le suddette cifre quelle segnalate da F. Carchedi, il quale nel 1998 valutava le persone straniere, donne e uomini, che si prostituivano in un numero che oscillava tra 15.000 e 19.000; ma in un suo contributo del 2001 dà anch’egli una stima di 25.000 persone, per 2/3 donne.

La ricerca effettuata da Transcrime, oltre a concordare con le cifre segnalate dalle due ricerche citate, si concentra sulla «stima del “fatturato” dell’industria del traffico di donne straniere a scopo di sfruttamento sessuale, un vero e proprio mercato sommerso, regolato da leggi di domanda e offerta, in cui la donna assume le caratteristiche di una merce, con un prezzo di acquisto, un costo di trasporto, ecc.».

Riguardo al “valore” di una donna – riportiamo ancora dall’articolo di Femminis – «cioè il prezzo pagato dallo sfruttatore a coloro che hanno convinto la donna a trasferirsi in Italia e l’hanno trasportata sul nostro territorio, varia tra i 1.000 e i 14.000 euro; poiché, secondo Transcrime, le donne che annualmente arrivano in Italia inserite in reti criminali di sfruttamento oscillano tra le 2.640 e le 5.280, l’ammontare annuo complessivo di questa compravendita varia da un minimo di 2.640.000 euro a un massimo di 73.920.000 euro.

Per quanto riguarda invece gli incassi dei cosiddetti protettori, se ne deduce che l’introito annuale varia, nelle due ipotesi minima-massima, da 475 milioni a 950 milioni di euro».

E commenta l’articolista che «se si proiettano questi dati su scala mondiale, si può intuire quali enormi interessi economici oggi si nascondano dietro al fenomeno della prostituzione, fenomeno che, non a caso, rappresenta il terzo maggior business delle mafie mondiali, dopo il traffico di droga e quello di armi».

 

TRA VIOLENZA

E MENZOGNA

 

L’analisi accurata che del fenomeno prostituzione straniera offrono gli studi sociologici mette in chiara evidenza il fatto che la donna straniera che esercita la prostituzione «è il terminale di una lunga catena commerciale, una merce dall’enorme valore economico, sottoposta a una serie di operazioni».

Benché vi siano anche coloro che ritengono la prostituzione «un’attività imprenditoriale liberamente scelta e, in alcuni casi, come una forma di emancipazione», la realtà indagata mostra che «la relazione fra trafficante e trafficata è costantemente caratterizzata da una componente di violenza e di menzogna»: a cominciare dalla prima operazione, che è quella dell’acquisto nel paese d’origine, per finire a quelle attinenti il controllo delle persone “acquistate” e trasferite sui luoghi dove viene loro imposto di “lavorare”, e per lo più a tempo indeterminato.

L’inganno – prosegue Femminis – domina ovunque la scena, anche dove le informazioni che ormai camminano per le vie d’Europa rende le ragazze avvertite, in qualche modo, del possibile esito del proprio trasferimento in Italia. Anche in tal caso, infatti, le interessate non sanno in quali condizioni effettive si troveranno: «alle ragazze si promette che eserciteranno una professione mirata (per esempio il cosiddetto soft sex, cioè la presenza e l’accompagnamento di uomini soli in discoteche o night-club) piuttosto che quella su strada; che avranno diritto a una quota dei proventi molto superiore a quella reale e che potranno scegliere liberamente quando abbandonare l’attività».

Verso le giovani albanesi, l’inganno proveniva spesso dai loro “fidanzati”, che anche le famiglie conoscevano e che proponevano un lavoro redditizio in Italia in vista di migliori condizioni per il futuro matrimonio: seguiva una realtà ben diversa e le ragazze trovavano nell’affettuoso fidanzato l’aguzzino che non si aspettavano.

Il reclutamento delle giovani nigeriane – di cui anche alla testimonianza di sr Valeria Gandini – presuppone la stipulazione di «un vero e proprio contratto che impegna le ragazze e le loro famiglie a restituire una certa somma a risarcimento delle spese per il trasferimento in Italia»; così che esse «a garanzia impegnano terreni, case e bestiame.

Per il trasferimento in Italia sono stati individuati diversi tipi di organizzazione criminale che operano nel settore del trasporto delle persone e si occupano di facilitare il loro ingresso illegale: tra questi interessano il trasporto in Italia le associazioni o consorzi del crimine che (come i noti scafisti) operano su una sola frontiera offrendo un servizio standard con prezzi e condizioni uguali per tutti i partecipanti; e consorzi che personalizzano il servizio, rendendolo più costoso. È questa la parte spesso più dolorosa oltre che rischiosa sotto molti aspetti. Sr Valeria ha parlato di spostamenti che durano più mesi e comprendono tratti a piedi nel deserto, con pochissimo cibo e gravi disagi.

Giunte stremate in Italia, ed entrate nel giro della prostituzione, le ragazze subiscono trattamenti che le convincono di trovarsi in una situazione senza via d’uscita: una strategia che gli sfruttatori, facendo leva sul ricordo della povertà che hanno lasciato a casa, usano fino alla violenza fisica, ai ricatti e alle minacce come quella di non restituire i documenti sequestrati o di praticare vendette a carico dei familiari in patria.

 

IL CASO

delle NIGERIANE

 

Davvero originale, per il controllo delle ragazze provenienti dalla Nigeria, è la figura della madame. Certamente una sfruttatrice – si legge nell’indagine Comprate e vendute – la quale «compra le ragazze, sottrae loro il passaporto, vive dei guadagni di queste, le controlla, definisce le regole del gioco e stabilisce quando una ragazza ha saldato il proprio debito e può quindi essere liberata». Di più, la madame fornisce alle neoarrivate un posto dove vivere, procura loro i vestiti e le aiuta nella gestione del quotidiano con i suoi problemi pratici. Per tutto questo forse è chiamata anche maman, benché rimanga una figura poco limpida e tanto meno disinteressata, oltre che vessatoria. Non di rado è passata anche lei per lo stesso fuoco che ora le sue “protette” attraversano. Scrive il missionario comboniano Franco Nascimbene in una sua Lettera a una madame : «Anche tu, come tante ragazze, hai lasciato la Nigeria alcuni anni fa dopo aver contratto un grosso debito. Dopo un viaggio pericoloso e avventuroso sei sbarcata in Italia e sei stata comprata da un’altra madame come se fossi un pacchetto di sigarette o un chilo di pesce. Poi sei stata sbattuta seminuda su una strada e là per anni sei stata vittima di uomini che ti compravano, ti usavano, ti umiliavano... Poi è giunto il grande giorno in cui hai pagato gli ultimi cinquanta euro e finalmente eri libera. Che fare? Tornare in Nigeria povera come sono partita, neanche parlarne. Resterò in Italia!». Pagati allora 250 euro al mese alla camorra e raggranellato «qualche milioncino, un’idea satanica ti è balenata nella mente: Una donna mi ha sfruttato per anni. Perché non dovrei farlo anch’io e arricchirmi con il lavoro delle ragazze? Così, quando hai saputo che era giunto a Castel Volturno un nuovo gruppo di schiave in vendita, hai partecipato all’asta che avevano organizzato e hai comprato la tua prima vittima. Come hai potuto farlo? Non ricordi quanto hai sofferto per aver perso la libertà e ti sei sentita come una schiava?1»…

I rientri in patria non sono molti ma avvengono, anche in Nigeria. «Qualcuna di quelle che si sono affrancate – spiega sr Valeria Gandini, come leggiamo ancora su Raggio – ha studiato, tutte lavorano e si guadagnano il necessario» con dignità. Ma se una figlia ritorna a mani vuote, «la prima reazione delle famiglie è il rifiuto. Si considerano tradite. Si vergognano di lei, la sentono come una disgrazia. Suor Florence deve lottare per far sì che la giovane venga accolta e non si ferma prima che i genitori abbiano detto di sì». Un sì che rimane pieno di paura, perché «i quartieri sono pieni di trafficanti. Quando la suora aspetta il ritorno di una ragazza, deve stare attenta a prelevarla dal punto d’arrivo e portarla dai familiari».

Sono scene che possiamo immaginare avvengano non solo in Nigeria. Là, ad ogni modo, il governo collabora con quello italiano per il controllo dei passaporti; sr Florence è riuscita a farsi aiutare dalla polizia... E anche dall’altra parte, sulla rotta Nigeria-Italia, c’è una suora, a Roma, che fa da tramite per i passaporti. «Corre i suoi rischi anche lei», commenta sr Valeria.

Come dire, senza presunzione: dove c’è una goccia, da immettere nell’oceano, c’è una suora.

 

Zelia Pani

1 NASCIMBENE F., Ci precedono nel regno di Dio, EMI, Bologna 2002, 69-70.